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Compagno Salvador

Salvador Allende venne assassinato l'11 settembre del 1973, esattamente 48 anni fa, quando con un colpo di stato criminale, avallato e manovrato dagli Stati Uniti d'America, prese il potere Augusto Pinochet, dittatore sanguinario marionetta degli stessi USA.

Allende era ben consapevole di cosa gli sarebbe potuto capitare già nel '70, quando si candidò per la quarta volta alla Presidenza della Repubblica, ma il suo coraggio, e l'amore per il suo Cile, schiavo da troppo tempo dell'imperialismo e del capitalismo straniero, non gli fecero pensare nemmeno un momento di ritirarsi, nemmeno quando poche settimane prima delle elezioni, in calle San Antonio, a Santiago, si autodiagnosticò un preinfarto.

L'interesse sincero verso il Cile e verso la povera gente era molto più importante. Lo dimostrò allora come nel giorno della sua morte, quando sacrificò, decidendo di non lasciare nemmeno sotto bombardamenti il Palacio de la Moneda, la sua stessa vita. Perché era il Presidente legittimo del Cile, perché lottava per la giustizia sociale e per la libertà del suo popolo, e mai avrebbe ceduto alla violenza brutale degli Stati Uniti e di Pinochet.

Infatti resistette fino all'ultimo, e la mattina di quell'11 Settembre del '73, conscio della sua imminente dipartita, si rivolse per l'ultima volta al popolo cileno:

"Alla luce di questi fatti, non mi resta che dire ai lavoratori: io non rinuncerò! Giunto a un momento storico, pagherò con la vita la lealtà del popolo. E vi dico che ho la certezza che il seme che consegneremo alla degna coscienza di migliaia e migliaia di cileni non potrà essere totalmente distrutto.

Hanno la forza, potranno abbatterci. Ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli. [...] Viva il Cile! Viva il Popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e sono certo che, perlomeno, sarà una lezione morale che castigherà la slealtà, la vigliaccheria e il tradimento".


I Socialisti non ti hanno dimenticato, compagno Salvador.

Giuseppe Maria Toscano

22/07/2021

Nel ricordo di Utøya


Sono passati oramai dieci anni da quel 22 Luglio di angoscia e terrore.

Settantasette vite, con l'aprile della gioventù sul viso, barbaramente spezzate dalla follia omicida di un terrorista d'estrema destra.

Settantasette vite spezzate dalla violenza che supera la ragione e che sta in ogni estremismo. Quel 22 luglio, infatti, il mostro Breivik, con assoluta scelleratezza, senza poi mostrare alcun segno di pentimento, decise di colpire la giovanile del Partito Laburista norvegese, e si lasciò alle spalle decine di vittime innocenti.

Oggi il nostro primo dovere è ricordare le vittime, rendere noto quanto accaduto ai più giovani e ai posteri, stringerci nella memoria, ma il nostro compito non può e non deve limitarsi a questo.

Diverse cellule estremiste paiono rialzare la testa negli ultimi anni, tuttavia il problema viene continuamente minimizzato.

La lotta alla violenza, all'estremismo, lotta di civiltà e di giustizia, deve passare in primis da noi. Così come le speranze e i sogni di chi ha perso la vita in quella data tragica: dobbiamo cogliere il testimone da loro lasciatoci, lottando con decisione, con coraggio, contro ogni rigurgito fascista e nazista. È questo il miglior modo per ricordare.


In questa data di cordoglio, il PSI Vicentino e il Circolo FGS "Forward!" si stringono nel dolore di tutti i compagni per ricordare questo terribile fatto.



"La tua freccia nulla può contro la mia pietà".


Giuseppe Maria Toscano