PEPPINO IMPASTATO

Il 9 maggio 1978 fu un giorno particolarmente nefasto per l'Italia e tutti i suoi cittadini.

In quella data infatti, non solo venne rinvenuto il corpo di Aldo Moro, ex-Presidente del Consiglio trucidato dai terroristi delle Brigate Rosse, ma quella stessa sera morì anche Giuseppe, detto "Peppino" Impastato. La storia di Peppino è straordinaria non solo perché ai tempi fu uno dei pochi a denunciare le realtà mafiose che in molti ancora fingevano di non vedere, ma perché lui stesso proveniva da una famiglia affiliata al crimine organizzato ed ebbe il coraggio di fare una scelta differente.

L'infanzia

Giuseppe Impastato nacque il 5 gennaio 1948 a Cinisi, in provincia di Palermo, da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato.

La famiglia Impastato era molto ben inserita nell'attività mafiosa che stritolava la provincia del capoluogo siciliano (i cosiddetti "amici degli amici"): la sorella di Luigi aveva sposato il boss Cesare Manzella, mentre lo stesso papà Luigi era un amico di Gaetano Badalamenti, il capomafia della zona che, come soleva dire lo stesso Peppino, abitava «a cento passi» da casa sua.

Peppino e la mafia

Peppino però era diverso. Per lui legalità e giustizia erano valori irrinunciabili e crebbe alimentando idee politiche che poco si adattavano all'ambiente nel quale era costretto a vivere.

Ancora giovanissimo, Peppino ruppe quindi con il padre (che lo caccia di casa) ed iniziò una febbrile attività di studio e azioni politiche.

Divenuto giornalista infatti, Peppino si schierò dalla parte degli oppressi, organizzò proteste e manifestazioni, e fondò il circolo Musica e Cultura per dare voce ai giovani di Cinisi.

Nel 1977 fondò anche un'emittente radiofonica, Radio Aut, dove lo stesso Peppino conduceva una trasmissione in cui denunciava i traffici loschi di Cosa Nostra (la mafia siciliana) e prendeva in giro politici e malavitosi.

Le parole di Peppino aprirono gli occhi a molti scettici riguardo le infiltrazioni mafiose in ogni ambito della vita sociale (nell'amministrazione pubblica, nella sanità, nell'edilizia ecc...) e tanti siciliani trovarono finalmente il coraggio di unirsi alla sua battaglia.

Ovviamente gli amici di suo padre, "gli amici degli amici", non potevano sopportare che qualcuno portasse alla luce del Sole i lori sporchi traffici.

La morte

Il 9 maggio 1978 dunque Peppino Impastato venne ritrovato nei pressi di un binario ferroviario. Il corpo, quasi irriconoscibile, era stato prima sfigurato dai sassi e poi dilaniato da una carica di esplosivo.

Inizialmente le indagini parlarono di un atto terroristico finito male e addirittura di suicidio, ma tutti sapevano che la mano dietro all'efferato omicidio era quella di Cosa Nostra.

Dopo la morte di Peppino, la madre Felicia e il fratello Giovanni si ribellano ai lacci che li legavano all'ambiente mafioso e presentarono alcune prove che riaprirono le indagini e riconducevano la responsabilità del delitto proprio a Don Badalamenti, l'amico del padre di Peppino.

Nel novembre del 1997, con quasi vent'anni di ritardo, venne emesso un ordine di cattura per Gateano Badalamenti, incriminato come mandante degli assassinii.

La condanna arrivò solo nel 2002: Badalamenti e il suo vice, Vito Palazzolo, furono condannati rispettivamente all'ergastolo e a 30 anni di reclusione (Palazzolo fu condannato nel 2001). Entrambi morirono poco dopo.

Ora Peppino non c'è più, ma la sua attività ha ispirato film, libri e canzoni, innalzandolo ad un'icona nella lotta alla cultura mafiosa che ancora oggi infesta troppe zone del nostro Paese.