Scorrendo le tavole di questo splendido Alfabeto arabo delineato da Gloria Soriani, è cosa grata al mio spirito esprimere i sentimenti che balzano vivi alla mente e all’anima, coesi in quest’opera in cui si trovano appunto coniugati sia i valori estetici dell’arte sia quelli esoterici della simbologia dei Sufi.
La storia dell’alfabeto arabo ha valori e vicende che sono già di per sé affascinanti e persino favolistici… Come storico dell’arte mi ci potrei dilungare per pagine e pagine, poiché parlare dell’arte di cui queste tavole di Gloria Soriani sono espressione non è cosa da potersi liquidare in poche parole. Certo: il senso estetico rivela un “ritmo e simmetria” (tema che conclude per il cammino dei sufi ogni ciclo di sette anni) cui l’alfabeto di Gloria Soriani di continuo ci invita, e che invito ad osservare meglio anche dopo esserne stati individuati inconsciamente dal fruitore alla prima occhiata.
Infatti questo alfabeto di Gloria Soriani non è solo un fatto estetico, non è solo un atto di fede, non è solo una bella preghiera a Dio, a quel Dio che – secondo il concetto dell’Islâm –ci invia a pregare soprattutto compiendo opere d’arte, giusto come ci insegna il detto del Profeta: «Dio è bello e ama la bellezza.»
L’Alfabeto arabo delineato da Gloria Soriani ci suggerisce e ci invita ad una comprensione della forma d’arte ben superiore a quella immediata del godimento estetico: coinvolge le parti più profonde e più autentiche del nostro essere parte di Dio, indicandoci con il suo delineato complesso e completo la Via del Misticismo grazie all’immissione di valori altri, valori sublimi che coinvolgono compiutamente quanto, ad esempio, fu espresso e costituì l’essenza del pensiero di Ibn âlcArabî.
Sappiamo che il grande Maestro sufi ed eminente teologo musulmano Ibn âlcArabî stabilì una ben precisa corrispondenza fra ventotto dei novantanove Nomi Ineffabili di Dio (âlAsmâ’ âlHusnâ), con le ventotto “stazioni della Luna”, e ventotto lettere dell’alfabeto arabo. Ogni lettera rappresentò così una specifica manifestazione dell’universo (nell’aspetto fenomenico e nell’aspetto spirituale), in ciascuna delle sue parti costituenti che vanno da piante/minerali/animali ai suoi Profeti; e dagli Angeli ai demoni. Sulla conoscenza di questi valori il sufi imposta la propria via di ascesa mistica verso il concetto sempre più rarefatto dell’Essenza di Dio. A questo si affiancano anche le conoscenze fornite dalla “Scienza delle lettere”.
Per la “Scienza delle lettere” (cilm âlAbjad; la speculazione esoterica dei Sufi sul valore delle lettere; sistema che, trasmesso ai mistici ebraici dell’Andalusia verso l’anno Mille, diede origine alla Qabbalah) le lettere dell’alfabeto arabo si dividono nei quattro gruppi Aria, Acqua, Fuoco, Terra. Ognuno di questi gruppi ha un suo colore specifico… [giallo, rosso, verde, blu, corrisponde]… all’energia relativa agli stati del mondo fenomenico, eternamente alla ricerca di ritmo e simmetria, in rapporto ai relativi valori di: caldo e umido; freddo e umido; freddo e secco; caldo e secco. A questi quattro colori costituenti il mondo fenomenico i sufi aggiungono il bianco, il nero e il bruno corrispondenti ai valori del mondo spirituale; l’insieme corrisponde al Macrocosmo.
Ecco quindi come ogni lettera, che già di per sé ha un valore esoterico specifico, è stata rinforzata con un “ambiente” e con una suggestione di sfondo determinati dai colori relativi, corrispondenti, nella grafia emanante dalla lettera stessa come il pensiero è emanazione sinergica delle quattro parti che costituiscono ogni essere umano.
La decorazione di ogni lettera quale ci propone Gloria Soriani, ben lungi quindi dall’essere determinata dal caso e da un puro senso estetico della delineazione, risponde dunque a criteri essoterici ed esoterici di valenze sia subliminari sia fenomenicamente evidenti, in una sinergia di intenti che rende ogni raffigurazione un mondo completo oltre che denso di significati e complesso, pur rimanendo nell’aspetto immediatamente visivo, nel campo precipuo della pittura di immagine. Una gran differenza quindi con altre raffigurazioni colorate delle lettere dell’alfabeto arabo delineate sin qui da altre pittrici, raffigurazioni empiriche e senza senso, di scarso gusto estetico e dovute in ultima analisi allo sfruttamento immediato dei valori e del nome dell’Islàm anziché a una profonda sensibilità musulmana.
Ricche, dense, entro delineati sempre rinnovati nell’impianto, sempre coordinate nel grafismo artistico armoniosamente equilibrato, queste tavole di Gloria Soriani sono dunque complete, sia dal punto di vista dell’immagine d’arte, sia dal punto di vista del contenuto sapienziale, in una consapevolezza che tocca tanto il modo immediato del saper dipingere, quanto quello di una cultura dei contenuti qabbalistici ed esotericamente speculativi. Non per nulla, insomma, in arabo il termine dhawq (che significa “visione” e suggerisce ai sufi il concetto del sapere sapienziale, base della Via Mistica), indica, in arabo e in iraniano, anche “buon gusto” e “senso artistico”. Ebbene, «i sufi sono stati cultori delle Arti non perché ciò costituisce uno scopo del sentiero sufi, ma perché seguire il Sufismo significa diventare più consapevoli della bellezza divina che si manifesta dovunque, e alla luce della quale i sufi, conformemente alla bellezza della propria natura e secondo le norme artistiche della tradizione, creano capolavori che riflettono la bellezza dell'Artefice Supremo», scrise Sayyed Husein Nasr. Ecco, in definitiva, quanto avrei dovuto scrivere di questa opera di Gloria Soriani. Solo questo, nulla di più, e per noi sufi è più che sufficiente.
Gabriele Mandel Khân, direttore emerito dell’Istituto di Storia dell’Arte all’Università IULM, Vicario generale per l’Italia della Confraternita sufi Jerahi-Halveti, Milano, 2007