Una parola che è andata di moda negli ultimi mesi è resilienza. Secondo il dizionario Zingarelli la resilienza è:
la capacità di un materiale di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi;
l’idoneità di una persona ad affrontare le avversità e a superarle;
la capacità di un soggetto o di un sistema di resistere a sollecitazioni che ne minano l'equilibrio.
È andata di moda perché giornali e giornalisti hanno raccontato “storie di resilienza”, cioè storie di persone che sono riuscite a rialzarsi nonostante le difficoltà portate dalla pandemia di Covid-19. L’emergenza sanitaria, quindi, ha messo in risalto il secondo significato della parola. Ma il terzo (e anche il primo) significato sono quelli che si studiano di solito nei corsi di ecologia e botanica.
La resilienza è la capacità di un ambiente naturale di riprendersi più in fretta possibile dopo una calamità: una frana su una distesa di arbusti, un’alluvione su una pineta, un incendio su un bosco.
Bene, in teoria per capire che cos'è la resilienza questa spiegazione potrebbe bastare. Ma prova a immaginare se arrivasse un ricercatore e ti dicesse: «Ora ti siedi lì e io ti spiego nei dettagli la resilienza della foresta di larici del parco Alpe Veglia e Devero». Già sapere dove si trovi l’Alpe Veglia (e pure l’Alpe Devero) non è banale, ma perché dovrebbe interessarmi sapere tutto sulla resilienza dei suoi larici?
Per scoprire il motivo basta leggere un libro scritto da Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale a La Statale di Milano. Si intitola La resilienza del bosco. È sorprendente perché ha il pregio di raccontare un argomento così indigesto in modo coinvolgente. Nel libro si intrecciano le vicende personali dell’autore con le storie delle foreste che ha studiato in Canada, negli Stati Uniti, in Patagonia e sulle Alpi italiane. Un libro che va letto e va consigliato agli studenti perché è divertente e perché potrebbe alleggerire una parte del programma di ecologia.
SPOILER: il motivo per cui dovrebbe interessarmi la resilienza dei larici dell’Alpe Veglia (e di molte altre foreste) è che conoscere in che modo cambiano questi ecosistemi ci permette di capire come sta cambiando il nostro pianeta. Gli effetti dei cambiamenti climatici sulle foreste si vedono bene su tutto l’ambiente che le circonda e su ogni essere vivente che le abita. Ma un discorso analogo vale anche per i cambiamenti artificiali, cioè le azioni umane dirette (disboscamenti frettolosi e piantumazioni non ragionate).
Come puoi cominciare la lezione? Assegna la lettura di un capitolo a ciascuno studente. Poi chiedi loro di raccontare la stessa vicenda che hanno letto (o parte di essa) in un formato diverso (video, audio, fumetto, disegno).
In alternativa, agli studenti di quinta superiore (ma anche di terza media), chiedi loro di scrivere un testo (saggio breve, articolo di giornale, testo argomentativo) a partire da quanto hanno letto. La domanda a cui devono rispondere con il testo è: Che cosa possiamo capire grazie allo studio delle foreste?