Il tesoro di Alarico: tra leggenda e verità

Chi non conosce la storia del re più famoso dell’anno 410?


Citando “La tomba del Busento” di Carducci, traduzione della poesia “Das Grab im Busento” dello scrittore August von Platen:


《Alarico i Goti piangono,

il gran morto di lor gente.

[...]

Del Busento ecco si schierano
su le sponde i Goti a pruova,
e dal corso usato il piegano
dischiudendo una via nuova.

Dove l’onde pria muggivano,

cavan, cavano la terra;

e profondo il corpo calano,

a cavallo, armato in guerra.》 

Questo testo è la testimonianza della preziosa leggenda a rischio di essere dimenticata: il ministero dei Beni culturali ha ormai deciso di non finanziare le ricerche della tomba di Alarico, seppellito con il suo cavallo e l'intero bottino alla confluenza dei fiumi Crati e Busento, essendo considerata solamente una “favola”.

Si crede che il loro tratto sia stato deviato alla costruzione della città, per nascondere l’enorme tesoro del re dei Visigoti (comprendente centinaia di tonnellate d’oro e d’argento), e che tutti i testimoni all’opera siano stati uccisi per conservarne il segreto. Si tramanda anche che ombre di guerrieri si aggirino tra le pieghe del Busento, intonando canti di morte e gloria: sono i Goti che piangono il loro fiero condottiero. Ed è lì che, leggenda vuole, sia rimasto sepolto dal 410 d.C. fino ai giorni nostri il più ricco tesoro perduto della storia non solo romana, ma dell’umanità.

Da un po’ di storia…

Alarico - come recitano i libri di storia - era di ritorno dall'assedio di Roma con un esorbitante bottino frutto di saccheggi compiuti in tutta l'Urbe. Si narra che dalla città romana egli abbia trafugato oggetti preziosi di ogni tipo, dalla Menorah di Mosè sino agli ori dell'imperatore Tito.

Beni dal valore inestimabile che, secondo comune tradizione funeraria dei Goti, sarebbero sepolti assieme al re in questione in un luogo inaccessibile, ovvero il letto del fiume Busento, dove il sovrano barbaro morì improvvisamente per malaria mentre si dirigeva verso, probabilmente, il continente africano.


…al giorno d’oggi.

La tomba di Alarico, fino ad oggi, non è mai stata ritrovata, ma alcuni antichi documenti riportano la notizia che gli Eremitani di Sant’Agostino, ordine mendicante, avevano «trovato qualcosa di interessante», intorno al loro insediamento in Val di Crati.

Poi, nel 2015 è stata annunciata la prima bonifica degli argini del fiume Busento e le ricerche con droni, georadar, telerilevamento e prospezioni geofisiche alla ricerca del sito archeologico. Invece, nel 2016 è arrivato da Roma il divieto agli scavi per mancanza di elementi probatori sufficienti.

Un nuovo indizio.

Due fratelli cosentini ritengono di avere svelato il mistero. Essi testimoniano di aver trovato due nuovi siti, nel comune di Mendicino, perciò non alla confluenza dei due fiumi, come vorrebbe la tradizione: una grande croce lapidea isolata, scolpita nella roccia con iscrizioni dal significato «guardare verso un luogo con devozione e rispetto»; sulla parete opposta, invece, due grotte, resti di un antico altare rupestre, secondo la loro opinione.

I fratelli Bosco hanno fatto richiesta di una concessione ma non hanno avuto risposta, nonostante le forti prove riguardanti l’esistenza del sito: ciò equivale a nessun permesso di scavare.

Concludiamo?

Leggendo e spulciando i vari articoli presenti negli archivi delle biblioteche, riflettendo sulla storia del re con misteriosa sepoltura, numerose domande risalgono al pensiero: nonostante tutte le prove dimostranti la probabile esistenza del sito, le testimonianze storiche presenti persino nei testi scolastici, perché non si dà il via agli scavi, posticipati per “assenza di risorse”.

Inoltre, un possibile tesoro potrebbe probabilmente migliorare la qualità di vita di molti cittadini, ma nessuno ha voglia di farsi avanti per indagare, cosa c'è dietro?

Perché mai lasciare andare un qualcosa di così utile e rilevante nella storia italiana? Non a caso, nel punto di congiunzione tra il Crati ed il Busento, sorge dal 2016 la Statua di Alarico, fortemente voluta dall'Amministrazione comunale di Cosenza.

In attesa di più che dovute risposte a riguardo, invitiamo i lettori a riflettere sulle questioni citate precedentemente, sperando di rivelare qualcosa di nuovo su questa storia e sul re Alarico, che attende verità dal 410.

A cura di: Cristina Dodero, Sofia Marino 2H

Foto a cura di: Antonio Burza 4B