di Lorenzo Bonaguro


Lenin e il Comintern


Dopo il successo della rivoluzione di ottobre i bolscevichi iniziarono a preoccuparsi su come relazionarsi con gli altri Paesi. Superato l’entusiasmo dei primi mesi, era evidente che la rivoluzione non si sarebbe diffusa come un incendio per tutta l’Europa come auspicato. Il paese dei soviet non aveva la forza militare per scontrarsi apertamente contro il resto del mondo ostile. Fu deciso dunque che per “esportare” la rivoluzione fosse necessario mettere in piedi un’organizzazione colossale in grado di fare propaganda e agitazione politica senza precedenti nel cuore stesso dei paesi capitalisti. Lo sforzo per mettere in piedi una simile organizzazione fu titanico, se si tiene a mente che in quei mesi la sopravvivenza stessa del bolscevismo era minacciata dalla guerra civile e dal conflitto con la Polonia. La decisione di costruire una Internazionale bolscevica era necessaria anche per togliere la leadership socialista ai partiti socialdemocratici europei della Seconda Internazionale, accusati da Lenin di aver sacrificato il socialismo sull’altare del nazionalismo durante la Grande Guerra. In un clima divisivo e ancora precario fu fondata, il 2 marzo 1919, la Terza Internazionale, l’Internazionale Comunista, detta anche Comintern.

Subito venne alla luce il carattere marcatamente antisocialdemocratico dell’organizzazione. Vi furono aperte condanne al parlamentarismo e una totale esaltazione dei soviet come unica forma valida di potere proletario. Attenzione fu rivolta non solo al proletariato europeo, ma anche alle colonie africane e asiatiche; qui si vede l’influenza del leninismo e la sua analisi della fase imperialista del capitalismo. Il principale nemico in questa fase è l’Impero britannico, visto come il cardine del capitalismo mondiale, e in particolare la sua diplomazia guidata dal motto “divide et impera”, responsabile delle guerre fratricide che hanno sconvolto l’Europa dal Settecento. Sotto la guida bolscevica, la Terza Internazionale modifica le previsioni marxiste: il sistema capitalistico non crollerà per contraddizioni interne, ma per la competizione imperialista su scala mondiale tra le potenze.

A causa delle circostanze in cui nacque e all’impostazione che ebbe fin da subito, la Terza Internazionale non fu mai in grado di inglobare tutte le realtà socialiste nel mondo mantenendo un pluralismo che ben presto divenne, di fatto, uno strumento della politica estera dell’Unione Sovietica. Un organo con cui coordinare l’azione dei vari partiti comunisti obbedienti a Mosca, essendo i bolscevichi gli unici ad aver avuto successo.

A dirigere il Comintern fu Zinov’ev fino al 1925, anno della sua caduta, il quale mise in atto la politica estera voluta da Lenin. Nel concreto, il Comintern fece solo altisonanti proclami fino alla fine della guerra civile, perché altro non era possibile fare. Con gli anni, i partiti aderenti e fedeli alla linea aumentarono e così anche le capacità d’azione dell’organizzazione stessa. Le condizioni per l’ammissione poste da Lenin furono talmente rigide da allontanare molti comunisti europei: ad esempio, la tattica da adottare doveva essere quella russa, anche se era evidente che non avrebbe mai potuto funzionare in contesti socio-economici completamente diversi da quelli della Russia zarista, come poteva essere la Gran Bretagna o gli Usa. Lenin ammetterà il suo errore solo poco prima di morire.

Una cesura avvenne nel 1921 nell’agenda politica dell’Internazionale. Dopo il fallito sciopero generale in Germania, l’ammutinamento di Kronstadt e gli scioperi di Pietrogrado, la situazione si era tranquillizzata e molti, nel Comintern e in Europa, avevano perso la vena avventuristica dei primi anni. La borghesia, dopo i mesi difficili post-pace era tornata saldamente al comando della società. La rivoluzione aveva la strada sbarrata a ovest. Fu così che l’internazionale comunista guardò all’Estremo Oriente con la speranza di sollevare i popoli sottoposti al colonialismo europeo. La nazione dei soviet volle presentarsi diversa dagli altri Stati e da come era ai tempi degli zar e perciò rinunciò a ogni pretesa sull’Iran e sulla Cina. Volle insomma mostrare una politica estera avversa all’imperialismo tipicamente europeo. «La via verso l’India può dimostrarsi in questo momento più facile della via verso l’Ungheria» commentò Trockij, anche se questo volesse dire allearsi con nazionalisti di classe media e gruppi religiosi. Anche qui, il dominio delle tesi di Lenin sull’imperialismo fu fondamentale per sciogliere ogni riserva e creare di fatto un’alleanza mondiale fra il Comintern e le borghesie nazionaliste delle colonie: ad esempio, il partito nazionalista di Chiang Kai-shek, il Kuomintang, fu ammesso per diverso tempo, nonostante fosse acerrimo nemico del Partito Comunista Cinese. Le necessità della politica estera sovietica e quelle del comunismo internazionale non furono mai ben distinte, e anzi furono forzate a sovrapporsi come divenne abitudine con Stalin e durante la Guerra Fredda.


LETTURE E APPROFONDIMENTI: