VALUTAZIONE PSICODIAGNOSTICA
La valutazione psicodiagnostica è necessaria per comprendere adeguatamente il funzionamento psicologico di una persona. L’analisi di personalità richiede infatti la valutazione degli aspetti cognitivi, affettivi, relazionali ed evolutivi.
Bisogna cioè capire come il paziente percepisce, comprende ed elabora la realtà. In questo modo sarà possibile attribuire un significato ai suoi atteggiamenti e comportamenti. Sarà inoltre più facile intuirne le motivazioni e gli stili difensivi.
In ambito clinico la valutazione psicodiagnostica serve ad orientare il lavoro clinico ed indicare al paziente la migliore strategia di intervento. In ambito forense la valutazione psicodiagnostica e il profiling di personalità servono a comprendere la personalità del paziente al fine di attribuirgli responsabilità, capacità, attitudini, predisposizioni e un’eventuale pericolosità sociale (quest’ultima naturalmente si riferisce a peculiari richieste da parte del tribunale )
Lo strumento d’elezione è il colloquio clinico, le cui conclusioni vengono integrate con gli esiti del processo anamnestico e della somministrazione testistica.
Il primo colloquio serve a conoscere il paziente e a creare le basi per un’alleanza di lavoro.
La definizione di “alleanza” racchiude diversi concetti come quello della fiducia, dell’empatia, del rispetto e dell’ascolto.
L'alleanza diagnostica è il patto di alleanza peculiare della prima parte del processo clinico/forense ovvero quello della valutazione psicodiagnostica. Non si tratta di un processo automatico né tantomeno scontato, al contrario è necessario porvi massima attenzione perché l’alleanza influenza enormemente l’esito della valutazione psicodiagnostica.
Talvolta quando si lavora in ambito giuridico può non essere facile instaurare un’alleanza diagnostica perché lo stress e le tensioni possono influire sulla disposizione e sull’atteggiamento del paziente. In particolare, quando la richiesta di una valutazione proviene dal magistrato può predisporre a sentimenti di rabbia e un atteggiamento oppositivo in chi ad essa si deve sottoporre.
Tuttavia, un bravo psicologo clinico/forense saprà trovare la strada migliore per creare le basi per una buona collaborazione con il paziente nel pieno rispetto del codice etico e deontologico.
Conoscere il paziente significa comprendere la sua percezione della realtà esplorando le sue credenze, le sue motivazioni e i suoi timori. Solo successivamente sarà possibile comprenderne il funzionamento psicologico (chi è, cosa e come pensa, perché fa quello che fa, cosa lo sostiene, cosa lo motiva)
Nella valutazione psicodiagnostica si comincia solitamente con il processo anamnestico, ovvero la ricostruzione della storia del paziente ripercorrendo i diversi momenti di vita. In questa sorta di intervista il paziente ha occasione di raccontarsi, forse per la prima volta.
In questo senso, se si lavora in ambito clinico si può affermare che la raccolta dei dati bio-psico-sociali (o processo anamnestico) ha una forte valenza terapeutica perché consente la rielaborazione delle esperienze attraverso la narrazione della storia di vita.
Anche tu avrai sperimentato il valore e l’effetto che ha il raccontarsi sulle tue emozioni, ebbene è un po’ la stessa cosa.
In ambito giuridico il percorso anamnestico, superate le prime inziali resistenze sembra piacere molto ai pazienti, perché hanno per la prima volta la sensazione di essere finalmente e adeguatamente ascoltati. Se immaginiamo infatti un contesto di tensione come quello che può caratterizzare una consulenza tecnica di parte penale o civile è facile intuire come i tempi diano poco spazio al raccontarsi.
Questo aspetto sembra essere apprezzato anche dagli avvocati che sovente hanno poco tempo a disposizione per ascoltare i vissuti emotivi che accompagnano i fatti.
Delegare questa parte a uno psicologo forense consente di ottimizzare i tempi e i risultati.
Il colloquio e la raccolta dei dati bio psico sociali consentono di selezionare con maggiore efficacia il test più adatto al paziente. Le caratteristiche del paziente e gli obiettivi della richiesta CTP mi orienteranno nella scelta del test da somministrare.
I test non devono spaventare il paziente. Non hanno finalità di cogliere in flagranza bensì sono utili strumenti che ci consentono di avere una prospettiva oggettiva di alcuni aspetti del funzionamento psicologico della personalità.
Non esiste un test univoco che può individuare tutti gli aspetti di personalità, ma esistono test diversi che devono essere usati secondo gli obiettivi che si sono prefissati. Ogni test per essere adeguatamente somministrato richiede competenze e training specifici.
Il processo di valutazione psicodiagnostica si conclude sempre con una restituzione al paziente. In pratica vene sempre dato un feedback al paziente sul lavoro svolto tenendo comunque presenti le finalità e le richieste della committenza.
Una relazione dettagliata sintetizzerà poi tutti gli elementi emersi e la loro lettura interpretativa. Gli aspetti più tecnici sono semplificati nella stesura delle relazione (mantenendo i dovuti riferimenti alle singole parti) per agevolare la lettura e la comprensione da parte delle altre figure professionali coinvolte nel procedimento forense.
Al termine della valutazione psicodiagnostica e profiling di personalità gli avvocati o i magistrati potranno avere un elemento concreto su cui basare eventuali richieste o decisioni. Le osservazioni riportate in relazione utilizzano i riferimenti clinico-diagnostici del DSM-IV o PDM tuttavia la loro “traduzione” consentirà una comprensione libera da tecnicismi.