Referendum SI : manifesto delle culture socialiste

11settembre

Nel settantesimo anniversario della fondazione della Repubblica è innanzitutto doveroso ricordare il ruolo decisivo esercitato dalla cultura socialista e laica, e soprattutto da Pietro Nenni, per superare le ambiguità e le incertezze con cui da più parti si affrontava la questione della forma istituzionale dello Stato, e per giungere al referendum del 2 giugno 1946 ed alla contestuale elezione dell’Assemblea costituente.

Il testo della Costituzione del 1948, tuttavia, non sempre ha corrisposto alle esigenze messe in campo da quella cultura, ma piuttosto, come disse Piero Calamandrei, rappresentò “una rivoluzione promessa in cambio della rivoluzione mancata”; e specialmente per quanto riguarda l’ordinamento dello Stato non tenne in gran conto i suggerimenti che, attraverso il ministero per la Costituente, venivano formulati con rigore giuridico e chiaroveggenza politica da Massimo Severo Giannini e da Giuliano Vassalli.

Anche per questo, più di trent’anni fa, fu ancora la cultura socialista e laica a porre il problema dell’adeguamento delle istituzioni, con l’obiettivo di realizzare una democrazia competitiva che fosse al tempo stesso una democrazia governante. Il progetto della grande riforma fu ostacolato da coloro i quali ritenevano che si addicesse all’Italia una democrazia consociativa in grado di portare ad una non meglio definita “democrazia compiuta” fondata non su regole nuove capaci di riequilibrare i rapporti fra esecutivo e legislativo e fra Stato centrale ed autonomie territoriali, ma piuttosto sul superamento delle convenzioni ad excludendum che avevano a lungo delimitato a destra e a sinistra l’area di governo.

Un quarto di secolo dopo ci si trova a fare i conti con le stesse resistenze, con gli stessi rifiuti. Ancora una volta, infatti, si privilegia la riforma elettorale rispetto alla riforma costituzionale, e addirittura si condiziona il consenso sulla seconda alla modifica della prima.

Ovviamente non sfugge a nessuno il carattere strumentale del confronto in corso. A molti sfugge, invece, che lo schieramento che oggi si esprime per il no non solo è lo stesso che nelle recenti elezioni comunali ha tirato la volata ai candidati del M5s, ma per di più appare del tutto incapace di indicare un percorso per quella riforma del sistema politico che oggi è più necessaria di quanto non lo fosse negli anni ’90.

Noi invece, in coerenza con le buone idee che mettemmo in campo per tempo e che altri ebbero il torto di non recepire, non abbiamo difficoltà a schierarci a favore di questa riforma costituzionale. Sappiamo peraltro che con questo referendum non si chiude la pagina delle riforme istituzionali, ma anzi la si riapre dopo un ventennio di retoriche propagandistiche sul tema. Ed in questa prospettiva auspichiamo che gli elettori, anche trasgredendo le indicazioni di gruppi dirigenti avventuristi ed autoreferenziali, inducano le forze politiche ora rappresentate in Parlamento a fare proprio quello spirito costituente che settant’anni fa portò l’Italia fuori dal caos.

Gennaro Acquaviva, Salvo Andò, Mario Artali, Giorgio Cavalca, Luigi Covatta, Ugo Finetti, Pia Locatelli, Riccardo Nencini, Gianni Pittella, Carlo Tognoli.

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