Terrae Motus: il movimento della terra

Il terremoto in Turchia e Siria - Il 6 Febbraio scorso, alle 4,17 del mattino, un catastrofico fenomeno sismico ha colpito una vasta area sul confine tra Turchia e Siria, raggiungendo la potenza di magnitudo 7,9 della scala Richter, cui è seguita, alle 13,24, una seconda scossa di magnitudo 7,7 avvertita fino in Libano, Israele e Cipro, accompagnata da un'intensa sequenza sismica. 

Le immagini trasmesse sui canali di informazione hanno mostrato tutta la drammaticità dell’evento distruttivo. Gli effetti sono stati devastanti. Nonostante oggi in Turchia ci siano norme di edificazione antisismiche avanzate, interi centri abitati sono crollati e anche edifici di recente costruzione si sono piegati come fatti di carta, poggiandosi l’uno sull’altro o accartocciandosi su se stessi. 

Anni di  speculazione edilizia sono stati il motore della crescita economica  della Turchia.  Ma un evento sismico così eccezionale ha mostrato tutti i difetti di costruzione, causati dall’urbanizzazione senza pianificazione e valutazione del rischio sismico, dalla negligenza delle ditte che non hanno rispettato le norme vigenti, dell'indulgenza delle amministrazioni turche nei confronti dell’abusivismo, da una serie enorme di condoni e sanatorie per ottenere consenso politico, dall’aver ignorato per anni gli avvertimenti di ingegneri e geologi.  Sono crollati anche edifici costruiti secondo le norme antisismiche ma erano situati su terreni che hanno subito una dislocazione, cioè che si sono fratturati e spostati.

Anche nel nord della Siria il sisma ha distrutto interi centri, abitati da milioni di profughi fuggiti dal conflitto tra le forze ribelli e il regime del presidente siriano Bashar-al-Assad.

Nonostante gli aiuti internazionali immediati e l’invio di squadre di soccorso addestrate nella ricerca di sopravvissuti sotto le macerie, secondo le stime effettuate da Turchia e Siria, le vittime accertate fino adesso sono oltre 52 mila. I soccorsi non sono stati sufficienti ad affrontare una tale devastazione, sia per le difficoltà di raggiungere le zone isolate, a causa della distruzione delle vie di comunicazione, sia per discutibili scelte politiche.

Le cause dei terremoti - Aristotele spiegava che i terremoti erano “scuotimenti del suolo in seguito a turbini di vento compresso nel ventre della terra ed in cerca di una via d'uscita verso l’esterno”, prova erano i gas che talvolta fuoriescono dalle fratture provocate da un grosso sisma, mentre nel Medioevo i terremoti erano considerati un castigo divino ma, anche se il pensiero di Aristotele non si allontana dalla realtà se sostituiamo la parola “energia sismica” alla parola “vento”, le ragioni dei terremoti sono più complesse.

L’interno del nostro pianeta non è omogeneo. La crosta terrestre è la parte più esterna della Terra, formata da rocce solide, ha uno spessore che va da 6 km (sotto gli oceani) fino a 40 km (sotto le montagne più alte) e, insieme alla parte più superficiale e solida del “mantello” che è lo strato sotto la crosta, forma la litosfera.  

La litosfera si divide in placche, cioè porzioni che galleggiano sulla parte viscosa del mantello,  che, a causa del calore e dei moti convettivi del mantello, si muovono l’una rispetto all’altra. Possono allontanarsi fra loro dando luogo a dorsali oceaniche e alla formazione di vulcani, oppure possono scontrarsi e  sollevarsi o l’una  può incunearsi sotto l’altra secondo un fenomeno detto di subduzione, dando origine a grandi terremoti e, in tempi geologici, a catene montuose, come la Catena Himalayana che si è creata dalla collisione fra la placca del subcontinente indiano e la placca euroasiatica. Infine, le placche possono slittare l’una accanto all’altra, lungo le faglie, che sono i punti di rottura, le zone di frizione. 

Il punto dove si origina la deformazione è detto ipocentro e può trovarsi anche a molti chilometri di profondità. L’energia rilasciata dalla deformazione si propaga sotto forma di onde sismiche che attraversano la terra, giungono fino alla superficie e provocano oscillazioni del suolo. La magnitudo è la misura fisica di questa energia, secondo la scala Richter. L’intensità invece stima i danni del sisma sull’ambiente e si misura con la scala Mercalli.

Il sisma in Turchia è avvenuto in una delle aree sismiche più pericolose al mondo, in cui convergono tre placche tettoniche, la placca Anatolica, quella Arabica e quella Africana. È stato generato da un movimento di tipo trascorrente, ossia in senso orizzontale, della faglia dell’Anatolia Orientale che ha innescato a sua volta delle fratture in altri due segmenti di faglia, lunghi in totale circa 300 chilometri, per cui il suolo si è spostato di almeno 4 metri. 

Addirittura, nella città di Altinozu, in Turchia, tra le basse colline di uliveti, si è aperta una enorme frattura larga 200 metri e profonda 35 metri, che si estende su 35 acri di terreno, le cui immagini danno veramente la misura del cataclisma che ha interessato il paese.

Rischio sismico in Italia e cultura della prevenzione - Anche l’Italia è un territorio ad elevatissimo rischio sismico, perché, come la Turchia, si stende sulla congiunzione di due grandi placche, quella Euroasiatica e quella Africana-Adriatica, che si fronteggiano nel Mediterraneo e nel loro scontro hanno formato le montagne degli Appennini, le Alpi, la Sila. Perciò, alcune regioni più di altre, interessate da maggiori tensioni sismiche, potrebbero essere coinvolte, come già in passato, in terremoti devastanti.

Ricordiamo i forti terremoti recenti in Italia, quello in Friuli nel 1976, quello in Irpinia-Basilicata nel 1980, in Emilia Romagna nel 2012, a l’Aquila nel 2006, ad Amatrice nel 2016, e quelli un po’ più lontani nel tempo che hanno interessato la Calabria, come quello nel 1908 che colpì Reggio e Messina e che qualcuno definì “la prova generale della fine del mondo”, che generò, per di più, un’onda di maremoto che uccise le migliaia di superstiti che si erano rifugiati sulla spiaggia. Ricordiamo anche il grande sisma del 1783, quando, per un lunghissimo periodo di circa due anni, l’intera Calabria tremò, nella parte meridionale tutto venne raso al suolo e l’orografia del territorio cambiò, e in seguito al quale Ferdinando IV di Borbone impose rigide regole per la scelta delle tipologie strutturali e dei siti dove costruire. 

Tuttavia dopo l’unità d’Italia le regole sismiche vennero rese meno stringenti.

Oggi in Italia, dice l’Enea, oltre il 70% degli edifici non è in grado di resistere ai terremoti.                        Abbiamo un delicato patrimonio storico e culturale fatto di borghi antichi e città medievali. È necessario mettere in sicurezza dal punto di vista sismico gli edifici costruiti prima della istituzione della “normativa antisismica italiana”, avviata agli inizi del ‘900, emanata per regio decreto a seguito del terremoto di Reggio e Messina del 1908, con la quale si cominciò a distinguere le località in base alla loro sismicità e alla costituzione geologica e che poi si è evoluta, grazie alle nuove indagini di tipo probabilistico, alle ricerche sismologiche e ai materiali innovativi, fino alle attuali norme tecniche.

L’unico strumento che può renderci meno vulnerabili rispetto alla potenza di un sisma è la cultura della sicurezza e della prevenzione. È necessario perciò che l’azione politica sostenga le pianificazioni urbanistiche e territoriali e affianchi all’obiettivo, non più rinviabile, promosso dall’Unione Europea, di edifici ad emissioni zero per ridurre l’impatto ambientale entro il 2030, anche l’obiettivo del miglioramento sismico per buona parte del patrimonio edilizio italiano. I benefici non sono tangibili immediatamente ma, in caso di disastro, consistono nel risparmio di grandi capitali per le ricostruzioni e soprattutto di vite umane.


A cura di Aurelio Zicarelli 1A