Nella composizione dei vari vini della Valpolicella le uve entrano in maniera diversa, in base alla bravura e alla fantasia dei singoli produttori.
Il vitigno principale per importanza è la CORVINA VERONESE, soprattutto ai fini della produzione dell’Amarone e del Valpolicella.
E’ molto apprezzata per il suo forte potere colorante e per la sua grande capacità di adattamento all’appassimento.
E’ conosciuta sin dal 1627 grazie all’opera Problemi del bever freddo di Alessandro Peccana.
Il grappolo è di media grandezza, piramidale con un’ala visibile e più lunga dell’altra; gli acini sono sferici, pruinosi, non troppo grandi, con pochi vinaccioli e di colore blu e viola.
Il CORVINONE occupa da sempre alcuni dei vigneti più nobili della Valpolicella. È diffuso in alta collina, zona che è tra le più impegnative, sia dal punto di vista della fertilità del terreno, sia da quello dell’impostazione dei sistemi d’impianto. Tutto ciò, unito alla sua inclinazione a produrre acini e grappoli con ottima resa, crea una combinazione qualitativa alla quale difficilmente i viticoltori che privilegiano nei loro vini il terroir sono disposti a rinunciare.
Il suo grappolo è grande, piramidale e non molto compatto, con due ali distinte ed equilibrate. L’acino ha buccia blu e contiene molta pruina. Matura un po’ più tardi della Corvina.
La RONDINELLA, rappresenta il vitigno ideale per la produzione del Recioto.
La sua prima apparizione in un testo ufficiale è nella Monografia agraria della provincia di Verona del 1882.
Ha foglia pentagonale e possiede grande resistenza alle malattie , agli insetti e alla siccità.
Il grappolo è cilindrico e di compattezza media, con acini di colore nero-viola.
La MOLINARA è un vitigno delicato, dal colore trasparente.
E’ nota anche come ‘uva salata’ per il suo equilibrio che non spinge nè sull’acidità nè sui tannini, facendone emergere la sapidità.
La foglia è semplice, trilobata e con leggera peluria sulle nervature.
Il grappolo è poco compatto, cilindrico e con due ali evidenti.
Ha maturazione piuttosto tardiva, anche se soffre abbastanza l’umidità.
Poco usata per i vini più importanti, finisce spesso nel Valpolicella d’annata.
Due sono i simboli più significativi della coltivazione della vite in Valpolicella: il sesto d’impianto a pergola e le màrogne.
La pergola è un modo di coltivazione della vite che generazioni di contadini succedutesi in Valpolicella sono giunte a considerarla come il sistema più adatto a quest’area, prendendo come criterio di valutazione il ritorno economico, il rendimento e la qualità.
Negli anni Cinquanta Roberto Lupetti, direttore dell’Ispettorato agrario di Verona, descrisse la pergola come “una galleria di verde attraverso la quale i raggi del sole sarebbero passati come all’interno di una cattedrale”.
Le màrogne sono caratteristici muretti a secco di sassi, posizionati a spina di pesce, che delimitano le stradine di campagna e i terrazzamenti con vigne e ulivi.
Tra loro c’è una relazione strettissima, nata per portare alle foglie e ai grappoli l’inclinazione ottimale della luce solare.