Radici culturali

del Venerdì Santo

Il Venerdì santo, giorno anniversario della morte di Gesù Cristo, presso gli Ebrei era detto parascève (gr. paraskeuê, preparazione) vigilia del sabato nella quale si preparava il cibo per il giorno seguente durante il quale erano proibite anche tutte le attività domestiche. Presso i cristiani, il Venerdì santo è giorno di astinenza dalle carni e di digiuno ed è considerato, dopo la Pasqua ed insieme al Giovedì Santo, il giorno liturgicamente più importante dell’anno perché rievoca un momento fondamentale del mistero del Cristo.

A partire dal Medioevo


Quasi tutti i riti e le usanze legate al Venerdì Santo e, più in generale, alla Settimana Santa, risalgono al Medioevo, più precisamente al XIII secolo. E' questa, infatti, un'epoca dalla religiosità ricca ed al tempo stesso complessa, nella quale le espressioni della fede, talvolta condotte all'estremo, costituiscono sempre la testimonianza di una pietà popolare palpitante. Il sostrato religioso che permeava la società prendeva corpo nell'eccezionale sviluppo dell'iconografia che da Cimabue si articola nelle opere di Simone Martini, Duccio da Boninsegna e, soprattutto, Giotto (vedi a lato), contribuendo a conferire teatralità ai riti ed alla fede in genere.

Giotto - Crocifissione

Donna de paradiso - Jacopone da Todi

Tutte le manifestazioni medievali della Settimana Santa avevano come tema di fondo la penitenza, dal punto di vista letterario riconoscibile in parte nel filone religioso che ebbe la sua massima espressione nelle Laude e che si poneva in antitesi rispetto alla poesia goliardica ed alla lirica cortese. Le laude legate al venerdì santo, delle quali Il pianto della Madonna di Jacopone da Todi (video a lato) è la massima e ricca espressione, avevano come sfondo l'immagine di Gesù in Croce e di sua madre che lo piange: stabat Mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa. Dolore e pianto penetravano in un quadro sociale molto aperto alle suggestioni e finivano per legarsi al tema del dolore, del quale, anche per diretto intervento della dottrina cattolica ufficiale, erano inevitabilmente percepiti come conseguenze e sintomi: la sofferenza rivelava un peccato da espiare. Da qui, la necessità di rimediare mortificando il corpo, ritenuto sorgente di male e di peccato, per la salvezza dell'anima.


Il ricorso alla mortificazione corporale, che ebbe nel cilicio l’espressione più rappresentativa, antitetica all’immagine, sempre medievale, del corpo esaltato come portatore di piaceri, si intensificava nel periodo quaresimale ed ancor di più durante la Settimana Santa, quando la sofferenza personale si prestava ad essere interpretata come partecipazione alla sofferenza del Cristo. Le pratiche di auto-mortificazione violenta si diffusero nel periodo quaresimale secondo caratteristiche regionali in tutto il mondo

Miniatura raffigurante un gruppo di flagellanti

La Via Crucis e le confraternite


L’espressione meno cruenta della percezione medievale della redenzione per mezzo della sofferenza era la Via Crucis, nella quale la rievocazione di quanto accaduto a Gesù comportava una partecipazione soprattutto spirituale. A dare inizio alla pratica contribuirono le Crociate: portare la Terra Santa “in casa” è il motivo per cui, all’epoca delle Crociate, nacque la Via Crucis. Tale rito ricevette grande impulso dalla predicazione dei francescani, dal tardo Medioevo fino al Settecento, con San Leonardo da Porto Maurizio: i fedeli potevano “vedere” gli eventi della Passione di Gesù senza affrontare un pericoloso pellegrinaggio.

Una stazione della Via Crucis

Una confratérnita del SS. Sacramento in corteo

L’altro fenomeno religioso che si sviluppò alla fine del Medioevo fu la nascita delle Confratérnite, che avevano scopi caritativi e di culto. I confratelli, quasi sempre dello stesso ambiente, uscivano a chiedere l’elemosina per commissionare messe per le anime dei fratelli poveri o per aiutare la vedova di un defunto. Durante il percorso si pregava e si faceva penitenza per i propri peccati e per le anime dei fratelli indigenti. Più tardi, tuttavia, all’interno di alcune di esse prese piede la pratica della mortificazione corporale in forme sempre più aspre: durante i secoli XIV e XV la “peste nera” che si abbatté sull’Europa portò alla nascita di fraternità ispirate alla Croce che praticavano l’autoflagellazione.

Queste confraternite si legarono fortemente all'espetto cruento e doloroso della vita di Cristo e divennero elementi trainanti delle processioni quaresimali che già erano vive presso le comunità, ostentando, accanto all'autoflagellazione, la pratica della battitura corporale. La prima confraternita di battenti sorse a Perugia nel 1260, ben presto imitata da numerosi movimenti che ricorrevano alla flagellazione in pubblico o in privato. La fusione tra i due fenomeni avvenne inevitabilmente nei secoli successivi: le Via Crucis vennero ben presto animate dai penitenti, che in vari casi punivano pubblicamente il loro corpo, cioè da gruppi di fedeli che all’interno delle processioni avevano lo scopo di rappresentare la comunità che partecipava alla sofferenze del Redentore. Nel XV secolo venne introdotto l’uso dei cappucci che permetteva ai penitenti di avere accesso alle celebrazioni senza farsi riconoscere.

I battenti di Minori (Salerno)

Una statua seicentesca

del Cristo flagellato

Mentre le pratiche devozionali intrise di dolore presero vita nell XIII secolo, è solo con il Seicento che esse vennero accompagnate dall’uso di statue iperrealistiche, a volte con attenzione quasi morbosa ai dettagli raccapriccianti (ferite, ossa scoperte, volti tumefatti ecc.). L'utilizzo di immagini, talvolta di gruppi scultorei di notevoli dimensioni, permetteva ad ogni modo di limitare l'autolesionismo dei penitenti che animavano i riti ridimensionando in parte il ruolo delle confraternite: il popolo partecipava alla sofferenza contemplando l'icona sofferente. Questa trasformazione si inseriva in pieno nel clima della Controriforma, che intendeva reagire alla “nuda” predicazione dei protestanti facendo leva sui sentimenti; nel Settecento, poi, tali pratiche furono utilizzate per contrastare lo spirito illuministico.

Tra magnificenza e penitenza

L'evoluzione subita dai riti della Settimana Santa dal Medioevo al XVIII secolo ha lasciato tracce un po' dappertutto nel mondo. Decisivo si è rivelato il processo di conversione dei popoli operato dai grandi ordini religiosi (francescani, domenicani, gesuiti) e veicolato, con risvolti talvolta devastanti, dal colonialismo, soprattutto quello legato alla cattolicissima Spagna. Le istanze dell'evangelizzazione si fusero ad usanze e rituali locali, dando vita a manifestazioni non sempre in linea con le indicazioni liturgiche ufficiali, nelle quali spesso l'aspetto cruento della Passione di Cristo ebbe il sopravvento.

La Settimana Santa in Spagna

La Spagna è la regione cristiana che dopo il 1500 vide la maggiore fioritura di usanze legate alla Settimana Santa. Attualmente le processioni di penitenti incappucciati sono tipiche soprattutto nelle zone centrali e meridionali del Paese; vengono ripetute ogni giorno della Domenica delle Palme al Venerdì Santo.

In questa regione di antichissima tradizione cattolica le processioni si arricchirono nel XVI secolo di vistosi elementi barocchi: colori sgargianti, musica, immagini ed abiti decoratissimi. Accanto alle antiche processioni di penitenza o di dolore nacquero quelle della gloria o dell’allegria, nelle quali si celebrava la Resurrezione. Nelle prime dominavano i colori nero, marrone e l’austerità dei suoni; nelle seconde c’era una scialo di colori, luci e bande musicali per esprimere la gioia del rinnovamento della vita.

La sontuosa processione di Siviglia

Esempio di pasos riccamente decorato

Questa trasformazione è oggi visibile durante la processione di Siviglia nei pasos, baldacchini decoratissimi su cui sono rappresentate scene della Passione, e nelle saetas, invocazioni amorose del Cristo e della Vergine modulate da cantori specializzati. La Chiesa istituzionale diffidò, all’inizio, di un movimento che sorgeva spontaneo, senza sottomettersi ad alcuna regolamentazione. Dal 1759 al 1816 ebbe inizio una crisi per l’intervento dei vescovi e di illustri governanti che tentavano di ripulire da alcune pratiche confraternite e processioni e dotarle di una serie di regole: si configurava una settimana Santa in cui venivano soppresse danze ed elementi contraddittori ed in cui scompariva la flagellazione pubblica.

Settimana Santa in Spagna

Settimana Santa a Siviglia

Espressioni nelle Filippine

Alcuni tra i più colorati e al tempo stesso più controversi riti della Settimana Santa si svolgono nelle Filippine, un Paese dove, su 75 milioni di abitanti, l’80% è cattolico. Sebbene guardate dall’alto in basso da un certo numero di Filippini, e in particolare dalla Chiesa ufficiale che vi si è pubblicamente opposta in molte occasioni, tali pratiche sono tuttavia ampiamente tollerate dalla popolazione. I riti hanno origine spagnola. Gli spagnoli hanno infatti trapiantato la loro fede passionale nei territori conquistati oltre mare, tra essi anche l’arcipelago filippino.


Pabasa a Manila


All’inizio della Settimana Santa molte persone dei sobborghi poveri di Manila partecipano al rito detto pabasa, che testualmente significa “leggere”. In esso si dà lettura di un libro dal titolo Racconto della Sacra Passione del Signore Gesù Cristo, che si dice sia stato scritto nel 1814 da un prete filippino, Mariano Pilapil. Il rito avviene in piccoli gruppi, riuniti all’interno di “cappelle” preparate sul posto: il testo, che è in prosa e senza indicazione di note, viene cantato secondo melodie tramandate di generazione in generazione, con diversi stili a seconda della località di provenienza dei fedeli.



Senakulo a Cainta


Sempre durante la Settimana Santa, i residenti del sobborgo di Cainta si riuniscono a centinaia davanti al municipio della capitale per assistere al senakulo, la rappresentazione della Passione che dura circa cinque ore e viene ripetuta per otto notti di fila. E’ una forma di teatro popolare cui si accede senza biglietto: si comincia con varie scene tratte dalla Bibbia per poi culminare con la vita, passione e morte di Gesù. La caratteristica di questa sorta di spettacolo è la totale partecipazione emotiva dei soggetti coinvolti che assumono atteggiamenti e comportamenti orientati a raggiungere il massimo del realismo.

Il rituale dei flagellanti


Il più sorprendente tra i riti pasquali delle Filippine non avviene però in teatro, ma “dal vivo”. Il Venerdì Santo, alle 7 del mattino, i cosiddetti “penitenti” si inginocchiano davanti alla porta chiusa del carcere di Manila e, dopo una breve preghiera, si dirigono lentamente verso un braccio del complesso. Tengono in ognuna delle mani un frustino con punte metalliche alle estremità, con cui si flagellano la schiena seguendo il ritmo di una immaginaria marcia funebre. Con i volti nascosti da un panno bianco e i corpi nudi fino alla cintola, girano intorno al muro di cinta battendosi fino a squarciarsi la schiena. Arrivati ad una cella si inginocchiano di fronte all’immagine della Vergine e si prostrano al suolo. A questo punto un assistente incide la schiena con una lametta e la flagella fino a coprirla di sangue. Questo rituale si ripete ad ogni cella. Dopo aver passato le 15 celle che si trovano all’interno del recinto, i penitenti tornano alla cappella, si inginocchiano nuovamente davanti alla porta chiusa e pregano in silenzio.

Flagellanti nei sobborghi di Manila

Nel Meridione d'Italia

Nel nostro Paese non mancano processioni e altre manifestazioni popolari legate alla Settimana Santa, tutte con lo scopo di ripercorrere la Passione di Gesù attraverso le emozioni, a volte, per riviverle addirittura a livello fisico. Le origini di queste manifestazioni sono in parte comuni a quelle spagnole; tuttavia, per la mescolanza di usanze derivanti da un secolare frazionamento della Penisola e dal cambiamento di dominazioni, specialmente nell’Italia meridionale, risultano talvolta più complesse e articolate. Tra le numerosissime celebrazioni di questo genere, diffuse soprattutto nel Meridione, ne vengono indicate qui solo alcune delle più significative.

In Sicilia


La Sicilia si presenta ricca di appuntamenti, a partire dalla Domenica delle Palme fino al Venerdì Santo.

Il giorno dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme viene celebrato in particolare ad Aidone (Enna), dove le confraternite portano in processione dodici santuna, statue di cartapesta alte due metri che raffigurano gli Apostoli, ricoperti da tuniche sgargianti. La Domenica di Pasqua, poi, San Pietro gira per tutto il paese alla ricerca del Risorto e, dopo averlo trovato e fatto incontrare con l’Addolorata, annuncia la buona notizia agli altri santuna. Statue simili a queste, di origine spagnola, si possono vedere anche in altre località dell’isola: Barrafranca, San Cataldo, Mazzarino ecc.

A Trapani è organizzata, il Venerdì Santo, la processione dei Misteri, con gruppi scultorei in legno che risalgono al XVIII secolo, ognuno dei quali sotto la cura di un determinato “ceto”: orefici, pescatori, ortolani, ecc.

A Caltagirone, la Domenica di Resurrezione, si assiste alla giunta, cioè all’incontro tra la statua della Madonna e quella di suo Figlio; si tratta di un rito inserito nelle celebrazioni pasquali nel 1752, molto simile a quello che, nello stesso giorno si svolge a Sulmona, in Abruzzo.

In Calabria


In Calabria, la manifestazione forse più impressionante è la cruenta processione dei vattienti di Nocera Torinese (Catanzaro), il Sabato Santo: penitenti coronati di spine seguono la statua dell’Addolorata colpendosi a sangue le gambe con il cardo, un disco di sughero da cui spuntano cocci di vetro. L’origine del rito è controversa: sicuramente, nella forma attuale, dipende dalle pratiche coloristiche del tardo Medioevo, ma non è escluso che vi sopravvivano echi di celebrazioni pagane legate a divinità come Attis. Evidente appare comunque il legame con altre simili manifestazioni in Spagna e nell'Estremo Oriente, a testimonianza di quanto forte sia stata la percezione prevalentemente penitenziale del ciclo liturgico della Settimana Santa.

In Puglia

A Taranto, si ritrovano file di penitenti con in testa corone che richiamano la corona di spine del Cristo, chiamati perdune, che trasportano le statue dei Misteri seguendo un’andatura dondolante (nazzecata), accompagnati da altri perdune incappucciati. I perdune si muovono in coppia ed escono ad intervalli dalla chiesa di Maria Santissima del Monte Carmelo. Nel tradizionale abito recano un rosario, un crocifisso ed una cinghia di cuoio che rappresenta la frusta che colpì Cristo La processione comincia nel tardo pomeriggio del Venerdì Santo e si conclude il mattino seguente.



In Campania


In Campania, il Lunedì dell’Angelo, spicca il pellegrinaggio al santuario della Madonna dell’Arco, a Sant'Anastasìa sulle colline del Vesuvio a 14 km da Napoli. E’ animata dai fujenti, eredi di una tradizione che rimanda a epoche lontane, che, a decine di migliaia, provengono dalla cintura metropolitana di Napoli e dai quartieri più popolari della città. Li chiamano fujenti perché un tempo percorrevano di corsa il tragitto dal luogo di partenza a quello di arrivo; oggi si servono dei camion delle compagnie che trasportano il tosello, l’enorme statua della Madonna. Lo scenario della processione è tipicamente napoletano: i fujenti piangono, gridano, cadono in preda ad attacchi convulsivi gettandosi a terra, alcuni si trascinano a forza di gomiti fino all’altare del santuario, altri leccano il pavimento con la lingua.

Nell’isola di Procida, il Giovedì Santo è animato dalla processione degli “apostoli”: dodici incappucciati visitano i “sepolcri” delle chiese. Il giorno successivo segue la sfilata dei Misteri, al suono della tromba e dei tamburi, con alcune statue fisse e altre variabili di anno in anno.

In Italia centrale


Nel Lazio e in Umbria

Risalendo la penisola, nel Lazio spicca la rappresentazione di Sezze, nella quale la partecipazione della popolazione è totale: i figuranti, in costumi dell’epoca di Gesù, raggiungono le migliaia e sono protagonisti della ricostruzione dei momenti salienti della Passione. Si tratta di una manifestazione di prestigio alla quale prendono parte attori di livello nazionale.

A Gubbio, in Umbria, il Venerdì Santo è celebrato con una processione del Cristo Morto, raffigurato con una scultura lignea del Seicento, rito cui si aggiunge una grande fiaccolata.

In Italia settentrionale

In Piemonte

In Italia settentrionale, a Sordevolo (Biella) avviene una delle più grandi sacre rappresentazioni della Penisola, attualmente con cadenza quinquennale: i quadri viventi sono rappresentati in scenari appositamente costruiti in grandi dimensioni e su una vasta area simile ad un grande teatro. La manifestazione si tiene in estate nell'arco di tre mesi (da Giugno a Settembre) e per questo non può essere considerata una manifestazione legata alla Settimana Santa.

Ogni anno replicata più volte durante la Settimana Santa è la rappresentazione che si tiene a Belvedere Langhe (Cuneo).