LETTERE CHE PRONUNCIANO IMMAGINI
di Francesca Mellone
Tra testo e illustrazione esiste un sotterraneo e misterioso legame che affonda le proprie radici nella notte dei tempi. Dai delicati rotoli di papiro egizi alle levigate pergamene greco romane, dalle policrome scene dei codici medievali alla rigorosa fedeltà al nero del libro a stampa: immagine e parola scritta hanno dato vita nel corso dei secoli - attraverso la presenza della miniatura prima, della xilografia, della calcografia e della fotografia poi - ad una splendida galleria di reciproci consensi, come se la scrittura contenesse un resto opaco che solo l’arte riesce ad esplicare. Sulle modalità stilistiche del rapporto si può a lungo disquisire, ma certo non può essere contestata la necessità psicologica e universale di questo connubio sul quale a ben vedere si edifica la storia stessa del libro, strumento di per sé garante di continuità con il passato.
Non esiste, in tal senso, luogo più della biblioteca consono ad ospitare il percorso artistico Alfabeti del mondo di Gloria Soriani, in cui centrale si palesa una volta ancora il passaggio tra scrittura e immagine, quasi ad imitazione delle variopinte "campiture" formate dai capilettera all’interno di antichi codici miniati.
In essi affiorano tracce, dettagli, residui di un immaginario spesso concepito per fragmenta (non solo in senso metaforico) per cui la dimensione per così dire fisica delle lettere alfabetiche assume ruolo di convertitore tra sfera dei significanti e sfera dei significati, ciascuna delle due entrando tuttavia in modi inediti e sorprendenti. In questi termini va ad esempio inteso, in ambito medievale, il reimpiego evocativo delle singole immagini antiche rese isolatamente piuttosto che entro un più esteso programma in chiave classicista. Allo stesso modo, l’esposizione ospitata dall’Ariostea risulta assai feconda di echi per le molteplici suggestioni poetiche e figurative che grandi artisti novecenteschi hanno trasmesso all’autrice attenta a convogliare in un’unica modalità di proiezione simbolica dipinto e grafia. Il caso riguarda per esempio i girotondi visivi dedicati a Kandinsky, a Mirò, a Picasso ove le singole "lettere" disposte in euritmiche sequenze l'una accanto all'altra danno adito a figurazioni più ampie, ora disegnando triangoli, ora semicerchi, ora apici o incantati paesaggi dell'anima.
Se si prosegue nella visita alla mostra ci si imbatte altresì nelle ordinate tavole dedicate appunto agli alfabeti del mondo, tra i quali quello ebraico si ammanta a Ferrara, e in particolare nella sala dedicata a Ludovico Ariosto della biblioteca, di ulteriori significati. Si legge un rimando a radici profonde della cultura cittadina, e insieme alla civiltà del Libro, che colloca questa mostra nel solco della storia. Non solo, accogliendo in sé numerose reminiscenze di memoria iconica, il procedimento descritto crea una sorta di esperanto figurativo in grado di mettere in comunicazione tra di loro contesti etnico-linguistici anche lontani in ordine di spazio e tempo. Diversamente, tuttavia, che per le Iniziali dei codici medievali, le A, B, C, L, X, Y, e così via, di Gloria Soriani si inseriscono nello spettro dei desideri, complice l'esercizio intelligente e ludico della fantasia per cui una forma rinvia ad un’altra aprendo la via alla dimensione della sorpresa e dell’inaspettato, introducendo il visitatore in una comunità di arabeschi, in una stesura continua di accordi ottici e mentali. Insomma lettere che pronunciano immagini.
Francesca Mellone, presentazione catalogo mostra "ALFABETI DEL MONDO-scrittura, gioco, arte", Biblioteca Comunale Ariostea, 2001