Valle dei mulini

LA VALLE DEI MULINI DI GRAGNANO

La Valle dei Mulini di Gragnano è un percorso naturalistico del territorio dove tra archeologia industriale e natura si dispiega uno dei paesaggi più caratteristici della provincia di Napoli. Essa è lunga poco più di 2 km.

Intorno all'anno mille, il territorio di Gragnano era il confine Nord della Repubblica Marinara di Amalfi, e con il suo Castello in cima all'omonimo borgo, rientrava nel sistema difensivo insieme al Castello di Lettere, alla Rocca di Pimonte e al Castello del Pino. In questo periodo si ha documentazione che si autorizzò la creazione di alcuni Mulini per la macinazione del grano. La vicinanza del porto di Castellammare era funzionale all'arrivo della materia prima da macinare e anche al trasporto del prodotto finito.

La valle prende il nome dai mulini che sin dal XIII secolo svolgevano attività molitoria in quel luogo naturale continuazione della Valle dei Mulini e delle Ferriere di Amalfi, che si trova nel versante meridionale una volta valicato il monte Cervigliano che domina la valle gragnanese.

È il torrente Vernotico, privo di acqua nei periodi di assenza di pioggia, alimentato dalla sorgente della Forma, la fonte per i vari mulini sparsi nella valle. Un vero e proprio sito di archeologia industriale che mostra le attività produttive svolte dal medioevo fino allo scorso secolo.

La valle era abitata già in epoca paleolitica, mentre ad un’epoca compresa tra i 180 milioni e i 65 milioni di anni fa risalgono alcuni fossili, oggi visibili nella Biblioteca Comunale.

Risale alla metà del XIII secolo la concessione di alcuni feudatari per azionare le macine nel “flumine Graniani” sfruttando l’acqua del Vernotico. I mulini giunsero ad essere circa 28 di cui oggi ne restano 11, alcuni ridotti a stato di rudere.

Il primo che si incontra dopo il Macello comunale che ha riutilizzato a sua volta un mulino pubblico è il mulino La Pergola, tra i più interessanti e più grandi, arrivando fino nel torrente Vernotico. Superiormente aveva la terrazza dove si lavavano i grani e dove c’era l’imbuto che alimentava la condotta del mulino.

Il funzionamento. Costruiti in tufo o in pietra, con cupola a botte e due ali laterali per raccogliere le acque piovane da riutilizzare per gli animali, erano alimentati dalla forza motrice dall’acqua accumulata nelle torri laterali. Queste torri avevano un ugello trapezoidale che faceva uscire l’acqua a forte velocità e pressione investendo così le pale di una ruota orizzontale che iniziava a girare, a sua volta il palo di castagno posto al centro imprimeva la forza alle due macine superiori, di cui quella mobile realizzava la macinazione vera e propria. Una tramoggia permetteva di alimentare continuamente l’afflusso dei cereali, alcune leve permettevano di regolare la distanza tra la macina fissa e quella mobile a seconda del tipo di cereale da macinare.


Proseguendo si incontra il mulino del Monaco che ha per la città un’importanza storica notevole. Nel Catasto Onciario del 1756 nel censire il mestiere dell’affittuario del mulino (di proprietà del monastero di San Nicola dei Miri) Antonio di Nola, si notifica la professione del fratello di Antonio, Pascale che era maccaronaro, per cui si nota come da una costola dell’attività molitoria si stacca poi l’attività artigianale legata alla produzione della pasta. All’esterno una spianata permetteva che si asciugasse la pasta realizzata con la farina del mulino.

Proseguendo si arriva al mulino in località Forma.

Fu poi a causa della tassa sul macinato imposta nel 1869 che ci fu un rallentamento nell’attività molitoria gragnanese, fino alla completa estinzione nei primi del Novecento con l’avvento dell’industria della pasta derivata dalla profonda conoscenza dei vari tipi di grano. L’impasto con l’acqua della sorgente della Forma ne ha fatto un alimento semplice che è ancora oggi un’eccellenza.


I MULINI

Sono rimasti solo 13 i Mulini attualmente visibili nella Valle. Purtroppo tutti ormai in pessime condizioni.

I Mulini erano macchine meravigliose che nei secoli bui del medioevo hanno rappresentato un elemento di innovazione tecnologica, rispetto ai primitivi metodi di macinazione. Erano impianti semplici ma perfetti, risultato di un lungo processo di perfezionamento. Sostituivano il lavoro animale e aiutavano l’uomo nell'eseguire lavori pesanti e ripetitivi.


I Mulini furono costruiti sul percorso dell'acquedotto e utilizzavano tutti lo stesso sistema di macina ad asse verticale (su ruota orizzontale).

Dal punto di vista tecnico, un Mulino era composto da tre elementi principali:

  1. La Torre era in pratica un pozzo fuori terra, tenuta sempre piena d'acqua;

  2. Da un piccolo locale adiacente alla base (detta carceraria) dove era posta

una ruota che girava perché colpita dalla forza dell'acqua;

3. La macina al piano superiore, azionata dalla ruota posta al piano di sotto.




Le Torri erano enormi serbatoi sempre pieni d’acqua per tenere sempre costante la pressione in uscita in modo da far girare la macina senza interruzione o rallentamenti. Nella Valle sono visibili Torri a forma circolare più piccole ed altre più grandi a forma trapezoidale. In realtà le Torri all'interno sono tutte cilindriche, l’aspetto trapezoidale è dovuto ai contrafforti realizzati per contenere la pressione dell’acqua sulle pareti interne che essendo state costruite in materiale incoerente avevano poca resistenza.Tutte le Torri a forma cilindrica sono in realtà ad imbuto, hanno una leggera inclinazione interna e questo sempre per aumentare la pressione in uscita.

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La carceraria è il locale laterale alla base della Torre in cui era posta la ruota dell'acqua che in pratica era il motore di azionamento della macina posizionata nel mulino al livello superiore. Le dimensioni erano quelle strettamente necessarie al funzionamento del meccanismo. Un locale angusto, con un soffitto basso e ovviamente molto umido per l'enorme quantità di acqua che ci passava. Per queste caratteristiche era chiamata "carceraria" e certamente non era un lusinghiero riferimento alle condizioni di vita dei detenuti di quel periodo.

La Tramoggia: era una cassetta di legno a forma tronco di piramide rovesciata, in cui si versava il cereale che, attraverso un foro andava alla macina. Questa forma permetteva con l’ampia apertura superiore un facile carico e con la lieve inclinazione delle pareti una lenta discesa dei semi verso la bocca inferiore di scarico.

Macine:

Le macine erano mediamente 1,30 mt di diametro e realizzate in pietra dura e omogenea perché durante il funzionamento non perdessero pulviscolo che si mischiasse con la farina. Erano due ruote sovrapposte in posizione orizzontale di cui la superiore in movimento. La farina cosi ottenuta, tramite scanalature cadeva in un setaccio crivo dove era separata dallacrusca

per poi essere messa nei sacchi. In questo la buona qualità del prodotto era garantita mantenendo inalterate tutte le proprietà organolettiche, grazie alla bassa velocità del movimento delle macine.

Ruota orizzontale:

Il movimento della ruota era dovuto alla forza di impatto dell'acqua in uscita alla base del serbatoio contro le alette. Per questo motivo i mulini disponevano di una torre/serbatoio che in realtà era un enorme cilindro, tenuto sempre pieno d'acqua in modo da garantire una pressione costante alla sua base. Dal centro della ruota un palo (asse verticale) era utilizzato per trasferire il moto rotatorio alla macina del piano superiore.