IL NOSTRO LEONARDO
Giornale dell'Istituto Da Vinci - De Giorgio di Lanciano
IL NOSTRO LEONARDO
Giornale dell'Istituto Da Vinci - De Giorgio di Lanciano
NUMERO 5 - UNICO - ANNO SCOLASTICO 2024-25
IL NOSTRO LEONARDO
Giornale dell'Istituto Da Vinci - De Giorgio di Lanciano
L’anno scolastico volge al termine e il bilancio di questo primo anno insieme non può che essere positivo.
La nostra è una scuola complessa ma, allo stesso tempo, stimolante e motivante.
Le tante esperienze vissute insieme, alcune delle quali raccontate in modo impeccabile negli articoli del giornalino scolastico, sono state la linfa che ha alimentato quotidianamente la passione e la dedizione verso il mio lavoro.
Il mio augurio è che possiamo crescere e ampliare gli orizzonti verso mete sempre più ambiziose.
Ad maiora semper!
La Dirigente scolastica
Prof.ssa Marilena Montaquila
A SCUOLA DI SENTIMENTI ED EMOZIONI
Lettere d'amore
L’8 Novembre 2024, la nostra scuola è stata sede di una manifestazione davvero speciale: la presentazione del LIBELLO, AMORE, IL CUORE E LE EMOZIONI DEI "BAMBOCCIONI”, una raccolta di testi elaborati da studenti della nostra scuola e curata da Tonino Di Toro, ideatore e organizzatore del concorso “Lettere d’amore dal carcere”, che da alcuni anni ospita una sezione riservata agli alunni delle scuole superiori del territorio.
La manifestazione ha avuto luogo nell’aula polivalente “De Cecco”, che si è trasformata per l’occasione in un vero e proprio centro di espressione artistica. E’ iniziata con l’intervento della nostra Dirigente, che ha sottolineato come attività di questo tipo siano importanti anche in un Istituto Tecnico come il nostro, per dare la possibilità anche ai nostri alunni di riflettere profondamente su temi fondamentali come l’amore e le emozioni.
Tra i protagonisti di questa giornata, ci siamo stati tutti noi, gli studenti, ma in particolare coloro che hanno partecipato al concorso. Esso ha rappresentato un’occasione per noi per metterci in gioco, raccontare le nostre esperienze e per dar voce al nostro modo di conoscere il mondo, l’esistenza e i sentimenti.
Tonino Di Toro ha spiegato il motivo per cui ha voluto raccogliere le lettere degli studenti in una pubblicazione, ovvero per divulgare le riflessioni dei ragazzi che ingiustamente spesso vengono considerati “bamboccioni” dagli adulti, in realtà sono adolescenti alle prese con i grandi cambiamenti fisici, psicologici ed emotivi, alla ricerca di un equilibrio, tra il bisogno di indipendenza e le aspettative della società e degli adulti. Egli ha inoltre aggiunto che il "Libello" non è solo un libro, ma un’opportunità per esplorare ciò che spesso noi giovani nascondiamo dietro maschere di indifferenza o di ironia.
I lavori presentati hanno sperimentato generi diversi, tra racconti, lettere e video, ognuno con un tocco originale, che ha reso l’atmosfera coinvolgente e ricca di significato. Tra questi, sono state scelte le lettere di alcune alunne, e la lettura è stata accompagnata da brani musicali eseguiti da una piccola band della nostra scuola. La musica, alternata alle letture dei testi, ha arricchito la manifestazione, creando un perfetto connubio tra arte, parole e suoni. Queste melodie, infatti, non solo hanno spezzato il ritmo della manifestazione, rendendola più dinamica, ma ci hanno aiutato anche a riflettere meglio sul senso profondo delle parole che venivano lette.
Abbiamo raccolto la testimonianza di due alunni, Chiara racconta: “Ho partecipato al concorso con una lettera, e devo ammettere che è stato davvero emozionante vedere il mio lavoro stampato in un libro e sentirlo leggere davanti a tutti. E’ stata un'esperienza unica e indimenticabile, che mi ha fatto sentire davvero parte di un progetto più grande. È incredibile pensare che le parole che ho scritto possano essere lette anche da altre persone e indurle a riflettere sulle mie stesse emozioni e sui miei stessi pensieri. La proclamazione dei vincitori era già avvenuta in precedenza, ma l’atmosfera di oggi era comunque carica di commozione.
Un altro momento coinvolgente è stato l’intervento della professoressa e psicologa Dina Labrozzi, lei ha parlato dell’adolescenza e di come l’amore, nelle sue varie forme, sia centrale in questa fase della vita. Il suo discorso è stato profondo e ci ha aiutato a capire meglio noi stessi, il nostro percorso di vita, le relazioni e le sfide della crescita".
Andrea afferma: “Uno degli interventi che mi ha particolarmente emozionato è stato quello relativo alla Lettera ai giovani di Roberto Baggio, che ho interpretato insieme ad altri compagni. Abbiamo indossato tutti le magliette con il numero 10, come quella del “Divin Codino” e abbiamo anche fatto una foto con un ex allenatore del S. Vito Chietino, grande tifoso di Baggio. È stato entusiasmante per chi come me è un appassionato di calcio e mi ha fatto riflettere sul valore del successo e su come viene inteso e vissuto dai ragazzi della nostra generazione.
L’evento è stato reso ancora più speciale dalla musica, dalle considerazioni degli altri partecipanti e dalla lettura di temi che hanno toccato corde molto profonde. In particolare, mi è rimasta impressa la lettura di un racconto sul femminicidio, che ha presentato la tragica storia di Clara, una ragazza giovane come noi, che è stata uccisa dal suo compagno. È stata una riflessione dolorosa e potente che ha mostrato come l’amore, purtroppo, quando non è compreso, può anche trasformarsi in violenza.
Questa giornata è stata una vera e propria festa delle emozioni, uno sguardo sul nostro essere giovani e su come viviamo le relazioni e il nostro posto nel mondo: ciò è stato rappresentato anche attraverso i disegni realizzati da studenti del nostro istituto. Alcune immagini mi hanno particolarmente colpito, una presentava un ragazzo solo, lontano dai gruppi di amici, significava la solitudine che a volte viviamo; un’altra presentava una strada che si divideva in due, con da un lato il cuore e dall’altro la testa, rappresentava il conflitto interiore che viviamo noi adolescenti, tra ciò che sentiamo con il cuore e ciò che pensiamo con la testa, le difficoltà delle scelte.
Sicuramente porterò per sempre con me questa esperienza, come uno dei momenti più significativi del mio percorso scolastico. Questo evento ci ha insegnato che scrivere non è solo un esercizio scolastico, ma un modo per esplorare le nostre emozioni, per affrontare le nostre paure e per condividere un pezzo di noi stessi con gli altri.”
Chiara Piras e Andrea D’Eletto 4^Aut-Inf B
Viviamo in un’epoca che ci spinge a essere veloci, efficienti, produttivi. La società ci chiede risultati, prestazioni, successi. Ma a quale prezzo? In questo frenetico inseguimento di obiettivi, stiamo perdendo qualcosa di essenziale: la capacità di riconoscere, accogliere e gestire le nostre emozioni.
Le emozioni non sono un ostacolo da superare. Sono segnali profondi, manifestazioni autentiche del nostro vissuto. Rabbia, tristezza, paura, gioia: ognuna ha una funzione e un messaggio. Eppure, spesso le ignoriamo o le reprimiamo, spinti dal timore di apparire deboli o vulnerabili. In particolare, agli uomini viene spesso insegnato a “non piangere”, mentre alle donne viene detto che “sono troppo sensibili”. Queste narrazioni sociali creano un vuoto emotivo che si traduce in ansia, frustrazione, solitudine.
Nessuno ci insegna davvero a gestire le emozioni. La scuola forma alla matematica, alla grammatica, alla logica — ma poco o nullaviene detto sul come affrontare un rifiuto, come parlare del proprio dolore, o come contenere una crisi di rabbia. Lo stesso accade nei luoghi di lavoro, dove la produttività viene premiata, ma l’intelligenza emotiva è spesso trascurata.
Siamo diventati maestri nell’apparire forti, ma incapaci di affrontare ciò che ci accade dentro. In una cultura che valorizza la razionalità, ci si dimentica che l’essere umano è anche, e forse soprattutto, emozione. Non possiamo ignorare questo aspetto senza pagarne le conseguenze: burnout, disturbi d’ansia, depressione, conflitti interpersonali sono solo alcuni dei segnali di un disagio emotivo profondo.
Rivalutare la gestione delle emozioni è un atto rivoluzionario. Significa accettare che l’essere umano è molto più della somma delle sue azioni. Significa promuovere l’ascolto, la consapevolezza e la compassione, a partire da sé stessi. E significa anche creare spazi — nelle famiglie, nelle scuole, nelle aziende — in cui esprimere le emozioni sia non solo possibile, ma necessario.
Educare all’emotività dovrebbe diventare parte integrante dei percorsi formativi. Serve una nuova alfabetizzazione, quella emotiva. Così come impariamo a leggere e scrivere, dovremmo imparare a dare un nome alle emozioni, ad accettarle, a comunicarle. Solo così possiamo davvero comprendere noi stessi e gli altri.
Il futuro sarà nelle mani di chi saprà connettersi non solo con la mente, ma anche con il cuore. Perché la vera forza non è trattenere le lacrime, ma sapere quando lasciarle scorrere. Non è soffocare la rabbia, ma imparare a incanalarla in modo costruttivo. Non è evitare la paura, ma affrontarla con coraggio.
In un mondo che corre troppo, la vera rivoluzione è fermarsi ad ascoltare. Ascoltare sé stessi, gli altri, le emozioni che ci abitano. Solo così potremo tornare a vivere in modo pieno, autentico e umano.
Nicolò D'Ulisse 1^B
Viviamo in un tempo in cui si parla spesso di salute mentale, empatia e consapevolezza emotiva. Ma la gestione delle emozioni resta un’abilità poco allenata, spesso fraintesa. Molti la associano al controllo o al distacco, come se il vero equilibrio consistesse nel “non farsi coinvolgere”. Ma gestire le emozioni non vuol dire eliminarle: vuol dire riconoscerle, comprenderle e scegliere come agire in loro presenza. Le emozioni fanno parte della nostra esperienza umana.
Non sono deboli segnali da ignorare, ma vere e proprie bussole interiori. Ci dicono cosa ci tocca, cosa ci ferisce, cosa desideriamo. Gioia, tristezza, paura, vergogna, rabbia: ogni emozione ha un messaggio. Eppure, molte persone imparano fin da piccole a non ascoltarle. A dire “sto bene” quando non è vero. A sorridere mentre qualcosa dentro si spezza. Tra tutte le emozioni, una delle più temute e fraintese è la rabbia.
Ci hanno insegnato che è distruttiva, pericolosa, da reprimere. Ma la rabbia ha una funzione precisa: ci segnala che un confine è stato superato, che qualcosa ci ha feriti o non è giusto. Il problema non è provarla, ma non sapere come gestirla. La rabbia repressa può trasformarsi in tensione costante, in cinismo o in scoppi improvvisi. Invece, se impariamo a riconoscerla appena arriva – mascella tesa, respiro corto, battito che accelera – possiamo fermarci e chiederci: “Cosa mi ha fatto arrabbiare davvero? Quale mio bisogno è stato ignorato?” Spesso, dietro la rabbia ci sono emozioni più profonde: senso di abbandono, paura di non essere considerati, desiderio di rispetto. Gestire la rabbia non significa nasconderla, ma trasformarla. Scriverne, parlarne, fare attività fisica, usare la creatività: tutto può diventare uno sfogo sano. E si può imparare a comunicarla in modo assertivo: dire “questa cosa mi ha ferito” è molto più utile che urlare o chiudersi nel silenzio. Questo vale per tutte le emozioni. Se non impariamo a riconoscerle e ad accoglierle, diventano fardelli o esplosioni. Ma se le ascoltiamo, diventano alleate preziose. La gestione emotiva è una competenza cruciale nelle relazioni, nel lavoro, nella leadership. Chi sa ascoltare le proprie emozioni è più lucido, empatico e coerente. Le emozioni non ci rendono deboli: ci rendono umani, e più completi. Imparare a sentire è un processo che richiede tempo, pazienza e cura. A volte basta una pausa, un respiro, uno sguardo onesto verso ciò che ci accade dentro. Altre volte serve uno spazio sicuro, un ascolto profondo, magari l’aiuto di qualcuno. Ma ogni passo verso la consapevolezza emotiva ci rende più liberi. In un mondo che premia la velocità e la produttività, scegliere di sentire davvero è un atto rivoluzionario. E saperlo fare, anche nella rabbia, è la chiave per vivere con più autenticità e connessione.
Ardit Roberto Gjeta 1^B
L'AMORE MALATO
Un rifiuto non giustifica un omicidio
Stefano Argentino, 27 anni, ha ucciso Sara Campanella, una studentessa di 22 anni che frequentava l’università a Messina. È successo il 31 marzo, mentre Sara stava andando a lavoro. Stefano l’ha seguita, aspettata e poi aggredita in mezzo alla strada. Non è un caso isolato, ma l’ennesimo femminicidio che si verifica in Italia. Quello che fa più rabbia è che tutto questo poteva essere evitato. Stefano era un collega di Sara, frequentavano lo stesso corso di laurea. Si era innamorato di lei, ma non era ricambiato. Nonostante il rifiuto, ha continuato a scriverle messaggi, a inviarle audio, a pedinarla. Sara aveva capito che qualcosa non andava, infatti si era sfogata con le amiche dicendo che si sentiva seguita, che lui era “malato”. Aveva paura. Ma nessuno ha preso davvero sul serio quelle parole. Alla fine Stefano ha fatto quello che aveva in testa: ha bloccato Sara mentre usciva di casa e l’ha uccisa. L’ha colpita più volte, in pubblico, con un coltello. Tutto per un rifiuto. La domanda che ci dobbiamo fare è: perché succede ancora? Perché un ragazzo non accetta che una ragazza gli dica di no? Stefano ha confuso l’amore con il possesso, come purtroppo fanno ancora molti. Pensava di avere diritto a qualcosa che non gli spettava. La responsabilità è sua, ma anche della società che non educa al rispetto, che non insegna a distinguere l’interesse dall’ossessione. Tutti descrivono Stefano come un ragazzo chiuso, strano, poco socievole. Forse c’erano segnali, ma nessuno li ha presi sul serio. La scuola e la famiglia non sono riuscite a intervenire in tempo. Questo ci dimostra quanto sia importante la prevenzione. Bisogna parlare di questi temi fin da giovani, nelle scuole, tra amici, in famiglia. Serve educare al rispetto, al rifiuto, alle relazioni sane. Sara non doveva morire solo perché aveva detto “no”. E se non si cambia qualcosa, rischierà di succedere di nuovo. Questa storia fa riflettere su quanto ancora oggi una ragazza possa rischiare la vita semplicemente per aver rifiutato una persona, o di quanto sia soggetta a molestie pur solamente camminando facendosi gli affari propri. È terribile pensare che si possa arrivare a questo punto, ed è proprio per questo che non bisogna restare indifferenti. Tutti noi, dovremmo iniziare a riflettere su questi comportamenti. Non è normale inseguire una persona, insistere, e poi arrivare alla violenza.
Dobbiamo parlarne, capire e impegnarci tutti per evitare che queste tragedie continuino ad accadere e soprattutto bisogna educare le persone affinché questi episodi non si verifichino più.
Alessandro Palmieri classe 3^ ATB
Le nostre opinioni: se c’è violenza non c’è amore
Questa tragedia non è un caso isolato, è uno dei tanti casi di cui si sente parlare molto spesso negli ultimi tempi, come ad esempio la storia di Giulia Cecchettin (uccisa dal suo ex-fidanzato che non accettava di esser stato lasciato) e quella di Giulia Tramontano (uccisa dal suo ragazzo con 75 coltellate mentre era incinta al nono mese) o quella di Sissy Trovato Mazza, agente penitenziaria. Troppe donne vivono nella paura, vengono ignorate o non credute quando denunciano molestie o comportamenti aggressivi e minacciosi; ci sono molte donne che hanno talmente tanta paura delle conseguenze che si costringono ad accettare la situazione sgradevole in cui si trovano. Altre donne invece quando trovano la forza e il coraggio di parlare vengono successivamente minacciate e costrette a negare il tutto per non avere conseguenze. Questi “uomini”, se così possono essere chiamati, agiscono senza ritegno e pudore e sono gli stessi uomini che poco prima ti dicono “ti amo” e ti dimostrano il loro “amore”. Sono persone che in realtà non provano veramente questi sentimenti, sono solo ossessionati dalla propria donna e la considerano come un oggetto di loro proprietà; sono animali che agiscono per il gusto di farlo e che molto spesso sono anche compiaciuti dalla situazione.
Ogni volta che succede, ci indigniamo, protestiamo, ne parliamo sui social. Ma poi? Tutto torna come prima. Bisognerebbe dare più spazio e più importanza a queste situazioni; parlarne anche nelle scuole per cercare di insegnare ed educare i ragazzi che le donne vanno rispettate, che hanno dei valori e che, soprattutto, non sono oggetti da custodire obbligatoriamente e che la forza e la violenza non sono mai la chiave per ogni problema.
Non possiamo permettere che tutto questo continui. Bisogna fare di più per proteggere le vittime. Servono leggi più forti, che puniscano chi fa del male, come ad esempio ciò che non è successo a pieno all’assassino di Giulia Cecchettin al quale, per le 75 coltellate effettuate sul corpo di Giulia, non è stato riconosciuto l’aggravante della crudeltà. Tutti questi accorgimenti servono non solo per dare giustizia alle vittime, ma anche per evitare che questi atteggiamenti possano ripetersi e che quindi ci siano altre vittime; serve un sistema che ascolti e agisca prima che sia troppo tardi. Serve un cambiamento nella società: la violenza contro le donne non è un problema solo femminile ma è un problema che riguarda tutti.
Marcolongo Denise 3^AtB
Non Chiamatelo Amore
Tante sono le storie d’amore finite male.
Il problema è culturale. Viviamo in una società dove ancora oggi tanti ragazzi crescono con l’idea che una ragazza sia “di loro”, che se amano devono “lottare per lei”, come se fosse un trofeo. Oppure che un rifiuto debba ferirli nell’orgoglio, come se l’amore fosse una gara da vincere.
E anche quando le ragazze si accorgono del pericolo, non sempre vengono ascoltate. Quante volte chi denuncia viene ignorata? Quante volte le richieste d’aiuto finiscono in niente?
Servono cambiamenti veri.
A scuola bisogna parlare di emozioni, di rispetto, di relazioni sane. Non solo in un’ora ogni tanto, ma come parte dell’educazione quotidiana.
Serve che le famiglie, gli adulti, insegnino ai figli che amare non significa possedere. Che dire "no" è un diritto.
E serve che le istituzioni ascoltino davvero le donne che chiedono aiuto, con leggi più severe e strumenti concreti per proteggerle.
Basta panchine rosse se poi non si cambia nulla.
Basta dire "era un bravo ragazzo" dopo ogni tragedia.
Finché dire “no” continuerà a costare la vita a una ragazza, nessuno potrà dirsi innocente.
E finché ci sarà qualcuno che chiamerà “amore” ciò che è solo violenza, saremo tutti complici del silenzio.
Larcinese Antonio 3^ AtB
Turetta le 75 coltellate non sono atto di crudeltà, Il giudice era “inesperto”
La recente sentenza della Corte d’Assise sul caso di Giulia Cecchettin ha scatenato un’ondata di indignazione: Filippo Turetta, ha confessato di averla colpita con 75 coltellate, non sarebbe stato mosso da “crudeltà”, secondo i giudici. «Era inesperto», si legge nelle motivazioni. La vera domanda è come può, nel 2025, trovare spazio una motivazione del genere nelle aule di giustizia?
Di fronte a un numero così alto di colpi , le parole usate dai giudici rischiano di trasformarsi in un nuovo atto di violenza. "Inesperto", "non crudele", "non emerge volontà di far soffrire": espressioni che, suonano offensive in un periodo che chiede giustizia e rispetto per le vittime di femminicidio.
Le parole hanno un peso. Come ha ricordato il magistrato Ciro Cascone nell’intervista rilasciata nello stesso articolo, servono corsi di formazione per i giudici non solo sul diritto, ma anche sull’uso delle parole.
Definire "inesperto" chi ha inseguito, sequestrato e ucciso una giovane donna non è solo un errore di comunicazione, è una ferita inflitta a chi ancora oggi lotta per il riconoscimento della violenza di genere come emergenza nazionale. Non sorprende la reazione dei politici che chiedono rispetto per Giulia, per la sua famiglia, e per tutte le donne che ogni giorno rischiano di morire per mano di chi diceva di amarle.
Serve un cambio di passo. Non bastano piani contro la violenza nelle scuole o campagne di sensibilizzazione se poi, nei luoghi più alti della giustizia, si continua a minimizzare. Serve un linguaggio che chiami le cose con il loro nome. 75 coltellate non sono "inesperienza". Sono ferocia.
Nicoló Vizzarri 2^B
ROBOTICA e TECNOLOGIA: IL GIUSTO COMPROMESSO TRA UOMO E MACCHINA
L'impatto della tecnologia sulla nostra vita
Nella società odierna la tecnologia è diventata quasi un’abitudine, tanto da non renderci nemmeno conto di quanto sia importante per le nostre vite e di come le abbia trasformate. Ci siamo mai chiesti cosa avrebbero potuto fare i grandi uomini del passato con le innovazioni tecnologiche odierne? Dove sarebbe arrivata la scienza? E la storia come sarebbe cambiata con le attuali tecnologie?
Con il trascorrere degli anni, a partire dalla Prima Rivoluzione Industriale, sono stati implementati nuovi metodi e nuove tecnologie, atte a migliorare la qualità del lavoro umano e il benessere psicofisico dell’uomo.
Il progresso tecnologico ha visto, fin da subito, un’ampia e rapida diffusione in qualsiasi ambito, a partire dal settore secondario, con l’utilizzo dei telai azionati a vapore anziché dalle braccia umane. Le nuove scoperte tecnologiche applicate alla produzione hanno fatto sì che esse venissero implementate anche nel settore dei trasporti e in moltissimi altri settori. La Seconda Rivoluzione Industriale ha invece permesso la scoperta di nuovi combustibili molto più efficienti, che hanno consentito un ulteriore progresso, in particolar modo nel mondo dei trasporti. Le scoperte avvenute durante la Seconda Rivoluzione Industriale sono giunte fino a noi e ci hanno permesso, e ci permettono ancora oggi, con le opportune modifiche, di muoverci. L’energia elettrica, scoperta anch’essa in questi anni, con il passare del tempo ha assunto sempre di più un ruolo fondamentale, tanto da poter sostituire altre fonti energetiche in qualsiasi ambito.
Occorre tenere in considerazione, però, che negli ultimi anni la velocità con cui si riescono ad acquisire nuove conoscenze è aumentata in maniera esponenziale. A differenza di quando la tecnologia sostituiva l’uomo solo nel lavoro meccanico, passando per lo svolgere mansioni ripetitive, si è giunti ad oggi, dove gli strumenti tecnologici assumono forme fisiche pressoché identiche a quelle umane e riescono a svolgere operazioni matematiche che consentono di emulare il pensiero umano.
In questo “perenne” periodo di transizione, durato circa tre secoli, l’uomo ha visto ridursi in maniera drastica le possibilità di lavori manuali e ripetitivi, passando per l’eliminazione di mansioni nelle quali assumeva un ruolo già marginale in passato. L’implementazione dell’intelligenza artificiale (AI) negli apparati elettronici ha infatti garantito una dinamicità sostanziale a tutte le macchine, consentendo loro di adattarsi in maniera autonoma a nuove condizioni o ambienti di lavoro. La possibilità dei dispositivi di inviare ed attingere alle informazioni/dati in maniera massiva consente loro di autoregolarsi, imparando dagli errori commessi da loro stessi e dai loro simili in luoghi remoti della Terra. La vera potenzialità dell’intelligenza artificiale è infatti la capacità di imparare da grandi moli di dati e dagli errori commessi in precedenza. Quest’ultimo aspetto è propriamente caratteristico del cervello umano. I sistemi di AI, infatti, sono in grado di emulare il pensiero dell’uomo mediante degli algoritmi, in grado di attribuire un peso ad ogni singola informazione alla quale sono applicati, basandosi sulla ripetitività del dato.
Quest’aspetto, però, porta alla luce un altro importantissimo problema: la sicurezza degli apparati di comunicazione che permettono l’interconnessione tra i dispositivi. Infatti, qualora malintenzionati attingessero e modificassero informazioni o dati che controllano questi dispositivi, riuscirebbero a portare le macchine ad eseguire operazioni anomale e finalizzate a raggiungere i loro scopi. Inoltre, lo scambio continuo di grandi moli di dati tra dispositivi consente, previ opportuni sistemi di inviolabilità delle reti, una fuga massiva di informazioni, anche sensibili, di aziende e istituzioni che adottano questa tipologia di apparati produttivi e di controllo. Per fronteggiare questo problema, che vede vittime sempre più aziende, esse sono costrette a ricercare figure specializzate non solo nel controllo di questa tipologia di apparati, ma soprattutto nell’inviolabilità delle reti. Per un’azienda, infatti, essere vittima di attacchi informatici, con conseguenti fughe di dati, riduce drasticamente la reputazione, oltre che la competitività sul mercato.
D’altra parte le aziende preferiscono comunque adottare questi sistemi robotici dotati di AI, poiché essi garantiscono un enorme grado di efficienza e una drastica riduzione dei costi. Ciò è testimoniato dall’impiego sempre maggiore della tecnologia anche nel settore agricolo, nel quale è apparentemente difficile applicarla. Infatti, è possibile trovare terreni agricoli controllati totalmente da robot, dotati di algoritmi di intelligenza artificiale e, la loro supervisione, è affidata ad un’unica persona da remoto che ha la possibilità di gestirne più di uno in contemporanea.
Partendo da questo esempio, una riflessione sorge spontanea: quale sarà il ruolo dell’uomo quando la quotidianità sarà totalmente assuefatta dalla tecnologia? In che modo sarà possibile trovare un impiego per tutti?
L’uomo oggi si trova ad essere vittima di un sistema da egli stesso creato e nel quale è sempre più evidente la possibilità di accentramento del potere nelle mani di pochi. La collettività, infatti, si confronta quotidianamente con un livello di disoccupazione elevatissimo, data la mancanza di competenze in ambito tecnico-scientifico, ma soprattutto perché le grandi multinazionali trovano un enorme vantaggio economico nel sostituire l’uomo con le macchine. Questa situazione porta, però, una drastica riduzione del circolo economico con la conseguente riduzione del mercato e dell’acquisto di beni. L’umanità sarà, pertanto, sempre più vittima di un perenne stato di soggezione nei confronti di coloro che detengono il potere economico.
Quanto questo enorme progresso tecnologico influisce sull’impatto ambientale?
La sostituzione dell’uomo con le macchine causa un dispendio energetico elevatissimo e molto maggiore di quello umano. L’enorme consumo di energia ne richiede una produzione massiva, ricorrendo spesso a metodi altamente inquinanti. Inoltre, i materiali utilizzati per realizzare i dispositivi stessi necessitano di processi di produzione molto dispendiosi, sia a livello economico che di tempo, con il conseguente dispendio energetico oltre all’enorme problema di non riuscire quasi mai a riciclare le apparecchiature.
Dunque, il progresso tecnologico se, da un lato, porta notevoli benefici per quanto concerne la qualità e il controllo delle produzioni, dall’altro, però, costringe l’uomo in una condizione di precarietà nei confronti della propria vita e dell’intera società, negandogli la possibilità di emanciparsi e obbligandolo ad uniformarsi alle volontà di chi lo governa.
Loris Casciato 5^ El A
Ultimamente si parla tantissimo di intelligenza artificiale e di come potrebbe cambiare il nostro mondo.
Da una parte, l'IA è super utile, perché ci permette di avere tutte le informazioni del mondo a portata di mano! Possiamo trovare risposte a domande difficili in pochi secondi. Questo può aiutarci a studiare meglio, fare ricerche più approfondite e persino inventare nuove cose. È come avere un assistente personale che sa tutto!
Strumenti come ChatGPT dimostrano quanto possa essere potente l'IA nel semplificare informazioni complesse e renderle più comprensibili.
Ma dall'altra parte, ci sono delle preoccupazioni.
L'IA può raccogliere e archiviare dati, ma non ha emozioni o creatività. Non può capire veramente quello che significa essere umani. È come se avessimo un grande magazzino pieno di informazioni, ma senza il “cuore” che rende quelle informazioni significative. Se ci affidiamo troppo all'IA, potremmo perdere la nostra capacità di pensare criticamente e di immaginare il futuro.
Se tutto ciò che sappiamo viene filtrato attraverso un algoritmo, potremmo finire per vedere solo ciò che qualcun altro vuole farci vedere. Questo potrebbe limitare la nostra conoscenza e la nostra comprensione del mondo.
In conclusione, l'intelligenza artificiale è una grande opportunità, ma dobbiamo usarla con cautela. Dobbiamo assicurarci di non perdere la nostra umanità mentre ci avventuriamo in questo nuovo mondo tecnologico. Dobbiamo trovare un equilibrio tra l'utilizzo dell'IA per migliorare la nostra vita e il mantenimento della nostra creatività e delle nostre emozioni.
Nicole Di Marco 2^B
Umano e Digitale: il cervello è super
Siamo entrati in un’epoca straordinaria, in cui l’intelligenza artificiale sembra promettere di custodire, migliorare e forse persino superare la memoria umana.
Il reportage apparso su Macro ci racconta un futuro entusiasmante, dove IA e cervello collaborano: i dati non solo vengono raccolti, ma anche interpretati, generando conoscenza condivisa. Nella sanità, per esempio, le macchine già monitorano pazienti durante operazioni complesse, migliorando sicurezza e risultati. Nella cultura, strumenti come ChatGPT archiviano e rendono accessibile la memoria del mondo. È una rivoluzione che avanza, inarrestabile.
Eppure, una domanda resta sospesa: senza il ricordo umano, senza il pensiero critico, che valore avrebbe una memoria perfetta ma senz’anima? La memoria umana non è solo un archivio di dati, è un tessuto vivo di emozioni.
Affidarci troppo alla tecnologia rischia di trasformare il nostro sapere in un magazzino sterile, dove tutto è conservato ma nulla è compreso.
Oggi più che mai serve una nuova alleanza: una tecnologia che non sostituisca il pensiero umano, ma che lo esalti. Serve un’educazione che unisca competenze digitali e cultura umanistica, capace di formare cittadini consapevoli, non solo utenti efficienti.
Il cervello è super, sì. Ma lo è perché sa immaginare l’impossibile, non perché archivia l’esistente.
Nicolò Vizzarri 2^ B
I NOSTRI VIAGGI ED EVENTI
LA FORZA DELLA DIVERSITÀ: TEMPLE GRANDIN
Il 2 aprile scorso, in occasione della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull'Autismo, noi studenti della classe 4^ Ind. Servizi sanità e Assistenza Sociale abbiamo avuto l'opportunità di partecipare a un evento speciale al Polo Museale Santo Spirito di Lanciano. Abbiamo guardato insieme il film "Temple Grandin – Una donna straordinaria" (2010), una storia vera che ci ha fatto riflettere sull'importanza dell'inclusione e della comprensione delle persone con autismo.
Questo evento è stato promosso da Anffas Lanciano e dall'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Lanciano, con l'obiettivo di sensibilizzare e promuovere l'inclusione delle persone con autismo nella nostra comunità.
Il film racconta la straordinaria vita di Temple Grandin, una donna autistica che ha rivoluzionato il modo in cui vengono trattati gli animali negli allevamenti. Temple non è solo un esempio di resilienza, ma anche una voce potente per l’inclusione e la comprensione dell’autismo. Fin da giovane, Temple ha mostrato un’intelligenza fuori dal comune, unita a una sensibilità particolare verso gli animali.
Il film segue il suo percorso scolastico, i momenti difficili dovuti alla sua condizione e la sua incredibile determinazione a diventare una scienziata. Nonostante le incomprensioni iniziali e le difficoltà sociali, Temple riesce a trasformare la sua “diversità” in un punto di forza. Temple Grandin non è solo un film biografico, ma una lezione di empatia e di rispetto per le differenze.
È una storia che ispira e che fa riflettere su quanto sia importante non sottovalutare mai il potenziale di una persona. Guardando Temple Grandin, ci si sente ispirati e anche un po’ cambiati. Non è solo la storia di una persona “diversa” che ce l’ha fatta, ma è un invito a riflettere su come trattiamo chi non si comporta come la maggioranza. È anche una critica a una società che spesso premia solo chi si adatta, invece di valorizzare chi può offrire una prospettiva originale.
Tutti possiamo imparare dagli altri, soprattutto da chi ci sembra “diverso”. E come dice Temple nel film, “Le porte si aprono verso il futuro. Basta avere il coraggio di passarci attraverso.”
Daria Ioja, Jessica Canzano e Lorenzo Di Desiderio Classe 4^SAS
Grande entusiasmo per le classi quinte dell’Istituto Da Vinci-De Giorgio nella giornata del 23 aprile 2025 per la partecipazione al progetto “Esperienza Europa – David Sassoli”. Il progetto offre agli studenti la possibilità di scoprire cosa significhi essere un deputato europeo, coinvolgendo i partecipanti attraverso dei giochi di ruolo che consentono di entrare nel vivo del meccanismo della democrazia europea.
Le attività si sono svolte nella sede del Parlamento Europeo di Roma, nelle vicinanze dell’Altare della Patria. Dopo una breve presentazione sul funzionamento del sistema europeo, siamo stati divisi in quattro gruppi di lavoro con il compito di simulare altrettanti “partiti politici”. Ciascun gruppo doveva provvedere alla propria organizzazione interna e alla nomina di un presidente. Due i temi di lavoro: la mancanza di risorse d’acqua e l’uso di microchip sottocutanei. I gruppi hanno affrontato e analizzato le problematiche emergenti, promuovendo le proprie idee in base ai principi che li caratterizzavano. Abbiamo simulato un dibattito e abbiamo costruito alleanze per raggiungere un obiettivo comune. Come atto conclusivo, abbiamo proceduto con la votazione finale.
L’esperienza ci ha permesso una breve ma intensa immersione nella realtà operativa del lavoro del Parlamento europeo, abbiamo potuto comprendere alcuni meccanismi e abbiamo apprezzato la complessità dell’impegno necessario a raggiungere obiettivi comuni che riguardano tutti noi come cittadini europei.
Il progetto è intitolato a David Sassoli, giornalista e politico, già Presidente del Parlamento Europeo, scomparso prematuramente nel 2022.
Stephanie D’Ettorre e Fantini Sofia Classe 5^ SAS
Alla scoperta della Sicilia
Le nostre classi quarte aspettavano questa gita da mesi. Ne parlavamo spesso in classe, contavamo i giorni e immaginavamo come sarebbe stato. Finalmente, dal 1° al 5 aprile 2025, siamo partiti per la Sicilia, pronti a vivere cinque giorni ricchi di avventure, scoperte e tanto divertimento.
Dopo una partenza notturna e un lungo viaggio in pullman e traghetto, siamo arrivati a Taormina, dove abbiamo visitato il famoso Teatro Greco. Il panorama era mozzafiato e la città affascinante. Nel pomeriggio ci siamo spostati ad Acireale, dove abbiamo passato la prima notte, e poi siamo partiti per Palermo, dove abbiamo soggiornato per i giorni successivi.
Il secondo giorno è stato dedicato alla visita della Valle dei Templi ad Agrigento, un sito archeologico straordinario che ci ha fatti viaggiare indietro nel tempo, camminando tra le maestose colonne dei templi greci. Dopo la visita, siamo tornati a Palermo, dove abbiamo avuto del tempo libero per esplorare la città.
Il terzo giorno siamo stati a Cinisi, dove abbiamo visitato la Casa Memoria dedicata a Peppino Impastato. È stata una tappa molto significativa, che ci ha fatto riflettere su temi importanti come la legalità e l’impegno civile. Nel pomeriggio, siamo andati anche al ponte dove, nel 1985, avvenne la strage di Falcone, un altro luogo simbolo della lotta alla mafia. Questo ci ha permesso di comprendere ancor di più l’importanza del ricordo e della memoria. Dopo, abbiamo continuato a esplorare Palermo, scoprendo altre meraviglie della città.
Il quarto giorno abbiamo visitato alcuni dei luoghi più belli di Palermo, come il Teatro Massimo, il Palazzo dei Normanni e il Duomo di Monreale.
Ogni sera, dopo cena, uscivamo con i professori per fare due passi e goderci l’atmosfera della città. Quei momenti sono stati davvero speciali: abbiamo chiacchierato, scherzato e ci siamo goduti il viaggio insieme, in modo semplice ma indimenticabile.
L’ultimo giorno, durante il rientro, ci siamo fermati a Reggio Calabria per visitare il Museo Archeologico e ammirare i celebri Bronzi di Riace. Dopo l’ultima sosta, siamo ripartiti verso casa, stanchi ma felici.
È stata una gita intensa, ricca di emozioni e di cose da vedere, ma anche di risate, amicizia e momenti che ricorderemo a lungo.
Piras Chiara 4^ ATB
Incontro con l'autore Remo Rapino
Venerdì 9 maggio 2025 l’aula M. De Cecco del nostro Istituto si è riempita di entusiasmo e curiosità quando l’autore Remo Rapino, vincitore del premio Campiello 2020 con il romanzo "Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio", è venuto a trovarci per parlare di un altro suo romanzo “I ragazzi che dicevano okay”, libro letto durante quest'anno scolastico dalle classi quinte degli indirizzi Automazione, Meccanica e Chimica.
Il libro, che ha catturato l’attenzione di noi lettori studenti, è stato il protagonista indiscusso dell’incontro. L’autore ha condiviso con noi il suo percorso creativo, dalle ispirazioni iniziali alle emozioni vissute durante la stesura del libro. Ha raccontato come l'idea del romanzo sia nata dalla sua passione per la storia locale e dall’invito dell’Associazione L’Altritalia a ricordare, riconoscere l’importanza e l’impegno attivo di alcuni giovani lancianesi nel difendere la propria città dall’invasione tedesca nei giorni 5 e 6 ottobre 1945.
Durante l'incontro, gli studenti hanno avuto l'opportunità di fare domande e di discutere con l'autore i temi trattati nel libro, come l'amicizia, l’amore, la gioventù, la guerra e il dolore. L'autore ha risposto con sincerità e interesse, condividendo con noi ragazzi i suoi pensieri e le sue esperienze.
L'incontro si è concluso con una firma di copie del libro e una foto di gruppo con l'autore. È stato un momento emozionante e ispiratore per tutti i presenti, che hanno lasciato l'aula con una nuova prospettiva e un rinnovato amore per la lettura.
L'evento è stato organizzato dalla scuola con l'obiettivo di promuovere la lettura e la scoperta di nuovi autori e opere letterarie. L'incontro con l'autore di "I ragazzi che dicevano ok" è stato un successo e ha lasciato un'impronta indelebile nei cuori dei partecipanti.
Classe 5^ Ch
PNRR - Missione 4; Istruzione e ricerca, Componente 1 –Potenziamento dell’offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università; Investimento 1.4 Intervento straordinario finalizzato alla riduzione dei divari territoriali nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado e alla lotta alla dispersione scolastica, finanziato dall’Unione europea – Next Generation EU. Azioni di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica (D.M. 170/2022).
CUP: C44D22003980006 CODICE PROGETTO: M4C1I1.4-2022-981-P-16155
Una parte del progetto NON UNO DI MENO, attività finanziata con fondi PNRR (D.M.170/2022), è giunta al termine. Come tutte le esperienze, è arrivato il momento di analizzare almeno parte delle attività poste in essere e cercare di trovare i punti di forza o di debolezza.
Una delle attività particolarmente significativa è stata “Il percorso di orientamento e di supporto allo sviluppo delle competenze genitoriali” che ha affrontato quattro tematiche:
1. Essere genitori tra aspettative e realtà;
2. Oltre le parole: approfondire gli stili relazionali ed educativi per una connessione autentica tra genitori e figli;
3. Crescere insieme: il ruolo guida dei genitori nella vita dei propri figli;
4. Oltre il caos: come affrontare stress e contrasti genitoriali.
Gli incontri sono stati rivolti a tutti i genitori degli alunni dell’IIS Da Vinci – De Giorgio di Lanciano (CH) e tenuti da un esperto esterno, la Dott.ssa Ilaria Di Donato, che con il suo contributo dal punto di vista psicologico ci ha permesso di riflettere sul ruolo di genitore tra aspettative, stili educativi, ruolo guida, contrasti/stress e tanto altro. Alcuni di noi hanno trovato risposte, altri nuovi stimoli, altri ancora chissà!
Come ultimo passaggio, per capitalizzare più proficuamente questa faticosa ma bellissima esperienza genitoriale, abbiamo chiesto ai genitori partecipanti di lasciare una traccia, descrivendoci le loro impressioni.
Riportiamo di seguito alcune testimonianze più significative.
Lucia V. mamma di 2 figli adolescenti di 16 e 14 anni: “Ci tenevo a dire che ho ritenuto questo corso interessante ed utile perché ha portato noi genitori a molte riflessioni sul nostro operato e sul rapporto con i nostri figli: li conosciamo bene? Capiamo le loro necessità o le identifichiamo spesso come dei capricci? L'età adolescenziale è complicata per i nostri figli e per noi genitori. Purtroppo sono troppi i fattori che ne influenzano la crescita (interni ed esterni al nucleo familiare) e siamo noi adulti che dobbiamo essere in grado di capirli ed affrontarli per essere delle valide figure guida per loro; stare al loro fianco ma senza imporci. Il genitore non è un " mestiere" facile ma se fatto con il Cuore porta molte soddisfazioni!
Intanto, posso dire che dopo le lezioni ho notato che riesco a controllare i mie impulsi di rabbia e a conversare con più calma con loro. Grazie e ben vengano di queste iniziative.”
Luisa Fiorentino & Armando De Menna, genitori di Pietro: “Siamo lieti di condividere la nostra esperienza con chi non ha avuto modo di prendere parte agli incontri. E' stato un percorso utile, ricco di spunti di riflessione e di confronto, perché si sa...il mestiere di Genitori si impara sul campo...Brava la Dott.ssa Di Donato, che ha saputo strutturare i quattro incontri, dando spazio ad ogni domanda, con tatto e professionalità. Bravi i Docenti presenti e doppiamente coinvolti (nei panni di insegnanti e di genitori). Grazie quindi alla Scuola, nel suo insieme, ma soprattutto alle Persone che si sono adoperate con passione alla buona riuscita del Progetto! A presto!”
GIORUN mamma di due ragazzi adolescenti: “Credo che l'esperienza svolta sia stata molto utile per confrontarsi con altri genitori ed esperti. L'insorgenza di incomprensioni possono essere evitate attraverso strumenti soluzioni di facile realizzazione, talvolta banali. Fermarsi in questi incontri del sabato è stato un valore aggiunto per noi genitori che sapremo ricapitalizzare con i nostri figli. Certo se non ci si mette in gioco non si possono auspicare variazioni al tema. Interessante l'approccio diverso fra noi genitori alle criticità di adolescenti in fase di transito alla maturità. Si auspica un proseguo con sempre più attori in scena...la vita può essere sorprendente.”
Anche i docenti si sentono di dire la loro.
La professoressa D’Orazio esprime personale soddisfazione sia come genitore che come membro del team del progetto per questa iniziativa che è tra le più riuscite che abbia realizzato. La condivisione e la riflessione sulle criticità legate alla genitorialità ha fatto sentire più uniti e determinati i genitori, nell'accompagnare i propri ragazzi e ragazze nella realizzazione di sé.
Il professor Berardi nella veste di uditore, ascolta e fa tesoro delle riflessioni e delle considerazioni dei futuri colleghi genitori di adolescenti. Ad ogni modo, mette a confronto il suo punto di vista, che rispecchia le esperienze quotidiane vissute in aula con ragazzi i quali hanno bisogno di attente figure di riferimento, disponibili al confronto, come i partecipanti agli incontri.
Il professor Di Biase pensa che in effetti, l’attività ha dimostrato l’importanza di avere momenti di confronto tra genitori sulle problematiche adolescenziali comuni dei propri figli. Oggi non è facile per noi genitori, comprendere le situazioni che i ragazzi vivono in questa fase della loro crescita. Alle difficoltà tipiche dell’età adolescenziale, si aggiungono i vari rischi nascosti nell’utilizzo dei canali social, che amplificano stimoli e a volte disorientano gli adolescenti sui modelli da seguire. Non si può essere preparati a tutto questo e un confronto attivo tra genitori sicuramente aiuta.
In effetti, nella partecipazione agli incontri si percepiva come tali iniziative fossero attese, necessità forse inespresse, ma fortemente sentite. Una novità quindi nel sistema scolastico italiano che meriterebbe di essere replicata in modo sistematico.
I docenti Angela d’Orazio, Patrizio Berardi, Renato Di Biase
GIOCHI E GARE DEL NOSTRO ISTITUTO
IL ‘DA VINCI-DE GIORGIO’ PRESENTE ALLA FASE D’ISTITUTO, ALLA FASE REGIONALE INDIVIDUALE E ALLA GARA A SQUADRE DEI GIOCHI DELLA CHIMICA 2025
I Giochi della chimica sono organizzati dalla Società Chimica Italiana, su incarico della Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionale di istruzione del Ministero dell’Istruzione e del Merito, si svolgono grazie al supporto operativo della Società Chimica Italiana, delle sue Divisioni e delle Sezioni. Nati nel 1984, i Giochi e le Olimpiadi della Chimica sono inseriti tra le iniziative di valorizzazione delle eccellenze riguardanti gli studenti delle scuole secondarie superiori.
Il Nostro Istituto ha partecipato il 7 febbraio con 65 studenti alla fase di istituto delle gare individuali per la classe di concorso A (primo biennio ) e la classe C (triennio di chimica); un alunno della 5 CH, Giancristofaro Daniele (classe C) e cinque alunni/e del primo biennio CUFARI LUCIANI 2A, CALASSO SYRIA 2B, ROMANO GARGARELLA SOFIA 2B , DE SIMONE ALESSIO 2C, TANO DOMENICO 2E (classe A) si sono qualificati per la fase regionale, che si è svolta a Teramo presso l’IIS “Alessandrini” sabato 29 marzo 2025.
Complimenti a tutti i partecipanti, ed in particolare a Giancristofaro Daniele, nono nella classifica individuale regionale per la classe C e a Calasso Syria dodicesima al regionale per la classe A.
Quest’anno inoltre il nostro istituto ha partecipato per la prima volta alla Gara a Squadre dei Giochi della Chimica, che si è svolta Vasto il 19 marzo presso l’IIS ‘E. Mattei’ con tre squadre:
SQUARDA 1: GIANCRISTOFARO DANIELE 5 CH, SORGETTI MARCO 4 CH, DI MARCO NICOLE 2 B, CALASSO SYRIA 2 B
SQUADRA 2: DE LAURENTIIS RICCARDO 5 CH, MELIZZI VITTORIO 4 CH, PERCA RICARDO GABRIEL 2E, CUFARI LUCIANO 2 A
SQUADRA 3: PALMIERI DAMIANO 5 CH, BERTOLDI ELISA 4 CH, ROMANO GARGARELLA SOFIA 2 B, DE SIMONE ALESSIO 2 C.
Anche questa esperienza è stata un’importante occasione per i/le nostri/e alunni/e per imparare a mettersi in gioco, confrontarsi con gli altri e crescere!
Prof.ssa Angela D’Orazio
ECCELLENTI RISULTATI ALLA FASE REGIONALE DEI GIOCHI MATEMATICI DEL MEDITERRANEO
Il giorno 7 marzo si è svolta la Finale d'Area dei Giochi matematici del Mediterraneo presso l'Istituto "Umberto I " di Lanciano , organizzata dalla AIPM, ACCADEMIA ITALIANA PER LA PROMOZIONE DELLA MATEMATICA con sede a Palermo. Hanno partecipato 6 alunni del nostro Istituto, i quali hanno superato le due precedenti fasi d’istituto. Abbiamo riportato risultati entusiasmanti! Infatti l'alunno Basile Alessandro della 3 Inf A è stato il primo classificato per la categoria S6 (terzo superiore), inoltre, gli alunni Massa Thomas e D'Angelo Andrea della 1C sono risultati rispettivamente primo e secondo classificati nella categoria S4 (primo superiore). Per i due vincitori di questa fase, si apre la possibilità di partecipare alla Finale Nazionale che si terrà a Palermo il 18 maggio 2025.
Congratulazioni ai nostri bravissimi alunni! Siamo orgogliosi di voi!
UTOL’A.I.P.M. «Alfredo Guido» (Accademia Italiana per la Promozione della Matematica) nasce nel 2010 da un gruppo di docenti di matematica della Scuola Primaria e Secondaria di 1° grado con esperienza pluriennale nell’organizzazione di Giochi Matematici. Il nome di “Accademia” non è casuale. Esso vuole esprimere la ferma volontà dei soci di studiare e approfondire i temi riguardanti la Matematica e metterli a disposizione di chiunque.
La motivazione molto forte, l’amore per la Matematica e la sua promozione tra gli studenti e la voglia di organizzare gare, connessa alla richiesta da parte di docenti e dirigenti scolastici di proseguire sulla strada iniziata anni fa e alla richiesta di collaborazione per corsi di formazione sulla didattica della matematica da parte di istituzioni scolastiche e gruppi di ricerca universitaria, ha fatto sì che alcuni Docenti dell’Accademia si “specializzassero” in questi settori.
Nascono così i Giochi Matematici del Mediterraneo (GMM): essi si prefiggono lo scopo di mettere a confronto fra loro allievi di diverse scuole che, gareggiando con lealtà nello spirito della sana competizione sportiva, sviluppano atteggiamenti positivi verso lo studio della matematica. I giochi offrono, inoltre, opportunità di partecipazione ed integrazione e di valorizzazione delle eccellenze.
Prof.ssa Angela D’Orazio
IL DA VINCI DE GIORGIO VOLA IN FINALE AL CONCORSO NAZIONALE MAD FOR SCIENCE 2025
Il DA VINCI DE GIORGIO è tra gli 8 istituti finalisti al concorso nazionale MAD FOR SCIENCE 2025 indetto dalla Fondazione Diasorin!!!
Un concorso prestigioso riconosciuto come iniziativa di valorizzazione delle eccellenze dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, che si inserisce nel più ampio impegno della Fondazione per una didattica scientifica innovativa, inclusiva e orientata al futuro.
Gli 8 istituti finalisti si contenderanno il montepremi complessivo di 200.000 euro per potenziare il proprio laboratorio di scienze alla Challenge del 29 maggio a Torino.
Il nostro progetto valorizza il ruolo di batteri e lieviti come risorse naturali biologiche utilissime per la salute e il benessere delle persone.
Il team è composto da 4 docenti e circa 50 alunni/e, del triennio di Chimica Ambientale e alunni selezionati delle classi seconde. I docenti sono: due docenti di Chimica, prof.ssa Angela d’Orazio (referente del progetto) e la prof.ssa Concetta di Campli, due docenti I.T.P. di Chimica e Microbiologia, la prof.ssa Ernestina Ciccotelli e il prof. Antonio d’Adamo. I 5 alunni che presenteranno il progetto a Torino sono: Bertoldi Elisa (4 CH), Tano Ylena e Davide De Fazio (3 CH), Cufari Luciano e Geniola Greta (2 A). Hanno partecipato alla realizzazione del progetto, in particolare: Palmieri Damiano e Magliocca Lia (5CH), Seccia Enea (4 CH), Ucci Alessandro (4 CH).
Nella comunità scientifica attuale un crescente interesse è riservato al kefir, prodotto dalla sinergia simbiotica tra batteri e lieviti ‘probiotici’ per fermentazione di un substrato
acquoso o caseario. E’ stato dimostrato il ruolo del kefir nel corretto mantenimento del microbiota intestinale, il quale svolge un’attività protettiva contro l’infiammazione
cronica, ha un’attività antiossidante, e sembra aumentare l’efficacia di alcune immunoterapie contro il cancro.
L’assunzione di cibi fermentati è fortemente consigliata per mantenere uno stile di vita sano, per essere longevi il più possibile (da cui il titolo ‘FOREVER YOUNG’).
Siamo interessati allo studio del kefir d’acqua. Sarà molto stimolante indagare come è composto il biofilm, la morfologia dei microorganismi, identificarli tramite il profilo genetico e/o biochimico, osservare la biodiversità dell’associazione microbica in base al tipo di substrato fermentato (frutta tipica abruzzese).
Gli enti di ricerca coinvolti, il CREA IT di Pescara e il CAST di Chieti, forniranno il know-how necessario, tramite una proficua collaborazione a distanza e tramite incontri in presenza.
Infine il CAST CENTER OF ADVANCED STUDIES and TECHNOLOGY dell’Università ‘D’Annunzio di Chieti-Pescara potrà completare il progetto sperimentando su modelli murini tumorali, in vitro e in vivo, il Kefir prodotto nel nostro laboratorio scolastico!
Prof.ssa Angela D’Orazio
Campionati di Automazione Siemens 2025
Una rappresentazione di nostri alunni ha realizzato il progetto GEMMA (Grenhouse Electronic Micro Modular Automation), in collaborazione con alunni dell'ITS Accademy di Lanciano, per partecipare ai Campionati di Automazione Siemens 2025. La gara ancora non si è conclusa, ma il progetto è stato già premiato nell'ambito del concorso RATI - Immagina il Futuro, in memoria di Giovanni Di Fonzo, nella giornata di sabato 24 maggio 2025, classificandosi al terzo posto tra i progetti presentati, valutato da una giuria di esperti composta da Maria Rosaria La Morgia (giornalista), Daniela Giangreco (imprenditrice), Giuseppe Natale (fondatore della Valagro), Silvio Calice (presidente della CNA Abruzzo) e Sandro Imbastaro (presidente della associazione RATI).
Il progetto ha visto gli alunni impegnati nella realizzazione di un sistema modulare di microserre per la coltivazione di fragole (o di altra frutta di pregio), che, grazie alla automazione, aumenta la produttività dei terreni messi a coltura.
Per la nostra scuola hanno partecipato gli alunni: Chiara Braccia, Alessandro Chieregato, Alessandro Giangiulio, Gianluca D'Ortona, Alberto Bucco, Francesco Della Penna, mentre in rappresentanza dell'ITS hanno partecipato gli studenti: Pietro Andreozzi, Lorenzo Catalusci, Matteo Pace, Olga Zinni, Simone Di Vincenzo, Cristian Tamburro.
prof. Federico Di Sante
Il gruppo di progetto alla finale del concorso RATI
Il logo del progetto
POESIA: I LUOGHI DEL CUORE
Nel cuore di casa ho un angolo vero,
dove il tempo rallenta, diventa sereno.
La mia stanza è un nido, un dolce riparo,
un mondo speciale, silenzioso e caro.
Le pareti contengono sogni leggeri,
pensieri nascosti, parole di ieri,
qui trovo la pace tra ombre diffuse.
La notte mi avvolge con il suo buio
mentre la luna illumina il cielo.
Ogni paura crescendo si scioglie pian piano,
qui sono al sicuro, come se mi tenessero per mano.
Iezzi Evelyn 2F
Ero felice
Ero allegro
Nel cantuccio mio
Riposavo non lo nego
Io bambino che pensavo
“son contento”, non m’annoiavo
Poi però sei cresciuto
Quel posto l’hai perduto
Ti piaceva
e non ti stancavi
Poi…grande
e pian piano lo lasciavi
Senza accorgerti
Non lo vedevi più
ma il tuo cuore
rimaneva laggiù
Adesso guardi con malinconia
il tempo che passa, se ne va via
ma i ricordi, quelli rimangono
e altri col tempo, poi rinascono.
Luca Neacsa 2^F
Si nasconde un angolo di paradiso
tra le mura azzurre e silenziose
un lettuccio caldo coperto da un piumone
capace di mettermi di buon umore.
Qui il mondo esterno svanisce, lontano
e l’anima trova un dolce riparo.
Come un gattino che dorme sul tetto,
l’anima mia riposa nel letto.
Liberati Alessandro 2^F
Lungo un sentiero,
alberi e piante.
Un percorso torbido e nero
un albero segue il ritmo danzante
accarezzato dal vento estivo frizzante
che porti via ogni mio pensiero
e mi renda più leggero.
Un ruscello,
cinguetta un uccello
Volteggia e si esibisce nel cielo,
vola veloce come un pensiero.
Sento che il tempo si ferma
sento un silenzio dolce e assordante,
il vento mi sfiora inebriante.
Il bosco spaventa
con me si confida.
Il vento sussurra, non tradisce i miei segreti,
lungo un sentiero
mi avvolge un grande mistero.
Pasquini Francesco 2^F
Re di Coppe
E’ il mio nido lancianese,
dove non sono mai vano,
ad altri sconosciuto
da me sempre voluto.
Luogo natio,
mi hai visto giocare,
senza vergogna
né menzogna.
I momenti più belli
e quelli più brutti,
in questo cantuccio
sono cresciuto.
Non posso dimenticare
né lasciare,
tra la natura mi sono perso
in città mi sento avverso.
La Farciola Matteo 2^F
Oia (Santorini)
Oia arroccata lassù
tutta bianca e blu,
con muri di bouganville muti
e i tuoi mulini a vento
che ti fan perder nel tempo.
Ai tuoi piedi la caldera
prigioniera di quel mar.
E al tramonto affronto
il rosso sgargiante
e accattivante di quel sol
che il cuor mi rubò.
Caravaggio Mattia 2^F
Tra le colline verdi d’Abruzzo,
s’alza il borgo antico, Castel Frentano,
e il sole bacia le case in silenzio.
Le strade strette raccontano storie
di tempi lontani, di sguardi persi,
mentre le montagne lo abbracciano forte,
custodi di segreti e sogni nascosti.
Le campane suonano un ritmo lento,
un richiamo che sfida il tempo e l’eterno,
trovando pace nella semplicità.
Andrea Nasuti 2^F
LA STORIA: PER NON DIMENTICARE
Il dovere della memoria
La pace e la libertà riconquistate dagli Italiani, dopo la liberazione dall’occupazione nazifascista da parte degli Alleati anglo-americani e dei partigiani, che con grande spirito di sacrificio li affiancarono, ci impongono il dovere della memoria e il rispetto di questi valori fondanti della nostra civiltà ancora oggi minacciati dai conflitti in corso. Sentiamo quindi il dovere di ricordare che Lanciano fu fra le prime città italiane a insorgere contro i Tedeschi.
Subito dopo l’armistizio, il 12 settembre 1943, i Tedeschi occuparono Lanciano sottoponendola a saccheggi e a reclutamenti forzati. I Corpi della Finanza e dei Carabinieri erano stati sciolti e molti si rifiutarono di consegnare le armi al Comando tedesco, lasciandole ai partigiani e a chi voleva combattere contro i Tedeschi.La popolazione si ribellò e si costituirono organizzazioni clandestine che eseguivano azioni di sabotaggio a danno degli occupanti. Il 4 ottobre i cittadini si riunirono in Piazza Plebiscito convinti che il Generale del Genio a riposo, Gervasio Mercadante, che aveva rimproverato alcuni tedeschi che avevano saccheggiato numerosi negozi, fosse stato arrestato. A guidare la resistenza furono Carlo Schonheim, medico ungherese di origini ebraiche, e Amerigo Di Menno Di Bucchianico, ex militare. Insieme fondarono la Banda Patrioti di Lanciano, con circa duecento uomini tra operai, ex soldati e giovani. Il 5 ottobre, due camionette tedesche arrivarono per errore vicino a un deposito di armi dei partigiani lungo la strada di circonvallazione in Contrada Bagnaro.
Gli automezzi furono assaltati e incendiati, i soldati che erano a bordo furono feriti. Durante gli scontri fu catturato il partigiano Trentino La Barba, che fu interrogato e torturato invano, per tutta la notte, affinché rivelasse i nomi dei compagni. Il mattino successivo fu condotto presso Viale Cappuccini, legato ad un albero, accecato ed ucciso. Nel corso della mattinata del sei ottobre i partigiani, sostenuti dalla popolazione, attaccarono i Tedeschi per scacciarli da Lanciano. Lo scontro durò fino al pomeriggio, quando i Tedeschi che avevano ricevuto i rinforzi prevalsero. Degno di nota è il caso di Vincenzo Bianco che fu ferito a una gamba da una pallottola vagante e ucciso da un soldato tedesco insieme all’amico Giovanni Calabrò intervenuto a soccorrerlo. Guido Rosato, sorpreso dai Tedeschi con le armi in mano, venne ucciso nonostante avesse fatto segno di resa. Da parte loro i Lancianesi soccorsero i soldati feriti mostrando una grande umanità. I combattimenti causarono 33 morti tra partigiani e civili di Lanciano e 47 tra ufficiali e soldati tedeschi.
Francesco Silveri, Lorenzo Rosetta, Alessandro Del Bello 5^ INF A
La liberazione dal nazifascismo, di cui il 25 aprile 2025 abbiamo celebrato l’80° Anniversario, è avvenuta anche attraverso il grande contributo della Brigata Maiella, una formazione partigiana abruzzese costituita a Casoli, nell’autunno del 1943, dall’avvocato Ettore Troilo. Raggruppò giovani provenienti principalmente dalle valli del Sangro e dell’Aventino, che volevano vendicare le distruzioni di oltre venti paesi e le stragi di civili inermi volute, nell’autunno 1943, dal comandante in capo delle forze tedesche in Italia, maresciallo Kesselring, per ostacolare l’avanzata dell’VIII armata britannica del generale Montgomery. Il gruppo di combattimento comprendeva ex militari, intellettuali, contadini, operai, artigiani, commercianti, dichiaratamente repubblicani ma non dipendenti da nessuno dei partiti del Comitato di Liberazione Nazionale. Il Corpo dei volontari della Maiella dall’inizio del 1944 cooperò attivamente con i reparti alleati, aggregato all’ VIII armata britannica con la quale combatté anche dopo la liberazione del territorio abruzzese nelle Marche, in Emilia Romagna e in Veneto. Fu inquadrato dal febbraio 1944 nella 209a divisione dell’esercito italiano ma restò un reparto autonomo. La Brigata Maiella è l’unica formazione partigiana decorata con la medaglia d’oro al valor militare alla bandiera nel 1963.
Nicola Di Battista, James Scaglione 5^ INF A
La battaglia del Sangro
La valle del Sangro fu una delle zone maggiormente colpite durante la Seconda guerra mondiale.
Nel novembre 1943, il generale tedesco Kesserling decise di organizzare un robusto sbarramento nell’Italia centrale, a sud di Roma, la “linea Gustav” che da Ortona arrivava fino a Cassino, attraversando l’Abruzzo. La rapida avanzata degli Alleati, che risalivano dalla Sicilia attraverso l’Italia meridionale, così rallentò notevolmente nella nostra regione. Qui operava l’ottava Armata inglese, al comando del generale Montgomery, che finse l’attacco dall’interno, nella zona montuosa di Castel di Sangro. I Tedeschi rasero al suolo i paesi vicini e distrussero le vie di comunicazione, secondo la tattica della “terra bruciata”, per rendere difficile l’avanzata degli Inglesi. Montgomery invece aveva individuato il punto più debole della “linea Gustav” sul fiume Sangro, superato il quale si sarebbe aperta la strada per Pescara e, successivamente, per Roma.
Quando i Tedeschi si accorsero che l’ottava Armata era già insediata a Vasto, si spostarono a Mozzagrogna e a Santa Maria Imbaro. Iniziò così un durissimo combattimento, noto come “Battaglia del Sangro”, che si svolse tra il 28 novembre e il primo dicembre 1943 e che costò la vita, solo tra gli Inglesi, a 1500 soldati, che ora riposano nel Cimitero di guerra di Torino di Sangro. In particolare, i paesi di Atessa e Fossacesia sono stati testimoni di intensi scontri tra le forze alleate e le truppe tedesche , che si ritiravano strategicamente verso Nord. Atessa, per la sua posizione strategica, è stato un punto di scontro significativo. Fossacesia, per la sua vicinanza alla costa, ha giocato un ruolo cruciale nell’assicurare il supporto navale alle operazioni in corso.
Dopo la Battaglia del Sangro i Tedeschi si schierarono sul fiume Moro, lungo la strada Ortona-Orsogna-Guardiagrele. Dal 20 al 28 dicembre 1943 si svolse a Ortona, soprannominata la “Stalingrado d’Italia”, una delle battaglie più dure e sanguinose combattute nella penisola durante la Seconda guerra mondiale. I soldati dell’esercito degli Alleati erano in maggioranza canadesi. I quasi 1400 caduti in battaglia, ora, riposano nel Cimitero di guerra di Ortona.
Tuttavia neanche la conquista di Ortona consentì agli Alleati di raggiungere Pescara. Così, ancora per mesi, continuò la guerra in Abruzzo con distruzioni, razzie, violenze e stragi.
Le testimonianze di coloro che vivevano in queste località durante il conflitto riguardano non solo gli scontri ma anche la vita quotidiana interrotta dalla guerra, evidenziando una realtà di paura e incertezza. Oggi queste località cercano di mantenere vivo il ricordo di quei momenti drammatici e di promuoverne lo studio, contribuendo a un’educazione critica e consapevole della memoria storica.
Mattia D’Angelo, Roberto Di Vito 5^ INF A
NOI E IL MONDO ATTUALE
Oggi la bellezza fisica è un fattore molto importante, non solo nella televisione, ma anche tra i banchi di scuola, soprattutto dalle nuove generazioni, perché si sta incominciando a dare troppa importanza all’aspetto fisico e poco alle caratteristiche interiori di una persona.
“Hai mai desiderato essere ciò che realmente non sei?”
“Hai mai immaginato una nuova parte di te, più bella e più giovane?”
Questi sono i pensieri che le generazione di oggi si fanno, perché ciò che vediamo la maggior parte delle volte non è reale, è una finzione.
Ma perché si ambisce alla perfezione? Molti diranno che solo Dio è perfetto, e che quindi questa domanda non ha senso, la realtà però è che siamo costantemente sottoposti al giudizio.
Parole che attaccano la nostra autostima, che ci disegnano come sbagliati, da sostituire.
Tutto questo opera sotto i nostri occhi; ormai è diventato quasi normale sentire un insulto, un giudizio non richiesto o un comportamento maleducato nei confronti di una persona, per il suo aspetto fisico o per il modo in cui è vestita.
Troppo spesso sentiamo dire che la perfezione è un corpo magro, senza imperfezioni, ma quasi mai sentiamo una riflessione sincera su ciò che ha dentro una persona.
L’ambizione di essere di più ci divora, ci rovina dentro fino a rovinarci, convincendoci che non siamo e non saremo mai abbastanza per la società, la verità è che bisogna sempre accettarsi per ciò che si è, nessuno nasce e nessuno sarà mai “progettato” per essere perfetto, perché tutti attraverseremo l’invecchiamento, che servirà per consolidare principalmente il nostro carattere.
Vi siete mai chiesti cosa faranno della loro vita i ragazzi che lavorano esclusivamente con il loro corpo?
Il film “The Substance” (horror) risponde a questa domanda. Una famosa icona televisiva viene licenziata perché secondo il suo capo, “vecchia”. Lei, sconfitta dal dolore, si affida ad una specie di agenzia, che le promette una nuova versione di lei: più bella, più giovane. Ad una sola condizione: alternarsi ogni sette giorni.
Nel film la protagonista impazzisce, litiga con sé stessa per poi distruggersi con le sue stesse mani.
Impauriti di invecchiare, di non essere più giovani, saremo disposti a fare tutto per la fama e per la nostra immagine, ma, soprattutto, saremo disposti a fare di tutto per gli altri, condizionati dal loro giudizio. Quando in realtà purtroppo la società troverà sempre qualcosa che non va.
La televisione dovrebbe mostrarci la realtà delle cose. Quello che invece fa è censurare. Si preferisce di gran lunga, vedere ciò che canonicamente bello, ciò che è più comodo, invece della vita reale e delle sue complicanze.
A tutte le persone giudicate per il loro aspetto, vi capisco.
Non è facile vivere in questa società, che si basa sull’apparenza, ricordate che mentre voi siete voi stessi, gli altri non cambieranno mai, perché già rovinati dalla “massa”, che li costringe a comportarsi in modo futile, trainati dall’invidia per l’originalità.
Non cercate mai di non essere voi stessi perché come nel film, diventerete ciò che avete sempre odiato.
Apprezzate le vostre caratteristiche, amate i vostri difetti, imparate ad accettarvi, perché nessuno lo farà mai quanto lo fate voi. Cogliete il tempo, non sprecatelo, sappiate apprezzare sia i momenti belli della vita che quelli brutti, cercate di trarne vantaggio e farne tesoro.
“Loro ridevano di me perché sono diverso, io rido di loro perché sono tutti uguali.” - Joker.
Geniola Greta 2^A