Giornata della Legalità

La Giornata della legalità è una ricorrenza nazionale, che si celebra il 23 maggio di ogni anno, volta a commemorare le vittime di tutte le mafie, e che ricorda in particolare la strage di Capaci, avvenuta il 23 maggio 1992, in cui morirono il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie, anch'ella magistrato, Francesca Morvillo, e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Dopo 57 giorni, il 19 luglio, in via D’Amelio muoiono il giudice Paolo Borsellino e i poliziotti Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina.

La ricorrenza viene celebrata in tutto il Paese, in particolare a Palermo, con manifestazioni alle quali prendono parte associazioni, diverse istituzioni nazionali e migliaia di studenti al fine di testimoniare il loro dissenso verso tutte le mafie.

In occasione di questa giornata, la Biblioteca propone una riflessione sul tema attraverso un'attività didattica del Bibliotecario Bibliolandia Enrico de Magistris e alcuni consigli di lettura.

Parlare di una data attraverso il graphic novel

Per raccontare storie di persone vittime di mafie, il Bibliotecario scolastico propone incontri con gli studenti della durata di un'ora, da tenersi in classe oppure in Biblioteca. I titoli proposti consentono un approccio più immediato ai fatti narrati, rispetto ai libri di sola lettura testuale: stimolanti storie per conoscere vicende ignote o più o meno note. L'incontro servirà anche a spiegare come funziona il linguaggio della nona arte, e il suo legame complesso con il cinema, la letteratura, il giornalismo.

Falcone e Borsellino

Giacomo Bendotti

Peppino Impastato 

Un giullare contro la mafia

Marco Rizzo - Lelio Bonaccorso

Storie di vittime innocenti di mafia

Valeria Scafetta (a cura di) - Dorilys Giacchetto - Elleni

Voi non sapete

Gli amici, i nemici, la mafia, il mondo nei pizzini di Bernardo Provenzano

Andrea Camilleri

«Voi non sapete quello che state facendo». È così che Bernardo Provenzano ha accolto le forze dell'ordine al momento dell'arresto. Il segno di un ordine costruito con sotterranea implacabilità. E i "pizzini", con i loro codici e sottocodici, con il tono ora criptico, ora oracolare, ora dimesso, sono l'arcaico sistema che regola una modernissima ragnatela. Nel rigoglio della sua produzione narrativa quasi mai, per esplicita scelta, Camilleri ha toccato il tema della mafia. Ma quando i pizzini di Provenzano sono stati resi pubblici è stato subito chiaro che costituivano per lui un'opportunità di riflessione imperdibile: linguisticamente anomali, e antropologicamente emblematici per la concezione della religione, della famiglia, delle gerarchie dei rapporti tra le persone, sembravano fatti apposta per entrare nell'universo letterario dello scrittore. Ne è venuto fuori un libro di forte sapore narrativo e di amara onestà, di graffiante ferocia e acre ironia: una sorta di dizionario che, voce per voce, svela l'alfabeto con cui il capo dei capi ha parlato per più di quarant’anni alla sua organizzazione, smontandone gli ingranaggi per mostrare come, sotto la superficie di parole apparentemente comuni, possa celarsi la feroce banalità del male. E che i primi anticorpi che una società civile deve sviluppare contro la vischiosità mafiosa sono quelli di un linguaggio limpido, onesto e condiviso. Un libro in cui il gusto per la battuta e per il paradosso non nascondono un diffuso senso di allarme.

Solo per giustizia

Raffaele Cantone

Il racconto del giudice Cantone prende avvio dal suo ultimo giorno alla Direzione distrettuale antimafia di Napoli: ripercorrendo la sua esperienza, Cantone mostra in che modo un bravo studente di giurisprudenza che voleva addirittura fare l'avvocato sia finito per diventare il nemico numero uno dei boss di Mondragone e Casal di Principe, più di una volta minacciato di morte e da anni costretto a vivere sotto scorta insieme ai familiari. Un'evoluzione che non nasce da una sorta di vocazione missionaria, ma prende forma attraverso un percorso graduale e, talvolta, persino casuale, dove però rimane sempre salda la sua originaria passione per il diritto. Quella che gli fa trattare con la medesima professionalità e dedizione le vicende di un anziano signore che si rivolge alla giustizia per la tragica morte del figlio dovuta a un caso di malasanità e le sofisticatissime indagini condotte insieme al Ros per arrivare alla cattura di Michele Zagaria, la primula rossa dei Casalesi. Ma l'amaro realismo di queste pagine finisce per evidenziare come l'universo camorrista abbia confini ben più estesi e radici ben più profonde dei vertici di qualche clan. Per cui, fino a quando ci saranno politici, funzionari, imprenditori, uomini delle forze dell'ordine e liberi professionisti corrotti, conniventi o sottomessi, la camorra resterà come un'idra cui la giustizia può tagliare una o qualche testa che subito ricresce, mentre coloro che vi si oppongono individualmente sono votati a un pericoloso destino di isolamento

Cose di cosa nostra

Giovanni Falcone 

con Marcelle Padovani

Un libro che ha segnato un’epoca. Le parole, indimenticabili, con cui Giovanni Falcone ha messo a nudo il sistema della criminalità organizzata, illustrandone i meccanismi e le articolazioni di potere, il perverso sistema di valori, le modalità di reclutamento dei nuovi affiliati, le attività illecite, i canali di accumulazione e di riciclaggio del denaro, le strategie di intimidazione e i rapporti con la politica. Una vibrante dichiarazione di impegno, consegnata alla giornalista Marcelle Padovani nel corso delle interviste che intaccarono per la prima volta il muro di omertà che proteggeva i boss di Cosa Nostra. E anche una testimonianza irripetibile, rilasciata in quel tempo sospeso che precedette di poco la strage di Capaci, e che ha permesso di salvare la consistenza storica delle informazioni e delle intuizioni di Falcone lasciate in eredità alla lotta contro il crimine organizzato. La documentazione più concreta dell’impegno lungimirante di un magistrato fuori dal comune, che serve a raccontare quello che è stato conquistato ma anche quello che è stato trascurato, e ci fornisce un preciso programma di azione, ancora oggi un modello imprescindibile per la lotta alla mafia.

Per questo mi chiamo Giovanni

Luigi Garlando

Un giorno di vacanza è il regalo di compleanno che il ragazzino protagonista di questo romanzo riceve dal padre. Un giorno particolare in cui viene a sapere perchè fra tanti nomi suo padre ha scelto proprio "Giovanni". Padre e figlio vanno in giro da un luogo all'altro nella Palermo di oggi: ogni tappa è lo spunto per raccontare momenti importanti della vita di Giovanni Falcone. Emerge pian piano la figura di un uomo di eccezionale onestà, coerenza, con un grande senso del dovere, di un magistratoche mette in gioco tutto se stesso nella lotta contro la mafia. Attraverso il racconto del padre al figlio ne riviviamo insieme le battaglie, speranze, vittorie, sconfitte e, non ultimi, isolamento e solitudine…

La giustizia è una cosa seria

conversazione con Antonio Nicaso

Nicola Gratteri

Nicola Gratteri ha dedicato alla giustizia la propria vita professionale e in questo libro, attraverso una conversazione con Antonio Nicaso, offre il suo punto di vista su un tema molto discusso oggi in Italia, troppo spesso però senza la necessaria competenza e a scopi di propaganda politica. Come funziona veramente il sistema giudiziario nel nostro paese? Quali leggi sono efficaci e quali invece intralciano l'azione della magistratura nella sua lotta contro la criminalità? Che provvedimenti sarebbe utile prendere? Gratteri risponde a questi e ad altri scottanti interrogativi con competenza e franchezza, spiegandoci concretamente i meccanismi di funzionamento della giustizia italiana, mettendo in luce i provvedimenti più efficaci come le recenti norme che facilitano la confisca dei beni, e denunciando le inefficienze di misure come il rito abbreviato e le norme anti-intercettazioni. La giustizia è una cosa seria, ci dice alla fine questo libro, e per una riflessione seria è necessario spiegare con chiarezza sia ciò che funziona bene sia ciò che non funziona nel sistema giudiziario italiano.

Oltre i cento passi

Giovanni Impastato

È la primavera del 1977 quando Peppino Impastato, insieme a un gruppo di amici, inaugura Radio Aut, una radio libera nel vero senso della parola. Da Cinisi, feudo del boss Tano Badalamenti, e dall'interno di una famiglia mafiosa, Peppino scuote la Sicilia denunciando i reati della mafia e l'omertà dei suoi compaesani. Una voce talmente potente che poco più di un anno dopo, la notte tra l'8 e il 9 maggio, viene fatta tacere per sempre. Ma pure questo è uno degli errori della mafia: pensare corto. Perché, anche se non era scontato, la voce di Peppino da allora non ha mai smesso di parlare, di lottare per la dignità delle persone, di illuminare la strada. E una strada lunga, se si pensa che ancora oggi chi ha depistato le indagini sull'omicidio di Peppino ha fatto carriera, mentre chi invocava la verità non c'è più. Ma è una strada percorsa ormai da migliaia di persone. Giovanni, fratello di Peppino, che ne ha raccolto il testimone, fa il punto della situazione delle mafie - e delle antimafie - in Italia, dall'osservatorio di Casa Memoria e del Centro Impastato, da quarant'anni in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata.

La violenza del mio amore

Davide Levantino

Quando una sera d'estate Anna torna a Palermo incinta di lui, Rosario giura a se stesso che farà di tutto per prendersi cura di lei e del figlio che porta in grembo. A Brancaccio, però, non è concesso neppure sognare senza l'approvazione del boss del quartiere e ben presto i propositi dei due ragazzi si infrangono contro le condizioni e gli ostacoli posti da Totò Mandalà. Pur costretti a vivere nello sgabuzzino di una chiesa e incapaci di ottenere una casa popolare senza piegarsi ai ricatti del boss, i due giovani non si rassegnano. I continui soprusi dei potenti e le inevitabili complicazioni che il crescere troppo in fretta porta con sé non intaccano il legame puro e profondo tra Anna e Rosario e ai due basta una barca abbandonata in riva al mare e l'affetto del fedele cane Jonathan per sfuggire alla miseria che assilla le loro giornate. La situazione precipita quando Anna partorisce una bambina prematura: annebbiato e sfinito dall'impotenza, Rosario scoprirà dentro di sé una fiamma inesauribile in grado di cancellare ogni minaccia, alimentata dall'unica cosa che conta: l'amore. Con una prosa agile e incalzante, Dario Levantino intreccia al racconto intimo la riflessione sociale attraverso la sincerità disarmante di un ragazzo che combatte con tenacia per conquistare il suo posto nel mondo. La violenza del mio amore è un intenso romanzo sulla forza dei sentimenti, capaci di superare le ingiustizie della vita e sconfiggere la paura della morte.

Gomorra

Roberto Saviano

Nell’aprile 2006 il mondo editoriale italiano è stato sconvolto da un bestseller clamoroso e inaspettato, trasformatosi in poco tempo in un terremoto culturale, sociale e civile: Gomorra. Un libro anomalo in cui Roberto Saviano racconta la camorra come nessuno aveva mai fatto prima, unendo il rigore del ricercatore, il coraggio del giornalista d’inchiesta, la passione dello scrittore e, soprattutto, l’amore doloroso per una città da parte di chi vi è nato e cresciuto. Per scrivere questa narrazione-reportage in prima persona, l’autore si è immerso, raccogliendo testimonianze e leggende, nel “Sistema” (così, infatti, gli affiliati parlano della camorra, termine che invece nessuno di loro più usa), un'organizzazione poco conosciuta, creduta sconfitta e che nel silenzio è diventata potentissima superando Cosa Nostra per numero di affiliati e giro d'affari. La storia parte dalla guerra di Secondigliano, dall'ascesa del gruppo Di Lauro fino al conflitto interno che ha generato ottanta morti in poco più di un mese, svelando come, tra racket di quartiere e finanza internazionale, un’organizzazione criminale possa tenere in pugno un’intera regione, legando firme del lusso, narcotraffico, smaltimento dei rifiuti e mercato delle armi. Gomorra è un libro potente, appassionato e brutale che, raccontando la metamorfosi della camorra in comitato d’affari, afferra il lettore alla gola e lo trascina in un abisso dove nessuna immaginazione è in grado di arrivare.

Il giorno della civetta

Leonardo Sciascia

Leonardo Sciascia pubblicò questo romanzo nel 1961. Allora, nelle parole dell’autore stesso, «sulla mafia esistevano degli studi, studi molto interessanti, classici addirittura: esisteva una commedia di un autore siciliano che era un’apologia della mafia e nessuno che avesse messo l’accento su questo problema in un’opera narrativa di largo consumo». La stessa parola mafia era usata con tutte le cautele e quasi di malavoglia. Eppure noi sappiamo che proprio in quegli anni avveniva la radicale trasformazione che spostò la mafia dal mondo agrario a quello degli appalti, delle commesse e di altre realtà «cittadine», non più regionali ma nazionali e internazionali. Lo scrittore irrompe dunque in questa realtà come nominandola per la prima volta, e basta leggere la pagina iniziale del romanzo per capire che tale realtà finalmente cominciava a esistere nella stessa parola che la definiva. Sciascia sottopose il testo a un delicato lavoro di limatura, riducendolo ai tratti essenziali con l’arte del «cavare»: e, visto a distanza di anni, tale lavoro si rivela più che mai un’astuzia dell’arte. Qui infatti Sciascia ha scoperto, una volta per tutte, quel suo inconfondibile modo di narrare che non si concede ambagi e volute, ma fissa lo sguardo sempre e soltanto sulle nervature del significato, fossero anche in un minimo gesto o dettaglio. In questo senso, se Il giorno della civetta è diventato il romanzo più popolare di Sciascia, è anche perché lo rappresenta in una forma che, nel più piccolo spazio, raggiunge la massima densità.