Matesca

Materiali, tecniche edificatorie
strutture del costruito antico


il progetto

Ponendo al centro dell’attenzione l’architettura intesa come realtà costruita il Cluster Materiali, tecniche edificatorie, strutture del costruito antico vuole dedicarsi all’indagine sui materiali, le tecniche e procedure edificatorie, gli assetti e i comportamenti strutturali dell’edificato storico. Si tratta di un campo di studio tanto ampio quanto a tutt’oggi dissodato solo in minima parte, che riguarda un enorme patrimonio edilizio costruito in pietra, laterizio e legno, temporalmente esteso dal mondo antico a tutto il XIX secolo.

Lo studio della sostanza materiale della fabbrica, delle parti, membrature e finiture che la costituiscono, ma anche dei suoi apparati decorativi, scultorei e pittorici – nell’evidenziare le relazioni di mutua dipendenza che intercorrono tra il dato costruttivo, l’organizzazione funzionale e il linguaggio degli edifici – può validamente ampliare la conoscenza del costruito storico, fornendo altresì strumenti decisivi per migliorare l’azione di conservazione, restauro e riutilizzo delle emergenze monumentali e dell’intera edilizia diffusa. Per essere fruttuoso ogni tentativo di penetrare il senso del magistero costruttivo del passato e i problemi sofferti di decadimento, degrado e mancamento strutturale non può che muovere dallo studio diretto delle fabbriche. Sono gli edifici, indagati nella loro fisicità, la fonte primaria ed ineludibile di ogni reale informazione sulle tecniche edificatorie.

Il Cluster riunisce discipline diverse, in fatto di archeologia, storia dell’architettura, restauro, chimica, geologia e petrografia. Il convergere di distinte competenze appare decisivo per cercare di svelare, fin dove possibile, le ragioni intime del costruire, sottese alle scelte esperite dalle culture edificatorie del passato, a superare la distanza significativa tra il nostro mondo e la sfera del mondo che ha prodotto e modificato le fabbriche antiche giunte a noi; una soluzione di continuità, culturale ed operativa, che ostacola la comprensione della realtà costruita, attentando alla capacità di individuare con esattezza le logiche e di coglierne gli eventuali mutamenti. Distanza che può essere in gran parte colmata con le risorse offerte dalle conoscenze scientifiche e tecniche contemporanee: la meccanica e la scienza dei materiali resistenti, affiancate dalla stratigrafia degli elevati e dalle analisi mineralogico-petrografiche e fisico-chimiche in questo offrono un aiuto irrinunciabile. Nondimeno l’anamnesi della fabbrica, per quanto meticolosa, da sola non basta. Di certo la raccolta sistematica delle informazioni sulla consistenza fisica dell’edificio costituisce una base imprescindibile da cui muovere; ma la conoscenza del mero dato materiale è nella sostanza destinata ad incappare nelle secche – poco produttive – della paratassi espositiva, se non viene fecondata da concomitanti studi dedicati al sapere dei costruttori, alla visione degli architetti, alla cultura e mentalità dei committenti, alle condizioni sociali, economiche e politiche nelle quali gli edifici sono sorti.

Temi, conoscenze e obiettivi di indubbio rilievo strategico per Iuav, un ateneo collocato al centro di un territorio dotato di un ricchissimo patrimonio edilizio storico, insediato in una città che è stata ed è tuttora luogo di analisi ed elaborazione metodologica degli studi di architettura e sviluppo urbano, punto focale di dibattito e riflessione sul restauro, sito privilegiato di sperimentazione e messa a di punto di tecniche e procedure conservative.

È sulla città di Venezia e sulla sua laguna che il Cluster intende impegnarsi nell’immediato. Un’area caratterizzata da condizioni geografiche di ‘limite’, con nuclei insediativi ed organismi urbani che sorgono pochi decimetri al di sopra dei livelli medi di marea, particolarmente sensibile ai principali effetti del cambiamento climatico – individuabili nell’aumento dei livelli marini, nella maggiore intensità degli eventi metereologici, nell’aumento in atmosfera del tasso di CO2 e degli altri gas serra – che possono interagire negativamente con il patrimonio costruito, di per sé stessi, o qualifattori di moltiplicazione di altre cause naturali o antropiche di decadimento, degrado e dissesto. Un sito ove l’intero complesso degli edifici è sottoposto ad esasperate aggressioni ambientali e continuamente investito dai consistenti attacchi dovuti all’inquinamento industriale e dalla polluzione atmosferica. Per tali motivi Venezia, sito privilegiato di sperimentazione e messa a di punto di tecniche e procedure di protezione, conservazione e restauro, potrebbe costituire un ‘laboratorio’ ideale ove sviluppare esperienze valide anche per gran parte degli insediamenti presenti nelle aree costiere italiane, europee ed appartenenti al bacino del Mediterraneo.

In virtù del coinvolgimento di ricercatori dell’Istituto per la conservazione e valorizzazione dei beni culturali (CNR) di Sesto Fiorentino e del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa e, grazie alle collaborazioni scientifiche già avviate tra alcune strutture laboratoriali dell’Università Iuav (Lama), il Laboratorio Scientifico della Misericordia – Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Laboratorio scientifico dell’Opificio delle pietre Dure di Firenze e il Laboratorio di Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali dell’Università di Cosenza, l’attività di ricerca del Cluster potrà inoltre estendersi allo studio del degrado di prodotti chimici, organici inorganici, impiegati per il consolidamento e la protezione delle superfici lapidee. Le conoscenze acquisite nel contesto veneziano potranno essere confrontate con la situazione di Firenze e Pisa, altre ‘città d’arte’ universali, dove in passato molto si è sperimentato relativamente ai trattamenti conservativi delle superfici architettoniche. Nei fatti, negli stessi decenni presi in considerazione per Venezia, le superfici lapidee di vari edifici di elevato valore storico-artistico delle due città toscane furono trattate con prodotti organici allora innovativi, la cui applicazione è ben documentata. In tutti i casi, i laboratori coinvolti, interagendo sinergicamente potranno eseguire indagini strumentali mirate (microscopia ottica ed elettronica a scansione; spettroscopia infrarossa; diffrattometria-X; assorbimento d’acqua, ecc.). Il confronto dei risultati ottenuti consentirà di giungere ad una valutazione critica delle interazioni prodotto-ambiente e prodotto-substrato lapideo in funzione del litotipo, della formulazione chimica dei prodotti impiegati, di cui potranno avvantaggiarsi i futuri interventi di restauro.

Il Cluster, grazie ai rapporti instaurati con altri atenei, con i laboratori scientifici italiani sopra citati e alla partecipazione di enti esterni, quali il Centro Internazionale di Studi di Architettura A. Palladio (provvisto di una propria banca dati del Palladio Museum, dotata di una sezione dedicata alle tecniche costruttive palladiane, in previsione da estendersi alle intere ville venete) potrà efficacemente affinare la comprensione delle fabbriche del passato, estendendo fin da subito le ricerche all’intera penisola italiana ed a numerosi paesi mediterranei ed europei, che tendenzialmente, nel lungo periodo, rappresenterà l’area di studio e di ricerca sull’architettura, occasione anche di sperimentazione e prova di innovative ed efficaci procedure d’intervento sul costruito.

L’orizzonte di riferimento col quale il Cluster intende rapportarsi sarà in massima parte costituito da pubbliche amministrazioni: uffici di tutela (Soprintendenze), grandi stazioni archeologiche (Pompei, Ercolano, ecc.), istituzioni preposte alla conservazione di emergenze monumentali (Fabbricerie) ed enti locali (Comuni). Per tale ragione si è deliberatamente evitato di coinvolgere nel Cluster aziende e imprese private di restauro, ciò a garanzia della massima imparzialità e scientificità della ricerca e dei prodotti (studi, indagini, analisi, ecc.) elaborati.