La piramide alimentare è un grafico ideato nel 1992 che illustra i consigli per un’ alimentazione completa ed equilibrata.
La piramide è divisa in orizzontale, in diversi settori: ciascuno contiene vari tipi di alimenti e la dimensione del settore indica la frequenza/quantità con cui dovrebbero essere consumati per un'alimentazione completa ed equilibrata.
Alla base della piramide ci sono i cibi da consumare con maggiore frequenza e in quantità maggiore, al vertice della piramide quelli da assumere con moderazione.
In questa puntata di "Questione di stili" di Ulss 9 Scagliera Channel impariamo a leggere la piramide alimentare e a capire con quale frequenza possiamo consumare i vari tipi di alimenti.
È molto importante conoscere ciò che si mangia, quindi iniziamo a leggere le etichette degli alimenti, non limitandoci all'apporto calorico ma anche al contenuto in grassi, carboidrati, zuccheri, proteine e soprattutto additivi di vario genere.
L’olio di palma deriva delle palme da olio, è l’olio vegetale più consumato sulla Terra. In genere viene utilizzato come alternativa economica al burro o agli oli vegetali idrogenati che si trovano in alimenti come cioccolato e pane confezionato, viene utilizzato dalle aziende per la produzione di cosmetici, detergenti e industriali.
Le foreste pluviali vengono distrutte per dare spazio alle piantagioni di palma da cui si ricava l’olio di palma. Gli alberi delle foreste assorbono le emissioni di CO2 (diossido di carbonio), quando le piante vengono bruciate il diossido di carbonio si libera e alimenta ancora di più il fuoco creando incendi enormi che uccidono tutte le specie animali. I cosiddetti oli tropicali, come olio di palma e olio di cocco, sono molto ricchi di grassi saturi, che fanno aumentare la produzione di colesterolo LDL (il cosiddetto colesterolo cattivo) e quindi sono correlati all’insorgenza di malattie cardiovascolari
Quasi l’80% dell’habitat degli oranghi è scomparso negli ultimi due decenni. E ora oltre il 50% degli oranghi vive in foreste non protette gestite da compagnie di olio di palma, legname e miniere. L’olio di palma è la principale causa di estinzione per la specie di oranghi in pericolo. Più di 6.000 di queste grandi scimmie muoiono ogni anno. Considerate che secondo il WWF in tutto il mondo sono rimaste circa 120.000 speci.
Gli incendi nella foresta pluviale amazzonica sono destinati agli allevamenti e all'industria della carne, come ad esempio lo spazio per pascoli e per la coltivazione di soia che si verrà trasformata in mangime per polli, maiali e pesci.
Possiamo aiutare tutti a mettere fine alla deforestazione minando riducendo il consumo di carne derivati.
A luglio del 2024 la foresta amazzonica brasiliana ha registrato un drammatico aumento della deforestazione e dei focolai di incendio, secondo i nuovi dati pubblicati dall’Istituto Nazionale di Ricerca Spaziale brasiliano (INPE).Sono stati registrati 666 km² di deforestazione (una superficie pari a quasi sette volte l’estensione della città di Milano), con un incremento del 33,2% rispetto a luglio 2023. Inoltre, è stato rilevato il numero più alto di focolai di incendio per il mese di luglio dal 2005, anno in cui la regione subì incendi record.Rispetto a luglio 2023, i focolai sono aumentati del 98%. Questi dati sono un campanello d’allarme perché l’Amazzonia è nella sua stagione secca e si prevede un altro periodo di siccità estrema, simile a quello dello scorso anno.
Le mucche sono la principale fonte di produzione di metano in Europa, il gas che aumenta drasticamente l’effetto serra e contribuisce a surriscaldare la Terra. Il settore dell’allevamento di bestiame produce più gas serra (18%) rispetto al sistema mondiale dei trasporti (14%). Per cui, se da una parte l’industria dei bovini contribuisce a garantire carne e latticini per una popolazione mondiale che nel 2050 sarà di 10 miliardi di persone, dall’altro preoccupa il suo impatto sulla crisi climatica.
Gli allevamenti intensivi comportano una produzione delle emissioni totali di gas serra del 14,5%, utilizzano il 20% delle terre come pascolo e si usa il 40% dei terreni coltivati per produrre mangime. A questo poi, ovviamente, dobbiamo aggiungere anche il consumo di acqua quotidiano per gli animali. In media, secondo uno studio del WWF, una vacca in un solo giorno rilascia nell’aria tra i 300 e i 500 litri di metano a causa dei microrganismi coinvolti nei processi digestivi tipici dei ruminanti.