LA RESISTENZA

La regina fu partecipe a diversi conflitti come quello contro i soldati del Califfo, successore politico e spirituale di Maometto, a Tehuda. Kāhina affrontò i rinforzi arabi inviati da oriente nel 688, sotto il comando del governatore egiziano omayyade Ḥassān ibn al-Nuʿmān contro i berberi e i bizantini. Gli arabi furono sconfitti nella ‘battaglia dei cammelli’ e inseguiti fino in Tripolitania, l'attuale Libia. Kāhina fece poi ritorno negli Aurès, dove adottò l’arabo Khalid Ibn Yazid.

Le truppe del Califfo si riportarono in una posizione molto più vantaggiosa a partire dal 698. La Kahina sapeva che la pace non sarebbe potuta esistere: presto sarebbe giunto il tempo in cui  gli arabi avrebbero fatto ritorno reclamando vendetta. I suoi uomini, convinti che gli arabi fossero attirati nel paese per le sue ricchezze agricole, attuarono la politica della terra bruciata. I coltivatori della costa successivamente abbandonarono Kāhina poiché delusi da questa iniziativa. D'altra parte, suo figlio adottivo Khālid Ibn Yazid, che conservava rapporti con il campo avversario, tenne informati gli Arabi degli spostamenti dei Berberi. Indebolita da questi tradimenti e abbandoni, Kāhina subì un indebolimento e cercò rifugio in una cittadella bizantina nei pressi di Biskra.


La regina previde una fine imminente guardando il cielo; infatti un giorno, nel 698, parlò ai suoi figli, tra cui Khalid, il piccolo prigioniero arabo che aveva  adottato, e gli suggerì di fuggire, per poi allearsi con il futuro vincitore. Al contrario lei, la regina, l’indomabile berbera, continuò la sua lotta al momento della seconda invasione araba, morendo da combattente valorosa nel 703 a Khenchela, con le armi in mano, come vuole la fine degli eroi immortali. Alcune fonti lasciano intendere che la regina fosse morta per suicidio con veleno, al fine di non cadere in mano al nemico. 


Durante la sua ritirata però, affrontò l'ultima battaglia a Tarfa, con gravissime perdite per entrambi i fronti. La regina berbera si rifugiò nell’anfiteatro romano El Jem, ma fu uccisa e la sua testa fu inviata al califfo. La Kahina trovò la morte in una località che conserva tuttora il suo nome: Bir al-Kahina “il pozzo della Kahina".