Finora abbiamo insistito nel combattere due errori assai diffusi, non solo nel pubblico, ma anche presso non pochi scienziati e filosofi:
quello che la psiche umana sia qualcosa di unitario, di organico, di coerente.
quello che psiche e coscienza si equivalgono e siano coestensive.
Abbiamo veduto come una osservazione fatta senza preconcetti o 'paraocchi teorici' riveli, già nella parte cosciente del nostro animo, molteplicità di elementi eterogenei, di tendenze contrastanti, da cui derivano la grande complessità, il travaglio, le mutevolezze, le contraddizioni dell'animo umano.
Abbiamo poi veduto che, al di là della zona illuminata della nostra coscienza, si svolgono in noi numerose attività psichiche, di natura, di grado, di valore assai diversi, che vanno dalle tendenze istintive, elementari, alle più alte manifestazioni della creazione artistica e dell'illuminazione spirituale.
Ma dopo avere stabilito questi punti possiamo, anzi dobbiamo, considerare l'altro aspetto della realtà e dare ad esso tutta l'importanza e il valore che merita. Gli elementi e le tendenze psichiche non coesistono gli uni accanto agli altri in modo indipendente, o in lotta perenne, attenuata solo da temporanei compromessi, da alleanze o aggruppamenti di istinti e di desideri. Questa concezione è una teoria pessimistica e disperata, che fortunatamente non corrisponde alla realtà. Essa è una derivazione della teoria degli empiristi e dei sensisti, sostenuta in tempi più moderni dal Condillac e poi da altri associazionismi e in generale dai positivisti e materialisti del secolo scorso. Ma i rappresentanti di questa concezione non hanno tenuto conto, o lo hanno fatto in modo molto parziale e del tutto insufficiente, che vi è nella psiche umana un'altra tendenza fondamentale: quella all'unione, alla sintesi, che è qualcosa di più profondo e vitale della semplice associazione meccanica di sensazioni e di idee. Si tratta di una tendenza che è espressione di un principio universale, le cui manifestazioni si possono trovare ad un grado elementare prima della formazione della vita psichica umana individuale, e in grado più alto e più vasto la oltrepassa, formando le grandi sintesi inter-umane e super-umane.
Sintesi è parola derivante dal greco: synthesis, che corrisponde a: composizione.
Il principio base della sintesi si trova già chiaramente, nella sua forma più semplice, nella materia inorganica, e risulta evidente dalla differenza che vi è tra il miscuglio e la combinazione chimica:
nel miscuglio due sostanze chimiche diverse si trovano a contatto, ma per quanto commiste e confuse insieme non formano nulla di nuovo. Il miscuglio è una semplice somma delle proprietà dei singoli elementi. Esempio tipico: l'aria, miscuglio di ossigeno, azoto e vapore acqueo (trascurando gli altri elementi che vi si trovano in piccola misura). Ognuno di questi elementi vi si trova libero e facilmente isolabile. Così noi respiriamo e con ciò fissiamo l'ossigeno ed emettiamo l'azoto. D'altra parte, il vapore acqueo si forma nell'aria con l'evaporazione e l'abbandona con la condensazione, indipendentemente dall'ossigeno e dall'azoto.
Ben diversamente avviene quando si forma una combinazione chimica; quando l'ossigeno e l'idrogeno si combinano formano l'acqua, la quale ha proprietà del tutto diverse da quelle dei suoi componenti. Questi alla temperatura normale sono gas, mentre l'acqua è allo stato liquido. Inoltre l'acqua è qualcosa di stabile, di fisso e per scomporla occorrono speciali procedimenti, con l'impiego di forti somme di energia. È interessante notare come nell'atto della combinazione dei corpi chimici avviene uno sprigionamento di energia spesso fortissima, che l'uomo utilizza a scopi dinamici, e anche a scopi distruttivi. Esempio del primo tipo: il motore a scoppio, i cui poteri propulsivi sono dati dall'energia prodotta dalla combinazione della benzina con l'ossigeno. Esempio del secondo caso è la dinamite.
Vi è un altro fatto interessante che ha esso pure una suggestiva analogia nel campo psichico. Spesso non basta mettere semplicemente in contatto le due sostanze chimiche; occorre che fra esse si accenda un fuoco, sprizzi una scintilla; così ci sono elementi in noi che esistono per anni, inerti l'uno accanto all'altro, ma basta una scintilla per farli combinare. Ma i recenti progressi della fisica permettono di rifarsi ancora più indietro. L'atomo stesso, che prima era considerato elemento semplice e indivisibile, è in realtà una sintesi dinamica di cariche elettriche: del nucleo centrale e degli elementi che roteano vertiginosamente intorno ad esso. L'atomo è un delicato equilibrio di attrazioni e di repulsioni, di forze centripete e centrifughe. Basta la proiezione o lo spostamento di un elettrone per cambiare le proprietà di un atomo, per produrre radiazioni di ogni genere, vibrazioni elettromagnetiche, fenomeni luminosi che sprigionano somme enormi di energia. Sono questi continui, rapidissimi giochi di forze che producono tutti i fenomeni del cosmo, che rendono possibile ogni manifestazione vitale. Per esempio, la cromosfera solare contiene una nube di atomi di calcio, che stanno come a cavallo sui raggi solari. Gli atomi contengono ciascuno venti elettroni, diciotto dei quali saldamente collegati col nucleo centrale intorno al quale girano vertiginosamente. Due invece sono semisciolti. Date le condizioni della cromosfera solare, uno di questi si stacca, mentre il secondo, quando venga eccitato da un raggio luminoso, viene proiettato su un'orbita più lontana dalla quale ricade spontaneamente sull'orbita iniziale. Questo fatto deve ripetersi ventimila volte al secondo per mantenere l'atomo in equilibrio sulla cromosfera. Questo ventimillesimo di secondo si divide in due periodi: uno più lungo, durante il quale l'atomo attende pazientemente che un'onda luminosa lo investa e proietti più lontano l'elettrone. L'altro, durante il quale l'elettrone rimane nell'orbita distale. Questo dura in media un centomilionesimo di secondo, durante il quale percorre la sua orbita un milione di volte.
Passiamo al mondo organico. La vita biologica ci appare subito come una sintesi. Noi vediamo che i singoli organi di un organismo animale o umano sono coordinati nella loro azione da una unità superiore. Vi è un principio unificatore, vitale, che da molte manifestazioni ci appare intelligente, il quale rende possibile la vita dell'organismo. La vita ci appare soprattutto come un equilibrio dinamico fra sintesi e dissoluzione, un equilibrio di sistemi antagonistici.
Recenti studi biologici e fisiologici hanno gettato molta luce su questo mirabile gioco. Vi è il fondamentale dualismo fra i sistemi parasimpatico e simpatico e a questo antagonismo partecipano gruppi di glandole a secrezione interna, le une in un campo e le altre nell'altro. Uno di questi gruppi tende al catabolismo, cioè alla vita di relazione dell'organismo, alla sua attività esterna, con dispendio di energia. L'altro gruppo tende all'anabolismo, alla ricostruzione, all'accumulo e alla conservazione dell'energia. L'eccesso della fase catabolica porta all'esaurimento, mentre l'eccesso della fase anabolica produce eccessivo accumulo di energie non impiegate.
Queste due fasi si alternano ritmicamente; la loro alternativa più ovvia e normale è quella della veglia e del sonno:
durante la veglia prevalgono le funzioni cataboliche, l'attività esterna, la vita di relazione,
nel sonno prevale l'attività anabolica, per la riparazione e la conservazione dell'organismo.
Ogni qualvolta una di queste fasi prevale eccessivamente sull'altra si ha una malattia. Ad esempio il morbo di Basedow, iperattività della tiroide, organo catabolico, provoca il dimagramento e altri disturbi di carattere catabolico. Una manifestazione morbosa ancora più accentuata, dovuta al difetto del potere di regolazione, sono i tumori. Questi sono formati da cellule ribelli, che non obbediscono al ritmo normale dell'accrescimento.
Nell'organismo continuamente, ogni giorno, muoiono migliaia di cellule e ne nascono pressappoco altrettante; nell'insieme quantitativamente e qualitativamente c'è equilibrio. Quando questo si rompe, quando dei gruppi di cellule si mettono a proliferare rapidamente, si forma un organismo estraneo, un parassita dell'organismo principale, cioè il tumore. Questo, violando la legge di autoregolazione, provoca la distruzione dell'organismo, e con questa, la distruzione sua propria.
L'importanza di questa autoregolazione si vede al momento della morte. Allora cessa l'azione del principio unificatore, ogni cellula opera per conto proprio e avviene così la dissoluzione dell'organismo. A noi ciò interessa soprattutto come analogia per lo studio della vita psichica. In questa la tendenza alla sintesi non è meno forte e fondamentale; arriva anzi a complessità e finezze superiori. La sensazione, che era ritenuta dai sensisti un fatto semplice ed elementare, come l'atomo dai chimici, è invece, alla pari e più di questo, un fenomeno complesso. Filosofi e psicologi hanno preceduto i fisici in questa scoperta.
Limitandoci al pensiero moderno, già Leibniz, a Loche che sosteneva che l'intelligenza non contiene nulla che non sia passato per i sensi, rispondeva: "Sì, se non l'intelligenza stessa". Infatti una sensazione non esiste se non quando è sentita, percepita da un soggetto, se non in quanto viene a fare parte di un sistema, a integrarsi in una sintesi psichica, a unirsi a qualcosa di preesistente. Lo stesso Leibniz dimostra come in realtà la sensazione sia l'aggrupparsi di numerosi piccoli elementi non percepiti chiaramente, cioè, con termine moderno, subcoscienti. In questo senso si può dire che Leibniz sia stato nei tempi moderni il precursore della scoperta dell'inconscio.
Dopo il Leibniz, il carattere sintetico delle attività psichiche fu ben messo in evidenza dal Kant che lo dimostrò nell'appercezione, nel giudizio, nel concetto, e più tardi dal Wundt, dall'Hoffoding, dal Janet.
Il James ne ha dato un paragone chiaro ed arguto. Egli dice: "Prendete una frase di dodici parole. Prendete dodici persone e dite ad ognuna di esse una di queste parole. Poi ordinate questi nomi in una linea o tutti ammassati. Fate pensare a ciascuno di essi la sua parola con la massima attenzione possibile. Questo non produrrà mai ad alcuno la coscienza della frase intera".
Dunque la semplice giustapposizione meccanica di sensazioni, elementi particolari, non produce mai un significato, dato solo dalla combinazione dei vari elementi.
Particolare importanza nella vita psichica ha la sintesi degli opposti. Questo grande principio, che è la chiave per comprendere e risolvere tanti problemi teorici e pratici, fu intuito da Platone, ma espresso poi chiaramente dal cardinale Da Cusa. Questi affermò che l'unità esiste prima della dualità, la coincidenza degli opposti, prima della loro scissione. Tale pensiero fu svolto e sostenuto energicamente dal grande discepolo del Cusano, Giordano Bruno. Egli celebra la 'coincidenza degli opposti' come organo principale di una filosofia dimenticata ma che deve risorgere. Parla dell'unificarsi dei contrari; dell'angolo acuto e dell'ottuso, del caldo e del freddo, dell'amore e dell'odio, dei veleni e degli antidoti, del concavo e del convesso. "Chi vuol sapere i grossi segreti di natura riguardi e contempli circa i minimi ed i massimi dei contrari e opposti. Profonda magia è sapere trarre il contrario, dopo aver trovato il punto di unione".
Ancor più ampiamente è sviluppato questo principio dall'Hegel, che ne fece la chiave di volta del suo sistema filosofico, chiamandolo 'dialettica'. Gli opposti sono 'opposti fra di loro', ma non sono opposti verso l'unità, poiché l'unità vera e concreta non è che unità e sintesi di opposti. I due elementi astratti, ossia gli opposti presi a sé nella loro separazione, sono detti dall'Hegel 'momenti' con immagine tratta dai momenti della leva. E 'momento' vien detto talvolta il 'terzo termine', quello della sintesi. Il rapporto dei due primi con il terzo è espresso con le parole 'risolvere' e 'superare'. I due termini antitetici opposti si risolvono, si superano nella sintesi. L'importante è che i due momenti opposti sono negati, in quanto si prendono staccati, ma vengono conservati nella sintesi.
La triade principale che l'Hegel pone e dalla quale deriverebbero altre, è quella dell'essere, del nulla e del divenire. Ma non possiamo addentrarci in discussioni filosofiche; basta un accenno al principio, che poi applicheremo alla psicologia umana vivente, concreta. Anche nella vita psichica, come nella vita organica, troviamo un ritmico alternarsi di due principi opposti, quello della estroversione e quello della introversione:
l'estroversione, cioè il volgere dell'interesse vitale all'esterno, corrisponde a ciò che nella vita organica è il catabolismo, vita di relazione, di dispendio, di dispersione di energie,
invece l'introversione, cioè il volgere dell'interesse, dell'attività, all'interno, corrisponde all'anabolismo.
Una successione armonica di questi movimenti dovrebbe costituire il ritmo della vita. E per arrivare a questo ritmo è necessaria 'un'arte di vivere'. Lo stesso si può dire di tutti gli altri contrasti o polarità di cui è ricco (saremmo tentati di dire 'troppo ricco') l'animo umano. Essi non debbono venire annullati ma possono persistere con un certo grado di autonomia.
Come la vita organica non è l'abolizione del contrasto fra catabolismo e anabolismo, fra la vita di relazione, di consumo, e la vita di ricostruzione, così nella vita psichica non si tratta di annullare uno dei termini a favore dell'altro. Occorre mantenerli entrambi; occorre che permanga una 'tensione' fra essi, ma una tensione creativa. Bisogna obbligarli ad integrarsi in una vita più ampia, in una realtà superiore che li comprenda e insieme li trascenda. Questa è la vera sintesi. Per attuarla occorre la presenza continua, l'azione potente di un più alto principio regolatore. Tale principio nel suo aspetto più elevato è l'elemento spirituale, superiore a quelli psicologici, che di solito resta più o meno latente nell'animo, ma che, quando si sprigiona e diviene efficiente, porta ordine, armonia, bellezza, gioia. Esso trasforma via via l'uomo debole e malsicuro, scisso in se stesso, agitato da contrasti violenti e dolorosi, in un chiaro essere purificato, completo e consistente; in un centro di fuoco e di luce, dal quale irradiano alte e benefiche energie spirituali.