Oltre

Le altre province

SALERNO

Salerno si affaccia sul golfo omonimo del mar Tirreno. Fu fondata dai Romani nel 197 a.C. Nel corso dei secoli subì molte dominazioni e raggiunse un periodo di grande splendore con i Normanni che vi fondarono la Scuola Medica, la più antica e la più famosa d’Italia e d’Europa che fu aperta fino al 1812. Il castello prende il nome dal duca longobardo Arechi che lo rafforzò. Si trova a 300 m sul livello del mare con vista su Salerno.

IL DUOMO DI AMALFI.docx
LE MERAVIGLIE DI PAESTUM

CASERTA

La città di Caserta ha origini antiche, è costituita da due parti distinte: Caserta Vecchia e Caserta Nuova.

Caserta Vecchia è un borgo medievale dove si trovano una chiesa gotica dell’Annunziata e il Duomo. Caserta Nuova invece si è sviluppata intorno alla Reggia di Caserta.

LA REGGIA DI CASERTA



La Reggia di Caserta è uno storico palazzo reale voluto da Carlo VII di Borbone, re di Napoli e di Sicilia. Il progetto della sua costruzione fu affidata all’architetto Luigi Vanvitelli, al quale poi succedette il figlio Carlo Vanvitelli. I lavori iniziarono nel 1752 e terminarono un secolo dopo.

La reggia ha 1200 stanze e circa 2000 finestre, vi sono quattro cortili che sono larghi come piazze.



Il parco della reggia è molto esteso. E’ ricco di fontane e cascate alimentate da un apposito acquedotto. Le vasche sono piene di pesci e di piante acquatiche. Vi sono inoltre i giardini all’italiana e all’inglese.



La reggia di Caserta e il parco sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO


La leggenda della strega

della Reggia di Caserta


La Reggia di Caserta è il simbolo della città che ospita uno dei monumenti più belli ed importanti del Mezzogiorno Italiano. Una piccola grotta, tuttora presente nel suo parco, sarebbe stata la residenza di una strega.

La leggenda racconta dell’amore tra il giovane principe Andrea e la sua amata, la bellissima Rosella. La giovane, di umili origini, era figlia di un pescatore napoletano. Nonostante la differenza di ceto, i due ragazzi si amavano profondamente ed erano pronti a sposarsi.

Alcune aristocratiche che non vedevano di buon occhio questo matrimonio lo osteggiarono. Fu così che le nobildonne si recarono da una strega la quale diede loro una rosa avvelenata che avrebbe ucciso la giovane.

Il giorno delle nozze le donne portarono la rosa in dono all’ignara Rosella la quale, pochi attimi prima di percorrere la navata, decise di annusarla. Le aspettative delle nobildonne vennero, però, tradite in quanto Rosella non morì ma si tramutò in una vecchia dall’aspetto orribile.

Presa dal panico la sposa si recò da una megera del beneventano che le disse che solo il bacio di un principe avrebbe avuto il potere di spezzare il terribile sortilegio. Certa del bacio di Andrea, Rosella fece ritorno al palazzo ma non venne riconosciuta dal suo promesso sposo che, anzi, l’accusò del rapimento della ragazza e pertanto venne esiliata in una grotta, oggi racchiusa nel parco della Reggia di Caserta.

Andrea organizzò una spedizione che lo portò fino ai confini del suo regno per cercare di ritrovare la sua amata. Dopo tre anni di sforzi vani morì a causa della disperazione.

A distanza di molto tempo da questi eventi il frastuono di una battuta di caccia interruppe il silenzioso esilio di Rosella. Un cacciatore in particolare s’imbatté nella grotta nella quale la donna era stata relegata. Si trattava di Ulrico, principe austriaco, che colpì a tal punto Rosella con la sua gentilezza che ella gli regalò un ramo di pungitopo da appendere al petto come portafortuna.

Durante la battuta di caccia il re stava per essere caricato da un cinghiale infuriato. D’istinto Ulrico si frappose tra l’animale e il monarca rimanendo ucciso. Rosella urlò per la disperazione. Fu così che i presenti la notarono e, ritenendola responsabile dell’accaduto, venne condannata a morte.

Espresse come ultimo desiderio quello di vedere un’ultima volta Ulrico, mentre accarezzava il corpo del principe, la donna si punse col rametto che il nobile portava all’occhiello della giacca. Una goccia del suo sangue cadde, così, sulla bocca di Ulrico il quale si risvegliò miracolosamente.

Il principe apprese l’accaduto e chiese di restare da solo con la vecchia ed istintivamente decise di baciarla. Non appena le labbra dei due si sfiorarono, Ulrico venne travolto da una grande luce dalla quale emerse una giovane e bellissima ragazza: il maleficio era stato spezzato e Rosella aveva riacquistato le sue originali sembianze.

Dopo pochi giorni i due si sposarono e partirono per un viaggio di nozze che, secondo alcuni, dura ancora oggi. Malgrado una lunga attesa e non poche sofferenze Rosella aveva ottenuto il suo lieto fine.



Avellino

i

La città che si trova nel cuore dell'Irpinia, subì molte dominazioni: Longobardi, Bizantini e Normanni. Nel centro storico si trovano il Duomo, la Torre dell'Orologio e la Fontana dei Tre Cannoli


Benevento

Il suo nome in origine era Maleventum, il suo nome fu cambiato poi dai Romani in Beneventum. Famosi sono il teatro e l'Arco di Traiano

Teatro romano


di Avellino


Chiesa di Santa Sofia


LA LEGGENDA DELLE STREGHE DI BENEVENTO

Le streghe di Benevento sono delle donne con poteri magici che nel dialetto beneventano vengono chiamate Janare. Il nome Janara deriva da Dianara, sacerdotessa di Diana. Questa leggenda nacque quando Benevento fu occupata dai Longobardi che pur essendosi convertiti al cristianesimo non avevano del tutto rinunciato alla loro religione pagana. Iniziarono a svolgere dei riti, vicino ad un albero di noce nei pressi del fiume Sabato, intorno al quale giravano cavalcando dei cavalli freneticamente. Al noce veniva appeso un caprone che veniva colpito con delle lance. Il rito veniva praticato in presenza delle loro donne e veniva accompagnato dalle loro urla. I cristiani di Benevento collegarono queste urla alla figura mitologica delle streghe e il caprone per loro era il simbolo del diavolo. Le streghe si recavano a Benevento volando con la loro scopa e recitavano una cantilena per volare:”‘Nguento ‘nguento, mànname a lu noce ‘e Bieneviente, sott’ lll’acqua e sott’ o viento, sotto a ogne maletiempo”. Si dice che durante la notte le Janare andassero nelle stalle dei contadini per rubare un cavallo per cavalcarlo tutta la notte. Un segno della loro presenza al mattino, era il cavallo con la criniera intrecciata oppure sudato o morto di fatica avendo corso molto. Per non far entrare le streghe nella propria casa, gli abitanti di Benevento mettevano del sale o dei manici di scopa poichè la Janara avrebbe resistito a contare i fili presenti nella scopa oppure i chicchi di sale. Per catturare una strega, bastava tirarla per i capelli. Lei poteva fare una domanda: “ Che tie’ ‘n man’?”(Cosa hai tra le mani?) alla quale era necessario rispondere: “ Fierr’ e acciaj”(Ferro e acciaio). Nel caso si fosse risposto: “Capelli” la strega avrebbe detto: “E ij me ne sciulio comm’ n’anguill’”(E io me ne scivolo via come un’anguilla) e la strega sarebbe riuscita a liberarsi. Nel caso, invece, si fosse stato in grado di catturarne una, avrebbe dato protezione sulla famiglia per sette generazioni in cambio di libertà.