Classici

Un antieroe in fuga (10/05/24)

Autore: Ernest Hemingway

Titolo: Addio alle armi

Editore: Mondadori, 2016 (prima ediz. in lingua originale: 1929)

Diversamente da quanto potrebbe sembrare leggendo il titolo, Addio alle armi non è solo un classico romanzo storico: penso che, ancor più della Prima guerra mondiale in sé, il vero protagonista di questa storia sia l’animo umano. 

Si tratta però di un animo diverso da quello eroico che Hemingway osannava in Per chi suona la campana, o di quello tenace ne Il vecchio e il mare: in questo caso, piuttosto, ci troviamo di fronte a un marcato anti-eroismo, tanto disperato e fuggiasco quanto indifferente e passivo verso la sua stessa sorte, e necessariamente estraniato dalla realtà.

L’autore ritorna ancora una volta sul tema dell’inevitabile destino dell’uomo, sconfitto già in partenza: una condanna segnata dalla mancanza di senso nelle cose e dalla non-reazione alle conseguenze di queste; la consapevolezza di un fallimento da cui è possibile distrarsi solo temporaneamente (grazie all’amore, per esempio), ma che non ammette alcuna soluzione finale, se non annegare nel vuoto.

Carolina Besurga 5LB

Un pescatore e la sua preda (o il suo fratello?) (18/12/23)

Autore: Ernest Hemingway

Titolo: Il vecchio e il mare

Editore: Mondadori, 2021 (prima ediz. in lingua originale: 1952)

Il vecchio e il mare è un romanzo semplice ma intenso, attraverso il quale Hemingway racconta l'impresa di Santiago, un pescatore ormai anziano e sfortunato: ambientata a Cuba, probabilmente intorno agli anni Cinquanta del Novecento, la storia procede con ritmo piuttosto incalzante, complici il lessico secco e antiretorico scelto dall'autore e una linea cronologica continua, interrotta solo da rarissimi flashback sulla vita del pescatore. 

Negli ultimi ottantaquattro giorni Santiago non è riuscito a pescare nulla: vive in solitudine e povertà in una capanna minuscola e scomoda e solo Manolo, il ragazzo cui ha insegnato a pescare anni prima, rappresenta una presenza costante al suo fianco, soprattutto quando Santiago decide di prendere il largo per tentare la fortuna e recuperare il suo orgoglio. Santiago posiziona le lenze e aspetta pazientemente, finché un grosso marlin abbocca al suo amo ed egli non può fare altro se non lasciarsi trascinare lentamente dal pesce e dalla corrente insieme alla sua barca, allontanandosi sempre più dalla costa. Inizia così la lotta tra il vecchio, carico di tutta la saggezza e la lucidità acquisite grazie all'esperienza, e questa imponente creatura marina tanto nobile ai suoi occhi: un viaggio che paradossalmente permetterà a Santiago di instaurare un rapporto molto profondo con la sua preda: una battaglia che egli ha intenzione di vincere, anche a costo della sua stessa vita.

Il testo è ricco di spunti riflessivi, ognuno dei quali sviluppato in più parti all'interno del romanzo: fin dalle prime pagine, emerge la solitudine di Santiago, colmata solo grazie alla vicinanza del ragazzo e appesantita ancora di più dalla sua mancanza quando il vecchio si trova, solo, in mare aperto, a scontrarsi con tutte le proprie forze con una preda tanto maestosa e ammirevole quanto pericolosa. Il pesce, nonostante ciò, diventa per il vecchio un vero e proprio compagno di viaggio, un fratello pacifico nella sua potenza da cui imparare, accomunato al pescatore proprio per il fatto di essere preda e cacciatore al contempo. A questo punto è chiara anche la tendenza interpretativa dell'autore rispetto alla complessa relazione tra uomo e natura: come evidenziato in alcuni tratti del testo, seppur indirettamente, i due protagonisti sembrano quasi fondersi a costituire un'unica identità, ed il legame che intrattengono è quasi simbiotico, per quanto sia inevitabilmente destinato ad un epilogo drammatico per una delle due parti o per entrambe.

Carolina Besurga 5LB

La guerra, la morte, l'amore (23/09/23)

Autore: Ernest Hemingway

Titolo: Per chi suona la campana

Editore: Mondadori, 2016 (prima ediz. in lingua originale: 1940)

Robert Jordan, volontario americano nell’esercito antifranchista nonché protagonista del romanzo, è incaricato di far saltare in aria un ponte in territorio nemico, nei pressi della città di Segovia, tra le colline castigliane. Per farlo, si guadagna la fiducia della “banda di Pablo”, un gruppo di partigiani repubblicani che lo aiuterà nell’impresa.

Tra una storia d’amore intensa che coinvolge il giovane soldato e la tragicità di una guerra cupa e ricca di tensione, l’autore ci accompagna per l’intera durata di questa avventurosa missione attraverso un racconto “vivo”, realistico e psicologicamente penetrante, ispirato alla sua esperienza come corrispondente di guerra in Spagna e caratterizzato dalla quotidiana e colorita voce di un popolo che si batte per la propria libertà, mentre lotta per sopravvivere.

Particolare rilievo è dato ai dialoghi interiori dei vari personaggi, e principalmente a quelli di Robert Jordan, che permettono all’autore di sviluppare il pungente tema della morte come un evento spiacevole ma da affrontare serenamente, e soprattutto di analizzare le personalità individuali dei protagonisti e di conoscere le paure più recondite e i dubbi più certi da cui ognuno di loro tenta di non lasciarsi sopraffare in un momento storico così complesso.

In sintesi, un romanzo completo con un inizio forse un po’ lento ma un epilogo reso drammaticamente coinvolgente grazie alle immagini suggestive che l’autore riesce a dipingere – anche solo con poche parole.

Carolina Besurga 5LB

Quello che serve per essere uomini (06/06/22)

Autore: Elio Vittorini

Titolo: Uomini e no

Editore:  Mondadori, 2016 (prima ediz. 1945)

Elio Vittorini racconta delle battaglie partigiane a Milano nel 1944 attraverso le vicende di Enne-2, capitano di un GAP, in un intrecciarsi di narrazione e dialogo con la sua coscienza, che riporta il personaggio a tempi più felici.

Durante l'organizzazione dei vari colpi, Enne-2 trova tempo per la sua vita sentimentale con Berta, ragazza già sposata ma per cui il partigiano prova un certa attrazione. L'ultimo atto eroico della sua esistenza si concretizza a casa sua, quando Enne-2 rinuncia alla fuga da Milano per salvarsi e affronta in prima persona il temuto fascista Cane Nero, anche se non conosciamo l'esito dell'azione, dato che Vittorini lascia un finale aperto.

Il tema principale dell'opera è l'opposizione tra partigiani e fascisti, ripresa anche dal titolo "Uomini e no", di facile interpretazione. Il testo, infatti, racconta di eventi tragici e brutali come le fucilazioni o la morte di un partigiano lasciato sbranare da un cane. Anche l'animale viene usato per il confronto con gli uomini, dato che Blut, cane del battaglione nazista, diventa amico di un partigiano, che cerca di portarlo via ai militari tedeschi, dato che ritiene questi ultimi ormai inferiori anche ai cani.

Luca Tanzi 5LB

La potente voce del passato (18/10/21)

Autore: Giovanni Verga

Titolo: I Malavoglia

Editore: Feltrinelli, 2014 (prima ediz.: 1881)

Il libro mi è piaciuto particolarmente, nonostante la storia narrata non sia certo molto felice. Ho apprezzato molto la descrizione del paesello, il linguaggio e le abitudini di quel tempo. Sono riuscito a immedesimarmi nei personaggi e a visualizzare nella mia mente tutti i luoghi descritti. Consiglierei questo libro a tutti coloro che vogliono rivivere la vita del passato.

Simone Gianotti 5LB

Poche regole, anzi nessuna (14/05/21)

Autore: Beppe Fenoglio

Titolo: La paga del sabato

Editore: Einaudi, 2014 (prima ediz.: 1969)

Il protagonista del libro è un giovane anticonformista, che non sopporta di avere dei capi e delle regole e cerca di realizzare i suoi ideali. Affronta qualche imprevisto, senza mai perdere il suo progetto di aprire una pompa di benzina.

Il finale lascia un po' insoddisfatti. Il racconto è comunque scorrevole e interessante.

Luca Tanzi 4LB

Umanità e dignità nell'orrore della guerra in Russia (17/04/21)

Autore: Mario Rigoni Stern

Titolo: Il sergente nella neve

Editore: Einaudi, 2015 (prima ediz.: 1953)

Il sergente nella neve è un romanzo autobiografico scritto da Mario Rigoni Stern, sergente dell’esercito italiano e protagonista del racconto stesso, pubblicato per la prima volta nel 1953. Il romanzo, suddiviso in sole due parti, “Il Caposaldo” e “La Sacca”, narra con gli occhi dei soldati italiani le esperienze vissute durante la Ritirata di Russia, nell’inverno del 1942.

Ne “Il Caposaldo” si racconta la vita degli alpini nell’accampamento sulla sponda del fiume Don, dove l’arrivo della posta, i pochi pasti diversi dalla solita polenta e qualche festeggiamento per Natale rappresentano gli unici momenti di gioia che i soldati italiani possono sperimentare. Dopo aver respinto alcuni attacchi sul fronte russo, l’esercito è costretto alla ritirata: gli uomini sono obbligati ad attraversare territori ostili e praterie innevate, alle quali non tutti sopravvivono. Tutto il percorso dei soldati per tornare in Patria viene racchiuso nella seconda parte, “La Sacca”, ed è presentato come la più grande sfida che il protagonista si sia mai trovato ad affrontare.

Il linguaggio della narrazione – semplice, diretto ed efficace – permette al lettore di entrare nei panni dei personaggi e percepire a pieno l’orrore e la sofferenza vissuti negli anni della guerra. Nonostante alcune immagini crude ed estremamente realistiche, dal racconto emergono in più occasioni atti di profonda umanità, sottolineati con grande chiarezza dall’autore.

La storia è commovente e toccante, e, senza troppi “giri di parole”, ci permette di entrare in una realtà che può solo essere immaginata e, per questo, risulta adatta ad un pubblico vastissimo, anche di giovanissimi. La lettura scorrevole e il profondo significato dell’opera fanno di questo romanzo uno dei migliori racconti degli anni della Seconda Guerra Mondiale.

“Vi era un bel sole: tutto era chiaro e trasparente, solo nel cuore degli uomini era buio. Buio come una notte di tempesta in un oceano di pece. Allora sentii un gran boato e tremare la terra sotto i piedi. La neve franava dalla trincea, aratri di fuoco solcavano il cielo sopra di noi e una colonna alta di fumo saliva dall’altra riva e oscurava il sole: vicino alla terra era gialla e più nera”

Filippo Clerici, Francesca Scarabottolo, Alessandro Cofrancesco, Raffaele Vivenzio 2LE


*

All’inizio eravamo scettici e abbiamo iniziato la lettura “piano piano”, pagina dopo pagina, finché il romanzo non ci ha davvero conquistati.

La trama è semplice e fa emergere la bellezza di una scrittura vera, senza troppi fronzoli. Il sergente nella neve si rivolge a tutti, da chi ha vissuto quella guerra fino a noi ragazzi di oggi. Leggendo il romanzo si percepisce la grande forza che l’uomo manifesta nei momenti più estremi, senza perdere la dignità e mostrando un forte attaccamento alla vita.

Riccardo Leone e Luca Cappelletti 2LE

 

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Con umiltà e lealtà, Mario Rigoni Stern – il Sergentmagiú – ci riporta ai tempi della Campagna di Russia, lasciandoci un ricordo che resterà a lungo nelle nostre menti.

Grazie a “Il caposaldo” – la prima delle due parti in cui è diviso il romanzo – possiamo rivivere alcuni dei momenti vissuti dagli alpini in quelle lunghe e fredde giornate passate in trincea. Con “La sacca”, invece, l’autore ci rende partecipi della faticosa ritirata compiuta dall’esercito italiano per tornare in patria.

In ogni pagina, Rigoni Stern riesce a trasmettere la quotidianità della vita nelle trincee, le usanze e le abitudini dei soldati, ma anche le paure e il terrore che affliggevano i loro animi. Lo scrittore riesce a rendere viva la nostalgia della “baita”, della sua casa, che però resta sempre desiderio irreale.

Questi ricordi così forti e intensi nel cuore dell’autore restano a noi come preziosa testimonianza dell’onore e dei sacrifici degli alpini. Forte è, dunque, il senso di empatia, umanità e “comunanza” suscitato nel lettore dalla semplicità e brevità del dettato: si tratta, in effetti, di un invito a riflettere sul senso della guerra, a partire dal ricordo di quel freddo russo in cui tanti soldati persero la vita e dalle intense emozioni che questo racconto suscita.

Paolo Bovo, Francesco Luraschi, Manuel Vecchi 2LE

L'edilizia come metafora del Boom (04/04/21)

Autore: Italo Calvino

Titolo: La speculazione edilizia

Editore: Einaudi, 2016 (prima ediz.: 1963)

Italo Calvino con questo romanzo ci permette di immergerci negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, anni di grandi cambiamenti e grande sviluppo economico per il nostro Paese, ma anche di storture e contraddizioni.

Il protagonista della storia è Quinto, un giovane intellettuale che, dopo aver combattuto la Resistenza e non riuscendo ad inserirsi nei meccanismi economici e culturali della “nuova” Ed, pensa di investire in un’impresa edilizia per la quale, però, non ha interesse né talento. Il ragazzo non prova vero interesse per nulla, non porta a termine alcun progetto o programma, rifiuta i legami sentimentali impegnativi: è un giovane uomo apatico, privo di passione, spesso triste. È un personaggio certamente realistico e, dunque, preziosa testimonianza storica di atteggiamenti e di umori di un’epoca.

Consiglierei a tutti la lettura di questo romanzo che, oltre ad essere molto breve, risulta fluido e scorrevole. Calvino ci permette, seppur indirettamente, di tornare in quegli anni che hanno trasformato l'Italia agricola e provinciale nel paese industrializzato che è oggi. Conoscere, analizzare il nostro passato oltre ad essere fonte di interesse è uno stimolo per guardare con occhi diversi il presente, il mondo in cui viviamo.

Alessandra Scarabottolo 5LB

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Quinto è il protagonista del racconto, un uomo sui 35 anni circa che possiede un carattere molto complesso se considerato nel suo intero, che si ripercuote su ogni sua decisione e modo di pensare. Una volta tornato nella sua città natale per fare visita a sua madre, lungo la Riviera Ligure, Quinto viene colto da un forte senso di sconforto nel vedere che il suo piccolo paesino (di cui Calvino ne censura il nome), una volta rigoglioso di vegetazione, ormai è stato totalmente assalito dalle imprese edili in cerca di terreni per costruire case e appartamenti destinati principalmente all'affitto.

Quinto e sua madre possiedono una bella villa sulla collina con tanto di giardino, in cui ella amava coltivare fiori di ogni tipo. Avendo una casa così grande, le spese erano davvero tante e come se non bastasse, in quel periodo le tasse aumentano in modo esponenziale. Nel frattempo Quinto non dispone di un lavoro stabile e non riesce a pagarle tutte. Analizzando la situazione dell'epoca, in cui molti immigrati riescono dal nulla a creare un vero e proprio impero edile, decide anche lui di cimentarsi dapprima con la vendita di una parte del terreno della villa. Successivamente, dopo aver trovato l'impresario interessato al suo appezzamento e dopo aver investigato su di lui, capisce che è l'uomo giusto con il quale intraprendere questa carriera e con cui collaborare, diventando ufficialmente soci in affari.

Una volta trovato il giusto compromesso, a Quinto pare tutto troppo semplice, infatti poco dopo si presentano i primi piccoli problemi che successivamente sfociano in guai davvero grossi, per i quali sia Quinto sia Caisotti, l'imprenditore, restano al verde, e non sanno fare altro se non farsi causa a vicenda. Alla fine i due raggiungono un accordo (senza andare in tribunale), per porre fine alla questione una volta per tutte. Quinto sa che accettandolo l'avrebbe data vinta all'imprenditore ma allo stesso tempo non vuole creare ancora più agitazione e scompiglio alla madre, ormai sfinita dalla situazione. Così decide di accettare. La storia si conclude con la triste immagine dei raggi solari che vengono lentamente portati via dall'innalzarsi del tetto della nuova casa.

Molto spesso è meglio tenere e custodire ciò che si ha dandogli il giusto valore e non farsi influenzare dal desiderio di avere molto di più, che ci impedisce di ragionare razionalmente e di agire secondo i nostri principi, a volte cacciandoci in situazioni molto più complicate di quello che sembrano se guardate da un punto di vista esterno.

Matteo Colombo 5LB

Essere amici nella Germania degli anni '30 (27/03/21)

Autore: Fred Uhlman 

Titolo: L'amico ritrovato

Editore: Feltrinelli, 2013 (prima ediz. in lingua orig.: 1971)

La vicenda narrata ha come sfondo la Stoccarda ad un passo dall’ascesa di Hitler nel febbraio del 1932. Tutto ha inizio con l’arrivo al Karl Alexander Gymnasium di un ragazzo di nome Konradin von Hohnfels. Konradin colpisce tutti i compagni di classe. Konradin colpisce Hans, il protagonista della storia. Konradin è un ragazzo diverso dagli altri, speciale, appartiene a una delle più antiche famiglie della Germania e tutti cercano di attirare la sua attenzione, in modo molto esplicito e diretto. Hans invece, con riservatezza, cerca di trovare tra di loro delle affinità: è così che per la prima volta i due ragazzi si rivolgono la parola, grazie a una collezione di monete cui Hans è molto legato.

Lentamente, in maniera onesta e incondizionata, i due liceali cominciano a frequentarsi, e fra loro nasce una profonda amicizia, che segnerà irreversibilmente le loro vite

Dopo qualche tempo, Hans cerca di rafforzare ulteriormente il loro rapporto invitando Konradin a casa. Finalmente, poi, Konradin ricambia l’invito accogliendo a casa sua Hans, ma lo fa in assenza dei genitori: la madre di Konradin è una fervente sostenitrice dell’ideologia nazista e non vuole che suo figlio trascorra del tempo con Hans, che è di origine ebrea. Hans si rende conto di tale realtà quando gli capita di incontrare Konradin assieme ai genitori in uno spettacolo teatrale, durante il quale il suo amico lo ignora.

L’amicizia tra Konradin e Hans viene compromessa poiché la madre di Konradin fa di tutto per interrompere la loro relazione. Hans è costretto a fuggire negli Stati Uniti senza i genitori e poi scoprirà che si sono suicidati all’interno della loro città. Konradin sembra sempre più vicino all’ideologia nazista ma…

Il tema principale del racconto è quello dell'amicizia tra l'autore del romanzo e il compagno di classe e ha come scenario gli anni Trenta del Novecento, in cui si affermano in Germania gli ideali nazionalsocialisti.

Questo libro è molto bello e interessante, perché a vincere su tutto è sempre l'amicizia, soprattutto tra due ragazzini di estrazione sociale molto diversa. Un romanzo dedicato alla Shoah, ma diverso dagli altri che potete avere letto finora. Questo libro viene letto nelle scuole da tanti anni ma ha sempre un suo perché.

Edoardo Colzani 1LC

Un uomo normale e la sua vita turbolenta (21/03/21)

Autore: Lucio Mastronardi

Titolo: Il maestro di Vigevano 

Editore: Einaudi, 2016 (prima ediz.: 1962)

Ho apprezzato il testo che racconta la vita del tipico lavoratore medio tra lavoro, famiglia e svaghi vari con gli amici e colleghi. Il libro si legge senza troppa fatica: infatti la trama non è affatto noiosa, dato che viene arricchita con i pensieri del protagonista, ma soprattutto dalle decisioni più sofferte con relative preoccupazioni e ansie. L'autore riesce quasi a eroicizzare la persona comune e così facendo rende il lettore in grado di immedesimarsi nel personaggio così da tenerlo incollato alle pagine per scoprire cosa succederà dopo.

Luca Tanzi 4LB

Alla ricerca di Giorgio (per amore di Fulvia) (13/03/21)

Autore: Beppe Fenoglio

Titolo: Una questione privata

Editore: Einaudi, 2014 (prima ediz.: 1963)

Ci troviamo nella città di Alba e dintorni, nel novembre del 1944. Milton è un giovane studente universitario (in seguito anche partigiano), e inizia a frequentare la Villa di Fulvia a causa del suo amico Giorgio. Milton si innamora di Fulvia e inizia a scriverle lettere, credendo di essere anche ricambiato di quel profondo affetto. Quando l'anziana governante gli rivela che in realtà Fulvia e Giorgio avevano una storia, Milton parte alla ricerca del suo compagno che scopre essere stato catturato dalla milizia fascista e il libro stesso ruota intorno ai viaggi di Milton per trovare il suo amico-rivale e portarlo in salvo.

Personalmente ho trovato il libro molto interessante perché lo sfondo della guerra rende ancora più intrigante ed emozionante la sventurata storia di un amore perduto. Come già suggerisce il titolo, il romanzo ruota attorno alla volontà di Milton di ritrovare Giorgio, portando il lettore e Milton stesso a domandarsi se lo scopo del protagonista sia quello di salvare l'amico o quello di ricevere spiegazioni. È a tutti gli effetti una questione privata, non militare.

È una storia interessante, una lettura leggera, che però ha dei tratti talvolta tragici, come il momento della fucilazione di Riccio, che ci fanno capire come, meno di un centinaio di anni fa, anche ragazzini di quattordici anni fossero pronti a morire per per i loro ideali. Non possiamo ignorare le nostre questioni private, perché le motivazioni che partono dentro di noi sono sempre più forti di quelle che ci vengono imposte.

Arianna Stringari 5LA

La denuncia maschile di una società maschilista (06/03/21)

Autore: Daniel Defoe

Titolo: Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders

Editore: Feltrinelli, 2017 (prima ediz. in lingua orig.: 1722)

Con uno degli incipit letterari più famosi di sempre, il palcoscenico si apre illuminando la protagonista che, raccontando in prima persona tutte le sue fortunate e sfortunate vicende, non potrà fare altro se non farci rimanere con il fiato sospeso fino alla sua ultima pagina.

Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders è un avvincente romanzo autobiografico che vede come protagonista una fanciulla, la cui identità è celata dietro allo pseudonimo di "Moll Flanders”. Il lettore la accompagnerà attraverso tutta la sua vita riportata nei minimi dettagli, a partire dalla sua giovinezza fino ad arrivare, dopo non poche miserie e vizi, ad una completa maturità e consapevolezza.

Uno degli aspetti sicuramente più interessanti del romanzo è il suo scopo didattico, il quale viene esplicitato formalmente più volte dall’autore. Egli infatti, sempre per bocca della molteplice vedova Flanders, esorta il lettore a fare i suoi ragionamenti sulle vicende che accadono alla protagonista, dalle quali poi dovrà trarne le sue conclusioni.

Inoltre, gettando qua e là nel testo degli avvertimenti anticipatori, Defoe incollerà letteralmente alle pagine del libro il lettore, il quale non può fare altro che sperare in una fine fortunata in vista di tutte le sfortune che Moll Flanders si trova ad affrontare, un po’ per destino, un po’ per abiezione.

Un altro elemento molto importante è che, nonostante appaia chiaro che il tema del libro sia la condizione penosa e dipendente della donna durante il XVIII secolo, il suo autore sia proprio un uomo. Insomma: la denuncia di una società nella quale la donna non era affatto considerata (se non era cospicuo il suo patrimonio), società nella quale il matrimonio era solo un mezzo per raggiungere uno stato sociale (prive di quest'ultimo, non vi era altra possibilità di vivere per le donne se non quella di rubare o prostituirsi), nonché una potentissima rivolta nei confronti della supremazia patriarcale. Tanto più perché pronunciata da un uomo!

Non posso qui far altro che mettere in guardia le donne dal collocarsi al di sotto del normale stato di moglie, che è già di per sé, mi si consenta di ammetterlo, piuttosto basso; in guardia, voglio dire, dal collocarsi al di sotto del proprio stato e preparare le future umiliazioni accettando in anticipo di essere offese dagli uomini, cosa di cui confesso non ne vedo la necessità”.                      

Moll Flanders è uno di quei romanzi che, appena finito di leggere, procurano uno straziante e al tempo stesso delizioso sentimento di perdita verso un’amicizia. Attraverso la rappresentazione delle fragilità di una donna tremendamente umana, il libro merita di essere letto, non solo perché la sua scrittura è una potente denuncia e rappresentazione della realtà miserevole del Settecento, ma perché si preannuncia essere un romanzo estremamente moderno rispetto all’emancipazione femminile. Ma la cosa ancora più bella è che, come già detto,  sia proprio un uomo a scrivere queste pagine: Defoe, con il suo romanzo, sembra scoccare un dardo infiammato, che ancora oggi continua ad ardere.

Giorgia Toppi 5LB

La colpevole rinuncia al pensiero critico (27/02/21)

Autore: Hanna Arendt

Titolo: La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme

Edizione: Feltrinelli, 2019 (prima ediz. in lingua orig.: 1963)

Hanna Arendt, inviata del «New Yorker» ad assistere al processo di Gerusalemme (1960), descrive nel suo capolavoro politico-filosofico La banalità del male la mentalità controversa di Adolf Eichmann, il caporale responsabile del complesso e efficientissimo sistema ferroviario di deportazione, nonché ideatore della “soluzione finale”. Hanna nel suo libro mira a mettere in luce le contraddizioni che hanno caratterizzato il regime hitleriano, con lo scopo di capire realmente quale fosse il ruolo effettivo di Eichmann. L’Obersturmbannführer infatti dichiara di essere stato uno zelante e scrupoloso impiegato alla servitù del Reich, il cui solo compito era quello di “obbedire agli ordini”. Poco importava se quell’ordine andava contro la stessa umanità. In caso di dissenso, ci sarebbe stata la morte.

Un ordine è pur sempre un odine, e in quanto tale va rispettato. Ecco qui il crimine più grande contro l’umanità, la rinuncia a pensare con la testa propria. È stato proprio questo rifiuto della facoltà critica che ha avvelenato non solo i tenenti e i sottotenenti, ma anche tutta le persone che passivamente hanno contribuito ad alimentare il grande fuoco Nazista. È stata proprio questa decadènce della mente che ha determinato lo sterminio fisico di ebrei, polacchi, omosessuali, disertori, nemici. È stato proprio questo grande crimine contro la facoltà critica individuale lo strumento più potente nelle mani del Reich, attraverso il quale è riuscito a controllare milioni di uccisioni e violenze. Ma ancora peggio, è riuscito a controllare le menti degli uomini, facendogli perdere ogni cognizione di ciò che è male e ciò che è bene, riducendo le azioni a ordini inconfutabili. Ed è proprio qua che il male radicale si trasforma in male banale, perché agito inconsapevolmente. E per questo, più pericoloso.

Una delle questioni centrali che Hanna solleva e contro la quale inevitabilmente anche il lettore si troverà a scontrarsi è, appunto, il male nella sua banalità. Eichmann più volte si dichiara non colpevole con la scusante di “avere solo obbedito a degli ordini” imposti dai suoi superiori. A tale proposito, come confermato da Hanna, è necessario tenere conto di due questioni fondamentali. In Germania vigeva un regime rigido e autoritario anche prima dell’ascesa di Hitler, la cui voce era ritenuta regola indiscussa e indiscutibile. Era dunque cosa scontata per un tedesco obbedire a occhi chiusi ad un obbligo imposto dallo Stato. Questo sentimento di obbedienza era profondamente radicalizzato nella mente di tutte le persone, tanto più in quelle dei gerarchi nazisti e dei loro subordinati.

La seconda questione, più delicata, che dev’essere presa in considerazione per avere una visuale più completa senza diventare una scusante, è la profonda spaccatura che caratterizzava il tortuoso rapporto tra gli ebrei tedeschi e il resto del popolo di Germania (i cosiddetti "ariani"). Gli ebrei, ancora prima della presa di potere del regime nazista, non erano considerati alla pari dei tedeschi – condizione ricorrente in molte altre nazioni Europee. Per questo motivo, quando negli anni Trenta vennero promulgate le leggi antisemite, non ci fu nessuno scandalo né alcuna protesta, proprio perché questa scissione insanabile trovava terreno fertile già da molti anni. 

La questione dunque è questa: è corretto punire con la morte l’SS-Obersturmbannführer, il cui ruolo è stato decisivo nella grande macchina di deportazione del Reich, ma il cui valore in realtà non sfiora nemmeno lontanamente la potenza deliberativa degli altri gerarchi nazisti? Perché, come sottolinea Hanna più volte, in realtà Eichmann appare come una persona “ridicola” e “incapace”, in quanto ottusa e poco sveglia. Sarà proprio questa la domanda che solleverà un profondo scandalo al momento della pubblicazione del libro, alimentando un polverone di indignazione e di critiche. E proprio per questo, appare necessario rifletterci.

Giorgia Toppi 5LB

Un libro per anime romantiche (20/02/21)

Autore: Jane Austen

Titolo: Orgoglio e Pregiudizio

Editore: Feltrinelli, 2013 (prima edizione in lingua orig.: 1813)

Il romanzo di Jane Austen è ambientato nell’Inghilterra dell’800 e narra la storia di un giovane ricco e di buona famiglia, Charles Bingley, che affitta una tenuta nell’Hertfordshire, provocando scompiglio e disaccordi fra le ragazze del paese che vedono in lui un ottimo partito. Bingley organizza un ballo a Netherfield durante il quale si innamora della primogenita della famiglia Bennet, Jane. Il suo amico Fitz-William Darcy disprezza sia Elizabeth, la secondogenita, che tutta la famiglia. Per questo motivo Darcy, vedendo l'amico destinato ad un matrimonio privo di prestigio, cerca di fargli cambiare idea: è determinato a fare ciò, ma al secondo ballo del mese si innamorerà di Elizabeth e la loro storia d’amore tormentata rappresenterà il fulcro di tutto il romanzo.

 

A fare da sfondo è la società inglese dell’800 che l’autrice descrive in maniera dettagliata ed elegante.

Consiglio il libro a tutti coloro che amano leggere storie d’amore... senza tempo. 

Margherita Manieri 4LA

Albino e la fabbrica-prigione (13/02/21)

Autore: Paolo Volponi

Titolo: Memoriale

Editore: Einaudi, 2014 (prima ediz.: 1962)

Memoriale di Volponi è un libro ambientato negli Anni Quaranta del secolo scorso, che ha come protagonista un uomo di nome Albino Saluggia. Saluggia è un ex soldato imprigionato in un campo di concentramento e successivamente liberato. Tornato a casa da sua madre riesce a trovare lavoro in una fabbrica, dove spera di ricominciare la sua vita nel modo migliore.

Inizialmente Albino è spensierato, ma a seguito di una visita in infermeria e di una diagnosi di tubercolosi, la sua vita viene stravolta. Infatti il nostro protagonista afferma di essere in buona salute e sostiene che i dottori abbiano falsificato la sua cartella per impedirgli di lavorare. Ovviamente nessuno lo prende sul serio e qui inizia il suo tracollo emotivo in fabbrica. Albino Saluggia è un uomo con grandi difficoltà a relazionarsi con le altre persone ed è sempre tormentato da ciò che lui chiama “i suoi mali”, i quali non solo fisici, ma anche mentali.

Questo libro è una critica alla vita in fabbrica, nella direzione di far capire al lettore quanto essa possa essere stressante e difficile. In conclusione, credo che la storia abbia una narrazione scorrevole, ma che la lettura sia impegnativa per gli argomenti trattati. Ciò non esclude che Memoriale sia comunque un ottimo libro.

Simone Gianotti 4LB

Una storia mozzafiato (06/02/21)

Autore: Agatha Christie

Titolo: Dieci piccoli indiani

Editore: Mondadori, 2020 (prima ediz. inglese: 1939)

Dieci piccoli indiani è un giallo scritto da Agatha Christie. Le caratteristiche principali del libro sono il continuo mistero e l’intreccio (all’apparenza inspiegabile) degli eventi. I personaggi sono dieci persone che non si conoscono, invitati da una persona sconosciuta su un’isola, Nigger Island. La situazione sull’isola già dalla prima sera si complica con un omicidio. La cosa più bella del libro è la capacità dell’autrice di rendere la storia sempre più complicata, fino ad arrivare al culmine delle ultime pagine che, alla conclusione, lasciano esterrefatti i lettori.

Lo consiglio principalmente agli amanti del mistero e dei romanzi gialli di qualsiasi età.

Michela Frigerio 4LA

Pompieri che appiccano gli incendi (23/01/21)

Autore: Ray Bradbury

Titolo: Fahrenheit 451

Editore: Mondadori, 2016 (prima ediz. 1953)

Ultimamente mi ha interessato parecchio parecchio la distopia: un bel libro di questo genere narrativo è appunto Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, che racconta di una società futura in cui una dittatura totalitaria impedisce il possesso dei libri e la loro lettura. Il titolo corrisponde alla temperatura in cui la carta prende fuoco. Nel mondo immaginato dall'autore i pompieri, invece di spegnere gli incendi, sono incaricati di dare fuoco alle biblioteche e ai libri.

Matteo Maggioni 5LA

La mafia e chi la combatte (16/01/21)

Autore: Leonardo Sciascia

Titolo: Il giorno della civetta

Editore: Adelphi, 2002 (prima ediz.: 1961)

Un romanzo semplice e veloce da leggere, ma allo stesso tempo interessante, perché descrive la pericolosità della mafia nel nostro Paese, in particolare nelle regioni del sud, e la forza che alcune persone tutt'oggi impiegano per reprimere la criminalità organizzata o quantomeno contenerla, a volte anche a danno proprio,

Matteo Colombo 5LB

Questo è un uomo? (09/01/21)

Autore: Primo Levi

Titolo: Se questo è un uomo

Editore: Einaudi, 2014 (prima ediz.: 1947)

Il libro narra la storia dell'autore, ebreo e partigiano, che viene catturato dai fascisti il 13 dicembre 1943 e portato nel campo di internamento di Fossoli (Modena), dove gli viene annunciato che sarà deportato con gli altri ebrei verso una destinazione ignota. Partono su un treno e affrontano uno scomodo viaggio di quindici giorni. Il tragico approdo è quello di Auschwitz. Nel campo i deportati vengono rasati e lavati; gli viene fatta indossare la divisa a righe dei prigionieri e gli viene tatuato il numero, avviando il processo di spersonalizzazione. Gli viene detto che si trovano in un campo di lavoro. Successivamente Levi inizia ad affrontare i problemi derivanti dalla convivenza di tante persone nel campo: la mescolanza di molte lingue, la confusione nel momento dei pasti, i problemi igienici. Iniziano, insieme agli altri, gli strazianti turni di lavoro. Levi racconta di come l'esperienza fosse distruttiva.

I temi trattati in questo libro sono quelli della guerra, dell'insofferenza umana che ha caratterizzato gli anni della seconda guerra mondiale. Una storia forte, che fa riflettere, che ci catapulta in un mondo a noi fortunatamente estraneo. È importante conoscere queste vicende, sensibilizzare la gente: i fatti narrati sono strazianti, i soldati tedeschi cinici, insensibili, e le persone deportate fragili, deboli, messe letteralmente a nudo davanti al mondo, derise e sfruttate. Basti pensare che i deboli venivano uccisi, le donne i bambini uccisi, i vecchi uccisi. Le uccisioni, la morte erano l'unica costante nella vita di quelle persone.

Un libro che ci illustra in modo perfetto la situazione degli ebrei degli anni '40, un libro che fa riflettere sulla condizione umana. Il titolo è spiegato benissimo dalla poesia all'inizio del libro: prestiamo attenzione, leggiamola correttamente, perchè quelle parole sono devastanti:

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case,

Voi che tovate tornando a sera

Il cibo caldo e visi amici:

 

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce pace

Che lotta per mezzo pane

Che muore per un sì o per un no.

Considerate se questa è una donna,

Senza capelli e senza nome

Senza più forza di ricordare

Vuoti gli occhi e freddo il grembo

Come una rana d'inverno [...]

Arianna Stringari 5LA

*

Primo Levi pubblicò Se questo è un uomo nel 1947, reduce da Auschwitz.

Già nel titolo è posto l’accento sulla privata dignità e sull'abiezione dell’umanità di fronte allo sterminio di massa. L’opera è testimonianza sconvolgente sull’inferno del lager, dove l’uomo è umiliato e degradato. Come afferma l’autore, il libro è stato scritto per “soddisfare il bisogno di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi”. Il linguaggio è semplice e comunicativo, di chi vuole trasmettere una testimonianza per non dimenticare, senza abbandono emotivo.

È una lettura coinvolgente, una straordinaria opera che trasmette quanto vissuto all’interno del campo. 

Sofia Spanò 5LA

Pazzia, sogno, realtà (02/01/21)

Autore: John Steinbeck

Titolo: Uomini e Topi

Editore: Bompiani, 2016 (prima ediz. italiana: 1938)

Una lama affilata ma tagliente, che lacera il cuore in silenzio. Indisturbata, senza che tu te ne accorga, in un batter d’occhio scopri un segno che prima non c’era. Questo è uno di quei libri che lascia il segno, forse uno squarcio, e tu non puoi far niente per contrastare la ferita. Ti avvolge, come la notte, come il silenzio, come l’abito stretto della solitudine. La paura del buio ti sussurra all’orecchio. E tu ti senti solo, naufrago alla ricerca di una terra su cui approdare. Una terra che sia “per sempre”, ma che ogni volta, come un miraggio, più ti avvicini, più essa si allontana, fino a dissolversi.

Ma l’uomo è così, vuole sentirsi libero, indipendente. Vorrebbe lasciare il lavoro quando più gli piace, senza dar conto a nessuno. Vorrebbe essere lui stesso il proprietario della propria vita. Mentre la sua voglia di cambiamento e le sue aspirazioni sono illimitate, dei soldi non si può dire altrettanto. Sono un peso, i soldi, che l’uomo vorrebbe supportare come si trasporta un sacco d’avena, ma sono un fardello che oscurano il futuro, fino a lacerarlo. Un futuro di incertezze, di desiderio di miglioramento che si vanifica nel momento in cui viene a contatto con la dura realtà dei fatti. Allora all’uomo non rimane altro che sperperare la sua piccola paga in un bordello o in un bicchiere di whisky il sabato sera, perché, in fondo in fondo, sa che non raggiungerà mai l’agognata libertà.

L’unico uomo che crede fermamente nel sogno di avere un casolare tutto per sé, con qualche acro dove poter allevale maiali, polli e conigli, è una persona con un deficit mentale: un pazzo. È pazzo non solo per la sua malattia, ma è pazzo perché nel romanzo è l’unico personaggio che crede veramente al suo sogno, talmente tanto da volerlo continuamente sentire ripetuto:

“I tipi come noi, che lavorano nei ranch, sono le persone più sole al mondo. Non hanno famiglia, non appartengono a nessun posto. Arrivano in un ranch e mettono insieme un gruzzolo, e puoi star certo che la prima cosa che fanno è mettersi a sgobbare in un altro ranch. Non hanno niente a cui aspirare […] per noi non è così, noi abbiamo un divenire […] per noi invece è diverso.” “E perché? Perché io ho te che mi stai dietro, e tu hai me per stare dietro a te, ecco perché”. “Un giorno… un giorno metteremo insieme dei soldi e avremo una casetta e un paio di acri con una mucca e qualche maiale e…”. “E vivremo dei frutti della terra! E avremo dei conigli. Va’ avanti George! Di che ci sarà nell’orto, e nelle gabbie dei conigli, e della pioggia l’inverno, e della stufa, e di quanto è spessa la panna sul latte che a malapena si può tagliare. Dillo, George!”. “… Avremo un grande orto e qualche capanno per i conigli e per i polli. E quando d’inverno piove manderemo al diavolo il lavoro e accenderemo un bel fuoco nella stufa e staremo lì seduti ad ascoltare la pioggia che cade sul tetto…”.

Miseria dell’animo umano, che si compiace nella finzione e nell’inganno. Si affida alla speranza e alla libertà di un futuro che sperpera con le proprie mani, invece che costruirlo con costanza, perché in fondo, nemmeno lui ci crede sul serio. I suoi sogni vengono schiacciati dalla società egoista, dai soldi manipolatori. Svaniscono. Si dissolvono in una notte pronti a far di nuovo da traino il giorno dopo all’animo stanco dell’uomo, illudendolo. Ultime briciole di speranze che muoiono con un colpo di pistola.

Giorgia Toppi 5LB

Giacomo e le sue stagioni (26/12/20)

Autore: Mario Rigoni Stern

Titolo: Le stagioni di Giacomo

Editore: Einaudi, 1995

Un libro che descrive perfettamente la vita impegnativa del primo dopoguerra, sia dal punto di vista degli avvenimenti storici, sia per quanto riguarda la vita privata e i pensieri della popolazione contadina di montagna. Un testo da cui si può facilmente capire quanto siamo fortunati a vivere in un'epoca come la nostra.

Luca Tanzi 4LB

Amare il lavoro, amare la vita (19/12/20)

Autore: Primo Levi

Titolo: La chiave a stella

Editore: Einaudi, 1978

Levi si trova in una fabbrica russa per questioni di lavoro quando incontra Tino Faussone, un montatore torinese, lì per le sue stesse ragioni. Tra un bicchiere di vino e l’altro, Faussone racconta a Levi le mille avventure lavorative che l’hanno portato a girare il mondo montando tralicci, innalzando derrick e serrando bulloni, sempre con la sua chiave a stella in mano.

Quello che emerge dalla penna ironica di Levi è la vita appassionata di un montatore, di primo impatto monotono e poco espressivo nel raccontare, ma che svelerà in ogni viaggio una parte nascosta del suo carattere. Il filone portante di tutta la sua vita è l’amore per il suo lavoro, amore che – scrive Levi- “costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è la verità che non molti conoscono.”

Faussone è serio e poco espressivo, ma in realtà i suoi racconti giungono al lettore con un velo di ironia e un grande coinvolgimento. È lo stesso Levi che calca questa ironia per fare emergere i luoghi comuni e gli stereotipi della società industriale, molti dei quali è lo stesso Faussone ad abbattere e smentire. Infatti, è proprio Faussone che con il suo stesso delineare abbatte le tipiche convenzioni che gravano sulla figura del collaudatore, dell’ingegnere e del montatore specializzato, raccontando le sue vicende in modo serio e conciso, sulle quali al lettore risulterà impossibile non riderci sopra, perché nascondono un fondo di verità. In questo senso, Faussone rappresenta la mentalità arcaica delle vecchie generazioni dell’epoca industriale, forse ancora oggi non del tutto sorpassata.

Un altro aspetto molto interessante emerge dalla personalità di Faussone. Il montatore, a discapito del volere delle zie, non ha dimora fissa, né moglie e né tantomeno una famiglia. Egli stesso è consapevole del fatto che a causa della sua natura da vagabondo sempre in cerca di nuove avventure, con la chiave a stella in mano come fosse la spada dei cavalieri d’un tempo, non potrà accasarsi. Faussone dunque rinuncia alla comodità e alla stabilità della vita famigliare, lo fa perché non potrebbe sopportare la perdita di ciò che costituisce il grande amore della sua vita: il suo lavoro. Dalla sua personalità indipendente e a tratti controversa, emerge un grande senso di libertà verso gli obblighi di una società che quasi per regola impone all’individuo di crearsi una famiglia. Ma se la creazione di questa stabilità si scontra con il desiderio - in questo caso lavorativo -  del singolo individuo? È qui che Faussone abbatte un muro, quello della costrizione, e innalza il lavoro al suo più alto grado di libertà e indipendenza.

La domanda centrale del racconto è: lavorare per vivere o vivere per lavorare? Faussone vive per lavorare, perché ama il suo lavoro. Così facendo, ama la vita.  

“… perché sa, se io faccio questo mestiere di girare per tutti i cantieri, le fabbriche e i porti del mondo, non è mica per caso, è perché ho voluto. Tutti i ragazzi si sognano di andare nella giungla o nei deserti o in Malesia, e me lo sono sognato anch’io; solo che a me i sogni piace farli venire veri, se no rimangono come una malattia che uno se la porta appresso per tutta la vita, o come la farlecca di un’operazione, che tutte le volte che viene umido torna a fare male. C’erano due maniere: aspettare di diventare ricco e poi fare il turista, oppure fare il montatore. Io ho fatto il montatore.”

Giorgia Toppi 5LB