"Metodologie didattiche innovative a confronto!
Un insegnante di scuola al passo con i tempi, deve possedere tra le sue competenze, una approfondita conoscenza di metodologie didattiche innovative. Avere l’opportunità di poter scegliere oltre l’insegnamento frontale. Adattare il suo metodo di insegnamento in base alle peculiarità degli studenti. Promuovendone l’apprendimento, la motivazione e le competenze sociali.
La tecnologia può essere, quindi, una risorsa educativa con un evidente significato didattico e la scuola non può perdere le svariate occasioni offerte dall’uso delle TIC e deve imparare a vivere con il digitale, a capirlo, studiarlo ... proponendo dei modelli per un uso “maturo” delle tecnologie, con obiettivi didattici ben specifici e con regole altrettanto specifiche. Pertanto servono insegnanti creativi e pieni di risorse, capaci di progettare ambienti di apprendimento flessibili che soddisfino la variabilità degli studenti, usando una gamma di soluzioni tecnologiche e non come strumenti e non come fini. Le strategie didattiche che consentono di creare ambienti dinamici e inclusivi con il digitale si fondano generalmente sul costruttivismo, una scuola di pensiero che parte da una visione attiva dell’essere umano che, quando apprende, non riceve solamente una serie di informazioni da tradurre in risposte, ma co-costruisce il proprio sapere, tramite attività generalmente in collaborazione con altri e sempre dipendente da un determinato contesto. Anche se per alcuni studenti con difficoltà o disturbi di apprendimento l’uso di tecnologie di supporto è essenziale per un accesso fisico e sensoriale di base agli ambienti d’apprendimento, le tecnologie digitali devono entrare in classe per tutti, in quanto potenziano le abilità e le competenze di tutti gli studenti e promuovono, inseriti all’interno di didattiche inclusive e cooperative, un vero successo formativo. Occorre, quindi, organizzare ambienti di apprendimento inclusivi, che permettano a tutti gli studenti non solo di migliorare abilità e competenze in campo digitale, ma anche di raggiungere obiettivi educativi personalizzati: ambienti laboratoriali, collaborativi, socializzanti, in cui gli studenti possano lavorare insieme, imparando anche un uso critico e consapevole delle tecnologie. Per rendere la didattica inclusiva, occorre superare la lezione frontale (che favorisce gli alunni più dotati, ma non garantisce l’apprendimento di tutti) e non limitarsi a trasmettere semplicemente concetti a studenti che ascoltano o prendono appunti. Molto efficaci sono le metodologie e le strategie didattiche in cui il docente svolge le funzioni di guida, regista, mediatore, consulente … (e non semplicemente di dispensatore di saperi) ... e gli allievi diventano parte attiva del proprio processo di apprendimento. Esempi di queste nuove metodologie e strategie didattiche attive sono:
1. Flipped classroom (la classe capovolta)
2. Cooperative learning
3. la peer education
4. Lo Storytelling e il Digital Storytelling
5. Il Debate
6. Il Project Based Learning e il Problem Based Learning
7. Il Phenomenon Based Learning
Analizziamo le metodologie che i docenti della nostra scuola dovranno attivare nelle proprie classi di insegnamento e per le proprie discipline
"Flipped Classroom"
"Con Flipped Classroom si intende una modalità di insegnamento supportata dalla tecnologia e dai contenuti digitali. La particolarità? L’inversione dei tempi e delle modalità della scuola tradizionale".
Letteralmente “classe capovolta”, con Flipped Classroom si intende un approccio metodologico che inverte il tradizionale ciclo di apprendimento fatto di lezioni frontali, studio individuale a casa e verifiche in classe.
Di fatto la Flipped Classroom si compone di due momenti chiave:
Ogni studente apprende in maniera autonoma, supportato dall’utilizzo di strumenti multimediali
La classe si riunisce a scuola e l’insegnante organizza una lezione orientata alla messa in pratica delle conoscenze che gli studenti hanno appreso in autonomia.
L’idea che sta alla base di questa modalità, quindi, è che la lezione diventa compito a casa, mentre il tempo in aula è dedicato ad attività collaborative, esperienze, laboratori e dibattiti.
Gli studenti diventano protagonisti responsabili del proprio successo formativo, mentre l’insegnante assume il ruolo di guida nel loro percorso educativo.
Perchè fare Flipped classroom?
L’inversione dei tempi, ma in parte anche dei ruoli, della scuola tradizionale permette agli alunni di crescere sotto il punto di vista della maturazione personale. È stato dimostrato che utilizzando questa metodologia, i ragazzi sviluppano comportamenti adattivi e, allo stesso tempo, migliorano la capacità di gestire la propria emotività nei momenti di maggiore stress psicologico.
In particolare:
Ottimizza il tempo in aula e migliora la qualità delle interazioni educative
Sviluppa nello studente la capacità dell’apprendimento autonomo
Mette al centro dell’apprendimento lo studente, coinvolto in prima persona nel suo percorso educativo e consapevole degli obiettivi da raggiungere
Stimola lo sviluppo delle competenze digitali e la collaborazione con gli altri
Lo svolgimento dei compiti in classe permette all’insegnante di scattare una fotografia precisa delle difficoltà degli studenti e dei diversi stili di apprendimento
Nessun docente inizierebbe mai l’anno scolastico senza aver prima pensato in che modo strutturare gli argomenti previsti dal programma.
Allo stesso identico modo, prima di strutturare il progetto per la didattica digitale è fondamentale avere ben chiari quali sono gli obiettivi che gli studenti dovranno aver raggiunto al termine del programma.
Solo dopo aver elaborato un pensiero basato sui nostri studenti e deciso con che modalità agire, è possibile iniziare a creare i contenuti.
Le fasi principali di un progetto di Flipped Classroom si possono dividere in:
1. Momento preparatorio
L’insegnante individua, o crea ex novo, le risorse multimediali relative all’argomento da affrontare, le condivide con gli studenti e assegna i compiti da svolgere.
2. Momento operatvo
Gli studenti si dedicano al momento di studio individuale: ciò non si limita allo studio dei materiali, ma implica anche la creazione di elaborati da presentare in aula, a dimostrazione di cosa e quanto hanno appreso.
L’ideale sarebbe che ogni studente decidesse da solo lo strumento attraverso il quale dimostrare il proprio livello di apprendimento tra quelli della narrazione digitale (video, mappe concettuali, slideshow ecc).
3. Momento ristrutturativo e conclusivo
L’insegnante valuta gli elaborati degli studenti e individua quali concetti sono stati assimilati meglio e quali, invece, hanno bisogno di essere ripetuti o approfonditi. L’obiettivo principale dev’essere sempre quello di promuovere l’interiorizzazione dei concetti e rendere l’apprendimento efficace.
"Cooperative learning o apprendimento cooperativo"
Il Cooperative Learning costituisce una specifica metodologia di insegnamento attraverso la quale gli studenti apprendono in piccoli gruppi, aiutandosi reciprocamente e sentendosi corresponsabili del reciproco percorso.
L’insegnante assume un ruolo di facilitatore ed organizzatore delle attività, strutturando “ambienti di apprendimento” in cui gli studenti, favoriti da un clima relazionale positivo, trasformano ogni attività di apprendimento in un processo di “problem solving di gruppo”, conseguendo obiettivi la cui realizzazione richiede il contributo personale di tutti.
Tali obiettivi possono essere conseguiti se all’interno dei piccoli gruppi di apprendimento gli studenti sviluppano determinate abilità e competenze sociali, intese come un insieme di “abilità interpersonali e di piccolo gruppo indispensabili per sviluppare e mantenere un livello di cooperazione qualitativamente alto”
Il Cooperative Learning è un metodo didattico in cui gli studenti lavorano insieme in piccoli gruppi per raggiungere obiettivi comuni, cercando di migliorare reciprocamente il loro apprendimento. Tale metodo si distingue sia dall’apprendimento competitivo che dall’apprendimento individualistico e, a differenza di questi, si presta ad essere applicato ad ogni compito, ad ogni materia, ad ogni curricolo.
Il lavoro di gruppo non è una novità nella scuola, ma la ricerca dimostra che gli studenti possono anche lavorare insieme senza trarne profitto.
Può infatti accadere che essi operino insieme, ma non abbiano alcun interesse o soddisfazione nel farlo.
Nei gruppi di apprendimento cooperativo, invece, gli studenti si dedicano con piacere all’attività comune, sono protagonisti di tutte le fasi del loro lavoro, dalla pianificazione alla valutazione, mentre l’insegnante è soprattutto un facilitatore e un organizzatore dell’attività di apprendimento.
Quali vantaggi presenta?
Rispetto ad un’impostazione del lavoro tradizionale, la ricerca mostra che il Cooperative Learning presenta di solito questi vantaggi:
Migliori risultati degli studenti: tutti gli studenti lavorano più a lungo sul compito e con risultati migliori, migliorando la motivazione intrinseca e sviluppando maggiori capacità di ragionamento e di pensiero critico;
Relazioni più positive tra gli studenti: gli studenti sono coscienti dell’importanza dell’apporto di ciascuno al lavoro comune e sviluppano pertanto il rispetto reciproco e lo spirito di squadra;
Maggiore benessere psicologico: gli studenti sviluppano un maggiore senso di autoefficacia e di autostima, sopportano meglio le difficoltà e lo stress.
Che cosa rende efficace la Cooperazione?
I cinque elementi che rendono efficace la cooperazione sono:
L’interdipendenza positiva, per cui gli studenti si impegnano per migliorare il rendimento di ciascun membro del gruppo, non essendo possibile il successo individuale senza il successo collettivo;
La responsabilità individuale e di gruppo: il gruppo è responsabile del raggiungimento dei suoi obiettivi ed ogni membro è responsabile del suo contributo;
L’interazione costruttiva: gli studenti devono relazionarsi in maniera diretta per lavorare, promuovendo e sostenendo gli sforzi di ciascuno e lodandosi a vicenda per i successi ottenuti;
L’attuazione di abilità sociali specifiche e necessarie nei rapporti interpersonali all’interno del piccolo gruppo: gli studenti si impegnano nei vari ruoli richiesti dal lavoro e nella creazione di un clima di collaborazione e fiducia reciproca. Particolare importanza rivestono le competenze di gestione dei conflitti, più in generale si parlerà di competenze sociali, che devono essere oggetto di insegnamento specifico;
La valutazione di gruppo: il gruppo valuta i propri risultati e il proprio modo di lavorare e si pone degli obiettivi di miglioramento.
L'efficacia della metodologia cooperativa è data inoltre dal supporto di alcuni comportamenti e valori specifici.
All'interno di questo quadro generale, le diverse interpretazioni del principio di interdipendenza e delle variabili più significative nell'apprendimento (interazione, motivazione all'apprendimento, compito e ruolo dell'insegnante) hanno originato lo sviluppo di diverse correnti o modalità di Cooperative Learning.
Attualmente i maggiori gruppi di ricerca sul Cooperative Learning sono quelli di D. Johnson e R. Johnson alla University of Minnesota di Minneapolis, quello di R. Slavin alla Johnns Hopkins University di Baltimora e quello di S. Sharan alla Tel Aviv University di Tel Aviv.
Alcuni aspetti del Cooperative Learning sono ancora oggetto di discussione e di approfondimento:
la situazione dei più dotati,
l'inserimento di alunni con handicap grave,
le modalità in relazione a specifici obiettivi trasversali,
la possibilità di sviluppare questo metodo combinandolo con altri e con l'uso delle nuove tecnologie.
"Lo Storytelling"
Lo Storytelling (story “storia”e tell “raccontare”) è l’arte del raccontare storie con obiettivi precisi: comunicare, persuadere, documentare, meta riflettere. Qui vogliamo parlare di Digital Storytelling, dove la narrazione viene effettuata con strumenti digitali e ciò permette di integrare e arricchire la comunicazione con immagini, suoni, movimento. Con il Digital Storytelling si possono realizzare “prodotti digitali” come: fumetti, slideshow, eBook ,cartoon, video e narrazioni nei social. Per quanto riguarda i dispositivi tecnologici, non servono strumentazioni specialistiche per realizzare un digital storytelling: è sufficiente lavorare in assetto BYOD (Bring Your Own Device= porta il tuo device), cioè con i propri smartphone, tablet, notebook, netbook, ma serve comunque una buona padronanza tecnica dei diversi strumenti digitali.
Precisi i ruoli di docenti e studenti.
Il docente è un “esperto” che deve guidare i suoi studenti a raggiungere gli obiettivi, ma anche a scegliere e a usare in modo competente gli strumenti tecnologici necessari alla realizzazione del prodotto digitale.
Gli studenti devono progettare e collaborare per la costruzione di manufatti digitali collettivi.
Un’esperienza di Digital Storytelling stimola molto la creatività e l’ immaginazione dei ragazzi, per non parlare di una maggiore motivazione, della creazione di dinamiche positive all’interno del gruppo classe, di una più facile migliore integrazione scolastica. , Può essere di grande aiuto anche per coloro che hanno difficoltà con parole e pianificazione verbale, per i quali il “pensare per immagini” può risultare una compensazione.
Questa strategia didattica digitale può essere “combinata” con diverse didattiche attive: l'apprendimento cooperativo; il tutoring; la didattica laboratoriale; il problem solving.
"Il Debate"
Il Debate è un dibattito argomentativo, guidato e con regole precise: una pratica didattica orientata specificatamente allo sviluppo di molte fra le dieci competenze trasversali (life skills) individuate dall’OMS nel 1993: ricercare e analizzare informazioni; pensare criticamente; argomentare coerentemente; comunicare oralmente;… L’aspetto essenziale che lo contraddistingue è il confronto fra due parti in opposizione che si fronteggiano ad armi pari sostenendo posizioni che hanno entrambe fondamento e autorevolezza. Esistono dei veri e propri protocolli su come si conduce un Dibattito, che si distinguono in base al numero di studenti coinvolti; al numero di squadre che si confrontano (di norma 2); ai tempi ...
In ogni caso nel Debate è necessario definire :
• un tema che ammetta due posizioni contrapposte di pari dignità, un tema, che susciti curiosità e interesse, magari scelto attraverso un brainstorming
• regole precise per condurre il dibattito, che stabiliscano gli stessi diritti nel sostenere le diverse posizioni
• modalità di valutazione rigorose per giungere a decretare un “vincitore” (che non sarà chi “ha ragione” ma colui che ha meglio argomentato la propria posizione): la valutazione dovrebbe, però, riguardare l’intera classe, in quanto anche gli studenti che non hanno partecipato direttamente al Dibattito dovrebbero essere valutati, sia su come hanno fatto a scegliere la squadra vincente sia su ciò a cui hanno assistito.
Lo schema più diffuso è il seguente: il docente o gli studenti propongono una tesi a due gruppi e, dopo una fase di ricerca, le due parti cercano di convincere una terza parte giudicante delle rispettive ragioni, argomentando di volta in volta le proposte a sostegno o a diniego della tesi iniziale.
Ben definiti i ruoli di docente e studente:
Il docente progetta i contenuti didattici e fornisce input per la configurazione dello spazio in funzione dell’attività didattica da svolgere. Si pone anche come “allenatore” degli studenti. -
Lo studente ha un ruolo attivo: impara a fare ricerche per documentarsi, a selezionare le fonti attendibili con l’obiettivo di formarsi un’opinione, a sviluppare competenze di comunicazione in pubblico e di ascolto; a riflettere in maniera critica su aspetti non sempre condivisi e su come sostenere pubblicamente le proprie idee, convincendo gli altri della fondatezza della propria tesi. Impara anche ad autovalutarsi, a migliorare la propria consapevolezza culturale e, non ultimo, a conquistare autostima.
Il Debate si presta ad essere intrecciato con varie metodologie didattiche attive (cooperative learning, peer education ...), ma ci sono scuole, soprattutto superiori, che l’hanno scelto come una delle principali strade per attivare apprendimenti significativi negli studenti, connotando interi curricoli.
"Il Project Based Learning"
Il Project Based Learning (PBL), letteralmente “Apprendimento basato sul progetto”, è un modello di insegnamento/apprendimento che si svolge intorno ai progetti, centrato sullo studente. Il suo obiettivo è quello di insegnare ai ragazzi come verificare, dubitare e mettere in discussione ogni fonte di informazione, in modo da offrir loro gli strumenti mentali necessari per far fronte alla complessa e mutevole natura della società che dovranno prepararsi ad affrontare. Il Project Based Learning è, pertanto, una metodologia attiva, che coinvolge gli studenti, chiamati a ricercare, progettare, risolvere problemi, generalmente in gruppi, collaborando. Con il cosiddetto ”approccio project-based”, gli studenti sono spinti a dover raggiungere obiettivi a lungo termine che hanno molto a che fare con problemi di vita reale. Infatti, i Progetti sono generalmente compiti complessi, basati su domande stimolanti o problemi, che coinvolgono, per periodi piuttosto lunghi di tempo, gli studenti nella progettazione, nella risoluzione di problemi, nel processo decisionale o in attività di ricerca. Il Progetto è generalmente anche un compito interdisciplinare, con diverse componenti che interagiscono.
Si può parlare di una doppia progettazione: una del docente e una, interna ai gruppi, degli studenti.
• Il docente deve essere un progettista che tiene conto delle diverse variabili che entrano in gioco: fa il progetto costruendo Unità Di Apprendimento (UDA), con riferimenti alle Indicazioni nazionali e alla didattica delle competenze, in modo interdisciplinare (le discipline dialogano tra di loro intrecciate con le competenze chiave). Ma anche è anche una guida, un facilitatore: deve aiutare gli studenti ad orientare le loro azioni, facendo però attenzione a lasciar loro tutto lo spazio e la libertà della pianificazione.
• Gli studenti sono impegnati in prima persona a co-costruire il loro sapere, collaborando con i compagni. Essi scelgono e completano progetti tematici ed interdisciplinari significativi di loro interesse e ricevono continui feedback dai loro docenti: pertanto sono sempre consapevoli dei loro punti di forza e/o di debolezza e possono autocorreggersi. Il loro lavoro può essere molto personalizzato, in modo da poter esprimere al meglio le loro capacità e attitudini. Essi sviluppano competenze e applicano conoscenze, apprendendo in modo significativo e acquisendo autonomia e responsabilità.
I progetti culminano con la realizzazione di prodotti autentici: il progetto stesso è un compito autentico! Nel PBL possono essere coinvolte diverse strategie didattiche: soprattutto l'apprendimento cooperativo, il tutoring e il peer tutoring, la didattica laboratoriale e il problem solving.
"PROGETTO BYOD"
Per attivare nelle classi queste metodologie innovative, Il nostro Istituto, intende integrare nell’attività didattica quotidiana anche l’uso responsabile dei dispostivi digitali mobili personali. Tale uso resta comunque facoltativo sia da parte dei singoli docenti (che possono ritenerlo o non ritenerlo funzionale alla propria didattica) che degli studenti. Si rende dunque necessario definire con un regolamento le norme che regolano l’uso dei dispositivi a scuola per fini didattici, valutando con attenzione che non ci siano forme di discriminazione nell’uso dettate da fattori di tipo economico-sociale, anche allo scopo di tutelare gli allievi dai rischi e dai pericoli della Rete, di formarli alla corretta gestione delle nuove tecnologie e ai principi della sicurezza informatica.
Strumenti BYOD ammessi in classe:
I dispositivi ammessi sono qualsiasi computer portatile, tablet, smartphone privo di scheda telefonica.
Per svolgere l’attività didattica e raggiungere in modo efficace lo sviluppo delle competenze di “cittadinanza digitale”, in linea con quanto espresso dall’azione n.6 del Piano Nazionale Scuola Digitale, che afferma: “La scuola digitale, in collaborazione con le famiglie e gli enti locali, deve aprirsi al cosiddetto BYOD (Bring Your Own Device), ossia a politiche per cui l’utilizzo di dispositivi elettronici personali durante le attività didattiche sia possibile ed efficientemente integrato”