La relazione del contagio a Gorizia, redatta da Marussig in 4 manoscritti, è occasione sia per riflettere sulla pandemia del XXI secolo sia per sviluppare confronti ed eventuali parallelismi con la realtà, gli avvenimenti e la mentalità delle persone durante la peste scoppiata sul finire del '600.
Noi abbiamo a disposizione dei racconti documentati che potremmo paragonare a dei veri e propri giornali, in quanto testi e dati, accompagnati da figure disegnate dallo stesso autore, sono un'interessante e attenta lettura cronachistica della realtà di Gorizia nel 1682 e nel 1683.
Sin dagli inizi del manoscritto si possono notare molte analogie tra quel periodo ed i giorni nostri, soprattutto nelle restrizioni: una delle prime fu la chiusura dei confini, per limitare il contagio nella città; a ciò seguì il divieto di assembramento, di svolgimento di processioni religiose e di celebrazione delle Sante Messe, all’epoca molto partecipate.
Vennero inoltre istituite le quarantene, chiuse le scuole, molte delle quali gestite dai Gesuiti, e nel contempo predisposte aree destinate ai lazzaretti, luoghi di isolamento e cura dei malati.
I lazzaretti divennero però anche un luogo in cui venivano confinati coloro che si opponevano nel rispettare le restrizioni o che si desiderava, in qualche modo, eliminare.
Non solo: il confinamento nel lazzaretto era utilizzato anche per spaventare le persone e per obbligarle a seguire le regole d'igiene e di prevenzione al contagio, un po’ come oggi vengono mostrate in televisione e sui social media le corsie dei reparti Covid.
In un passo dello stesso Marussig si legge:
"Sta a casa, Palla, altrimenti ti dico davvero: nel lazzaretto ti aspetterà lo zappone.”
lo zappone è probabilmente la zappa per scavare la propria fossa. Si intuisce così che gli avvertimenti erano molto più incisivi di quelli diffusi oggigiorno.
E ancora:
"Marco, tu scappi dalle moschettate. La morte t’aspetta in dodici sole giornate."
si riferisce all’episodio di un condannato a cui venne concessa l’amnistia, a patto che servisse nel lazzaretto per 12 giornate. È di fatto una condanna a morte.
Il lazzaretto serviva anche alla Chiesa per punire i bestemmiatori:
"Hai impestato l’aria con le bestemmie. Va in lazzaretto a fare le tue vendemmie."
e possiamo facilmente capire cosa siano le vendemmie.
Come all’inizio del 2020, anche all’arrivo della peste del ‘600 a Gorizia fu molto difficile riconoscere gli infetti ed effettuare un tracciamento, che però Marussig dimostrò di essere in grado di fare.
Esempi sono le vicende di un commerciante di cavalli, che portò l’infezione nella città perché non venne isolato immediatamente, e di uno speziale goriziano che, contagiato, si recò nelle case di persone, spesso già ammalate, per vendere i suoi farmaci, e ciò causò il dilagare della peste.
I goriziani avrebbero preferito un’anticipazione delle restrizioni come testimonia il passo:
"Se la quarantena incominciava prima, spazzava via la peste con netto anticipo."
il terrore a questo punto dilagava talmente tra i cittadini che loro stessi iniziarono a chiedere, impauriti, delle misure igieniche d’eccezione, come fece lo stesso Marussig, scrivendo:
“Scopatemi il Traunig con questa speranza: che non venga mai il bubbone nella mia stanza.”
Travnik corrisponde all’odierna Piazza della Vittoria.
Il terrore della peste, ma anche delle restrizioni e del lazzaretto, portò alcuni cittadini a voler nascondere la malattia e il contatto con gli infetti, come accadde alla morte di una baronessa al cui funerale non si dichiarò la causa del decesso. Il diario della peste, tuttavia, non è solo morte, malattia e tragedia, ma anche speranza e ricerca di una soluzione: la soluzione, per l’autore, era il buon vino, che lo rasserenava nei momenti tristi, ad esempio nella registrazione dei decessi nel manoscritto. Proprio per questo, egli donò del vino al lazzaretto, per alleviare le terribili sofferenze ad alcuni appestati.
Dalla riflessione su questi temi emerge spontaneo il messaggio di speranza che vuole la fine della pandemia, confidando non nel vino ma nella scienza e nella responsabilità di tutti per superare questo tormentato momento storico.
Curato da: Elena Bitetti e Manuel Zei