di Luca Sorrenti

Nestor Machno e la rivoluzione anarchica in Ucraina (1918-20)

La libertà dei contadini e degli operai appartiene a loro stessi e non può subire restrizione alcuna. Tocca ai contadini e agli operai stessi agire, organizzarsi, intendersi fra di loro, in tutti i campi della loro vita, come essi stessi ritengono e desiderano [...] I machnovisti possono solo aiutarli dando loro questo o quel parere o consiglio [...] Ma non possono, e non vogliono, in nessun caso, governarli.

Nei tumultuosi anni che seguirono la deposizione dello zar Nicola II Romanov e la successiva rivoluzione d'ottobre, la lotta per il potere nei territori dell'antico Impero russo fu sanguinosa ed agguerrita. Tradizionalmente, pensando a questo periodo storico, si tende a contrapporre in maniera semplicistica le forze rivoluzionarie bolsceviche dell'Armata Rossa ad i Bianchi controrivoluzionari. Nella realtà dei fatti, gli anni che portarono alla proclamazione dell'Unione Sovietica nel dicembre 1922 furono molto più complessi. A prendere parte al processo rivoluzionario nel territorio dell'Impero russo furono infatti gruppi appartenenti alle più diverse correnti di pensiero, sopraffatti solo in un secondo momento dai cosiddetti bolscevichi, l'ala sinistra del Partito Operaio Socialdemocratico, dalla quale nascerà il Partito Comunista Russo.

Nella parte orientale dell'Ucraina, nota ai tempi come Piccola Russia, la propaganda bolscevica aveva attecchito poco all'interno di una società prevalentemente contadina e scarsamente urbanizzata. La rivoluzione del febbraio 1917 aveva avuto un carattere spontaneo e le istanze popolari si erano rapidamente indirizzate verso l'appropriazione delle terre di proprietà dei grandi latifondisti. Nel vuoto di potere che si venne a creare dopo la fine della dominazione zarista, a guidare i contadini nell'organizzazione di comitati autonomi e a favorire la formazione di forme di auto-governo di carattere libertario, contribuì in maniera determinante il giovane contadino anarco-comunista Nestor Machno.

Machno, originario della cittadina di Huliaipole e di estrazione contadina, iniziò ad interessarsi di politica molto giovane, prese parte ai moti rivoluzionari del 1905 e contribuì alla formazione di un movimento libertario nella sua regione di origine. Arrestato in diverse occasioni a causa della sua attività politica sovversiva, fu infine condannato a morte dalle autorità zariste nel 1908, appena ventenne. Data la giovane età, la pena venne però commutata in ergastolo da scontare nella temuta prigione moscovita della Butyrka. A seguito dell'amnistia concessa durante la rivoluzione del febbraio 1917, Machno venne liberato. Libero dopo quasi nove anni di prigionia, decise di tornare nella cittadina natale, impegnandosi da subito a promuovere la creazione di comitati di contadini e operai che potessero organizzarsi e funzionare indipendentemente, favorendo una profonda rivoluzione sociale, politica ed economica di carattere libertario.

Una prima interruzione all'esperienza di auto-governo che si stava strutturando nel sud-est del paese avvenne dopo la rivoluzione d'ottobre. Se da un lato bolscevichi ed anarchici condividevano alcuni obiettivi erano allo stesso tempo separati da elementi difficilmente conciliabili. I bolscevichi miravano ad un accentramento e statalizzazione del potere a scapito di consigli e comitati ed in nome della “dittatura del proletariato”, fase ritenuta fondamentale per il raggiungimento del comunismo vero e proprio. Machno ed i libertari ucraini non credevano nella necessità di sostituire l'apparato burocratico e politico zarista con l'autorità dei commissari politici bolscevichi e temevano che il lavoro compiuto in quei mesi potesse risultare compromesso dalla nuova rivoluzione.

Nel marzo del 1918 la Russia bolscevica stipulò il trattato di pace di Brest-Litovsk con gli imperi centrali, ritirandosi dalla guerra mondiale in atto. Il trattato fu segnato da pesanti condizioni di resa, accettate dai dirigenti bolscevichi pur di chiudere il fronte occidentale in vista dell'ormai prossima guerra civile. Il territorio dell'Ucraina venne riconosciuto come indipendente e fu istituita una repubblica fantoccio il cui controllo passò de facto nelle mani dei tedeschi e degli austro-ungarici. Quando questi ultimi occuparono militarmente la regione, Machno fu costretto a lasciare Huliaipole. Si diresse a Mosca a cercare il consiglio del celebre teorico libertario Petr Kropotkin ed ebbe un colloquio al Cremlino con Lenin in persona.

Ritornato in Ucraina, Machno intraprese la lotta armata contro gli occupanti tedeschi e l'esercito del governo reazionario e borghese da questi sostenuto. A capo di milizie volontarie che organizzò in un vero e proprio esercito, la cosiddetta “Machnovcina”, o armata nera, si rese protagonista di rapide e spericolate azioni di guerriglia che contribuirono ad accrescerne il mito. Con la sconfitta degli imperi centrali alla fine della Grande Guerra, in Ucraina si trovarono a contendersi il paese quattro differenti forze: i machnovisti, i bolscevichi, i bianchi ed i sostenitori di Symon Petljura, giornalista nazionalista e leader della neonata Repubblica Popolare Ucraina. Tra il 1918 ed il 1919 l'esercito machnovista riuscì ad imporsi come la forza preponderante nella parte orientale del paese. Nell'area intorno a Huliaipole sorsero numerose comuni agricole volontarie e si cercò di riorganizzare il sistema scolastico secondo i principi dell'Escuela moderna teorizzati dal libertario catalano Francisco Ferrer. Anche il controllo delle fabbriche presenti nella regione fu gradatamente socializzato ed assunto in forma diretta da comitati di operai. I sostenitori del movimento crebbero anche a causa delle migliaia di adesioni di soldati disertori delle altre forze in campo, attratti dallo spirito libertario ed antiautoritario che muoveva i machnovisti. All'apice del suo potere l'esercito di Machno contava più di 50.000 uomini, forse fino a 100.000, e difendeva un area abitata da sette milioni di persone, organizzata secondo principi di auto-governo e democrazia diretta. Le comunità agricole ed i lavoratori parteciparono attivamente nella strutturazione di un territorio libero, che rappresentava per essi una possibilità di affrancamento da ogni potere sovrano.

Nel corso del 1919 Machno respinse l'esercito di Petljura, ritrovandosi a fronteggiare le armate bianche del generale Denikin a fianco dell'Armata Rossa. Bolscevichi e machnovisti lottarono insieme nonostante le divergenze, con l'obiettivo comune di fermare le forze controrivoluzionarie. A Machno venne perfino promessa l'autonomia dell'area orientale del paese, in cui operavano le sue milizie partigiane, una volta eliminato l'esercito di Denikin. In realta i bolscevichi non avevano alcuna intenzione di rinunciare a un'area così importante come l'Ucraina, sia per la produzione agricola e la ricchezza di materie prime che per la volontà di riunificare sotto un'unica bandiera gli antichi territori dello zar. Machno ed i comunisti libertari rappresentavano un'inaccettabile alternativa ideologica e pratica al bolscevismo. Per questo motivo in Russia, nell'estate del 1919, iniziò un'accesa campagna diffamatoria contro Machno volta a dipingere il suo movimento come controrivoluzionario, formato da masse di briganti e kulaki, ovvero contadini proprietari di terre. Allo stesso tempo l'Armata Rossa di Trockij iniziò a tenersi in disparte e a lasciare che fosse la Machnovcina a fronteggiare in prima linea le truppe bianche. Era solo il preludio di quanto sarebbe accaduto di lì a poco. Non appena fu fermata l'avanzata di Denikin, Machno subì due tentativi di assassinio per ordine della Cheka, la polizia segreta bolscevica, e dovette fronteggiare un'offensiva in grandi forze da parte dell'Armata Rossa.

Il 1920 vide l'inizio della fine del “Territorio Libero” sognato dai machnovisti. Anarco-comunisti e bolscevichi cessarono momentaneamente le ostilità per fronteggiare il ritorno dei comuni nemici bianchi, guidati dal generale Vrangel. Ancora una volta l'esercito della Machnovcina ebbe un ruolo determinante nella sconfitta dei controrivoluzionari, la cui armata fu definitivamente distrutta. Machno sperò a quel punto, invano, di poter trovare uno duraturo accordo con i bolscevichi. Appena due settimane dopo la sconfitta di Vrangel, infatti, l'intero stato maggiore dell'armata nera fu invitato ad una fittizia conferenza, durante la quale si sarebbe dovuto discutere il futuro assetto geopolitico. Si trattava in realtà di una trappola ordita per eliminare la testa dell'esercito e porre fine ad ogni resistenza. Machno riuscì a evitare la cattura ma la maggior parte dei suoi più fidati compagni venne arrestata e fucilata. Nei mesi successivi l'Armata Rossa attaccò senza sosta i territori ancora resistenti, fino alla definitiva conquista di Huliaipole nell'agosto del 1921, che pose fine all'esperienza di auto-governo libertario e al machnovismo. Per ordine di Trockij furono eseguite decine di migliaia di fuciliazioni tra chiunque avesse appoggiato il movimento machnovista, mentre in Russia, una volta sedata la celebre rivolta di Kronstadt, veniva soffocata definitivamente l'opposizione anarchica. Machno, ferito gravemente da una pallotola che gli aveva trapassato la mandibola, fu costretto ad abbandonare clandestinamente il paese e a trovare rifugio a Parigi. Lì trascorse il resto della vita, lavorando come carpentiere e tentando di creare e potenziare una piattaforma internazionale anarchica che potesse unire i movimenti libertari di tutto il mondo. Povero e malato di tubercolosi morì a soli 45 anni.