Prendersi cura del fiume

Abbiamo intervistato gli esperti che controllano l'Arno e costruiscono le opere per prevenire le alluvioni

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Intervista all'ing. Mazzanti, dirigente dell'Autorità di bacino dell'Arno

Sul sito di neogeoingegneria leggiamo che dal ‘66 al ‘68 a Roma ci furono esperimenti di inseminazione delle nubi. C’è una relazione con l’alluvione?

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«Non c’è certezza scientifica che l’inseminazione artificiale delle nubi provochi un effettivo aumento delle precipitazioni e non mi risultano studi in Italia. L’ipotesi rientra, secondo me, in un’idea molto umana di voler attribuire all’uomo un ruolo anche nel controllo di elementi naturali che in realtà non ha. Di fronte ad un fenomeno naturale che distrugge case, fa morire parenti, amici, conoscenti, siamo atterriti di essere ancora in balìa della natura e di altre variabili, ma la realtà è questa. L’abbiamo visto con il terremoto; è così anche per l’alluvione». Le cause dell’alluvione? «Piovve tanto. Tutto ottobre nell’intero bacino. Il 2/11 ricominciò intensamente (300 mm in un giorno solo). E piovve per 2 giorni sul bagnato! Non assorbita dal terreno, ormai saturo, l’acqua si riversò, attraverso gli affluenti, in Arno con una veloce onda di piena, la cui portata raggiunse i 4000 m3/s ca. In contemporanea piovve anche sulla Sieve. Indagini ufficiali escludono che l’apertura delle dighe di Levane e di La Penna abbiano causato l’alluvione. Una leggenda metropolitana. Le alluvioni a Firenze ci sono sempre state: in 1000 anni ne sono documentate 8, ogni 100/150 a. circa». Oggi si potrebbe ripetere? «Sì, certo. Bisogna essere coscienti che siamo sotto questo pericolo». Quali danni potrebbero verificarsi e come comportarsi? «I danni materiali sarebbero maggiori, perché si è molto edificato lungo il fiume. Si calcolano intorno ai 3/4 mld di euro. Per quanto riguarda i morti, il sistema di protezione civile, che all’epoca non esisteva, dovrebbe limitarli o evitarli del tutto. Con i centri di rilevamento meteorologico e i sistemi di allerta saremmo avvertiti in tempo e potremmo spostarci ai piani più alti. Bisogna tenersi informati. Da evitare assolutamente l’uso delle auto perché basta mezzo metro per perderne il controllo ». Le misure in questi 50 anni per limitare i rischi? «Purtroppo abbiamo peggiorato la situazione. Si è costruito troppo lungo il fiume. Nel ‘54 il quartiere Le Piagge (Firenze ovest) sulle rive ha solo campi. Negli anni 70, con il boom edilizio e demografico, case e cave per estrarre ghiaia per la costruzione. Nel 2006 l’area è totalmente coperta da abitazioni e infrastrutture. L’Arno è lì. Per le misure preventive (casse di espansione) c’è voluto tempo ma non sono sufficienti. Non è semplice per un comune del Valdarno rinunciare a centri commerciali, scuole, strade in una certa zona per salvare Firenze. Tra una cosa che dà visibilità e benefici immediati e una che evita un pericolo eventuale e futuro, scegliamo subito la prima. Sicuramente, come Stato, spendiamo di più a rimediare alle emergenze che prevenirle. In democrazia decisioni e passaggi amministrativi richiedono tempo e la partecipazione di tutti. Il sistema è lungo e faticoso, ma non deve essere un alibi per non fare nulla

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