DAD | Didattica a distanza

#IORESTOACASA


8 giugno 2020

Marta Ferente 4C Grafica

All’improvviso siamo stati catapultati in una gabbia di costrizioni, la libertà, data per scontata, diventa un valore inestimabile, ma impossibile.
Se chiudete i nostri corpi, noi apriamo i nostri spiriti. Questo ci può ancora rendere liberi. Ricerchiamo la nostra identità: la casa è il rifugio sicuro o una prigione?
Noi restiamo a casa, ma le nostre menti volano, pensano, costruiscono, immaginano, realizzano, sognano. Abbiamo sete di creatività, proiettati in altri mondi. Il pensiero può questo. Può immaginare, può inventare, può creare.
Possiamo sentirci come un pesce in una vasca, limitati nello spazio, ma quello è solo un punto di partenza perché si può essere dove si vuole, la vasca diventa l'oceano dove possiamo nuotare liberi. Possiamo essere introspezione, giocare a carte, disegnare, scrivere, possiamo essere tutto ciò che appaga lo spirito.
Possiamo essere pigrizia, riposo, lentezza, noia, abbandono e fare di tutto questo, tempo per noi stessi. L'immagine diventa un modo per proiettare ciò che siamo, ciò che vorremmo, abbattendo le convenzioni e la realtà. La fotografia è solo un mezzo per fermare un attimo, ma lo amplifica attingendo a tutto ciò che la fantasia è capace di concepire. La realtà allora si fonde con l'onirico, con l'impossibile, con il doppio, con gli oggetti, con la fantasia. L'immagine diventa creatura, creazione, genesi, parto, nascita, vita. Abbiamo amato questo tempo strano come si può amare il bicchiere mezzo pieno o quello mezzo vuoto.

Dipende dal punto di vista.
Noi siamo dentro questa immagine.
Noi siamo l’immagine.
E scegliamo da che parte stare.

#iorestoacasa
#IORESTOACASA | cartoline realizzate dagli studenti della 3C, 4C, 5D Graficaguidati dal prof. Rodolfo Stigliano

ASPETTANDO IL MARE


8 giugno 2020

Marinilde Giannandrea docente di Storia dell’Arte

Ripensare l’insegnamento della Storia dell’arte “a distanza” è stato un territorio di sperimentazioni, intoppi e felici sorprese. Rinunciare alle lezioni in classe, alla fruizione diretta delle opere, alle mostre, ai musei, al viaggio d’istruzione, tappa fondamentale della formazione artistica, non è stato facile per gli studenti.
Per il docente una sfida. Come fare a evitare il “copia e incolla”, che può essere per molti una tentazione irrinunciabile? Come formare competenze specifiche e coerenti con una forma di didattica distanziata?
Quindi un nuovo modo di impostare i compiti in classe – Classroom per meglio dire – e in questo caso un compito sul Romanticismo, uno degli ultimi argomenti del programma del quarto anno. Partendo dal “Sublime” delle opere di Caspar Friedrich e della poesia di Novalis, le studentesse e gli studenti della 4C Grafica hanno analizzato le opere proposte e raccontato le emozioni, paure, desideri e speranze, immaginandosi davanti al mare in un momento particolarmente difficile dell’emergenza Covid-19.
Il risultato è stato emozionante perché le convenzioni scolastiche si sono annullate e le visioni immaginarie dei ragazzi hanno avuto un potere di fascinazione e coinvolgimento anche per la loro insegnante.
Il prodotto finale è un lavoro collettivo con una selezione di frasi tratte dai compiti, mentre il titolo finale è ispirato a un film del 2012 di Bakhtyar Khudojnazarov. Ambientato in un piccolo villaggio dell’Asia centrale, il racconto cinematografico sembra essere fuori dal tempo e dallo spazio, esattamente come tutti noi nei difficili mesi del lockdown.

Aspettando il Mare

ALLA RICERCA DI UNA POSSIBILE RISPOSTA


8 giugno 2020

Giovanna Caputo 3A Architettura e Ambiente

Tutti ormai, volenti o nolenti, conosciamo questo nome, Covid-19. Il Covid-19 è una malattia infettiva respiratoria, causata dalla SARS-CoV-2 della famiglia dei Coronavirus. Questo virus ci ha costretti a due mesi di lockdown, in cui ognuno di noi si è ingegnato imparando cose nuove o riprendendo a fare cose abbandonate nel tempo. Ma la mia domanda è: come stiamo veramente? Sono stesa sul mio letto a guardare un cielo di cemento che sfondo con lo sguardo, cercando costellazioni, sognando ad occhi aperti a quelli che potevano essere questi mesi, a quello che avrei potuto fare durante l’estate. Mentre sono stesa penso a come tutto questo sta cambiando la mia vita: cosa farò dopo? In che modo cambierà? Sale l’ansia e smetto di pensare, mi giro e di scatto mi alzo. Vago per la camera cercando qualcosa da fare. La cognizione del tempo ormai è persa e un giorno si differenzia dall’altro solo per le materie scolastiche; solita routine: mi sveglio, faccio partire al telefono una lezione e cerco di seguire nonostante tutta la situazione. Le lezioni iniziano presto e, tra cellulare e computer, le ore passano ma si impara poco perché scuola così non è scuola. Ognuno di noi si sta inventando qualcosa da fare e tutto ciò viene documentato da simpatiche storie su Instagram che vengono guardate dall’amica poco dopo perché, ora più di prima, c’è un attaccamento ai social perché “non so che fare”. Continui decreti, gente che non li rispetta e intanto nella nostra testa riecheggia solo una parola: Boh?! È così che si può definire questo periodo, domande senza risposta, perplessità e dubbi. Dicono che siamo tutti nella stessa barca, ma ne siamo sicuri? Ci sono persone senza casa, persone che hanno perso il lavoro e persone che tentano il suicidio. Benjamin è un ragazzo nigeriano che ho conosciuto per puro caso. Era seduto su una panchina e aveva solo tre borse con sé. Incuriosita mi sono avvicinata a lui, aveva qualcosa che mi attirava, volevo sapere di più e gli ho chiesto se quel giorno avesse mangiato. Non parlava italiano e in un inglese mescolato alla sua lingua madre, siamo riusciti a parlare. Mi ha raccontato che lui non ha una casa, dorme in strada ma, a colpirmi, è stata la sua risposta quando gli ho domandato cosa ne pensasse di questa situazione. Mi ha detto che non ha paura perché è felice, per lui la felicità è alla base della vita e, se una persona è felice il virus non lo attaccherà. Quel BOH, forse, ha trovato una risposta.

fotografie di Michele Monte

IL NOSTRO MEDIOEVO


8 giugno 2020

Mattia Calasso 2A

Buongiorno, sono uno dei tanti medici che ha cercato di curare l’epidemia della peste nella Repubblica veneziana. Questa terribile malattia contagiosa, causata da un virus, forse è arrivata dall’oriente insieme alle importazioni e alle merci che ogni giorno arrivano qui a Venezia. Migliaia di persone sono morte in pochi giorni o poche ore, è un nemico invisibile che si manifesta con sintomi devastanti come febbre alta e la comparsa di “bubboni neri”. Sono stati presi dei provvedimenti di sanità rigidi in tutte le città per arginare l’epidemia, come chiudere i luoghi pubblici e chiese, La Basilica di San Marco è diventata un luogo dove vengono ammucchiati i corpi senza vita, ho visto con i miei occhi corpi straziati ricoperti da pustole che emanavano un odore fetido, lasciati lì per terra nella basilica in attesa di essere bruciati perché non c’era più spazio per seppellirli.
Alcuni pensano che sia una punizione di Dio e tentano di placarne l’ira con preghiere e pellegrinaggi che invece servono solo a propagare il contagio. Noi medici indossiamo una lunga veste nera chiusa, guanti e calzari e una maschera che ci copre il viso. Ha un becco lungo e adunco al cui interno ci sono fiori secchi, lavanda, timo, menta, canfora, aglio e spugne imbevute di aceto per ridurre al minimo il rischio di contagio e la respirazione di miasmi. Non so se questo sia servito a salvarmi perché molti miei colleghi sono comunque morti. Due isole della Laguna sono state trasformate in Lazzaretti, cioè luoghi di quarantena, ma anche Il Ponte dei sospiri non collega più le sale delle varie magistrature al carcere, perché i detenuti sono stati arruolati come “pizzegamorti” e le carceri usate come ospizio per isolare gli infetti. Anche a Firenze l’epidemia è devastante, la costruzione di Santa Maria del Fiore è stata sospesa, mentre Il Palazzo della Signoria e il Broletto a Como, sono stati trasformati in lazzaretti. Molti artisti hanno trovato ispirazione da queste terribili morti rappresentando nei loro affreschi la morte, eserciti di scheletri che devastano la terra, la morte che strangola alcuni ammalati, danze macabre. Infatti nei miei viaggi successivi ho visto a Palermo nel Palazzo Scalfani un imponente affresco Il Trionfo della Morte che ricorderà nel tempo la fragilità della vita e l’incombenza della morte senza distinzione sociale. Anche a Pisa nel Camposanto ho visto l’affresco di Buonamico Buffalmacco che raffigura Trionfo della morte, l’umanità succube del nero cavaliere, che sovrasta e stermina tutti. Noi medici non abbiamo idea delle vere cause dell’epidemia, forse è dovuta all’aria calda e umida che altera gli umori del corpo umano e cerchiamo di curare con salassi e purghe, oppure alla posizione dei corpi celesti, la cui influenza ha fatto salire in superficie esalazioni malsane dall’interno della Terra, quindi accendiamo falò con sostanze aromatiche per le strade, l’unica certezza è che si trasmette per contatto tra malati e sani e molti fuggono per rifugiarsi in luoghi isolati. Non so se in futuro ci saranno altre epidemie di questa portata ma spero che questo mio scritto possa essere utile.
La storia è piena di epidemie che hanno devastato il mondo fin dall'antichità, questa lettera in realtà potrebbe essere scritta da un medico ai tempi del “Coronavirus” , un’epidemia che ha avuto un forte impatto ed ha coinvolto moltissimi aspetti delle nostre vite, sia individuali che sociali, ma ora le nostre conoscenze mediche sono sicuramente superiori e noi lo affronteremo e vinceremo.

Illustrazioni digitali di Mattia Calasso

L’IMMAGINE DELLA MORTE


8 giugno 2020

Frida Guido 2A

Dopo la fine della Peste nera del 1348 l’immaginario popolare mutò completamente. L’uomo, che fino ad allora aveva considerato la morte come un semplice fatto oggettivo, iniziò a interrogarsi su di essa. Ne sono un esempio la Divina Commedia e le fantasie macabre delle nuove iconografie, come il trionfo della morte sulla vita, la danza macabra e l’Incontro tra i vivi e i morti. Un esempio celebre è il Trionfo della morte del 1446, l’affresco staccato di Palazzo Sclafani a Palermo (oggi nella Galleria Regionale di Palazzo Abatellis) in cui un terribile scheletro, in sella a un cavallo scheletrico, galoppa in una strada di Palermo, accanto alla fontana della vita, calpestando chiunque perché “la morte non guarda in faccia nessuno’’ e accumula i corpi in un’unica fossa comune.
La morte è di fatto un elemento ignoto per noi umani, che ci affascina proprio per la suo mistero. Ogni essere umano, ricco o povero, buono o cattivo, è destinato a tale fine senza avere la certezza di cosa essa sia. Si vorrebbe conoscere, sapere cosa c’è dopo e, a mia opinione, è che anche per questo ci si affida alle religioni, per avere quella parvenza di protezione e conoscenza di quel che non si sa. L’ idea di scomparire e non esistere più, o che i nostri cari abbiano fatto la stessa fine, ci terrorizza, eppure fa parte della nostra quotidianità, tanto che non si può fare a meno di rappresentarla come ci hanno dimostrato anche le immagini di questa nuova e inaspettata epidemia. E noi, che tendiamo a umanizzare tutto quello che non conosciamo, come la figura di Dio, inevitabilmente rappresentiamo la Morte in varie forme: lo scheletro, il sorriso, la falce.
Immagini che caratterizzano anche il mondo contemporaneo come quello fantasioso e fiabesco di Tim Burton, che propone continuamente riletture dell’incontro tra i vivi e i morti e della danza macabra, adattandole anche al mondo dei bambini e degli adolescenti , a partire da The Nightmare Before Christmas a La sposa cadavere, in cui un giovane ragazzino è conteso tra l’amore di una ragazza della sua città e quello di una bellissima fanciulla che purtroppo appartiene al mondo dei morti, simbologia degli amori terreni spezzati dalla morte di uno dei due individui. Tipico dell’immaginario collettivo è anche il sogno di poter vincere la morte e vivere in eterno, spessissimo rappresentato in vari romanzi e film d’avventura, come la saga di Harry Potter, nel quale l’antagonista Voldemort cerca in ogni modo di vincere la morte dividendo la propria anima, oppure come nell’episodio de “I doni della morte’’ dove tre fratelli hanno la possibilità di ricevere dalla stessa Morte un dono a testa.
Inoltre l’uomo, ha sempre avuto un istinto primitivo che lo ha portato ad apprezzare e traslare il proprio concetto di violenza, sangue e morte. Basta pensare agli antichi romani e ai giochi gladiatori, mirati a dissetare quegli istinti violenti presenti in ognuno di noi e molto spesso repressi. Ancora ora inconsapevolmente, i film e le serie tv o gli stessi videogame con cui giochiamo, non sono altro che un modo di esorcizzare la morte e prendercene gioco.

Trionfo della morte | Palazzo Abatellis, - Palermo, 1446
Una scena dal film La sposa cadavere di Tim Burton
Una scena del film I doni della morte di David Yates

L'OMOFOBIA È IMMUNE AL CORONAVIRUS


8 giugno 2020

Marilisa Greco 3A Architettura e Ambiente

Ci hanno insegnato che sostenere la ricerca e incentivare la scienza, al fine di prevenire evitare ogni male, fosse sufficiente, ma abbiamo sempre sbagliato. Abbiamo sempre percorso una strada che non avrebbe potuto in alcun modo salvarci. In realtà, come capita spesso, la soluzione è molto semplice, addirittura sotto gli occhi di tutti. La verità è che dovevamo aspettarcelo. Era chiaro ormai da tempo che il nostro atteggiamento di tolleranza nei confronti di alcuni comportamenti, o addirittura la giustificazione di certi diritti come quelli concessi alla comunità LGBTQ+, ci avrebbe portati sulla via della perdizione e fatto meritare la pena per aver scatenato l'ira divina. E così il non aver ascoltato autorevoli voci, che ripetutamente hanno tentato di ricondurci sulla retta via, ci ha inevitabilmente portati ad un punto di non ritorno e quindi ecco spiegato perché il Coronavirus, perché la pandemia: il mondo, l'umanità, si meritava un segnale chiaro che le facesse comprendere il bisogno di tornare indietro.
A tal proposito molto esplicativa è la frase del rabbino ultraortodosso Ya’akov Litzman che ha tuonato dicendo: “Il covid è la punizione divina per l'umanità”; oppure le dichiarazioni del cardinale Raymond Leo Burke, capofila del fronte tradizionalista della Chiesa cattolica, che ci illumina sul fatto che il rosario è più efficace della mascherina, e che le preghiere sono lo scudo più potente contro il virus, che come nelle altre pestilenze è solo il risultato della nostra disobbedienza verso il Creatore, anche perché abbiamo “la pretesa di definire, spesso con mezzi violenti, un'identità sessuale diversa da quella che ci è stata donata da Dio”. E come non riportare tra queste autorevoli e utilissime opinioni come quella del predicatore Rick Wiles, che ha chiarito che inequivocabilmente, il Coronavirus “è colpa dei gay e delle coppie omosessuali che adottano bambini” essendo le persone LGBTQ+ “vili, disgustose e responsabili della ribellione del Paese”. Perciò l'epidemia è “la punizione scelta e inflitta da Dio a tutte quelle persone che sono gay o appoggiano omosessuali”.

Keith Haring | Ignorance Fear (1989)

Se così stanno le cose, dunque, il problema è praticamente inesistente, dal momento che se ne è già trovata la causa e anche la cura.
Tuttavia, dopo che avremo sconfitto questo virus, che ha le idee così chiare secondo l'opinione di alcuni, ci sarà senza dubbio un'altra malattia da debellare: la crescente e preoccupante omofobia, che ha trovato un altro modo per propagarsi di certo non fermerà il suo contagio.
Ma a ben pensarci, una via d'uscita c'è e consiste nell'aprire la mente liberandola da ogni idea precostituita, e nella capacità di far ricorso a quella condizione di pensiero, in virtù della quale ogni individuo può autonomamente determinare la finalità delle proprie scelte. È questo ciò che Teologia e Filosofia chiamano “libero arbitrio”, secondo il quale ognuno di noi, è libero di agire e pensare assecondando la propria volontà, e non quella di altri; questo concetto perciò, oltre ad invitarci ad essere ciò che sentiamo di essere, ci invita a lasciare il prossimo libero di fare altrettanto, ed è per questo che può essere considerato il più potente dei vaccini, quello che riuscirà ad impedire il diffondersi di ogni forma di odio e di pregiudizio.

JAMBOARD, LA DIDATTICA A DISTANZA CON G-SUITE FOR EDUCATION


8 giugno 2020

Lorenzo Mascialino 4F Arti Figurative
Giovanni Marsini docente di Sostegno

Ebbene sì, da quando questo periodo di coronavirus ci ha costretti a rimanere nelle nostre case e a fare i conti con un uso totalizzante della tecnologia, docenti e alunni sono alle prese con piattaforme, applicazioni, videolezioni, tablet, smartphone, piattaforme. Non che prima non lo fossero, ma farlo in modo formale e professionale, è decisamente un po’ diverso. E quindi come rimediare? Semplice con G Suite for Education. A noi nativi digitali e non, che “googoliamo” alla scoperta di significati o di informazioni, la G Suite for Education era lì ad aspettarci, non solo con Gmail per la ricezione della nostra posta, ma anche con tante inesplorate applicazioni. E allora, a ciascuno la sua didattica a distanza e a ciascuno la sua applicazione preferita, verrebbe da dire.
Se con Classroom possiamo visualizzare i file, vedere i video e seguire l’attività didattica delle varie materie, con l’applicazione Meet, possiamo partecipare ad una videoconferenza con gli insegnanti curricolari e l’intera classe virtuale; con Jamboard, invece, possiamo scrivere in modalità simultanea, cioè far vedere sullo schermo come si scrivono consonanti e vocali e far copiare sul quaderno al nostro alunno quello che è stato scritto. Ciò consente di continuare a migliorare le competenze di scrittura e di lettura, ma anche di vedere un’immagine per poter completare i lavori facendo un disegno rappresentativo, di quello che abbiamo proposto al ragazzo. Tutti felici e contenti? Non proprio. A breve, credo, sia necessaria una bella “netiquette”, un insieme di regole utili e condivise da tutti, in modo da ricordarci che siamo a scuola e dobbiamo essere puntuali, presenti sempre e metterci in gioco. Con l’augurio che questa modalità DAD, diventi integrativa e non sostitutiva, anche perché sempre meglio “il reale” o “dal vivo”, abbiamo constatato che non si possono sostituire, i sorrisi, i richiami, lo stare insieme, in buona sostanza, la scuola. Allora arrivederci a scuola.

Una lezione di Storia dell'Arte con Jamboard

LA LOTTA, UNA DISCIPLINA ANTICA MA SEMPRE NECESSARIA


8 giugno 2020

Gaia Stella 1F

La pandemia ha condizionato la nostra vita, le nostre abitudini, i nostri rapporti e anche i nostri pensieri. Studiando in Storia dell’arte la statua de Il pugile a riposo, un capolavoro dell’arte antica risalente al IV sec. a.C. attribuito a Lisippo, l’ho associata a una persona stanca e affaticata ma anche vittorioso. Ho realizzato questa immagine, con il pugile nelle sembianze di un medico munito di mascherina e stetoscopio. La mascherina è slacciata e ai suoi piedi c’è il virus che è stato finalmente sconfitto; un virus che ci ha portato via la libertà, che ci ha isolati, che ci ha privato delle nostre abitudini, dei i nostri divertimenti e che ha peggiorato le nostre vite. Qui il Covid-19 viene finalmente sconfitto ed è il desiderio che ho provato quando ho rielaborato questa immagine.
Il medico è sfinito, ma vittorioso, un po’ come il pugile stanco dopo la lotta, in questo caso la lotta è contro la pandemia, una lotta che nella realtà non è ancora terminata, ma che passerà alla storia. Un virus che non guarda in faccia nessuno, donna o uomo, bambino o anziano, che non si fa scrupoli e che si trasmette con tanta facilità.
La statua presenta anche dei lividi e delle ferite, che rappresentano tutto ciò che stiamo subendo e tutto ciò che subiscono i medici e il personale sanitario, ma anche le amare perdite di familiari e amici, mai più rivisti dopo essere entrati in ospedale. Dobbiamo pensare, però, anche a tutti coloro che hanno vinto contro di lui che sono tornati a casa e lì hanno rivisto i loro familiari. Con questa immagine voglio dare speranza, la speranza di una vittoria e di una normalità che prima o poi arriverà.

Gaia Stella 1F | Pugile a riposo

SE POTESSI USCIRE


8 giugno 2020

Benedetta De Bello 2A

Spesso in questo periodo di reclusione viaggio con il pensiero, visto che è l’unica cosa che posso permettermi. Immagino così di fare lunghe passeggiate in riva al mare e di sentire il rumore rilassante che fanno le onde accavallandosi una sull’altra, facendo a gara a chi arriva per prima a riva. Immagino di respirare l’aria marina pura e rinfrescante, osservando l’infinito orizzonte da cui si può scorgere l’Albania tra le nuvole di mille colori dati dalla luce del tramonto primaverile mentre raccolgo come mia abitudine le conchiglie più belle da regalare ai miei affetti. Immagino di sedermi sulla sabbia fina e chiara e passare le ore in compagnia del mio caro e amato amico mare, che mi manca tanto, a cui ho confidato i miei pensieri, svelato segreti che ha portato con sé insieme alla schiuma delle onde a riva trascinata indietro dalle correnti chissà dove, e che vedevo allontanarsi scorgendoli tra i riflessi del sole sullo specchio dell’acqua, sapendo che sarebbero stati al sicuro.
Se potessi uscire farei questo, ma rivedrei anche le persone care che mi mancano molto, e trascorrerei insieme le giornate come prima, a fare mille giri per le strette vie piene di buche del mio paese a ballare e cantare ridendo fino ad avere il mal di pancia. Vorrei prendere il treno e tornare a Lecce, come ero solita fare ogni giorno per via della scuola; riammirare tutta la sua bellezza, passeggiare per le sue strade, che ancora faccio fatica a ricordare, perdendomi per la città mentre ascolto i rimproveri dei miei amici al cellulare che mi rimproverano e mi prendono in giro per il mio scarso senso dell’orientamento. Mi mancano le piccole cose, le mie abitudini e i miei posti preferiti, a cui penso ogni giorno di questa quarantena e vorrei semplicemente ritornare a vivere.

Caspar David Friedrich: Frau in der Morgensonne G45
Caspar David Friedrich | Donna al tramonto del sole (1818)

CORONAVIRUS E NUOVI VALORI


8 giugno 2020

Mirea Pastore 1F

Dopo le parole Papa Francesco, relative al tempo che stiamo vivendo, sento di esprimere le mie considerazioni. Non eravamo preparati, ci siamo trovati soli e bisognosi di supporti morali, consapevoli che ciò che abbiamo vissuto è più grande di noi e ha modificato radicalmente il nostro vivere quotidiano. Ha posto delle distanze che ci hanno fatto rivalutare le effettive priorità e l’importanza delle relazioni sociali, alimentando il desiderio di tornare alla vita di prima, frenetica è vero, ma indispensabile da una parte. Stiamo imparando a rientrare dentro noi stessi e a conoscerci veramente. Senza dubbio, ne usciremo cambiati, chi in meglio, chi in peggio, ma cambiati.
Nel marasma degli avvenimenti la Terra ha avuto la sua ripresa dal punto di vista ecologico. La smania della corsa, ci ha portato a perdere la cognizione del tempo dell’ambiente in cui viviamo, il valore e l’unità della famiglia.
La pandemia ci ha fermato per portarci alla concreta condizione dell’uomo, che non può superare determinati limiti. Abbiamo scoperto l’importanza della fede e il virus ci ha “stoppato” per offrirci la possibilità di ridimensionarci nella libertà. Innegabilmente ci ha devastato, portando via migliaia di persone, nel modo più triste e che mai avremmo immaginato, nella solitudine, senza il conforto di un funerale. Per non parlare poi del collasso economico, che ha determinato notevoli disagi, specie nelle persone che vivono ai margini e tanto altro ancora. Il Covid 19 ha intaccato la vita di tutti noi su molti fronti. Tuttavia non dobbiamo scoraggiarti, dobbiamo lottare, insieme, lontani fisicamente ma uniti nel cuore, cogliere ogni attimo, senza sciupare nemmeno un minuto. Allora carpe diem a tutti.

La preghiera di Papa Francesco nella piazza deserta di San Pietro

UN MONDO DIVERSO


8 giugno 2020

Monica Rollo 4C Grafica

Circa due anni fa, in un’assolata mattinata primaverile, camminavo sul Corso di Lecce dopo una manifestazione studentesca. Con la testa per aria ero cristallizzata nella mia felicità, stanca ma soddisfatta, non mi accorsi di chi mi stava attorno. Una voce mi riportò bruscamente con i piedi sul basolato irregolare, era un’anziana signora di cui ricordo a stento le rughe sul volto, tanto mi sembrò anacronistico il suo intervento nella mia giornata. Mi diede un pieghevole e, leggendole, mi pose alcune domande a bruciapelo: «Come pensi che sarà il mondo tra dieci anni? Cambierà in meglio, in peggio o resterà uguale?».
Io me ne restai lì, per trenta secondi imbambolata, dopo di che farfugliai la prima risposta che mi passò per la testa, che come anni di esperienza scolastica ci insegnano, riprendeva in parte la domanda: «Cambierà», dissi.
L’anziana donna era una Testimone di Geova, quando qualcuno cerca di convertiti inequivocabilmente l’accaduto ti resta in testa. Tuttavia, non avrei mai pensato che il mio mondo in meno di dieci anni sarebbe cambiato così radicalmente; che la mia risposta improvvisata, buttata lì, si sarebbe rivelata anche “mezza” filosofica, per dirlo come se parlassi ad un amico.
Ebbene sì, eccomi qua a casa, con il mondo cambiato come il divenire ciclico degli eventi lo porta a fare. Allora, torniamo alla domanda iniziale: come è cambiato?
Mi sveglio ogni mattina spaesata, vivo in un tempo indefinito tra oggi, domani e prima o poi. Lotto contro l’inedia, il pessimismo e la rassegnazione. Mi sento derubata di due mesi dei miei diciassette anni, proprio durante questo inizio di decennio che mi fa sentire assetata di vita e di novità.
Ma rivolgiamo di nuovo la questione al futuro, del resto mi si chiedeva e mi si continua a chiedere proprio “Come cambierà?”. Difficile dirlo, noi esseri umani visti da fuori siamo lunatici, smemorati, egoisti e altri aggettivi dalla dubbia positività, per cui mi astengo dall’infierire. Abbiamo perso molto: persone care, libertà individuali, felicità, legami e desideri. Abbiamo ritrovato: il silenzio, la solitudine, i bisogni viscerali e i pensieri intimi.
Sicuramente all’inizio si cercherà di tornare a una normalità migliorata, una frase che mi rimbomba spesso in testa in questi giorni è “Dare alla gente quello che vuole sentirsi dire”, si proverà a non tornare agli eccessi, al superfluo e tutti vorranno essere più generosi, più caritatevoli, più.
Qualcuno migliorerà davvero, qualcun altro si dimenticherà presto dei valori che aveva scoperto e si rifugerà nella sua vecchia vita, qualcuno rimpiangerà in eterno le perdite subite. Non si può biasimare nessuno di loro.
Il cambiamento può essere giudicato solo a posteriori, probabilmente mentre ne è già in atto un altro. Noi sette miliardi e mezzo di individui, disomogenei ma legati, amiamo parlare di noi stessi, dei nostri difetti e delle nostre capacità.
Quindi state tranquilli, non ci perderemo di certo, saremo uno o due passi avanti con la schiena curva a raccontare di noi, perché proprio ci dimentichiamo di stare dritti. Ma almeno siamo dei personaggi fantastici. Vero?

Giuseppe Pellizza da Volpedo | Il sole (1904)

LE NUOVE OPPORTUNITÀ AL TEMPO DEL COVID-19


8 giugno 2020

Matteo Lezzi 4A Architettura e Ambiente

Il contagio da Coronavirus è stato percepito inizialmente da quasi tutta la popolazione mondiale come un avvenimento distante, che avrebbe riguardato altre regioni e si sarebbe dissolto come altre minacce, ma come ben sappiamo così non è stato. Presto, infatti, abbiamo preso consapevolezza di quello che ci sarebbe successo e in pochi giorni siamo stati costretti ad isolarci, stando chiusi in casa con i nostri pensieri. L’iniziale indifferenza che tutti hanno provato è stata sostituta dalla preoccupazione e quest’ultima più velocemente dall’angoscia; in questi giorni di isolamento una nuova routine diminuisce almeno leggermente la paura per far spazio a una nuova emozione, più sottile ma sempre presente, la frustrazione data dall’incapacità di comprendere quello che accadrà in futuro.
Certamente quando il periodo di quarantena finirà, per alcuni giorni apprezzeremo di più le giornate passate all’aria aperta ma allo stesso tempo saremo mossi da una nuova necessità di prendere precauzioni, nel tentativo di salvaguardare al meglio la nostra salute mentre cerchiamo di ritornare ad una vita normale. Nel periodo successivo alla quarantena vi sarà anche un iniziale senso di instabilità che accompagnerà le nostre giornate, ma questo insieme alla quasi totalità delle emozioni che proveremo si allevierà fino a scomparire, così come la paura provata nei primi giorni di quarantena; ma non per questo dovremmo definire irrilevante per le nostre vite quest’esperienza.
Per far sì che questa tragedia si trasformi in un’opportunità non possiamo lasciarci plasmare passivamente da quello che ci accade ma reagire attraverso una nostra iniziativa e una nostra riflessione. In questo periodo la natura ci ha evidenziato le nostre debolezze e il centro di interesse dell’umanità si è spostato dalla produttività e dai beni di consumo alla vita, inevitabilmente abbiamo compreso le nostre vere priorità; abbiamo visto infatti che possiamo rimanere segregati in casa per mesi ma non possiamo stare più di un giorno senza una videochiamata, senza un contatto umano, seppur in digitale. Questa esperienza più di ogni altra dall’inizio del secolo ci ha fatto aprire gli occhi sulla nostra vera natura e sulle nostre vere necessità, ovvero le relazioni, il contatto umano, anche il più banale, dalle chiacchiere prima di una lezione al caffè in un bar. Anche per questo durante il periodo di quarantena è importante consolidare le relazioni con la nostra famiglia e i nostri cari, per poter comprendere il vero valore del tempo. Oltre ai sentimenti che la comunità nel suo insieme sta provando, questa epidemia può essere un’opportunità anche per noi stessi come singoli individui, infatti le giornate vuote che cerchiamo disperatamente di riempire si rivelano le più importanti, quelle dove possiamo far scorrere liberi i pensieri ed avere una visione più completa di quello che è stato e sarà il nostro percorso. Grazie alle tecnologie disponibili abbiamo infatti la possibilità di avere stimoli inaspettati, di scoprire passioni impensabili e soprattutto di aprire nuove porte. Il cambiamento più importante che questa esperienza potrà darci è quello che si sviluppa da noi stessi, chiusi nelle nostre case, dove abbiamo la possibilità di spingerci più lontano di quanto non abbiamo mai immaginato.

fotografie di Matteo Lezzi

QUANDO LE STORIE SI INCONTRANO


8 giugno 2020

Marinilde Giannandrea docente di Storia dell’Arte

Le storie a volte si incontrano e, quando questo avviene su quella difficile e variabile relazione che è l’insegnamento, diventano una inaspettata scoperta. Nel caso di Enzo De Giorgi, docente di Laboratorio Pittura, e della sua classe – la 5C dell’indirizzo di Arti figurative – hanno determinato una scoperta reciproca con risultati inaspettati.
Le storie che stanno dietro questo lavoro sono molte. Quella della Didattica a distanza che “costringe” un insegnante di pittura a reinventare le strategie per il coinvolgimento di una classe quasi sconosciuta, quelle molteplici degli studenti che devono fare i conti con un mondo improvvisamente cambiato, ma che nel loro isolamento trovano inaspettate strade creative, quello di un cantautore che racconta una storia quasi dimenticata. Insieme hanno dato vita a una graphic novel, costruita sul testo della canzone Santa Croce di Lecce di Alessio Lega, che racconta un episodio dell’immediato dopoguerra. Il 25 settembre del 1945, gli operai leccesi accolsero l’invito della “Lega dei Muratori” e della Camera del Lavoro a scioperare e a manifestare. Francesco Schifa, Oronzo Zingarelli, Nicola Fatano furono uccisi dalla polizia e dall’esercito chiamati dal Prefetto, anche i feriti furono numerosi e fra di loro ci fu un bambino di nove anni colpito sulla porta di casa.
Le tavole e i disegni dei ragazzi raccontano con toni caldi e drammatici la vicenda, utilizzando le parole della canzone come testo, con un piccolo prologo e una postfazione che ci riportano al presente, ai turisti che si incantano davanti Santa Croce. Lo scenario è naturalmente la Basilica barocca in una assolata mattina di settembre, una luce intensa, ma per certi versi già intrisa di sangue, le urla dei manifestanti, gli spari, la tragica conclusione. Il racconto si snoda con ritmo serrato, ma con attenzione ai singoli personaggi, alle vittime e ai carnefici. Uno storytelling a fumetti, che restituisce la memoria del passato, ma che sembra anche straordinariamente attuale e dà la possibilità agli studenti di diventare dei maturi narratori.
Le tavole – realizzate “a distanza” e raccolte in un’opera collettiva – rendono omaggio ai maestri dell’illustrazione e del fumetto italiani, ma definiscono soprattutto i risultati di un’azione didattica corale in cui alcune parole come cittadinanza, gruppo, creatività sembrano trovare un autentico senso.

Santa Croce di Lecce

LA SYLPHIDE


8 giugno 2020

Studentesse 4A Coreutico

In questo anno così difficile in cui ci è mancata la pratica della danza, la DAD ci ha offerto altre opportunità come la possibilità di incontrare in videoconferenza Claudia Celi, docente di Storia della Danza dell'Accademia Nazionale di Danza di Roma. L’incontro si è svolto sulla piattaforma G-suite for Education con l’applicazione Hangouts Meet. Grazie all’interessamento dei docenti dell’indirizzo Coreutico e della disponibilità della nostra dirigente, il 24 aprile abbiamo approfondito la tematica del balletto romantico e in particolare la conservazione e trasmissione del balletto di repertorio come oggetto di memoria, traendo spunto da “La Sylphide”. Questo testo coreutico era stato già oggetto di studio con i docenti di indirizzo durante le ore scolastiche ed è stato utile rintracciare molte altre informazioni utili che prima non avevamo avuto modo di esplorare approfonditamente in particolare sulla mimica, la pantomima, il movimento, la vita delle danzatrici e l'evoluzione nel tempo della nostra materia prediletta. La visione di riprese esclusive, che solo grazie a questo incontro abbiamo avuto la fortuna di guardare e analizzare con una studiosa alla portata di Claudia Celi, per noi è stata di forte esempio e ammirazione. Ringraziamo per la bella opportunità i nostri docenti con la speranza di poter ripetere questo tipo di incontri "virtuali" diversi dalla quotidianità.

La Sylphide

IO BALLO DA SOLA


8 giugno 2020

Studentesse della 3A e 4A Coreutico

In questa quarantena con il docente di danza contemporanea, Giuseppe La Regina abbiamo costruito una "coreografia a distanza", riproducendo una coreografia preesistente, "Rosas danst Rosas", che è confluita in un video Un'idea innovativa e che ha impegnato tutte nella realizzazione di singoli filmati che in seguito il professore ha montato in un unico elaborato da pubblicare su YouTube e da inviare all'Accademia Nazionale di Danza di Roma. É stato molto originale e importante poter far parte di questo progetto corale, danzando tra le mura di casa, nel nostro vialetto, giardino o terrazzo, con oggetti comuni come sedie, panchine, divani. Abbiamo ricreato, così scenografie tutte diverse, ma che, messe insieme, si sono rivelate di forte suggestione, sperimentando una coreografia piena di spunti e movimenti insoliti ma molto significativi, che ci ha riportate per un attimo tra i muri delle nostre amate aule di danza che tanto ci mancano in questo periodo così duro per tutti e, in particolare, per noi giovani ballerine.

Le studentesse della 3A e 4A Coreutico

CARTOLINE DA SANTA CROCE


8 giugno 2020

Il progetto sul Barocco leccese, avviato nella 4C Grafica con il docente di Laboratorio, Rodolfo Stigliano, è stato bruscamente interrotto dalla quarantena. Niente più visite guidate ai Monumenti della Città, niente più visione diretta delle opere. Ma è rimasta una traccia. Una serie di cartoline che, utilizzando il profilo della Basilica di Santa Croce a Lecce, innestano una visione “maravigliosa”, colorata e contemporanea del Barocco.

Saranno spedite idealmente, in giro per il mondo, per invitare a godere dell’arte dal vivo, per potere toccare la pietra e fermarsi a guardare la luce che la illumina negli assolati cieli meridiani.

Cartoline Santa Croce
cartoline realizzare dagli studenti della 4C Grafica

PENSIERI SPARSI AL TEMPO DELLA PANDEMIA


8 giugno 2020

Marta Ferente 4C Grafica

“Questa è una guerra”.

È questo che si legge su social e giornali, è questo che si ascolta in Tv e rimbomba nelle case. Però questa è una guerra diversa, che possiede un unico nemico, che ha demolito differenze e discordanze e ci ha legati da desideri, speranze ed esigenze comuni, non solo al livello nazionale, ma mondiale. È una battaglia che non si combatte con armi e violenza, ma con la coesione, spirito di carità, fede, fiducia e unione per il benessere comune, donando aiuti materiali o semplicemente cantando dai balconi, per riempire di conforto le case e soprattutto i nostri cuori.
Ritengo che quanto stia accadendo abbia del surreale. Generalmente sono una persona molto riflessiva anche troppo, tanto da fantasticare più del dovuto, ma ora no. Faccio ancora fatica a distinguere questa spaventosa e disarmante realtà dallo scenario di un film, a realizzare e metabolizzare quanto sta succedendo. Credo sia una sorta di difesa personale per non rimuginare, arrovellarmi e crollare. Proprio per questo cerco di essere il più positiva possibile e di intrattenermi. Ho notato che mi tengo costantemente in contatto con i miei amici, molto più di quanto facessi in precedenza, come fosse una disperata esigenza di mantenere quel legame, di sentirsi vicini, insieme. Fondamentale per l'attuazione di ciò è sicuramente la tecnologia, che ci supporta anche sul fronte della didattica. Per quanto riguarda la scuola infatti, non avrei mai pensato di dirlo, ma mi manca davvero molto. Anche la semplice routine, il treno la mattina e il paesaggio scandirsi veloce al ritmo della musica negli auricolari, le chiacchiere prima di entrare, salire e scendere le scale, il rumore delle sedie ruvide trascinate sul pavimento, il vociare rumoroso, il gesso sulla lavagna, la tanto agognata ricreazione. Sinceramente però non provo lo stesso nostalgico sentimento per le ansie inutili, tensioni soffocanti, per il senso di stanchezza, mi sento più rilassata e a mio agio, forse anche grazie ad un ambiente familiare e confortante come la propria casa. Mi godo di più la casa, la mia famiglia, ho riscoperto, anche per necessità, il piacere di una chiacchierata frivola e disimpegnata con mia mamma e mia sorella, di riunirci a guardare un film la sera tutti insieme seduti sul divano, di condividere i pasti e goderceli, cosa prima non così usuale a causa di orari incompatibili e impegni diversi. Avverto quindi un miglioramento nei rapporti interfamiliari, anche se non nascondo che la convivenza serrata non sempre è facile.
Cerco di distrarmi e di coltivare, studio permettendo, le mie passioni e i miei hobby, e cerco di tenermi il più occupata possibile, come già detto, per non pensare. Mi è inevitabile avvertire una sensazione di fastidio e rassegnazione, legati alla dilaniante consapevolezza di non poter fare qualcosa, di essere privata di una scelta, la negazione di ciò che prima sembrava banale ed ora rappresenta il lontano desiderio di molti. È impensabile in una società moderna come la nostra, concepire di essere defraudati da quelli che sono diritti e necessità fondamentali per una vita sana e felice. Proprio per questo credo che di positivo alla fine di tutto ciò, ci sia una riscoperta della semplicità e ordinarietà, divenute esigenze primarie e sospirate.
É questo che ci promettiamo tra lontani, che quando ci sarà la possibilità di rincontrarsi, di rivedersi, di riabbracciarsi, sarà tutto bellissimo, più intenso e desiderato, di non lasciarsi sfuggire nemmeno un soffio della vita che ci aspetta e di godercela pienamente, con il giusto valore ed entusiasmo.

Silvestro Lega | Il canto dello stornello (1867)

LA TEORIA DELLA DANZA LIBERA DI RUDOLF LABAN


8 giugno 2020

Studenti 3A Coreutico

Nonostante siamo stati catapultati in una realtà che ci ha portato a perdere il contatto con le persone e con la nostra tanto amata aula di danza, ci è venuta in soccorso la tecnologia che è diventata la nostra compagna di viaggio quotidiana. Abbiamo “scaricato” sui nostri dispositivi ogni possibile applicazione per mantenerci in contatto tra noi e con i nostri docenti per continuare ad imparare, per non perdere l'arma più importante per vivere e abbiamo rivalutato le molteplici funzioni della tecnologia a cui prima non davamo attenzione. Non potendoci esprimere con il movimento, stiamo affrontando dettagliatamente tutto quello che riguarda la teoria della danza a 360°, per essere più consapevoli dei nostri obiettivi e dello studio in sala di danza. I professori si stanno impegnando tanto, cercando nuovi stimoli per affrontare con più serenità questa situazione. In particolare abbiamo avuto la possibilità di partecipare il 9 aprile sulla piattaforma G suite for Education con l’applicazione Hangouts Meet, a una conferenza con Francesca Falcone docente dell'Accademia Nazionale di Danza, incontro organizzato dall’insegnante di Tecnica della danza contemporanea, Giuseppe La Regina. Un incontro importante per discutere e parlare del coreografo Rudolf Laban, figura di spicco della danza moderna, tra i principali esponenti della "danza libera" e autore di un sistema di notazione dei movimenti, denominato Labanotation.
È stata l’occasione per approfondire la teoria ed è stato fantastico, utile e molto interessante. Stiamo dimostrando che la scuola non si ferma e che anche una situazione del genere può insegnarci qualcosa. Dobbiamo vedere questa nuova realtà non come un periodo di pausa infruttuosa ma come la possibilità per capire e risolvere alcuni problemi che non solo il nostro Paese, ma tutto il mondo, affronta ogni giorno. Questa è la possibilità che ci permetterà di imparare dagli errori di ieri per non sbagliare più domani.

Rudolf Laban insieme alla sua comunità presso Monte Verità

LA PERCEZIONE DEL TEMPO DURANTE LA QUARANTENA


8 giugno 2020

Elisa Liberti 4B Grafica

Il tempo viene percepito in modo mutevole, lo si capisce quando per un motivo qualsiasi cambia qualcosa repentinamente nella nostra vita.
Abituati a svolgere le attività frenetiche di ogni giorno non poniamo attenzione e diamo per scontate le piccole cose: andare a scuola, l’abbraccio di un amico, fidanzato o parente, il discutere tra coetanei, fare attività sportiva, andare ad una festa, fare una passeggiata, curare il look, andare al mare, cibarsi regolarmente, comprare ciò che ci serve. Purtroppo la vita ce lo insegna in modo duro e inaspettato. Niente è stabile e sicuro e abituarsi al cambiamento richiede fatica perché si devono trasformare i propri schemi mentali, le proprie priorità, gli atteggiamenti, il senso dei valori e non si è mai pronti se ciò accade all’improvviso.
In questo periodo di isolamento forzato, per contenere il contagio dell’epidemia da Covid-19, il tempo sembra come “dilatarsi in un ciclo continuo e vorticoso”. Si vivono le giornate come se fossero tanti loop sovrapposti dove si svolgono le stesse attività con una scarsa gamma di varianti: partecipazione alla DAD, compiti, tanto tempo nella propria stanza, mangiare, dormire, stare connessi (per chi può) con gli amici, internet, social. In questi giorni dove il tempo si avverte più lento e dilatato, circolare e ripetitivo con sovrapposizioni di piani, spesso ci si sente confusi e disorientati a volte anche spaventati. Il concetto della “dilatazione del tempo” è espresso nel mio lavoro di post produzione fotografica in cui ho usato il linguaggio retorico del paralogismo e quello compositivo del ritmo e del movimento come mezzo comunicativo per esprimere visivamente la mia personale sensazione del tempo trascorso in quarantena e le mie emozioni.

LA SCOPERTA DI UN NUOVO AMICO,
IL MIO CELLULARE


8 giugno 2020

Tiziana Tondo collaboratrice scolastica

È iniziata la quarantena senza che mi rendessi conto di quanto avrebbe condizionato la mia vita. La ritualità dei primi momenti della giornata era cambiata, la casa era il mio mondo, ma fuori dalla finestra cosa succedeva? Ecco allora il mio cellulare ha preso un ruolo importante: è il primo oggetto che prendo per inviare il buongiorno a chi due mesi prima lo dicevo personalmente ma è anche l'ultimo di ogni sera (insieme al segno della croce) per dare la buonanotte.
Non è stato di aiuto per il mio lavoro poiché la pandemia ha condizionato proprio quei lavori dove la presenza fisica è essenziale ma mi ha permesso di comunicare e di mantenere stabile la mia presenza sul lavoro con la direzione amministrativa e con tutte le ordinanze che giornalmente arrivano. Il cellulare che pochissimo tempo fa era strumento di discussione con mia figlia ma soprattutto con i ragazzi a scuola, adesso ha un aspetto più dolce poiché è riuscito a farmi affrontare queste giornate con più facilità come ordinare la spesa, conoscere lo stato di salute dell'Italia e di tutto il mondo, partecipare ed emozionarmi con i momenti di flashmob che hanno unito gli italiani per ringraziare figure come medici, infermieri, il volontariato.
Ma la cosa più bella è stato vedere, con video chiamata, mia figlia che è a Bologna, mio padre e mia madre e tutte le persone fisicamente lontane con cui ho scambiato opinioni, rabbia, illusioni paure ma che mi hanno aiutato a trovare la forza e il coraggio di affrontare qualcosa che non vedo che non conosco ma che ci sta condizionando in maniera drastica. Naturalmente dentro il mio cellulare ci sono tante persone che amo e che spero di riabbracciare presto.

DAD UN'ESPERIENZA POSITIVA


8 giugno 2020

Barbara Madonna e Lorenzo Mascialino 4F Arti Figurative

Questa nuova esperienza di didattica a distanza, per nostro figlio in situazione di disabilità, è stata molto positiva.
Dopo un suo iniziale stato di agitazione dovuto al fatto di non andare più a scuola e vedere i suoi compagni fisicamente, Lorenzo si è tranquillizzato ed ha lavorato molto bene con tutte le nuove tecnologie proposte dai docenti: WhatsApp, Meet, Classroom.
Con il passare dei giorni ha imparato ad accendere autonomamente il computer ed entrare su Meet per seguire le lezioni individuali con gli insegnanti di sostegno, l'educatore e con la classe.
I docenti hanno seguito l'orario scolastico e, quando è stato necessario, si sono dimostrati disponibili a modificarlo per seguire le necessità di Lorenzo.Anche se la mattina continua ad essere lento a prepararsi per iniziare puntualmente le lezioni, una volta pronto attende con ansia la telefonata del docente perché vuole iniziare la sua attività. Sicuramente la didattica a distanza non consente di sviluppare le relazioni interpersonali con i compagni come a scuola, ma in questa situazione di emergenza e senza precedenti, grazie alla tecnologia è stato possibile continuare ad andare avanti con i programmi di studio, attraverso nuovi metodi innovativi che hanno consentito lo sviluppo di nuove competenze e conoscenze.

SOLI INSIEME


8 giugno 2020

Francesca Catalano 4A Architettura e Ambiente

Il 2020 è un periodo storico singolare; una situazione simile non si verificava dal 1918 con la pandemia spagnola. Ed eccoci qui, giusto cento anni dopo, a parlare di un problema serio alla pari, consapevoli che nonostante cento anni di progresso, migliaia di persone muoiono ogni giorno, in ogni parte del mondo, a causa di un virus denominato Covid-19.
Il virus è pericoloso proprio per la sua facile diffusione infatti, in poco tempo, si è propagato senza sosta in tutta Italia e in tutto il mondo. Di ciò hanno “merito-non merito” i governanti dei vari Stati che hanno adottato, chi più, chi meno, chi affatto, delle misure potenzialmente efficaci. Tali misure ci vedono rinchiusi nelle “carceri senza sbarre” che sono le nostre abitazioni, dall’inizio della quarantena. Noi ragazzi non usciamo per andare a scuola ormai da venerdì 6 marzo: è passato più di un mese; mese per tutta la gente, caratterizzato da questa reclusione nelle mura domestiche, limitando chi del tutto, chi sotto alcuni aspetti, le relazioni sociali alla base della nostra convivenza.
Ovviamente questa situazione ci ha fatto riflettere sulle cose davvero importanti e ha stravolto la nostra solita routine quotidiana.
Parlare di questo periodo mi risulta difficile perché pensare a tutte le persone che in questa circostanza sono decedute, è un fardello davvero troppo grande. Nella quotidianità siamo “soli insieme”: effettivamente circondati dal solo nucleo familiare ma in contatto con il mondo esterno tramite la tecnologia, che ci permette di evadere ed essere vicini a gente proveniente da ogni dove. È vero che la quarantena ci ha allontanati molto gli uni dagli altri, ma credo che possa essere anche l’occasione per riaprire quelle porte socchiuse dalla mancanza di tempo, di ritrovarsi, seppur virtualmente, con alcune persone. Devo ammettere che è stato proprio il mio caso; questo stacco dal mondo mi ha permesso di risentire mie vecchie amiche che per un motivo o per l’altro, avevo perso di vista.
La solitudine e la monotonia delle giornate, portano inesorabilmente a pensare, a riflettere su se stessi, sui propri hobby, sui propri bisogni e sulle proprie necessità. In un momento come questo, cambiano anche le priorità e la mente vaga nei meandri più nascosti, scovando cose ormai dimenticate e riportando alla luce valori accantonati. La famiglia assume, in un certo senso, un altro volto: si dà valore anche a una risata che in un altro momento sarebbe passata inosservata. Ogni istante insieme diventa attimo di condivisione, piacevole dialogo che bypassa, secondo gli ultimi anni, la concezione di rapporto familiare inteso come mera convivenza. Questa situazione sta causando in molti un crollo psicologico e fisico; l’assenza di libertà, di poter vagare liberamente e rincorrere le proprie esigenze superflue, vengono meno di fronte a una circostanza come questa. Si sente la mancanza del contatto umano, basterebbe anche solo un sorriso senza aver interposta una mascherina a rendere questa situazione meno pressante.
Mi viene in mente una frase di una canzone Granito scritta da un mio amico che credo possa riassumere alla perfezione quanto detto “La lontananza pensala come il raduno delle tue emozioni, porta a brandelli quelle convinzioni, non affogare i ricordi”. È proprio vero: in una vita eternamente programmata, carica d’ansia, tutto il mondo si ferma. La lontananza dal mondo esterno, fa emergere emozioni, sentimenti, pensieri e riflessioni che altrimenti non verrebbero fuori. Credo che dopo questa esperienza molti di noi riprenderanno la solita routine, ma molti altri ricorderanno come in questo 2020, tutto ciò che si dava per certo (lavoro, stipendio, salute), è venuto meno e, di conseguenza, penseranno a quanto sia necessario godersi ogni attimo.

I GRANDI MAESTRI CI PARLANO


8 giugno 2020

Sara Cossa 3A Architettura e Ambiente

Committenze, fede, ricerca della perfezione, amore, passione. Queste sono solo alcune delle ragioni per cui la maggior parte di artisti crea le proprie opere. Ispirati e influenzati dal mondo che li circonda, navigano nel mare impetuoso della storia, delle virtù e dei vizi umani, delle parole e dei pensieri, per poi uscirne vincitori, brandendo una matita, un pennello o uno scalpello, trionfanti, per esser riusciti a tramutare l’idea in un qualcosa di materiale, immortale nella sua eternità. E tanto ci hanno raccontato, i nostri artisti, degli avvenimenti a loro contemporanei. Basti pensare alla capacità che molti hanno avuto nell’esprimere, attraverso la simbologia, delle loro convinzioni politiche, denunce sociali o inclinazioni religiose; in qualche modo, guardando le loro opere, anche per un solo attimo, riusciamo a vedere il mondo attraverso gli occhi attenti dell’artista. E dunque, cosa avrebbero detto i grandi artisti dei nostri avvenimenti attuali? Quali magnifiche opere sarebbero state realizzate per raccontare la crisi di un mondo intero, la battaglia incessante contro un nemico invisibile? Mettendo da parte le parodie umoristiche di alcune opere d’arte, che sono state condivise in questo periodo, e scavalcando l’idea di una banale rappresentazione di un popolo “mascherato” e a distanza interpersonale di un metro, proviamo a chiudere gli occhi, ad immaginare di ritrovarci nella mente di un grande artista. Michelangelo, magari.
E così, di colpo, eccoci nella Cappella Sistina, davanti alla surreale maestosità del Giudizio Universale, a cambiarne i connotati. Questa volta non Cristo ma l’Italiano medio domina la scena; splende nella luce che esso stesso si è attribuito, grazie al numero di conoscenze scientifiche e politiche che tutto d’un tratto crede di possedere. Attorno a lui, ruotano giornalisti, scienziati, politici, che immobili aspettano il suo giudizio: avranno detto la verità, avranno fatto la cosa giusta? Solo l’Italiano medio può deciderlo. E mentre il giudizio viene pronunciato, i grandi autori di fake news e tutti coloro che si sono permessi di sfruttare la situazione per propaganda politica, trascinano negli inferi i poveri malcapitati per i quali il verdetto non è stato favorevole. Il grande Giudizio Universale si trasforma così nel Giudizio di un misero essere umano, che scalando un’immaginaria Torre di Babele, si è sostituito a l’unico veramente in grado di poter giudicare. Perché è proprio così, per citare la vicedirettrice de Il Fatto Quotidiano, Maddalena Oliva, “Siamo un paese di allenatori di calcio”. E se invece l’artista fosse un altro? Quale tema avrebbe invece affrontato la talentuosa mano di Mantegna? L’eco immediato del suo nome è Il Cristo Morto, dipinto di un corpo senza vita, disteso nella morte. E di cadaveri purtroppo se ne sono avuti tanti, in questo periodo. Corpi che, come quello di Cristo, erano distesi e pallidi sul letto di morte, ma contrariamente al dipinto, nessun volto amico era lì a compiangerli. Una morte affrontata in solitudine, per poi trasformarsi in un numero, in una ragione del perché tutto sta andando male, in un’arma di propaganda. Un uomo morto con il virus, avrebbe gli stessi piedi contratti, la stessa pelle che ormai è buia e opaca, lo stesso volto cadaverico, ma solo il nero attorno a sé. Nessun volto disperato o piangente vicino al suo corpo, solo in prossimità una bara, in cui verrà sepolto chissà dove, senza alcun rito funebre. Il corpo stanco per la battaglia contro un nemico trionfante, già pronto ad attaccare di nuovo, è disteso nella luce fioca del dipinto, appena coperto da un telo di quella che potremmo immaginare essere una sala di terapia intensiva, senza più alcuna traccia di vita.

Michelangelo Buonarroti | particolare del Giudizio Universale (1535-1541)
The dead Christ and three mourners*tempera on canvas*68 × 81 cm *1470-1474
Andrea Mantegna | Cristo Morto (1475-1478)

RITORNARE A LEGGERE E A SCRIVERE


8 giugno 2020

Francesca Palma 4C Grafica

Non saprei esattamente come introdurre questo pezzo, non ne scrivo uno da lungo tempo. Mi è stato chiesto di raccontare come sto affrontando questa situazione, che ha coinvolto tutto il pianeta terra. Pochi mesi fa, è scoppiata un'epidemia che ha avuto origine in Cina, l'Italia è stato uno dei paesi colpiti maggiormente anche se la rapidità della sua diffusione ha messo in ginocchio anche altre nazioni. Sembra ieri, quando ero ancora a scuola a discutere con i miei compagni di questa situazione, ma nessuno avrebbe mai immaginato le conseguenze catastrofiche di tutto questo, neanche io, nonostante sia una pessimista di prima categoria.
Abbiamo davvero capito la gravità di tutto questo solo quando la scuola è stata chiusa e quando è stato dichiarato un vero stato di emergenza obbligandoci a restare tutti nelle proprie case. Non credevo l'avrei mai detto, ma siamo letteralmente in guerra. Ogni giorno muoiono milioni di persone, gli ospedali sono al collasso e i contagiati continuano ad aumentare.
Viviamo nell'incertezza ormai da un mese e probabilmente continueremo a viverla per i prossimi mesi. Parlando di me, io sono fortunata, mi viene chiesto solo di restare a casa. Ho i brividi se penso ai medici che stanno cercando in tutti i modi di salvare vite o a tutte quelle famiglie ormai senza un euro per mangiare. Cerco di pensare a questo ogni giorno per capire quanto io stia bene, ma non posso negare di essere enormemente turbata da tutto questo.
Continuo a ringraziare chi ha inventato le videochiamate e il poter continuare a fare lezione mi rincuora. Sembra davvero stupido detto in questo modo, oppure semplicemente un modo per entrare nelle grazie della mia professoressa, dopo che leggerà questo tema, ma non è cosi. Ognuno la vive a suo modo, ma mi fa piacere sentire i professori e i miei compagni, è una delle poche cose che mi riporta alla normalità. Ma quello che è certo è che tutto questo non è normale. Vorrei solo svegliarmi domani ed ascoltare il Tg, sentendo finalmente la conclusione di questa situazione. Mi sembra strano ammetterlo ma mi manca mia mamma, nonostante sia solo nel paese accanto al mio, non posso vederla e questo mi fa stare molto male considerando che prima la vedevo ogni giorno e davo per scontato la sua presenza. Oltre a lei però, mi mancano le mie amiche, certo ci sentiamo ogni giorno, ma un loro abbraccio mi servirebbe davvero in questo momento. Posso dire di aver fatto l'abitudine a tutto ciò e che pensare solo alle mancanze non va bene.
Ho iniziato a leggere, cosa per cui non avevo assolutamente tempo prima e ho più tempo per prendermi cura di me stessa. Concludo ribadendo che questa è una situazione davvero orribile, ma tutto si risolverà, torneremo a vivere e sicuramente e il fatto di avere compiuto i miei 18 anni in quarantena sarà una bella storia da raccontare miei nipoti.

Andrà tutto bene

fotografie di Francesca Palma

GENITORI E DIDATTICA A DISTANZA


8 giugno 2020

Michela Mazzotta

Sono la mamma di Matteo Perrone, un ragazzo di 16 anni, con "esigenze speciali ", che frequenta il secondo anno del Liceo. L'esperienza della didattica a distanza è stata, ed è tuttora, uno strumento valido, soprattutto nel nostro caso, in quanto è fondamentale essere impegnati e avere comunque una routine, che dà la scansione del trascorrere dei giorni. Sapere che, giornalmente, bisogna collegarsi su Classroom, salutare i professori, iniziare le varie attività, ha contribuito nel mantenerci "collegati", in un momento così delicato e difficile. Il potersi vedere anche, di tanto in tanto, con i compagni in videochiamata ha permesso di prendere confidenza con un canale di comunicazione nuovo per Matteo, difficile per lui, ma comunque una nuova esperienza di arricchimento. Sicuramente la DAD è molto impegnativa, dal punto di vista genitoriale, in quanto Matteo necessita di una guida costante, intervallata da momenti di splendida autonomia. Ben contenta di poterlo affiancare!
Molti i lavori realizzati in questo periodo, grazie ai consigli della docente di sostegno e ai bei lavori proposti e grazie dalla supervisione degli altri docenti.

DUE GENERI A CONFRONTO


8 giugno 2020

Natura morta e Ritratto. Nelle esercitazioni a distanza di Annachiara Caretto, Giorgia Guido, Giorgia Greco, Silvia Potenza i due generi iconografici si ripropongono in un linguaggio figurativo che sta nel solco della Storia dell’Arte. Le studentesse della 3F Arti Figurative hanno dipinto “a distanza” in condizioni difficili e il l loro docente di Progettazione pittorica, Enzo De Giorgi, ha annotato i passaggi compositivi e pittorici di una tecnica che ha nel disegno e nella pittura ad olio la sua forza espressiva.

Dipingere a distanza

UNA SITUAZIONE CAPOVOLTA


8 giugno 2020

Angelica Rizzello 4A Architettura e Ambiente

Ormai sono più di un milione e mezzo le persone contagiate dal virus in tutto il mondo, e solamente poco più di centomila quelle guarite, i numeri continuano a crescere senza sosta ormai da mesi e purtroppo quelli dei guarititi sono sempre inferiori rispetto ai nuovi contagi. Gli accadimenti drammatici continuano a susseguirsi senza sosta, tra chi ha subito la morte di una persona cara senza poterla salutare per l’ultima volta e chi è costretto a vivere lontano dalla propria famiglia. Quello che ha maggiormente stravolto la nostra vita è stata la rapidità con la quale questi avvenimenti sono accaduti, improvvisi e impetuosi hanno travolto la nostra esistenza, senza lasciare a nessuno il tempo di programmare nulla.
Con la quarantena la situazione si è poi completamente capovolta, siamo passati dai nostri giorni movimentati e colmi di impegni alle odierne giornate costretti a trascorrerle tra le mura domestiche a guardare fuori da una finestra. C’è chi continua a lavorare e a studiare anche da casa e chi prova a tenersi occupato scoprendo e riscoprendo nuovi e vecchi hobby. Generalmente non ci si annoia e si trova sempre qualcosa da fare, ma questo periodo di isolamento porterà inevitabilmente ad un cambiamento in ciascuno di noi. Molti impareranno ad attribuire il giusto valore alle cose, soprattutto a quelle che prima davamo per scontate ed eravamo convinti che avremmo avuto per sempre. Il virus ci sta ricordando che siamo mortali e che nulla è eterno, ha scombussolato le nostre vite e le nostre routine potandoci a riflettere su cosa è veramente importante e cosa superfluo. Molte relazioni interpersonali si rafforzeranno, altre meno, altre ancora nasceranno o finiranno, cambiamenti e situazioni con le quali dovremo imparare a convivere. Chi come me sta trascorrendo questo periodo con la propria famiglia, si renderà conto che nella vita sono i momenti in cui si sta insieme quelli che valgono di più e che l’importante è spendere il proprio tempo con chi si ama, aspetto che stavamo probabilmente trascurando perché risucchiati dall’ambiente circostante e dai nostri mille impegni. Quello in cui spero è la riscoperta di tutti quei valori, come la solidarietà e l’altruismo, che in molti avevamo messo da parte. Considerando anche l’aspetto politico ed economico, quello che ci aspetta è certamente una grave crisi, che potrebbe dimostrarsi più disastrosa di quella del 2008 e che non tutti riusciranno a gestire. Gli scambi commerciali con gli altri Paesi diminuiranno e questo comporterà un aumento dei prezzi, motivo per il quale bisognerebbe potenziare le produzioni locali. Molte persone stanno perdendo o perderanno il proprio lavoro, ci sarà un impoverimento di molte famiglie e sarà dura per molti superare questo periodo che arriverà passata questa pandemia. Certi che non tutto tornerà come prima e consapevoli che un avvenimento come quello che sta accadendo ora potrebbe ripresentarsi in futuro, saremo più in guardia sulle nostre prossime scelte politiche. Il virus sta mettendo tutti a dura prova e al momento l’unico che ricavandone un vantaggio sembrerebbe essere il Pianeta, considerando la riduzione dell’inquinamento.
Basti pensare a Piazza del Campo a Pisa dove l’erba sta tornando spontaneamente a crescere o alla laguna di Venezia che si popola di delfini e cigni. Quando tutto questo sarà finito e noi ne saremo usciti radicalmente cambiati, ritorneremo probabilmente ad assaporare la vita come si faceva un tempo. Non ci limiteremo ad assecondare il monotono scorrere delle nostre giornate senza prima imparare ad apprezzarle; inizieremo a vivere, affrontare e assaporare la vita in ogni suo singolo istante. Riscopriremo il bello in tutto ciò che davamo per scontato e daremo valore al tempo trascorso in compagnia. Poiché come possiamo vedere il presente ha un valore inestimabile, bisogna cogliere l’attimo non potendo prevedere quali sorprese il futuro ci riserva.

Edward Hopper | Sole di Mattina (1952)
fotografie di Angelica Rizzello

L’ARTE DELLA PANDEMIA


8 giugno 2020

Gabriella Colaci docente di Discipline Pittoriche

Il testo è tratto da relazioni e considerazioni degli alunni autori di alcune delle opere composte in questo periodo di pandemia.

"Uscire all'aria aperta, al sole, al mare: fare una passeggiata in primavera, tra i verdi prati, tra il profumo dell'erba e dei fiori; o anche camminare tra le pittoresche stradine delle nostre città o dei nostri paesi”. Chi avrebbe mai detto che sarebbe diventata una cosa così tanto ambita e desiderata quanto controllata e limitata. Ci chiediamo come abbiamo fatto fino ad ora, a considerare così normali e quasi banali, tante cose consuete, tante nostre abitudini. Ma allora, la libertà non è scontata!
Descrivere questo periodo invaso e colonizzato da un virus che ha mietuto vittime in tutto il mondo, non è semplice; se ne vorrebbe addirittura evitare anche il ricordo. Eppure, proprio come un'onda anomala in un mare in burrasca, ci ha resi naufraghi confusi, disorientati e terrorizzati!
Il Covid-19 è riuscito a contaminare l'intera popolazione mondiale non solo perché ha ucciso senza pietà tante persone in maniera subdola ed infame, attaccando i punti più deboli e togliendo anche la possibilità di potersi difendere. Ma si è anche insinuato nelle menti di noi tutti, nei pensieri, negli stati d'animo e lì difficilmente riusciremo a stanarlo. Ha lasciato una profonda diffidenza del contatto da uomo a uomo, la paura del contagio e dei veicoli della malattia ci ha resi vulnerabili. Temeremo e dubiteremo ormai di tutto.
Staremo sempre attenti a lavare e disinfettare le mani, ci parleremo a distanza o attraverso un vetro, eviteremo i luoghi affollati e gli assembramenti, usciremo di casa solo se necessario, perfino un semplice raffreddore ci farà rabbrividire.

Divenuta all'ordine del giorno e trasformata in fobia per molti, questa situazione di disagio rimarrà con noi chissà per quanto tempo, finché non acquisteremo una nuova sicurezza. Dall'altra faccia della medaglia, la gente, stanca della solitudine, della permanenza in casa, degli "arresti forzati", vorrà recuperare il tempo perso riproponendosi di fare tutto ciò che non ha potuto fin ora. Da ora in poi, forse apprezzeremo il valore della nostra libertà, valuteremo quanto importante sia stare insieme agli altri, ai parenti, agli amici; apprezzeremo maggiormente anche un semplice caffè al bar, una prenotazione in pizzeria, i festeggiamenti di compleanno, andare a scuola, in palestra, in vacanza, ritrovarsi in spiaggia sotto l'ombrellone, partecipare ad una sagra, celebrare un matrimonio o un funerale. Da oggi abbiamo compreso il vero significato di contatto fisico, di comunità. Qualcosa è già cambiato nei ragazzi. È come se fossero cresciuti di colpo, sono più consapevoli che la vita è fragile, fuggevole, che gli eventi non dipendono sempre dalla nostra volontà. A volte proteggere noi stessi significa proteggere il mondo intero, a volte attenendosi alle disposizioni stabilite e rispettando le regole si può riuscire a salvare l'intera umanità. Il nostro bene è il bene del mondo intero.

LE LEGGI CHE REGOLANO LA PERCEZIONE


8 giugno 2020

Michele Brigante, Maria Rosaria Dell'Anna, Lucia Delle Donne, Sofia Imperato, Rossella Renna 2B, Gabriele Cornacchia 2C.

Esercitazioni svolte in Discipline grafico pittoriche con riferimenti ad alcune leggi che regolano i processi percettivi della visione.

Lavori svolti in didattica a distanza dalle classi 2B e 2C

METAMORPHOSIS AT HOME


8 giugno 2020

Debora Ciardo 5E Audiovisivo e Multimediale

Dalla visione delle opere di Francesca Woodman una breve sequenza di foto con una intensa dimensione lirica. Sono caratterizzate da movimenti e "distopie" e diventano l'elemento principale della ricerca. La scelta di fotografarsi in un'ambiente disabitato vuole essere un omaggio, perché Francesca Woodman nella rappresentazione di se stessa cercava di esorcizzare il proprio "malessere profondo", sperando di far emergere il proprio Io.

Metamorphosis at home

DA DOVE VENGONO I MOSTRI?


8 giugno 2020

Un foglio di carta ruvido, una matita e dei colori, materiali di recupero e di emergenza, questo il lavoro della 2A, coordinato dal docente di discipline pittoriche Enzo De Giorgi.

Una Classe mostruosa è una carrellata di disegni in cui gli studenti si sono divertiti nella fase del lockdown ad autorappresentarsi alla maniera di Stefano Bessoni, illustratore, regista, animatore, tra le figure più note del mondo fantasy e horror. Sono emerse paure, divertimenti, creature nascoste sotto i letti, autoironie. Un mondo alternativo, in cui la “mostruosità” è sinonimo di differenza, creatività e solidarietà.

Forse la verità può fare capolino anche tra i volti deformati e contorti.

una classe mostruosa
PORTRAIT IN VIDEO CALL
Alla ricerca di "me"

CONTRIBUTI IN VIDEO | LABORATORIO ARTISTICO

a cura del docente Antonio Perrone

GIORNO DI ORDINARIA DISPERAZIONE


10 giugno 2020

Marco Bortune 2B

LA NOSTRA QUARANTENA


12 giugno 2020

Gabriele Cornacchia 2C

INSHOT


12 giugno 2020

Diana Martina 1A