«Mi considerano pazzo perché non voglio vendere i miei giorni in cambio di denaro. E io li considero pazzi perché pensano che i miei giorni abbiano un prezzo.»
Khalil Gibran
L’art. 36 della nostra Costituzione stabilisce che: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.”
Eppure, nel nostro paese, i salari negli ultimi trent’anni sono diminuiti, insieme al loro potere d’acquisto, mentre gli affitti sono alle stelle, le utenze come luce, gas e benzina sono aumentate esponenzialmente dal periodo Covid, ed il costo della vita è triplicato. Le famiglie sono sempre più in difficoltà, i giovani faticano ad ottenere l’indipendenza economica dai genitori e i lavoratori si vedono costretti ad accettare situazioni di sfruttamento e precarietà.
Vogliamo riprendere e fare nostra la battaglia politica di livello nazionale portata avanti da Unione Popolare, tramite una legge di iniziativa popolare a proposito dell’introduzione di un salario minimo di almeno 10 euro l’ora: proponiamo di declinare tale principio nell’ambito amministrativo locale.
Nel novembre 2021 è stata presentata una proposta di direttiva europea relativa al salario minimo all'interno dell'UE. Si tratta di una visione basata sulla Strategia Annuale di Crescita Sostenibile 2021: gli stati dovranno adottare tutte le misure possibili per assicurare condizioni di lavoro eque, sia per evitare l'ampliarsi del divario sociale in atto, che per impedire il dumping, pratica basata su una competizione al ribasso dei costi, che si ripercuote sui lavoratori.
Per raggiungere l’obiettivo di salvaguardare un equo stipendio per ciascun lavoratore sono state proposte due strade: da una parte un salario minimo legale (il livello salariale più basso consentito dalla legge), dall'altra un sistema efficace e funzionale di contrattazione collettiva. In Italia, nonostante la copertura della contrattazione collettiva sia elevata, vi è lo stesso una quota importante di lavoratori ai quali non vengono applicate le condizioni dei contratti collettivi. È dunque possibile implementare congiuntamente le due vie.
Intendiamo applicare il regolamento per il salario minimo approvato dal Parlamento Europeo lo scorso 14 settembre. In esso vengono definiti i requisiti essenziali per l'adeguatezza dei salari minimi garantiti, non solo: si stabilisce l’importanza dell'accesso effettivo alla tutela garantita dal salario minimo. Le nuove norme europee prevedono anche regole per controlli e ispezioni contro subappalti abusivi, lavoro autonomo fittizio e straordinari non pagati. Questo perché non è sufficiente un salario minimo a tutelare i lavoratori e le lavoratrici, ma è fondamentale anche agire al fine di garantire migliori condizioni di sicurezza sul lavoro, oltre che eliminare catene di sfruttamento o appalti illeciti.
Le nostre proposte:
1. Applicare a tutti i lavoratori dell’amministrazione, siano essi dipendenti diretti o in appalto di gestione dei servizi comunali, un salario minimo di almeno 10 euro orari, sul modello della proposta presentata a Livorno e con un meccanismo simile a quello introdotto dall’attuale giunta di Firenze.
2. Introdurre la precondizione obbligatoria nel testo di ogni appalto comunale che tutti i lavoratori impiegati dall’aggiudicatario di un appalto comunale venga riconosciuto un salario minimo di 10 euro l’ora, previa necessaria valutazione di conformità con la specifica normativa di settore di cui al vigente Codice degli appalti.
3. Portare la discussione sul salario minimo e la formazione sul diritto del lavoro anche all’interno delle scuole, con enti, sindacati e associazioni. Affinché ogni individuo conosca i propri diritti in ambito retributivo, e ottenga gli strumenti per tutelarsi ed accrescere la propria capacità di contrattazione sindacale.
4. Verificare, assieme ai sindacati di base e confederali, la corretta applicazione dei CCNL nazionali per le varie categorie all’interno del territorio comunale affinché siano rispettate le norme di sicurezza sui posti di lavoro, venga applicata una giusta retribuzione e ci possa essere un’effettiva contrattazione sindacale a favore dei lavoratori.
5. Dotare il Comune di San Casciano di uno Sportello Prima Accoglienza Lavoro, come già presente ad esempio sul Comune di Montespertoli. Collegare questo servizio con il Centro per l’Impiego comunale e in rete con servizi omologhi di tutta la regione. La funzione dello sportello sarà quella di rilevare in modo diretto i bisogni dei cittadini in cerca di lavoro e connettere questi ultimi con le attività produttive. L’utenza verrà accolta secondo la metodologia “a bassa soglia”, in modo molto informale, al fine di contribuire a far emergere tutte le potenzialità della persona, realizzare o aggiornare insieme il cv per orientare la persona verso le più indicate possibilità formative e lavorative, incrociando realmente i bisogni e facendo finalmente incontrare domanda e offerta.
6. Istituire sul territorio del Comune, la creazione di Officine Popolari e Laboratori Popolari, in locali pubblici e non in disuso/abbandono, rilevati dal Comune anche in collaborazione con privati. Tali spazi, sulla falsariga di esperienze già realizzate in Francia, diverrebbero veri e propri centri sociali, sempre aperti, con il duplice obiettivo di generare un incontro tra generazioni diverse. Nelle Officine Popolari/Laboratori Popolari, vecchi del mestiere incontrano i giovani, mostrano loro arnesi e metodi di lavorazione artigianali, tramandano una manualità utile nella vita di tutti i giorni ma atta anche a mantenere in vita antichi mestieri, profondamente legati all’identità territoriale. L’utenza principale potrebbe essere costituita da ragazzi in abbandono scolastico, da gruppi di interesse di ogni età, da singoli disoccupati o ancora da collettivi e associazioni con finalità artistiche.
Le attività produttive e commerciali sono un aspetto fondamentale della vita sociale sul territorio. Il turismo invece è il nostro contatto con il mondo intero, inserisce il Comune in un crocevia di scambio tra persone, luoghi e prodotti. Va ricordato, però, che queste attività impiegano per lo più risorse locali (manodopera, ambiente, materie prime) e che il loro utilizzo dovrebbe essere da un lato sostenibile e rispettoso, e dall’altro contribuire soprattutto al sostegno e all’arricchimento della collettività che su questo territorio risiede, non solo in senso economico.
Le piccole e medie attività commerciali che caratterizzano il nostro Comune hanno subìto prima la pandemia, poi l’aumento del costo delle materie prime, e ora l’inflazione galoppante. Molte di esse hanno dovuto chiudere, molte altre resistono in uno stato di perenne difficoltà. Dovremmo forse arrenderci a un futuro dominato esclusivamente dai giganti della distribuzione, tra consegne a domicilio e grandi centri commerciali? Ciò significherebbe la morte dei nostri centri storici. Basta fare una passeggiata tra le vie principali del paese per contare un numero preoccupante di fondi rimasti vuoti ormai da anni. Questa è una sconfitta per tutti, sul lungo periodo: dalla comunità che osserva l’impoverimento dell’offerta a essa rivolta, al proprietario che non affitta o vende, mentre il fondo perde di valore.
Le aperture domenicali e sotto le feste, tanto celebrate dall’amministrazione, servono per lo più ad alimentare l’illusione di un paese attivo, in netto contrasto con la realtà visibile nel corso dei giorni feriali. I commercianti vanno invece sostenuti agevolando il loro lavoro tramite interventi strutturali, e non “obbligandoli” ad aprire nel loro giorno di riposo, a maggior ragione in un momento economicamente difficile come quello in cui ci troviamo, dove ogni ora di apertura in più è una spesa, più che un guadagno.
Nel contempo, vediamo un settore dei servizi di accoglienza turistica quasi del tutto affidato alla gestione privata, tramite piattaforme online con sede fiscale estera, e una ristorazione che troppo spesso si regge sul lavoro mal retribuito di personale ricattabile e sugli sforzi di piccolissimi imprenditori, i quali vedono aumentare costantemente la pressione fiscale nei loro confronti.
Di contro, la promessa della creazione di qualche posto di lavoro, è stata più volte usata da privati e istituzioni per giustificare la costruzione nel nostro Comune di veri e propri ecomostri che sfruttano risorse locali, finché la proprietà pensa di poterne trarre profitto (restituendone una ben misera parte alla popolazione), per poi abbandonare il sito.
Immaginiamo una riappropriazione dello spazio pubblico, con aperture facoltative e organizzazione di eventi nelle piazze, non necessariamente a scopo di lucro, ma che coinvolgano la cittadinanza fuori dai soliti schemi comuni, e che non debbano essere solo ed esclusivamente manifestazioni concentrate in determinati periodi dell’anno. Immaginiamo eventi itineranti, gestiti anche direttamente dai cittadini, con l’agevolazione e l’aiuto del Comune: tornei di scacchi, di carte, di calcetto, concerti, poetry slam e arte visiva. Osiamo immaginare la creazione di spazi ricreativi per bambini e adolescenti, monitorati da operatori di strada, campi da gioco di squadra, a dei luoghi per le attività all’aperto come piste di atletica, nel capoluogo ma nelle principali frazioni.
Le nostre proposte:
1. Attuare uno studio comprensivo di attività commerciali, artigianali e produttive presenti sul territorio al fine di costruire una prospettiva coordinata di sviluppo che non si arrenda al solo mantenimento di un paese dormitorio. Il commercio di prossimità può avere un futuro e dev’essere uno dei punti principali per rivitalizzare il tessuto sociale dei diversi centri del Comune di San Casciano. Per fare tutto ciò, occorre instaurare una collaborazione continuativa con associazioni di categoria e commercianti, coinvolgere inoltre professionisti, istituti e università, in grado di leggere e pianificare lo sviluppo futuro del commercio e dei servizi.
2. Fornire a tutti i commercianti le condizioni necessarie a rimanere aperti senza sacrifici continui. Si veda al riguardo il punto di questo programma che concerne le “Tariffe”.
Sostenere l’apertura di nuovi esercizi di cui i centri storici possano giovarsi, all’interno dei fondi commerciali inutilizzati. Aiutare inoltre quelli già presenti, che hanno difficoltà o rischiano la chiusura definitiva, ad adattarsi al mercato moderno. Il comune può fare da tramite per agevolare l’accesso a bandi regionali, nazionali ed europei.
3. Reperire fondi per rilevare direttamente alcuni dei numerosi locali rimasti vuoti, e metterli dunque a disposizione, dietro canone agevolato, sia per progetti a finalità sociale che per attività gestite da giovani o a essi indirizzate. Adibire inoltre parte di questi fondi a funzione di vetrina per prodotti agricoli locali, spazi per eventi culturali ed esibizioni artistiche.
4. Introdurre una valuta locale allo scopo di incentivare le attività nostrane e mantenere all’interno del Comune una parte più sostanziosa della ricchezza qui generata. Basata su molti esempi in tutta Europa, una moneta di questo tipo è garantita in Euro e tramite l’identificazione digitale, e viene sostenuta con iniziative e sconti all’interno di un circuito convenzionato di esercenti. Si tratta di un progetto a lungo termine che attiverebbe diversi livelli di sviluppo e conoscenze, e mira a costruire e consolidare i rapporti tra produttori locali, distributori e consumatori, oltre che a rilanciare il commercio cittadino e portare i turisti a sentirsi più strettamente parte del tessuto locale per la durata del loro soggiorno.
5. Puntare sull’eco-turismo tramite rivalutazione e potenziamento degli itinerari turistici, in senso eno-gastronomico, ma anche attraverso il contatto più autentico con la natura. La ricchezza di San Casciano è la sua campagna e il panorama che circonda i centri abitati: possiamo lavorare per far sì che il nostro Comune non sia solo una base di appoggio per visitare Siena o Firenze, ma un luogo che incanti i turisti. In tal senso, è importante anche lavorare sulle strutture ricettive e proporre sistemi di accoglienza alternativi all’egemonia di AirBnb.
6. Predisporre e mantenere la sentieristica utile a offrire percorsi di trekking, trail running e passeggiata in collina alla cittadinanza locale e ai turisti in visita.
7. Modificare ancora più in senso progressivo la tassa di soggiorno, per fare in modo che il turismo di lusso possa finanziare in maniera più sostanziale i servizi a turisti e ai cittadini (vedi punto “Tassa di soggiorno” nella sezione “Tariffe” del presente programma).
8. Istituire una serie di rassegne enogastronomiche e olearie. A oggi San Casciano è l’unico Comune del Chianti Classico a non avere una rassegna dei propri produttori in mostra con le nuove annate. Discorso simile anche per le realtà olivicole: siamo una “Città dell’Olio”, ma senza alcuna manifestazione al riguardo. Coinvolgiamo dunque l’associazione San Casciano Classico per creare un evento ad hoc, in date compatibili con le altre rassegne territoriali, e inaugurare una vetrina dei vini del Comune. Istituire un’associazione analoga per l’olio, risorsa tanto bistrattata quanto preziosa del nostro territorio, coinvolgere produttori e associazioni di categoria con l’obiettivo di creare una mostra-mercato annuale nei mesi appena successivi alle nuove frangiture. Per le altre produzioni agricole e artigianali, si rimanda al punto “Agricoltura” del presente programma.