La chiesa

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Fonte: www.santigervasoeprotaso.it sito della parrocchia

Notevoli e preziosi ritrovamenti archeologici, tra i quali la famosa patera argentea, testimoniano l'importanza civica e religiosa di Parabiago, in cui la pieve cristiana trovò sede nei secoli passati. Se la presenza di reperti del genere accennato fa supporre l'esistenza in loco di beni communalia, cioè di una certa base economica stabile, tale da trasformare una chiesa rurale in un istituto ufficiale della religione non più pagana, in mancanza di elementi letterari, non si ha motivo, come vorrebbe qualche storico, per fare risalire la nascita della pieve e non solo di Parabiago, al IV secolo considerato come periodo di sistemazione e di evoluzione, quasi che i beni della religione fossero passati a quella cristiana e alle sue istituzioni.

Se proprio si vuole insistere sull'antichità della pieve di Parabiago, si potrebbero citare documenti del 757 e del 776, relativi a uno scambio di beni, cui concorsero preti decumani della chiesa milanese da una parte e Uberto, presbitero della chiesa di Parabiago dall'altra. Sulla autenticità degli atti gli esperti esprimono però forti dubbi neppure dissipati da un altro atto conservato nel Codex Diplomaticus Mediolanensis della Biblioteca Ambrosiana, datato 1028, 7 dicembre e tratto dall'Archivio dei canonici di S. Ambrogio. Si tratta di uno scambio di beni tra Baggio e Parabiago, rappresentata quest'ultima dal presbitero de ordine ecclesiae plebis Sanctorum Protasii et Gervasii sitae Palabiaco, che da Uberto è diventato Ublicus.

Rimane da considerare il casato dei "da Parabiago", ricordato in documenti anteriori al Mille. Esso farebbe supporre che si riferisse all'antica famiglia dei Crivelli, membri della quale ricorrono nella serie dei prevosti di Parabiago, quasi vantassero una specie di giurisdizione sulla pieve. Il dubbio nasce dalla diversità dello stemma del sec. XV riferito ai "da Parabiago", riportato nel Codice Trivulziano n. 1390, con la figura di un gallo e quello vero e proprio dei Crivelli, con tanto di cribellum o setaccio.

Fuori discussione l'esistenza, nel 1247, di don Pietro Crivelli, posto alla guida della prepositura dei SS. Gervaso e Protaso. A suo favore il papa Innocenzo IV intervenne presso l'abate Moreso di S. Dionigi perché attenuasse il disagio economico del prevosto parabiaghese, tenuto conto dell'origine nobiliare e delle difficoltà a sostenere le spese legate al suo stato, con gli esclusivi proventi delle chiese locali.

Il Liber notitiae Sanctorum Mediolani attribuito a Goffredo da Bussero (1220-1290 ca.), cita come esistenti in Parabiago, all'epoca del prete citato, le chiese dedicate a S. Lorenzo, S. Maria, S. Martino, S. Michele, S. Protaso, S. Siro, S. Vincenzo.

Su un altro versante, ma sempre religioso, conviene ricordare una bolla datata 1301, 25 luglio, con la quale il pontefice Bonifacio VIII sollecitava l'Ordine degli Umiliati a intervenire con una elargizione a favore del medico parabiaghese Rainerio Ingressi, per i servizi prestati. Né deve stupire il ricorso agli Umiliati comparsi nella nostra zona verso la fine del sec. XII, con il nome originario di "Berrettini della penitenza". E non erano soltanto uomini, se un catalogo del 1298 cita come esistenti nell'attuale città una domus con quattro suore.

Più tardi la zona fu coinvolta nelle lotte civili che lacerarono la dinastia dei Visconti. E' celebre la battaglia di Parabiago tra le truppe di Lodrisio e di Luchino Visconti, nel 1339, 21 febbraio, risoltasi a favore del secondo grazie, come dicono, all'intervento propiziatorio, in cielo, di S. Ambrogio pronto con lo staffile a scacciare Lodrisio.

A ricordo della vittoria l'arcivescovo Giovanni Visconti eresse sul campo di battaglia, in onore del Santo, un altare, attorno al qual fu edificato un tempio.

In quel periodo a reggere la pieve di Parabiago era don Ardico Cagatasico, cui successe, nel 1398, don Ambrogio Crivelli che fruiva di un reddito di Lire 15, soldi 11, denari 2. Addirittura inferiore l'assegno annuo di Lire 7, soldi 2, denari 7 di cui godeva il canonico don Giovannolo Lampugnani, secondo atto notarile del 1400.

Erano entrate magre anche per il prevosto Paolo de Regnis, sovvenzionato, nel 1468, con una somma di denaro da Giovanni Crivelli, finché il sacerdote poté migliorare la sua posizione con la nomina a rettore di S. Giovanni in Conca, come amministratore dell'Ospedale Maggiore di Milano.

Scarse le notizie relative ai prevosti di Parabiago nella prima metà del 1500. Più tardi conforto reca un Disegno de lochi della cura di Parabiago (conservato nell'Archivio storico della diocesi milanese), redatto da mano inesperta di cartografia, con lo scopo però di fornire un calcolo esatto del sistema viario a Carlo Borromeo per il suo primo itinerario pastorale nella diocesi.

Più chiara l'azione sviluppata dai prevosti Prospero Colonna, Bartolomeo Bianconi, Leonardo Calegari, Achille Giovannini, Alessandro Gratarolla.

Presumibilmente si deve a don Bianconi la redazione, nel 1574, dello Status animarum inteso come strumento di organizzazione per l'esercizio del ministero pastorale dei parroci, ma utilizzato per la presenza in Parabiago di 1190 parrocchiani raggruppati in 177 nuclei familiari.

Turbata da un episodio di violenza fu invece la prepositura di don Leonardo Calegari che, nel 1578, rischiò la vita in seguito ai colpi di pugnale infertigli da un giovane nobile della comunità.

Naturalmente fu con Carlo Borromeo che la fisionomia della parrocchia assunse un profilo più netto. "Senza tanti riguardi a tradizioni politiche e fratesche", come scrisse il card. Schuster, l'austero prelato, nel 1581 soppresse la processione annuale che, in febbraio, raggiungeva a piedi Parabiago da Milano, nella ricorrenza della battaglia. E fu lo stesso Borromeo che, nel 1584, trasferì pieve e prepositura da Parabiago a Legnano, in migliori condizioni economiche. Occorse attendere il 1841 perché prepositura e vicariato foraneo ritornassero a Parabiago per intercessione del card. C. Gaysruck; e il 1845 per il riordinamento della pieve con annessione delle parrocchie di Arluno, Casorezzo, Villastanza.

Ad attenuare la desolazione del parroco Crivelli, per la perdita della pieve, l'auspicio da parte di Carlo Borromeo di abbattere la vecchia chiesa e costruirne una nuova, su progetto di Pellegrino Pellegrini detto Tibaldi.

Secondo il card. Schuster la prepositurale di Parabiago rappresentava l'avanzo di un antico castello e il campanile avrebbe tratto origine da una vecchia torre medioevale, come testimoniato da una data: 1485, scomparsa dopo restauro e tinteggiatura del 1986, anno in cui furono revisionate le campane.

La riedificazione della chiesa, nel 1610, fu comunque merito di Federico Borromeo. Pure a lui si deve l'erezione a parrocchia di Villastanza in unione a Tiracoda (poi ridenominata Villapia), con affidamento a don Giovanni Carcano e ulteriore tribolazione del parroco parabiaghese don Giovanni Crivelli che preferì rinunciare all'incarico a favore di don Giovanni Prina, cui successe, nel 1630, don G. Pietro Corbellini, che resse la Cura fino al 1660. Nel corso della sua reggenza, esattamente nel 1647 si registrò la cessione dei diritti sulla chiesa di S. Ambrogio ai Cistercensi, che vi officiarono fino alla soppressione del loro Ordine, avvenuta nel 1798. Si devono a loro la costruzione del relativo monastero completato nel 1725, l'abbattimento e la costruzione di un'altra chiesa consacrata nel 1713; l'erezione di un nuovo campanile terminato nel 1723.

Con l'infeudazione di Parabiago, decorsa dal 1658, a favore del marchese C. Castelli, prima don A. Corbellini, poi don A. Maria Oriani guidarono la parrocchia locale, fino a lasciare il posto a mons. G. B. Santini, in carica dal 1726 al 1754. Uomo di notevole cultura e intensa attività, curò l'abbellimento della chiesa con arazzi, affreschi, suppellettili argentee, ma anche l'arricchimento dell'altare impreziosito da numerose statue di varia fattura. Da non dimenticare la cura per la sacristia dotata di imponenti armadi e confessionali che cambiarono volto al vecchio locale, noto più tardi sotto il nome di "ghetto per gli Ebrei".

Importanti sono pure i lavori nella chiesa di S. Michele, effettuati nel 1735 per interessamento del Santini che, in una relazione del 1742, la considerava "oratorio abbastanza antico restaurato nel miglior modo possibile". Al prevosto si deve anche l'istituzione, nel 1748, di un'Opera Pia a lui titolata, dotata di fondi da ripartire a beneficio della Chiesa, dei poveri e degli infermi di Parabiago e poi incorporata dalla Congregazione di Carità.

Non minore fu l'impegno di don Antonio Maria Peregalli, che successe al Santini nel 1755 e fu oggetto di ammirazione da parte del card. Pozzobonelli il quale, in Visita pastorale nel 1761, trovò la parrocchia in piena efficienza. Ne è prova l'ampliamento e l'allungamento della chiesa, effettuato con l'aiuto di Giuseppe Maggiolini e su progetto dell'arch. G. Piermarini, tale da suscitare l'entusiasmo di mons. L. Litta, venuto a Parabiago nel 1780, per gettare con solennità la prima pietra del tempio.

Incombenze non trascurabili toccarono pure a don Agostino Peregalli, subentrato al fratello Antonio Maria nel 1787. Animato da grande energia, si impegnò per l'estinzione dei debiti contratti dal suo parente, adoprandosi nel contempo per soddisfare le esigenze dei contadini di Ravello, provvedendo all'ampliamento della vecchia chiesina titolata a S. Maria della Neve e già dotata di un'antica immagine cinquecentesca dipinta su una parete, probabile estrema testimonianza del primitivo oratorio campestre.

Quando poi il rettore del collegio "Cavalleri", don A. M. Coldiroli morì, la direzione dell'istituto fu assunta da don Agostino che, per non lasciare morire la scuola, pagò l'affitto agli eredi Cavalleri, salvo poi trasportare la sede, nel 1798, presso il convento cistercense.

Generoso, il Peregalli sborsò di tasca sua i denari per la costituzione della prima condotta medica; benedisse, nel 1787, il nuovo cimitero, originariamente piazzato presso il sagrato; e, nel 1807, dotò di un bassorilievo in scaiola, opera di G. Rusca. la cappella di S. Giovanni Battista, affrescata dal Comerio.

La serie dei prevosti continua con B. De Vecchi, F. Pestalozza, A. Mari (1869-1884). A quest'ultimo si devono l'Asilo infantile, previo adattamento di una vecchia casa in Via S. Maria; un accordo stretto con il Comune, nel 1884, per la cessione di locali, in Via S. Maria, da adibire a nuova sede municipale, anche se non mancarono i contrasti con l'Amministrazione, relativi alla piazza di S. Lorenzo, frazione eretta a parrocchia il 29 ottobre 1898, dal card. Ferrari, che nominò parroco don G. Bianchi.

Arricchiscono il servizio di don Mari le cure prodigate in parrocchia per una seconda Visita pastorale di mons. Calabiana, effettuata nel 1881 (la prima risale al 1868).

Gli anni a cavallo tra il 1884 e il 1927 furono segnati dall'esercizio pastorale svolto dai prevosti don Giuseppe del Torchio, Giuseppe Silva, F. Pogliani (a quest'ultimo si deve la fondazione dell'oratorio maschile, nel 1918); ma anche dalle Visite pastorali effettuate dal card. Ferrari nel 1901, 1906, 1912. Allo stesso cardinale toccò il compito di consacrare la chiesa, il 20 giugno 1908, ma anche l'altare maggiore, in cui furono racchiuse le reliquie dei SS. martiri Valentiniano e Vittore.

Si raccomandò ai fedeli la celebrazione della ricorrenza, concedendo loro l'indulgenza, secondo la forma consueta della Chiesa: In die consecrationis huiusmodi anniversario, qui semper erit dominica quarta mensis octobris, ipsam Ecclesiam visitantibus centum dies de vera indulgentia in forma Ecclesiae consueta concessimus.

Segni evidenti della cerimonia effettuata sono le dodici croci rosse, dieci delle quali ancora visibili sulle lesene della navata, due sull'altare maggiore. Sotto le stesse si trovano croci analoghe incastonate al momento della nuova consacrazione effettuata dal card. Schuster, il primo marzo 1942.

Senza sottovalutare l'azione sviluppata dai sacerdoti suddetti, occorre arrivare al 1927, perché la parrocchia con il nuovo prevosto don Elia Balzarini assuma una diversa fisionomia. Tra le innovazioni da lui introdotte è da ricordare l'ulteriore ampliamento fatto eseguire sul retro della chiesa nel 1939 e completato nel 1942. Furono abbattuti presbiterio e coro, in modo da ricavare una costruzione a croce latina con ampio transetto e "due tribune laterali all'altare intonate con la navata del 1600".

Anche la facciata della chiesa, resa pericolosa dai cornicioni cadenti, fu ripristinata; l'altare maggiore fu risanato dal tarlo, ad opera degli Artigianelli di Monza, che eseguirono anche le 14 stazioni della Via crucis.

A conclusione dei lavori, intervenne il card. Schuster, pronto a congratularsi con il prevosto, rivelatosi per l'occasione artista geniale, ottimo economo, avveduto finanziere, generosamente coadiuvato da don Ambrogio Villa e don Marco Ceriani, messi a guida rispettivamente dell'oratorio femminile e maschile.

Sembrava pesante raccogliere l'eredità di don Balzarini, ma non tale da frenare l'operosità del nuovo prevosto don Carlo Villa, entrato in Parabiago nel 1953. Fu opera sua "l'organizzazione della Grande Impresa" o costruzione del palazzo delle Opere parrocchiali, destinato a garantire alla parrocchia i mezzi necessari per il futuro sviluppo, anche se il sacerdote non poté gustare la fine dei lavori, perché tornò alla casa del Padre, nel 1963.

Toccò quindi a don Carlo Maino (1963-1990) continuare l'opera fino a vedere alloggiati nel palazzo il Centro di Formazione Professionale e, in un'ala costruita successivamente, una sezione staccata dell'Istituto Tecnico "C. Dell'Acqua" di Legnano, futuro Istituto "G. Maggiolini" e, nel 1976, la Scuola Media "S. Ambrogio". Spinto da grande ammirazione verso il card. Schuster, che ha lasciato tracce incancellabili in tutti i sacerdoti da lui consacrati, don Maino ha riservato grande attenzione ai giovani, agli handicappati, agli anziani; ha curato l'istituzione di corsi di catechesi; ha preso iniziative per favorire la partecipazione attiva de fedeli alla liturgia eucaristica.

Le Visite pastorali effettuate dai cardd. Montini, Colombo, Martini, l'organizzazione dei pellegrinaggi a Lourdes e in Terrasanta; la chiamata delle Missioni, sembrano rientrare nella routine quotidiana, ma concorrono a formare tante pagine del volume che don Maino ha voluto scrivere durante la sua permanenza in Parabiago.

Né ha esitato a vendere terreni di proprietà delle chiese situate in periferia, per favorire la realizzazione di due parrocchie, una dedicata a Gesù crocifisso, in quel di Ravello; l'altra a Maria Madre della Chiesa, in territorio di Nerviano.

Da non trascurare la costruzione della nuova canonica di Parabiago, nel 1967; l'allestimento di una cappellina per i servizi domenicali, oltre il cimitero, nei caseggiati "Fanfani" (1969); il riordinamento dell'Archivio parrocchiale. Piegato da lunga malattia resse fino al 1990, anno in cui subentrò don Renato Banfi, proveniente dalla parrocchia di S. Gerardo a Monza.

Saccheggiatore di libri biblici, attesi in continuità per la interpretazione della parola di Dio, amante di escursioni alpinistiche, il parroco ha coinvolto i suoi parrocchiani in imprese più abbordabili, guidandoli con passo veloce, ogni primo maggio, al santuario di Corbetta. Ma non si è limitato a "menare la gamba", sviluppando il lavoro più sostenuto a fianco delle oltre 5000 famiglie che arricchiscono la parrocchia, senza la presunzione di essere il servator patriae.

A stendere l'elenco dei suoi interventi si corre il rischio di essere lacunosi, ma non si possono dimenticare la valorizzazione del Consiglio pastorale e l'impegno profuso come decano del decanato "Villoresi"

Amante del bello, nel 1993, non ha esitato a porre mano a una grande ristrutturazione della parrocchiale, sostituendo le porte di legno della facciata con tre grandi portali di bronzo dello scultore Maffeo Ferrari di Brescia; quindi ha chiamato l'olivetano padre Fumagalli perché impreziosisse con mosaici e vetrate la chiesa dei SS. Gervaso e Protaso e quella di S. Michele; con una nuova ornamentazione degli spicchi della cupola prepositurale, frequentata dalle quattro virtù cardinali.

Molto oneroso il rifacimento del pavimento della prepositurale e, quasi non bastasse, nel 2005, sia pure con l'aiuto dell'Amministrazione comunale, il prevosto ha dovuto intervenire per il rifacimento della vetrata sovrastante la bussola, riproducente l'immagine di S. Ambrogio a cavallo semidistrutta dalle sassate di facinorosi.

Poi quasi ad irrobustire con la musica i fedeli, ha provveduto, con notevole dispendio economico, al restauro dell'organo che giaceva muto da parecchi anni. Eseguito da Gerolamo Carrera nel 1842, in sostituzione di uno precedente installato, nel 1671, dalla ditta "Prada" di Como, l'organo è stato restaurato dalla fabbrica organaria "Mascioni" di Cuvio e inaugurato nel 2000, grazie alle sollecitazioni di cittadini, del Comune di Parabiago, di associazioni; alla sensibilizzazione dell'organista e compositore P. Ferrario e all'apporto decisivo di don Renato Banfi.

Si direbbe che al ritorno dello strumento musicale, dall'alto della volta del coro il Pantocratore commissionato da don Renato a padre Fumagalli e destinato a sostituire le pecorelle di don Balzarini, abbia ulteriormente allargato le braccia per dare il benvenuto; pronti a congratularsi anche i dipinti dei Lampugnani (Processione commemorativa, nella cappella di S. Antonio; L'adorazione dei Magi; La fuga in Egitto), le tele del Campi, gli affreschi del Seletti.

Quasi non bastasse incombe al prevosto la preoccupazione di intervenire con augurabile soccorso di terzi, per migliorare le condizioni generali nello stato di conservazione della chiesa dedicata a S. Ambrogio della Vittoria, dalla dotazione artistica pregevole, ma in stato di degrado.

Fanno parte della parrocchia le chiese dei SS. Gervaso e Protaso, di S. Michele, di S. Ambrogio.

Collaborano con il parroco a tutto il 2007: don Marcello Grassi, don Alfredo Moscatelli, don

Giuseppe Beretta.