di Luca Sorrenti


La rivolta di Kronstadt. Il principio di una terza rivoluzione?


"Kronstadt spezzò l'ultimo filo che mi legava ai bolscevichi. L'insensato macello che avevano commesso parlava contro di essi più eloquentemente di qualunque altra cosa. Quali che fossero le loro pretese in passato, ora i bolscevichi avevano dato prova di essere i più pericolosi nemici della Rivoluzione. Non potevo avere più niente a che fare con loro."

Emma Goldman


In Russia, all'inizio del 1921, la fine della guerra civile sembrava ormai prossima. Dopo la sconfitta dell'armata bianca dei controrivoluzionari, i bolscevichi, saldamente al governo, stavano concentrando i propri sforzi nel piegare le resistenze interne al movimento rivoluzionario, non solo in Ucraina ma anche in altre parti dell'ex-impero, in cui erano scoppiate centinaia di rivolte contadine. La popolazione era infatti stremata da anni di guerra e privazioni, la fame dilagava nei quattro angoli del paese e, sia in campagna che in città, ci si aspettava che le dure condizioni imposte dal cosiddetto "comunismo di guerra" venissero finalmente alleggerite. Si sperava che i bolscevichi introducessero maggiori libertà personali e politiche, decentralizzassero nuovamente il potere e ponessero fine ai severi razionamenti di cibo.

Le aspettative dei cittadini russi vennero però disattese e durante il mese di febbraio le proteste iniziarono a diffondersi anche nei centri urbani. I primi malumori furono manifestati dagli operai di Pietrogrado, l'odierna San Pietroburgo, che insorsero a seguito dell'ennesima riduzione delle razioni quotidiane. Le istanze andavano crescendo, si parlava di perdita di democraticità del sistema politico, di militarizzazione della vita quotidiana e perdita dei valori rivoluzionari. La città era in fermento. Il governo non intendeva scendere a compromessi, e gli operai, che la Rivoluzione l'aveva fatta con le proprie mani, si sentirono traditi.

Vennero proclamati scioperi in diversi stabilimenti industriali, a cui le autorità risposero disperdendo gli scioperanti, chiudendo le fabbriche ed instaurando la legge marziale. Nei giorni seguenti la Ceka, temuta polizia politica antenata del KGB, eseguì migliaia di arresti.

La notizia dei disordini giunse rapidamente anche a Krondstadt, cittadina-fortezza costruita sull'isola di Kotlin all'imbocco della baia della Neva, a circa trenta chilometri da Pietrogrado. Kronstadt rappresentava di fatto la più importante base navale russa nel mar Baltico nonché la principale difesa della città. La sua guarnigione era composta da circa 25 mila uomini, per la maggior parte marinai di estrazione operaia e con una forte tradizione rivoluzionaria, consolidata dai decisivi interventi nelle due rivoluzioni del febbraio e dell'ottobre del '17 che gli erano valsi numerosi encomi e l'onore di essere definiti "gloria della Russia rivoluzionaria" da Trockij stesso.

Preoccupati da quanto stava accadendo a Pietrogrado, i cittadini di Kronstadt decisero di inviare in città una delegazione indipendente che potesse fornire un quadro più chiaro della situazione. Al ritorno dei delegati si tenne una grande assemblea sulla nave da guerra Petropavlovsk, al termine della quale fu stilata una risoluzione di quindici punti da sottoporre ai cittadini di Kronstadt e al governo di Mosca. Le richieste erano chiare, tra le quali: la rielezione dei soviet, ormai considerati alla stregua di un organo del partito comunista, la liberazione dei prigionieri politici, l'abolizione delle requisizioni forzate, la libertà di associazione e stampa per tutti i partiti socialisti e la fine della presenza militare nei luoghi di lavoro. Il carattere della risoluzione era decisamente socialista e volto a ristabilire quelle libertà sociali e politiche venute meno con il "comunismo di guerra".

Il primo marzo, un'assemblea generale tenuta nella piazza centrale di Kronstadt approvò la risoluzione. L'assemblea dei delegati operai e militari nominò un comitato rivoluzionario composto da marinai, lavoratori e soldati, presieduto da Stepan Petrichenko, marinaio anarco-sindacalista che già era stato a capo della breve repubblica di Naissaar ai tempi della prima guerra mondiale.

La città ferveva di quell'entusiasmo che aveva infiammato le giornate dell'ottobre del '17 e la speranza era quella di dare inizio ad una vera e propria terza rivoluzione, che riportasse il potere decisionale nelle mani di soviet liberi dall'influenza dei partiti. La rivolta era stata spontanea, pacifica ed eterogenea; non vi parteciparono infatti solo membri delle opposizioni ed anarchici ma anche numerosi aderenti al partito bolscevico. Anche se, in un secondo tempo, vennero messi agli arresti i dirigenti comunisti ed alcune decine di uomini ad essi fedeli.

La risposta delle autorità bolsceviche non si fece attendere. Kronstadt venne rapidamente isolata dalla terraferma ed il 2 marzo Trockij e Lenin accusarono i rivoltosi di agire per conto dei controrivoluzionari bianchi. La legge marziale venne estesa a tutta la provincia di Pietrogrado, furono arrestati i familiari dei rivoltosi e 500 marinai di Kronstadt, nonostante in licenza ed estranei alla sommossa. Nel frattempo radio e stampa continuarono ad attaccare i rivoltosi, dipingendoli come traditori al soldo dei bianchi e delle potenze straniere. Ogni margine di discussione sembrava precluso. A nulla valsero i comunicati radio emessi da Kronstadt volti a ribadire i reali obiettivi della rivolta e la totale continuità con lo spirito rivoluzionario. Inutili furono anche i tentativi di mediazione tentati da personalità come Emma Goldman e Aleksandr Berkman.

La decisione di Mosca fu di mobilitare l'Armata Rossa e pianificare un attacco militare per riprendere controllo della cittadina ribelle. Il tempo stringeva. Il ghiaccio invernale ancora circondava l'isola-fortezza permettendo che si potesse raggiungerla a piedi. Il timore dei bolscevichi era che, una volta scioltisi i ghiacci, la città potesse diventare imprendibile. Fu dato un ultimatum agli insorti, esigendo una resa incondizionata entro il 5 marzo.

Scaduto l'ultimatum per la resa, il primo colpo di artiglieria fu sparato nel pomeriggio del 7. Il giorno successivo ebbe inizio l'attacco via terra. Circa diecimila uomini dell'Armata Rossa si lanciarono in campo aperto contro Kronstadt. Le vittime tra gli assalitori si contarono a migliaia. Alcuni soldati si unirono persino ai rivoltosi. Fu presa la decisione di aspettare.

Con il passare dei giorni le forze dei difensori si indebolivano. Kronstadt non era stata progettata per difendersi da attacchi provenienti dal retroterra e le speranze che la cittadinanza di Pietrogrado si unisse alla rivolta andavano via via spegnendosi.

L'attacco definitivo fu sferrato tra il 16 ed il 17 marzo. Le perdite furono altissime da entrambe le parti. Quando l'Armata Rossa riuscì ad irrompere in città, il combattimento si trasformò in una sanguinosa guerriglia fratricida. Si combatté nelle strade e nelle case fino a che, il 18 marzo, Kronstadt era completamente sotto il controllo delle forze statali. Centinaia tra i rivoltosi subirono esecuzioni sommarie, altri furono imprigionati, mentre circa ottomila, tra cui il leader Petrichenko, riuscirono a riparare in Finlandia. Nello stesso giorno in cui venne sedata la rivolta, il governo festeggiò il cinquantesimo anniversario della Comune di Parigi.

Le vicende di Kronstadt, a lungo mistificate e taciute, sono oggi considerate uno spartiacque per la storia russa. L'insurrezione nacque infatti in seno al movimento rivoluzionario stesso. Gli insorti volevano dimostrare che un socialismo libertario e autogestionario era possibile e che vi era un'alternativa al rigido e burocratico statalismo bolscevico.

Se in campo economico le richieste dei rivoltosi saranno a posteriori parzialmente accolte, con l'adozione della Nuova Politica Economica (NEP), in campo politico, con la repressione della rivolta, il partito comunista russo intraprese quel cammino autoritario dal quale non tornerà più indietro.


Letture e approfondimenti

Avrich Paul, Kronstadt 1921, Mondadori, Milano, 1971.

Carocci Roberto, KRONŠTADT 1921.LA FINE DELLA RIVOLUZIONE, MicroMega, n.7/2017.

Pezzica Lorenzo, Le magnifiche ribelli. 1917-1921, Eleuthera, Milano, 2017.

Serge Victor, Mémoires d'un révolutionnaire, Paris, 1951.