Come possiamo notare nel disegno eseguito dallo stesso Marussig, anche durante quella pandemia lo Stato aveva deciso di chiudere i confini. Nella rappresentazione si osserva come il confine sia presidiato da una guardia; anche ai nostri tempi c’è stata la chiusura dei confini con la Slovenia e le forze
dell’ordine garantivano e garantiscono l’osservanza delle disposizioni di legge.
Nel 1656 su impulso del Barone Giovanni Vito Del Mestri fu fondato un ospedale in piazza Nicolò Tommaseo, chiamata più comunemente Piazzutta, che in friulano è detta Plazuta; il nosocomio era costituito da stanze per gli ammalati, una sezione separata per pellegrini e mendicanti e una stanza per la somministrazione del vitto ai poveri.
Era situato nelle vicinanze del fiume Corno, il fiume “fantasma” che attraversa Gorizia.
L’ospedale si rivelò fondamentale per fronteggiare la situazione pandemica e inizialmente fungeva da lazzaretto. Successivamente, quando le condizioni si aggravarono, i Goriziani furono costretti a separare i malati e quindi a costruire un lazzaretto nei pressi del borgo rurale di Sant’Andrea lungo il fiume Isonzo.
Per quanto concerne la fabbricazione del nuovo lazzaretto, cioè quello detto “Campagna di Santo Andrea”, Marussig ne parla anche nel sonetto Si loda la fabrica del novo lazaretto che viene presentato in traduzione dal friulano.
Originale in friulano
Si loda la fabrica del novo lazaretto
Chi comenzà il guviar e buna cura
cul fa dei impestaz la differenza:
in separat cabot chel ch’era senza,
chel cul segnal in lazaret s’indura.
Chì i confessors chiatarin la vintura.
Senza impestassi e cu la so patienza
fazevin confessà senza violenza,
biel stant al fresch e sot di che verdura.
I siors inquisitors po visitavin,
al timp determinat, chel che tignivin
par impestat e ‘l san po separavin.
Finit la quarantia, lu vistivin:
li strazis d’ogni sorta ben brusavin,
i muarz infez ben sot prest sepulivin.
Traduzione in italiano
Si loda la fabbrica del nuovo lazzaretto
Qui incominciò il governo e buona cura
col fare la distinzione dei malati di peste:
quello che era senza in una baracca separata
e nel lazzaretto resta quello con il segnale.
Qui i confessori trovarono la loro fortuna.
Senza infettarsi e con la loro pazienza,
facevano confessare senza violenza,
standosene al fresco e sotto quelle frasche.
Dopo, al momento stabilito,
i signori inquisitori visitavano quello
che ritenevano infettato e separavano il sano.
Finita la quarantena, lo vestivano:
bruciavano ben bene gli stracci di ogni tipo,
seppellivano subito in profondità i morti per la peste.
Un altro lazzaretto era gestito dalle suore Orsoline nel convento della città di Gorizia, situato accanto alla chiesa di Sant’Ignazio, quindi fino all’attuale via Roma, che confinava con piazza Vittoria, dove era situata la casa di Marussig. E proprio durante il periodo di quarantena il Marussig aveva scritto il “Diario della peste”.
Allora, come adesso, la piazza era un luogo d’incontro per la popolazione della Contea di Gorizia.
In piazza della Vittoria oggi è presente la colonna di Sant'Ignazio, un omaggio alle Sante Messe della peste del 1682.
Oggi come mezzo di prevenzione per evitare la diffusione del Covid in ampia scala esistono i tamponi che a Gorizia vengono effettuati nel parco Basaglia. Come si può osservare ai possibili contagiati viene effettuato il tampone molecolare dal proprio automezzo.
Come ai tempi di Marussig, che si è confinato in casa per ben 84 giorni, anche noi sappiamo cosa significa ridursi alla quarantena, intesa come lockdown, all’inizio della pandemia nel 2020. Per concludere segue una serie di disegni di Marussig dove possiamo ammirare alcuni scorci cittadini del suo tempo.
Curato da: Alessia Botti e Giada Caon