Nel giudizio sul valore di verità di una frase del tipo "io sono mentitore" sono coinvolti tre valori di verità.
Abbiamo alcuni dati che costituiscono i valori di input, abbiamo un operatore logico che li elabora secondo strette regole logiche e infine abbiamo un output ovvero una uscita dove l'Operatore Logico convoglia il valore di verità della frase.
Nel caso della dichiarazione "io sono mentitore" abbiamo
-- input1) primo valore di verità (Valore di verità intrinseco) [status posseduto dal dichiarante]
-- input2) secondo valore di verità (Valore di verità dichiarato ovvero [status dichiarato])
-- output3) terzo valore di verità: valore di verità della frase.
Il valore di verità della frase (terzo valore) è un VALORE_CALCOLATO. Tale VALORE_CALCOLATO deriva dalla elaborazione dei due valori di verità posti come input (primo e secondo). Per definire il valore di verità della frase i valori di input devono essere dati per acquisiti.
Il valore di verità intrinseco è un valore di verità connaturato all'oggetto e generalmente da tutti accettato (apodittico). In questo senso potrebbe essere chiamato anche valore di verità oggettivo. Se il valore di verità connaturato all'oggetto dichiarato non è noto, allora è impossibile stabilire il valore di verità della dichiarazione.
L' elaborazione dei dati posti in input si svolge in questo modo: se vi è corrispondenza (non diversità) tra i due valori dell'oggetto (dichiarato ed intrinseco) posti come valori in ingresso all'elaboratore, cioè come valori di INPUT, allora il valore di verità elaborato, ovvero il valore di OUTPUT, corrispondente al valore di verità della frase, è VERO.
Il valore di verità della frase è quindi non solo condizionato dai due valori di INPUT ma necessita di una operazione logica "sopra di essi" per essere individuato.
E' anche evidente che i tre valori di verità sono così strettamente e logicamente collegati che se conosciamo il valore di verità della frase e di uno dei due valori di INPUT, l'altro valore di INPUT potrà essere identificato per via deduttiva.
Esiste un Operatore-Logico capace di svolgere questa funzione di elaborazione?
Ebbene, questo Operatore-Logico esiste. Esso è da molto tempo nell'armametario di chi si occupa di logica e di elettronica ed è chiamato XNOR ovvero NOR-ESCLUSIVO.
Un Operatore-Logico XNOR risulta dalla combinazione di due operatori: un Operatore-Logico XOR (OR-ESCLUSIVO) cui si fa seguire un Operatore-Logico NOT
L'Operatore-XOR è un rivelatore di diversità: fa un confronto tra due valori di verità e procura in uscita il valore di zero (0) ossia Falso se i valori di verità confrontati sono uguali e procura 1 ossia Vero se i valori confrontati sono differenti. "Uguali" vuol dire che entrambi debbono avere il medesimo valore logico, quindi saranno entrambi con il valore di Vero o entrambi con il valore di Falso.
L'Operatore che a noi serve per verificare la veridicità della frase è un verificatore di "non diversità", non diversità tra valore intrinseco e valore dichiarato. Questo Operatore è appunto l'Operatore-XNOR, che corrisponde ad un Operatore-XOR concatenato ad un Operatore-NOT.
Nei testi di elettronica l'Operatore XNOR è molto usato. Invece nei testi della Logica Classica l'Operatore XNOR non viene mai citato. Al suo posto viene utilizzato un Operatore chiamato "DOPPIA IMPLICAZIONE". Benchè chiamati con nomi diversi, questi due Operatori Logici si comportano allo stesso modo. La tavola della verità della DOPPIA IMPLICAZIONE è uguale alla tavola della verità dell'Operatore XNOR. I due "connettori" sono equivalenti.
Il simbolo grafico sottostante rappresenta l'Operatore Logico XNOR. Esso utilizza il simbolo dell'Operatore XOR cui è aggiunto, in uscita, un piccolo cerchio che ha il significato di negazione: il cerchio rappresenta l'Operatore Logico NOT. Questo tipo di simbologia è usato in elettronica. In questo caso XNOR genera una risposta in uscita (OUTPUT) che è calcolata utilizzando i valori di Input-1 e input-2.
In definitiva avremo che il valore di verità della frase (Output) deriva da una operazione XNOR eseguita tra un primo Input costituito dal Valore di verità intrinseco dell'oggetto e da un secondo Input costituito dal Valore di verità dichiarato dell'oggetto.
In conclusione possiamo dire che: valore di verità della frase = valore di verità intrinseco dell'oggetto *XNOR* valore di verità dichiarato.
Quindi, sia che i due valori di verità (intrinseco e dichiarato) siano entrambi veri sia che siano entrambi falsi, l'uscita dalla porta logica XNOR genera in ogni caso 1 ossia Vero. La frase è vera ogni volta che l'operazione di XNOR dà per risultato 1 (Vero).
L'Operatore-Logico XNOR è la nostra MACCHINA della VERITA'. Possiamo organizzare (in modo consistente) i valori di verità dell'Operatore XNOR secondo questa griglia o Tabella della VERITA', con input ed output separati:
Valore intrinseco Valore dichiarato Valore frase
INPUT-1 INPUT-2 OUTPUT
Vero Vero Vero
Vero Falso Falso
Falso Vero Falso
Falso Falso Vero
Questa tavola della verità è uguale alla tavola della verità dell'Operatore Logico "Doppia Implicazione", generalmente usato nei manuali di Logica. L'Operatore Doppia Implicazione ha la caratteristica di generare un valore di verità VERO quando l'enunciato risponde alla condizione " .. se e soltanto se ..." .
Il Professore di Logica Alfred Tarski, a proposito del valore di Verita' di un enunciato, scrisse che l'enunciato " la neve è bianca" è VERO se e soltanto se la neve è bianca. La condizione "se e soltanto se" è caratteristica della Doppia Implicazione e quindi Tarski selezionava l'Operatore Doppia Implicazione come Operatore logico adeguato a rivelare la verità di un enunciato. Occorre dire che tra gli specialisti di Logica non vi è tuttora accordo su quali metodi debbano essere usati per identificare il criterio di verità.
In questo scritto ho scelto L'Operatore XNOR al posto della Doppia Implicazione, per due motivi:
1) ho studiato elettronica e quindi ho dimestichezza con l'Operatore XNOR. Per quanto riguarda lo studio della Logica, non ho una preparazione accademica ed ho poca dimestichezza con la Doppia Implicazione;
2) ritengo che l'Operatore XNOR sia di immediata comprensione anche per coloro che non hanno alcuna dimestichezza con la simbologia e con i ragionamenti della Logica. L'Operatore XNOR è immediatamente esplicativo e secondo il mio giudizio sta alla Doppia Implicazione come un diagramma a torta sta ad un freddo elenco di dati.
Nell' espressione "questa frase è falsa" è dato solo un valore logico ed è quello corrispondente al valore logico dichiarato con il predicato "è falsa". Nella Tabella il valore dichiarato corrisponde all'INPUT-2. Un secondo valore logico è necessario per utilizzare la tabella della verità ma non deve essere necessariamente il valore di INPUT-1. Il secondo valore logico necessario potrebbe essere costituito dal valore di OUTPUT. Se disponiamo di un inerlocutore informato, possiamo chiedergli informazioni circa il valore di verità della frase. Rispondendo "la frase è Vera" oppure "la frase è Falsa" l'interlocutore fornirà un secondo valore di verità, in questo caso un valore di output.
Osservando la Tabella si può vedere che il valore di verità della frase fornito dall'interlocutore alla nostra domanda, corrisponde all'OUTPUT.
Segnaliamo che l'interlocutore cui poniamo la domanda (la frase è vera?/falsa?), se non conosce il valore di verità intrinseco dell'oggetto dichiarato (input 1), non ha i dati per concludere se la frase è vera o è falsa: può solo tirare a indovinare.
Una volta ottenuto dall'interlocutore il valore di verità della frase, Il terzo valore di verità, da dedurre, non potrà essere altro se non il valore di verità intrinseco all'oggetto, corrispondente all'INPUT-1.
Avendo a disposizione una tabella della verità, la deduzione sarà facilissima. Quindi, visto che nella variante del paradosso il valore dichiarato è uguale a Falso, avremo solo due possibilità d'immediato interesse.
--Se l'interlocutore dice che la frase è Falsa allora siamo nel caso 2 della tabella della verità ed il valore intrinseco di verità di Input-1 sarà = Vero;
--Se l'interlocutore dice che la frase è Vera allora siamo nel caso 4 della tabella della verità ed il valore intrinseco di verità di Input-1 sarà = Falso.
Come si può ben vedere, il valore di verità della frase (espresso dal nostro interlocutore) è sempre diverso dal valore di verità trovato (valore di verità intrinseco dell'oggetto e dedotto tramite l'operatore XNOR). Questa diversità non è una contraddizione paradossale ma solo l'effetto di una operazione logica consistente.
--------------------------------------------------------------------------------------
Questa conclusione è considerata insoddisfacente nel caso di una dichiarazione fatta da una frase che si autodefinisce falsa. Una frase di questo genere ("io sono una frase falsa" oppure "io frase sono falsa") è considerata una variante del paradosso di Epimenide perchè, nella comune interpretazione, porterebbe a conclusioni paradossali. Le conclusioni tratte sono di questo tipo:
" se la frase è falsa allora è vera e .... se è vera allora è falsa."
E' da sottolineare che la dichiarazione "io frase sono falsa" è molto strana. Infatti i commentatori ortodossi di questa dichiarazione intendono per oggetto (soggetto) dichiarato l'intera frase "io frase sono falsa". Questa interpretazione viene chiamata " RINFORZATA" e il paradosso è chiamato "Paradosso del Mentitore Rinforzato". In questa sezione cercheremo di analizzare proprio il Paradosso del Mentitore Rinforzato.
Si viene a configurare una situazione strana. Infatti:
Io frase sono falsa è la dichiarazione;
Io frase sono falsa è l 'oggetto (soggetto) dichiarato;
sono falsa è
un predicato, se riferito alla dichiarazione
mentre è una stringa di caratteri se riferito all'oggetto dichiarato.
E' una configurazione strana e confusa. Se l'espressione sono falsa è attribuita all'oggetto dichiarato allora non vi è predicato e non vi è dichiarazione. Perchè ci sia una "proposizione" analizzabile occorre che l'espressione sono falsa sia un predicato e quindi venga riferita alla dichiarazione. Si arriva quindi a questa espressione:
io frase sono falsa (oggetto dichiarato)sono falsa .
Se si accetta di considerare l'espressione con sottolineatura come oggetto dichiarato, allora dobbiamo considerare l'espressione "io frase sono falsa" come nome di variabile. In questo caso l'espressione "sono falsa" , inserita all'interno del nome,deve essere considerata come una stringa di caratteri.
In questo modo (con fatica e fantasia) siamo riusciti ad avere una dichiarazione analizzabile che, come vedremo, non è paradossale.
L'idea che questa dichiarazione sia paradossale nasconde un errore che cercherò di mostrare con la esemplificazione grafica mostrata nelle Figure sottostanti, Figura 45 A, Figura 45 B
Nella Figura 45 A, nella immagine in alto, è rappresentata una frase autodichiarante che dichiara "questa frase è scritta in carattere FreeMono". La frase autodichiara una sua specifica qualità ovvero un suo STATUS specifico.
Nella Figura 45 A la dichiarazione "questa frase è scritta in carattere FreeMono" è espansa (quasi vivisezionata) ed esposta nei suoi componenti costitutivi.
L'enunciato "questa frase è scritta in carattere FreeMono", una volta sviluppato, si scompone in due parti e cioè l'oggetto dichiarato (frase) e il predicato (è scritta in caratteri FreeMono). Ma c'è una particolarità. La caratteristica stupefacente dell'autodichiarazione è che l'Oggetto dichiarato è l'intero enunciato per cui il reale oggetto dichiarato è l'intera frase ovvero "questa frase è scritta in carattere FreeMono".
La frase da analizzare sarà:
questa frase è scritta in carattere FreeMono è scritta in caratteri FreeMono .
Nella valutazione del valore di verità della frase, ciò che conta è valutare se l'oggetto dichiarato è effettivamente "rappresentato" in carattere FreeMono. L'oggetto dichiarato, da solo, non dichiara niente. La mente si limita a valutare unicamente lo STATUS posseduto dall'oggetto dichiarato e, in questo caso, l'aspetto rappresentativo-iconico (carattere FreeMono) che costituisce lo status dell'oggetto. In questa valutazione può prescindere dal significato eventualmente collegato all'oggetto. Per la mente è irrilevante un qualsiasi significato semantico che si può nascondere nella definizione dell'oggetto. Ciò che conta è che appaia scritto in caratteri FreeMono.
A questo punto non rimane che confrontare nell'Operatore XNOR lo status dichiarato (scritto in carattere FreeMono) con lo status effettivamente posseduto dall'oggetto. Poichè status dichiarato e status posseduto corrispondono (una persona esperta di "font" può constatare che l'enunciato è realmente scritto in carattere FreeMono), l'enunciato "questa frase è scritta in carattere FreeMono" risulta VERO, come mostrato dalla freccia tratteggiata che si trova in alto nella figura. E' di fondamentale importanza comprendere che il valore di verità dedotto (VERO), si riferisce all'enunciato "questa frase è scritta in caratteri FreeMono" e non all'oggetto dichiarato "questa frase è scritta in caratteri FreeMono". In questo esempio l'oggetto dichiarato non ha il valore logico di VERO/FALSO ma ha un proprio valore di status e cioè di essere scritto in carattere FreeMono.
Nella Figura 45 B viene sviluppata la frase autodichiarante " questa frase è falsa". La procedura di analisi si sviluppa sulla falsariga di Figura 45 A. In questo caso abbiamo che l'enunciato è costituito da " questa frase è falsa" e parimenti l'oggetto dichiarato è costituito da " questa frase è falsa". Adesso non abbiamo un riscontro obiettivo per sapere se lo status realmente posseduto dall'oggetto dichiarato corrisponda o meno allo status dichiarato (Falso). Nella figura 45 B abbiamo ipotizzato che lo status realmente posseduto sia = Falso. In questo caso l'Operatore XNOR ci dice che il valore di verità dell'enunciato = VERO. Possiamo usare un trucco per eliminare l'incertezza di status (ignoto) dell'oggetto dichiarato. Potremmo ipotizzare che in un ufficio di controspionaggio abbiano stabilito che le frasi scritte in caratteri di colore rosso sono sicuramente false mentre quelle scritte in caratteri blu sono sicuramente vere. In questo contesto sarebbe noto il valore di status di una frase autodichiarante del tipo " io frase sono falsa". L'elemento che definisce e rende noto il valore di status dell'oggetto "io frase sono falsa" non è l'espressione "sono falsa" ma semplicemente il colore dei caratteri. Quindi l'enunciato "io frase sono falsa", scritto in caratteri di colore rosso, avendo come oggetto dichiarato uno status noto = Falso, si rivela come una dichiarazione Vera.
Anche nella valutazione della frase "questa frase è falsa" occorre non fare confusione: il valore di verità trovato si riferisce all'enunciato e non all'oggetto. Il fatto che entrambi abbiano la stessa struttura verbale induce in confusione e fa pensare ad un paradosso. In realtà non si può dire "se la frase è vera allora la frase è falsa". Si deve dire: se il valore di status dell'oggetto "questa frase è falsa" è realmente = Falso, allora il valore di verità dell'enunciato " questa frase è falsa" = Vero.
I valori di verità divergono ma non si riferiscono alla medesima entità logica.
Se ipotizziamo che l'oggetto dichiarato (io sono una frase falsa) abbia effettivamente lo status di FALSO, allora dobbiamo concludere che la dichiarazione (io sono una frase falsa) è VERA.
Se ipotizziamo che l'oggetto dichiarato (io sono una frase falsa) abbia effettivamente lo status di VERO, allora dobbiamo concludere che la dichiarazione (io sono una frase falsa) è FALSA.
Nota importante :
1) Nessuna frase autodichiarante può dichiarare il valore di verità della dichiarazione che sta facendo !!!! Il valore di verità della frase è un valore calcolato e non può essere imposto dalla dichiarazione.
2) Una frase autodichiarante può solo dichiarare un valore di STATUS ovvero un valore di INPUT all'enunciato
3) Il valore di STATUS dell'oggetto dichiarato e il valore di verità della dichiarazione si pongono in livelli logici diversi .
Il valore di status dell'oggetto dichiarato è un input, il valore di verità della dichiarazione è un output.
Nota: quando ho fatto la scoperta che nessuna frase autodichiarante può dichiarare il valore di verità della dichiarazione che sta facendo, ho fatto un salto come quando si scopre qualcosa di importante: eureka!! Poi mi sono calmato quando sono venuto a conoscenza che a questa conclusione era già giunto Wittgenstein nel Tractatus logico-philosophicus dove dichiara esplicitamente che "una proposizione non può asserire, di se stessa, che è vera". Ad una conclusione simile era giunto, nel Medio Evo, anche Guglielmo da Occam.
Sembra che l'analisi del Paradosso sia conclusa ma c'è una importante nota aggiuntiva, importante sia dal punto di vista logico sia da quello semantico.
Il Paradosso nasconde l'astuzia di un procedimento che attualmente viene chiamato COMPRESSIONE dei DATI. E la compressione dei dati può essere letta come una forma di Crittografia.
Nel Paradosso succede che vengono inseriti più dati nella stessa quantità di spazio di una frase. Nel Paradosso, in una unica frase, vengono "condensati" sia l'Oggetto dichiarato sia la Dichiarazione che lo valuta. L 'Operazione di "VIVISEZIONE" attuata per interpretare il Paradosso, in realtà è una operazione di "DECOMPRESSIONE".
La decompressione ha portato ad isolare, dal medesimo scritto, due elementi che si differenziano per poche lettere.
Abbiamo
1) l'oggetto dichiarato: "questa frase è falsa" e abbiamo
2) la dichiarazione di valutazione: (( "questa frase è falsa" è falsa )). Nella sua forma compressa la dichiarazione di valutazione risulta come "questa frase è falsa". Ma nella sua forma analizzabile, decompressa, la dichiarazione di valutazione risulta come ((questa frase è falsa" è falsa )). La parte in grassetto è in comune tra oggetto e dichiarazione. Il Paradosso è una forma compressa di questi due elementi ed esprime, in un singolo enunciato, (questa frase è falsa) l'oggetto dichiarato e la dichiarazione che lo valuta
In informatica la COMPRESSIONE dei dati si riferisce al processo di riduzione della quantità di dati necessari per la trasmissione di informazioni. In Informatica la compressione dei dati funziona identificando ed eliminando la RIDONDANZA statistica. Nel Paradosso la RIDONDANZA è data dal fatto che la frase "questa frase è falsa" è ripetuta, immodificata, due volte: figura sia nell'oggetto dichiarato sia nella dichiarazione.
Senza una operazione di decompressione sembra che il valore di verità trovato si riferisca ad una dichiarazione identica all'oggetto dichiarato. In realtà questo riferimento è "apparente". In realtà il valore di verità della dichiarazione si riferisce alla forma decompressa ovvero a ((" questa frase è falsa" è falsa )).
A questo punto non possiamo esimerci dal fare riferimento al lavoro di Alfred Tarski sul Paradosso del Mentitore. Tarski aveva compreso che era necessario fare una distinzione tra il "linguaggio oggetto" che riguarda l'oggetto dichiarato ed un diverso linguaggio che riguarda la dichiarazione. Si riferiva a questo con il nome di "metalinguaggio". In realtà, in questo contesto, non pare indispensabille evocare un metalinguaggio: il Paradosso può essere analizzato con il naturale linguaggio della Logica se è valutato utilizzando una procedura di DECOMPRESSIONE.
Tornando all'interpretazione convenzionale che considera come un paradosso l'enunciato "questa frase è falsa", è da comprendere come si sia consolidata la convinzione che recita "se la frase è vera allora è falsa .... e se è falsa allora è vera".
Questo ragionamento circolare, questa oscillazione tra VERO e FALSO, può essere effettivamente innescata qualora il valore di status dell'oggetto dichiarato non sia definito autonomamente ma sia derivato e assimilato al valore di verità della frase. Se il valore di verità della frase, espresso come OUTPUT, è retrocondotto come valore di INPUT per definire il valore di STATUS posseduto dall'oggetto dichiarato, allora l'oscillazione è innescata.
Il termine "oscillazione", frequentemente incontrato nel campo dell'elettronica, introduce una componente temporale che non dovrebbe comparire in una Logica Pura, in una Logica Metafisica. Questo tipo di logica dovrebbe avere valori cristallizzati al di fuori del TEMPO. Di fatto, a noi mortali non è concesso di praticare una Logica che fa a meno del Tempo. Nel Paradosso di Epimenide i valori di verità non oscillano ma appaiono contraddittori "nel medesimo tempo." Anche dove non compare oscillazione, il fattore Tempo torna a riemergere.
Con la retroconduzione del valore di verità della dichiarazione all'ingresso di INPUT, l'Operatore logico XNOR diventa un oscillatore che genera in sequenza temporale valori di verità opposti. In queste condizioni l'Operatore XNOR equivale ad un Operatore NOT in cui il segnale di uscita è retroazionato come segnale di ingresso, tipica configurazione per un oscillatore astabile.
Mentre nella versione classica del Paradosso di Epimenide l'essenza del paradosso era costituita dal fatto che la dichiarazione figurava, allo stesso tempo, Vera e Falsa, nella configurazione sopra descritta si genera una continua alternanza di valori di verità opposti.
SOLUZIONE DEL PARADOSSO DEL MENTITORE NELLA VERSIONE DI BURIDANO
In tema di alternanza dei valori di verità, è necessario ricordare ed analizzare una vecchia formulazione del Paradosso che risale all'epoca medievale e che è attribuita a Buridano. Nella formulazione di Buridano il Paradosso assume questa forma:
Socrate afferma: "Platone dice il FALSO;
Platone afferma: "Socrate dice il VERO".
La combinazione di questi due enunciati genera un riferimento incrociato che provoca una continua alternanza dei valori di verità.
Nella Fig 71 sottostante, vi è una rappresentazione grafica della logica creata da questi due enunciati. Fornisco una descrizione dettagliata della Fig.71:
Il valore di verità degli enunciati è valutato attraverso Operatori XNOR. L'uscita di un Operatore XNOR è immessa in ingresso all'altro Operatore XNOR, in modo da creare il riferimento reciproco. L'Operatore XNOR che figura in alto raccoglie l'enunciato di Socrate; quello in basso l'enunciato di Platone. Nell'enunciato di Socrate lo "status" dichiarato per il valore di verità della dichiarazione di Platone è posto = FALSO. Viceversa, Nell'enunciato di Platone lo "status" dichiarato per il valore di verità della dichiarazione di Socrate è posto = VERO.
Se analizziamo la funzione logica dell'Operatore XNOR di Socrate vediamo che esso si comporta come un Operatore NOT: in uscita, inverte il valore logico che riceve dall'Operatore logico di Platone. Viceversa, L'Operatore logico di Platone ripete in uscita, invariato, il valore logico che riceve da Socrate. L'Operatore logico di Platone si comporta come un Operatore ID, un operatore che non inverte il valore logico che riceve in ingresso. Questo tipo di Operatore nel gergo elettronico è chiamato "buffer", cioè un ripetitore che non inverte il segnale logico che riceve e che contemporaneamente ne potenzia il segnale elettrico. Per facilitare la comprensione del lettore ho arbitrariamente chiamato questo tipo di Operatore con l'etichetta " ID" (Identità). I colori delle frecce in uscita dagli Operatori Logici indicano lo status logico: la freccia di colore rosso indica Falso; la freccia di colore blu indica Vero.
Vediamo il funzionamento dello schema logico. Supponiamo inizialmente che il segnale in ingresso all'Operatore XNOR di Socrate sia FALSO (spezzone di freccia rossa (1) ). In queste condizioni il segnale emesso da detto Operatore Socrate sarà = VERO. Platone riceve il segnale VERO e in uscita non modifica tale valore logico. Questo valore logico VERO è inviato a Socrate (2). Abbiamo detto che l'Operatore logico XNOR di Socrate si comporta come un Operatore NOT. Pertanto il valore in uscita da detto Operatore logico cambia e diventa FALSO. Quando Platone riceve il segnale di Falso, lo ritrasmette invariato a Socrate ma a questo punto Socrate cambia il segnale di uscita ed emette un valore logico = VERO. In conclusione si genera una continua oscillazione dei valori di verità degli enunciati.
Sul lato sinistro del grafico è rappresentato, in forma miniaturizzata, il circuito equivalente della rappresentazione logica di Socrate e Platone. Il circuito equivalente è molto semplce: abbiamo una struttura circolare costituita da un Operatore NOT concatenato ad un Operatore ID.
Nella sua forma essenziale un Oscillatore astabile può essere costruito con un singolo Operatore NOT in cui il segnale di uscita è reimmesso in ingresso.
Nel caso di Buridano abbiamo che nel circuito di retroazione è inserito un operatore ID. Questo non modifica il funzionamento del circuito che continua ad oscillare allo stesso modo. Questa strutturazione tuttavia modifica la forma in cui il Pradosso è presentato e percepito. Buridano introduce una "innovazione" che è ben descritta da Wikipedia:
"durante la Scolastica, si era sempre pensato che i problemi logici derivanti dal paradosso del mentitore derivassero dal carattere di autoreferenza. Buridano dimostrò che il problema non era l'autoreferenza, ma il riferimento reciproco, detto circolare, elaborando un paradosso nel quale l'autoriferimento era per così dire spezzato in due".
L'introduzione dell'Operatore ID (Platone) fatta da Buridano, ha l'astuzia di cambiare la percezione del Paradosso con una formulazione che apparentemente introduce novità ma, in sostanza, non cambia l'essenza del problema: la retroazione del valore di verità ( dall'uscita verso l'ingresso dell'Operatore NOT ) non è più diretta ma mediata dall'inserimento di un Operatore ID.
PER QUALE MOTIVO LA FORMULAZIONE DI BURIDANO E' CONSIDERATA UN PARADOSSO?
Dovrebbe essere evidente che, almeno in elettronica, non si ritiene che un Oscillatore Astabile sia sostenuto da una logica paradossale. Gli Oscillatori realizzati tramite Operatore NOT rispettano la logica binaria e per di più funzionano egregiamente. Se hai al polso un orologio al quarzo, è molto probabile che la scansione del tempo sia fatta tramite un oscillatore che utilizza almeno un Operatore NOT in cui il segnale di uscita è reimmesso in ingresso.
E allora dove è avvenuta la confusione? Come siamo arrivati al riconoscimento di un Paradosso ?
L'interpretazione come paradosso della versione proposta da Buridano è nata dal fatto che, nel percorso logico, gli analisti si sono fermati al "primo giro" di ragionamento. Il ragionamento è stato di questo tipo:
"se l'affermazione di Platone è Falsa allora l'affermazione di Socrate è Vera. Ma se l'affermazione di Socrate è Vera allora anche l'affermazione di Platone è Vera " . STOP. La conclusione, fermata a questo punto, è chiaramente paradossale. Ma se gli analisti avessero proseguito l'indagine con altri "giri" logici avrebbero scoperto che l'essenza della versione di Buridano non è il Paradosso dei valori di verità ma l'oscillazione continua, tra Vero e Falso, dei valori di verità delle dichiarazioni.
Se cerchiamo la caratteristica distintiva associata ad una frase autodichiarante cosa possiamo dire?
Viene in mente questo pensiero: l'oggetto dichiarato è la dichiarazione stessa !
Risulta quindi che la composizione verbale dell'oggetto dichiarato ( io sono una frase falsa ) è identica a quella della dichiarazione ( io sono una frase falsa ). Questa è una coincidenza verbale generata dalla autodichiarazione e questo fatto crea una confusione che sta alla base del Paradosso. Se il valore di status dell'oggetto dichiarato (io sono una frase falsa) è effettivamente falso, la mente è portata a pensare che anche il valore di verità della dichiarazione (io sono una frase falsa) debba essere falso. La mente pensa che oggetto dichiarato e dichiarazione siano la stessa cosa, visto che hanno la stessa struttura verbale (io sono una frase falsa). E per tale motivo dovrebbero avere lo stesso valore di verità. E tuttavia la mente si rende conto che questo non può accadere quando valuta la dichiarazione utilizzando ( inconsciamente ! ) l'operatore XNOR.
Oggetto dichiarato e dichiarazione sono entità logiche diverse e sul piano logico non è ammessa alcuna confusione.
Ora abbiamo gli elementi per dire che la conclusione " se la frase è vera allora è falsa e ..... se la frase è falsa allora è vera" si basa su valutazioni logiche errate.
Una corretta valutazione logica, basata sull'Operatore XNOR, dovrebbe dire così:
1) "se il valore di status dell'oggetto dichiarato (questa frase è falsa) è effettivamente Falso, allora il valore di verità dell'enunciato (questa frase è falsa) è Vero";
2) " se il valore di status dell'oggetto dichiarato (questa frase è falsa) è effettivamente Vero, allora il valore di verità dell'enunciato (questa frase è falsa) è Falso".
Non si possono confondere i due valori di verità (valore di status dell'oggetto dichiarato e valore di verità dell'enunciato) perchè indicano entità diverse e perchè operano a livello logico diverso ( vedi Figura 45 ).
C'è poi una ulteriore osservazione importante da fare. Il Paradosso nasconde una complessità sintattica non immediatamente rilevabile. Il Paradosso si esprime in una forma COMPRESSA, quasi crittata.
Dichiarazione ed oggetto dichiarato devono essere tenuti distinti perchè Il valore di verità della Dichiarazione si posiziona in un piano logico diverso e distinto da quello ove si colloca il valore di status dell'oggetto dichiarato
Se poi il valore di verità dello status posseduto dall'oggetto è assimilato al valore di verità della frase, allora viene innescata una indefinita oscillazione tra valore Vero e valore Falso .
Anche i riferimenti incrociati di Buridano generano una oscillazione continua tra VERO e FALSO: l'autoreferenza in questo caso non è diretta ma si serve di un secondo Operatore (ID) che non modifica la logica del circuito.