Curiosità

In riferimento alla pagina 188 del volume V:


Alla fine del 1959, Vasilij Semenovič Grossman, aveva praticamente terminato di scrivere il suo monumentale “Vita e destino”, decidendo di affidarne la pubblicazione alla rivista Znamija, diretta dallo scrittore Vadim Mikhailovič Koževnikov. Il 19 dicembre 1960, il comitato editoriale della rivista riunitosi appositamente, decise di sospendere la pubblicazione dell’opera, (Grossman aveva già ricevuto un anticipo di ben 14.587 rubli, ndc) perchè: “…storicamente non obiettiva e ostile all’ideologia sovietica in quanto appare netta la condanna del bolscevismo e così chiaramente viene espresso il dubbio che fra lo stato hitleriano e quello sovietico vi siano fin troppe somiglianze…”

Alle 11:40 del 14 febbraio 1961, due agenti del KGB si presentarono all’appartamento dello scrittore sulla Begovaja, per sequestrare tutte le trascrizioni dattiloscritte del romanzo, preoccupandosi di portar via anche le bozze dei capitoli non inclusi, i manoscritti, i fogli di carta carbone impiegati per produrre le copie e i nastri della macchina da scrivere usati per la stesura dell'opera.

Esiliato in patria come altri scrittori “sospetti”, il 23 febbraio 1962, Grossman scriverà una lettera a Kruščev: "Ho riflettuto molto sulla catastrofe che è accaduta nella mia vita di scrittore, sul tragico destino del mio libro ... Il mio non è un libro politico, ho parlato del popolo, della sua sofferenza, della sua gioia, della sua delusione, della morte, ho espresso amore e compassione per la gente..." La risposta di Kruščev non arriverà mai.

Grossman verrà poi convocato dal Segretario del Comitato Centrale del Partito, Mikhail Andrjevič Suslov, strenuo difensore dell’ideologia sovietica: “Il suo romanzo è un libro politico ... è ostile non solo al popolo e allo Stato, ma a tutti coloro che combattono per il comunismo fuori dall'Unione Sovietica, a tutti i lavoratori progressisti nei paesi capitalisti, a tutti coloro che lottano per la pace. Perché mai alle bombe atomiche dei nostri nemici dovremmo aggiungere il suo libro? La sua opera corre il rischio di non vedere la luce prima di due o trecento anni…le auguro il meglio!” Grossman morirà nella notte tra il 14 e il 15 settembre del 1964, senza conoscere il destino della sua opera.

Nell’autunno del 1960, pochi mesi prima dell’irruzione del KGB, come se fosse stato colto da un oscuro presagio, Grossman si era recato dal suo amico e poeta Semen Izrailevič Lipkin, con una copia dattiloscritta del romanzo, per avere un parere sulle possibilità di pubblicazione. Lipkin intuì che un lavoro come “Vita e destino” avrebbe difficilmente, superato indenne, le taglienti cesoie della censura dell’epoca: il romanzo andava preservato e l’unico modo era quello di custodirlo in luoghi lontani dalle implacabili spire della polizia segreta. Infatti, dopo la morte dello scrittore, Lipkin, ingaggerà una rischiosissima corsa sia contro il tempo che contro le autorità sovietiche, riuscendo a trasferire clandestinamente la copia in suo possesso, oltre la “Cortina di ferro”.

Il poeta consegnerà il documento all’illustre scienziato Andrej Dmitrjevič Sakarov (Premio Nobel per la Pace nel 1975, ndc) che con la moglie, Elena Georgjevna Bonner, si farà carico di un lavoro dalla difficoltà ciclopica: fotografare ogni singola pagina del dattiloscritto per ricavarne due microfilm. Un laboratorio artigianale con tanto di camera oscura per lo sviluppo delle istantanee, venne allestito nel bagno della casa moscovita del fisico nucleare. I microfilm verranno consegnati allo scrittore dissidente Vladimir Nikolaevič Vojnovič che, nel 1978, riuscirà ad eludere i controlli doganali nascondendo entrambe le bobine in una scatola di fiammiferi. Giunto a Parigi, le affiderà al filologo dissidente Efim Grigorijevič Etkind, esiliato dall’Unione Sovietica nel 1974, per aver sostenuto un altro esiliato eccellente, Aleksandr Isaevič Solženicyn.

In Francia, nessuno vorrà pubblicare l’ennesimo “…romanzo di guerra” e, quindi, le bobine finiranno in Svizzera, a Losanna, nelle mani dell’editore serbo Vladimir Dmitrjevič, anch’esso esiliato come dissidente politico dalla Jugoslavia di Tito. Fondatore della casa editrice Editions l'Age d'Homme, si immergerà totalmente in un faticosissimo e certosino lavoro di decifrazione dei fotogrammi, pubblicando per la prima volta il romanzo, nel 1980. La prima edizione, presentava purtroppo molte lacune: diversi problemi erano sorti nella trascrizione, a causa della pessima qualità dei microfilm, oltre ad alcune parti mancanti.

Le autorità sovietiche lo scopriranno, con ovvio stupore, sugli espositori del “Frankfurter Buchmesse” (Fiera del libro di Francoforte sul Meno) del 1984…

Ljudmila Vjačeslavovna Loboda, figlia dello scrittore dissidente Vjačeslav Ivanovič, in un’intervista del febbraio 2006 rilasciata alla “Pagina memoriale di Anatolij Jacobson”, racconta: “Mio padre era amico di Vasilij Grossman. Insieme avevano studiato al ginnasio di Kiev prima di trasferirsi a Mosca dove continuarono gli studi all’Università. Avevano affittato una stanza insieme […] prima che “Vita e destino” venisse sequestrato, Vasilij Semenovič consegnò una copia del libro a mio padre, che venne nascosta nella nostra casa nella regione di Kaluga (a Malojaroslavec’, ndc) […] Lipkin aveva una copia dattilografata priva di commenti e a mio padre aveva dato una bozza dell'intero manoscritto con una dedica alla madre e tutte le correzioni autografe […] Sakarov realizzò un microfilm con la copia dattilografata che venne poi trasferita all’estero da Vladimir Vojnovič..."

Lo scrittore, poeta e compositore Yulij Čersanovič Kim, amico della famiglia Loboda, in un’interista rilasciata all’etnografa Galina Ivanovna Grišina racconta: “Nell'autunno del 1960, Grossman, prima che gli venisse sequestrato, mise in tre cartelle di colore marrone chiaro una copia dattiloscritta del romanzo "Vita e destino" per farlo custodire al suo amico Semen Lipkin. Un'altra copia con le ultime correzioni dello scrittore, andò ad un'altra persona a lui vicina, Vjačeslav Loboda […] insieme avevano studiato all’Università di Mosca, condividendo una stanza di otto metri quadrati sulla Kozinskij Pereulok […] Da quando il manoscritto era entrato in casa, Vera Ivanovna (Loboda) viveva sempre in allarme e spostava le cartelle da un posto all’altro, prima sottoterra, poi sotto al letto, poi ancora in un armadio. Un giorno Vera vide un poliziotto che si stava avvicinando verso casa: disse a sua figlia (Ljudmila) di trattenerlo all’ingresso il più possibile, in modo che lei avrebbe potuto nascondere le preziose cartelle nel granaio […] Un giorno, (Vjačeslav) rientrò a casa, si distese sul divano e disse – E’ tutto finito! – Grossman era morto. Lipkin decise di rivolgersi allo scrittore Vladimir Vojnovič, che in quei tempi aveva già pubblicato libri all’estero. Lipkin conservò la copia nel soppalco della sua casa in Armenia. Sua moglie, la poetessa Inna Lisnjanskaja, ha ricordato come una volta, prese le cartelle dalla “Casa dei Fedeli” (l’appartamento di Sakarov e Bonner, ndc) le mise nella borsa della spesa e viaggiò in taxi fino alla casa di Vojnovič, con il terrore che avrebbero potuto fermare l’auto e portar via i dattiloscritti…”

Quando Loboda perderà la vita in un incidente stradale nel 1980, sarà la moglie, Vera Ivanovna Lobodova, a nascondere la copia nella cantina della propria casa : "Alla fine degli anni '80, Il figlio di Grossman, Fedor, giunse a Malojaroslavec'. La madre, Olga Mikhailovna , aveva scritto su un foglietto il luogo in cui era stato conservato il manoscritto [...] anche noi eravamo alla ricerca delle cartelle da molto tempo [...] dalla stanza accanto, dove Fedor stava cercando il manoscritto, si udì un grido. Quando ci siamo precipitati lì lo abbiamo visto esibirsi in una danza selvaggia, tirando su le ginocchia e agitando le braccia: aveva trovato tutto quello che cercava!" Il manoscritto verrà trasferito a Mosca (Gorbačev aveva istituito la glasnost, ndc) e sottoposto a perizia grafologica per stabilirne l'autenticità: tutte le parti mancanti verranno aggiunte e la seconda edizione, riveduta e corretta, verrà stampata e pubblicata in Unione Sovietica nel 1989.


In riferimento alla pagina 399 del volume VI:


Secondo quanto riportato dal sito abruckner.com, la versione della VII Sinfonia di Anton Bruckner, mandata in onda dalla "RRG - Reichs-Rundfunk-Gesellschaft" (Società Emittente del Reich), la sera del 1° maggio 1945 ed interrotta da Richard Baier, per dare la notizia della morte di Hitler, potrebbe essere una “Registrazione Telefunken” diretta da Wilhelm Furtwängler con la Berliner Philarmoniker; una esecuzione di Karl Böhm del 1943 con la Wiener Philarmoniker o l’orchestra della Dresden Staatskapelle; una versione diretta da Georg-Ludwig Jochum, (fratello del più famoso Eugen, ndc) registrata dalla RRG con la Reichs Bruckner Orchestra di Linz, nel giugno del 1944.

In riferimento alla pagina 68 del volume I:


Il “Trattato di Rapallo”, che stabiliva la ripresa di negoziazioni economiche e militari tra la Repubblica di Weimar e l’Unione Sovietica, entrambe perdenti nella Prima Guerra Mondiale, fu sottoscritto e firmato sul retro di un menu del Grand Hotel di Genova, il 27 aprile del 1922. Nello specifico, per la cena di quel giorno, vennero servite le seguenti pietanze: caviale del Volga, antipasti vari, consommè con parmigiano, filetti di sogliola normanna, vitello con nocciole, salsa d’asparagi olandese, polletti allo spiedo, insalatina, pasticcini moscoviti, caffè e liquori. La carta dei vini offriva il tedesco Niersteiner, il francese Mouton Rothschild (attualmente una bottiglia può superare anche i 2.000 euro, ndc) e lo champagne Mumm Cordon Rouge.

Per disegnare le divise della Wehrmacht, venne scomodato nientemeno che lo stilista Hugo Boss. La famosa casa di moda, la Hugo Boss Aktiengesellschaft era stata fondata nel 1924 a Metzingen, cittadina della regione meridionale di Baden-Württemberg e nel 1933, poco dopo l'adesione allo NSDAP del fondatore, ottenne l'incarico di realizzare e fornire le uniformi dell'esercito e dei reparti speciali delle SA, SS e Hitlerjugend. Disponendo di soli 300 dipendenti, per garantire la produzione dell'alto numero di esemplari richiesti, vennero impiegati in lavori forzati diversi detenuti politici, provenienti dagli stati occupati.

Il geniale compositore sovietico Sergej Sergeevič Prokofiev, morì lo stesso giorno di Stalin, il 5 marzo 1953. La sua salma, per tre giorni, non potè essere trasferita presso la sede della “Sojuz Kompozitorov CCCP” (Unione dei Compositori dell’Unione Sovietica), a causa dell’enorme folla (oltre un milione di persone), riversatasi nella Piazza Rossa per i funerali del dittatore. La Pravda si “accorgerà” della morte del musicista una settimana dopo.

Il celebre violoncellista e direttore d’orchestra Mstislav Leopol'dovič Rostropovič, presente alle esequie, rammenta: “Presenziarono poche persone (circa una quarantina, ndc). La morte di Stalin catturò l’attenzione, volontaria o forzata, di tutti e, per questo motivo, non si trovarono nemmeno dei fiori freschi da deporre sul feretro. Dei comuni amici si riunirono segretamente per costruirne alcuni di carta. Il corteo funebre si mosse disordinatamente. Fu posto un grammofono sopra la bara di Prokofiev che suonava il movimento della morte di Romeo e Giulietta da lui composto. A un tratto il grammofono scivolò a terra gracchiando le ultime note. Questo rese il clima delle esequie di quel genio immenso ancor più triste e paradossale. Non lo dimenticherò mai!”

In riferimento alla pagina 696 del volume II


Il celebre "Km 41" è il punto preciso in cui il 90% delle forze tedesche guidate dal generale Richard Ruoff , furono fermate nella marcia verso Mosca. Ma dov'è, esattamente il Km 41? Andate sul sito Google Maps ed eseguite il seguente percorso: ricercate "Mosca" - "Piazza Rossa" e all'apparizione di quest'ultima, cliccate sul riquadro, in basso a sinistra dello schermo, e passate alla visualizzazione in modalità "Satellite".

Cliccate, nella colonna a sinistra su "Indicazioni stradali" ed immettete nella casella di destinazione la "Leningradskoje Šosse" (può apparire anche come Leningradsky Avenue). Infine cliccate sulla modalità di percorrenza "A piedi". Vedrete che, dalla Piazza Rossa, il percorso avanza in alto a sinistra sulla "Tverskaja" oltrepassa la stazione ferroviaria "Belorusskaja" e procede lungo la superstrada che conduce all'aeroporto di Šeremet'evo.

Cliccate sul cursore che indica il punto di arrivo e trascinatelo lungo l'arteria: appare un riquadro bianco in cui è indicata la distanza dalla Piazza Rossa. All'altezza del quartiere "Sokol" noterete un bivio (a 10, 6 km circa), da dove parte la "Volokolamskoje Šosse", che si allunga verso ovest. Proseguite sulla Leningradskaja verso nord-ovest, sempre trascinando il cursore. Per assicurarvi che il percorso sia quello giusto, a circa 15 km, sulla destra, incontrerete il "Vodn'y Stadion", a 22, 3 km lo snodo con la "E105" e a 26 km, sulla sinistra, un magazzino "IKEA".

Fermatevi. Ingrandite sulla mappa, con lo scroll del vostro mouse e noterete, sulla sinistra, un monumento: il "Protivotankov'e Eži" (indicato anche come Anti-urchins monument). A quest'altezza, nel 1941, le leonesse delle Narodnoe Opolčenie, avevano piazzato parte dei 240 km di ostacoli anticarro e filo spinato, per arginare un'eventuale incursione dei corazzati tedeschi. Sapendo come andò a finire, potete proseguire...

Riprendete il cursore e trascinatelo sempre verso nord-ovest. Tra gli altri punti di riferimento, a 30 km, sulla destra, una rimessa di mezzi pesanti denominata "Tandem Trek", lo snodo con la "Šeremet'evskoje Šosse" a 32, 5 km e così via fino a 41, 7 km, all'altezza dello snodo con la "Panfilovskij Prospekt": è qui, dove sorge il monumento "Rubež 1941 Goda" (La svolta del 1941), che l'Armata Rossa fermò per la prima volta l'esercito di Hitler...

In riferimento alla pagina 423 del volume VI:


La celebre foto scattata da Evgenij Anan'evič Khaldej, simbolo della vittoria dell'Unione Sovietica sul III Reich è "falsa" o meglio, molto ben elaborata e ritoccata. Diversamente da quanto indicato dalla propaganda dell'epoca, l'immagine venne immortalata due giorni dopo l'effettiva presa del Reichstag, avvenuta alle 22:40 del 30 aprile 1945. Tutti i drappi rossi esposti alla sommità dell'edificio, erano stati rimossi da alcuni resistenti tedeschi nascostivi all'interno: con lo sgombero totale della struttura, avvenuto all'alba del 2 maggio, si potè finalmente imprimere la storia su celluloide.

Successivamente, Khaldej rientrò a Mosca per consegnare gli scatti (36 in totale, ndc) ad Aleksej Aleksandrovič Surkov, il redattore capo della rivista sociopolitica illustrata Ogonek'. Surkov si accorse però di un dettaglio compromettente che non poteva essere trascurato: sui polsi del sergente Abdulkhakim Isakovič Ismailov, colui che regge il soldato con la bandiera, il sergente Aleksej Leont'jevič Kovalev, c'era un orologio di troppo, probabile provento di sciacallaggio. Khaldej dovette rimediare servendosi di un comunissimo ago: agendo direttamente sul negativo, graffiò fino ad eliminarlo l'orologio allacciato al polso destro del sergente Ismailov.

Ciò non bastò a soddisfare la famelica macchina della propaganda sovietica: l'impresa andava enfatizzata e la foto doveva necessariamente affascinare, avvincere, suggestionare chiunque l'avesse ammirata, a partire da Stalin...

Per rendere più drammatica la scena, si fece in modo che il cielo apparisse plumbeo, come se si fosse appena consumata l'ennesima battaglia: le colonne di fumo nero e intenso visibili sullo sfondo, vennero così abilmente "ricalcate" da un'altra foto. Un altro dettaglio che avrebbe sicuramente generato un bell'effetto, quello di un'imponente bandiera sovietica che sventolasse trionfalmente sulle macerie di una Berlino appena conquistata. Quella mattina, però, Khaldej dovette adeguarsi a quanto offerto dalle condizioni meteorologiche di certo sfavorevoli: non c'era un filo di vento neanche a pagarlo.

Anche in questo caso il solerte fotografo interverrà risolutivamente, "gonfiando" il drappo rosso con un efficace lavoro sui negativi. La foto verrà pubblicata su Ogonek' il 13 maggio 1945 e parte di questa storia è raccontata nelle sequenze iniziali del film Child 44, diretto nel 2015 da Daniel Espinosa.