Gli studenti che in questo anno scolastico hanno cominciato la prima elementare sono nati nel 2014; gli studenti che finiranno la quinta superiore sono nati nel 2002. Per tutti loro, personaggi come Mussolini, Napoleone e Carlo Magno sono antichi quasi allo stesso modo.
Cosa intendo dire? Che se facciamo così fatica a immedesimarci in un evento di cento o duecento anni fa, come possiamo capire gli eventi avvenuti milioni di anni indietro? Per esempio, com’era la Terra nel Neolitico (10 000 anni fa) quando Homo sapiens ha inventato l’agricoltura? E 300 000 anni fa, quando è comparsa la nostra specie in Africa?
La nostra percezione del tempo si scontra con la scala del tempo geologico, ovvero quel «modo di suddividere il tempo trascorso dalla formazione della Terra condiviso dalla comunità scientifica internazionale» (fonte Wikipedia). Questa scala è suddivisa in unità di tempo:
Gli eoni sono quattro (Adeano, Archeano, Proterozoico e Fanerozoico), ma i primi tre sono riuniti nel supereone Precambriano. Quindi possiamo dire che la storia della Terra è divisa in due momenti: il Precambriano e il Fanerozoico.
Il Fanerozoico è cominciato 542 milioni di anni fa ed è diviso in 3 ere (Paleozoico, Mesozoico e Cenozoico), che a loro volta sono divise in periodi. Molti nomi di periodi sono famosi anche per i non esperti: Cambriano (quando c’è stata «l’esplosione della biodiversità»), Carbonifero (quando si sono formati i giacimenti di combustibili fossili), Giurassico (quando erano i dinosauri a dominare), Quaternario (ovvero il periodo attuale).
Nel periodo Cenozoico troviamo la suddivisione in epoche, tra cui compaiono Eocene, Pleistocene, Olocene. L’Olocene sarebbe l’epoca attuale, ma negli ultimi anni si sta affermando il termine Antropocene, che dovrebbe indicare l’epoca caratterizzata dalla presenza umana. Ma su questo termine c’è ancora grande dibattito e quindi ne riparleremo.
Ci sarebbero poi unità di tempo ancora più piccole, ma non perdiamoci nei dettagli. Per chi volesse una spiegazione e delle tabelle ben fatte, il sito dell’INGV ha creato una pagina sull’argomento.
La spiegazione di questo argomento in classe può essere piuttosto sterile se ci limitiamo a dare i nomi alle unità di tempo. Il rischio maggiore è che gli studenti si appiccichino in testa delle etichette che dimenticheranno entro pochi giorni.
Per consolidarli un po’ di più possiamo collocare una serie di eventi in questa scala. L’attività può diventare un gioco, da fare in due modalità:
l’insegnante dà una lista di eventi e gli studenti li posizionano nell’unità di tempo corretta;
gli studenti indicano 10 eventi e li collocano sulla scala del tempo geologico.
Facciamo qualche esempio:
comparsa di Homo sapiens in Africa, 300 000 anni fa = Pleistocene superiore,
presenza dei mammuth sulla Terra, da 4,8 milioni a 4000 anni fa = dal Pliocene all’Olocene,
presenza dei T-Rex da 70 a 65 milioni di anni fa = Cretaceo superiore
inizio della frattura del supercontinente Pangea, 225 milioni di anni fa = Triassico
comparsa delle angiosperme o piante a fiore, 135 milioni di anni fa = Giurassico
e così via. In questo modo diamo maggiore concretezza a questo strumento e aiutiamo gli studenti a non farsi schiacciare dalla dimensione del tempo.
Ma questo esercizio è utile soprattutto in prospettiva futura: che cosa succederà alla Terra tra 1 secolo? E tra un’epoca geologica? Queste domande tornano di frequente quando si parla di cambiamenti climatici, ma hanno poca presa perché abbiamo poca dimestichezza con il concetto di tempo. Siamo immersi in una cultura che esalta la quotidianità, le stories di instagram che durano un attimo, il live tweeting da seguire rigorosamente in diretta. La prospettiva a 10 anni ci sembra lontanissima: la famosa Agenda 2030 appare vaga all’orizzonte, ma tra un paio d’anni si comincerà a parlare di Agenda 2040!
Nel dibattito sui cambiamenti climatici si parla di conseguenze entro il 2050 o entro il 2100, due date iconiche, ma che vanno concretizzate per essere capite: per uno studente che quest’anno ha cominciato la prima elementare, il 2100 è più vicino della Prima Guerra Mondiale.
E allora giochiamo con il tempo e impariamo a saltellare avanti e indietro sulla scala.
Poi miglioriamo anche il modo di raccontare i cambiamenti climatici, andando oltre i tanti problemi comunicazione che abbiamo incontrato. Per farlo partiamo da una regola aurea, suggerita anche da Climate Outerach: meno orsi polari e più persone!
Perché seguire questo criterio? Per conoscere meglio la storia del pianeta, ma soprattutto per essere più consapevoli del tempo futuro.