Durante le vacanze di Natale mi è capitato di vedere Don’t look up su Netflix e di leggere alcuni libri sulla comunicazione della scienza. Il film ha per protagonisti Leonardo Di Caprio e Jennifer Lawrence e ha ricevuto moltissimi commenti in Rete, mentre i libri sono Il giornalismo scientifico di Nico Pitrelli (Carocci, 2021), Scrivere di scienza di Daniele Gouthier (Codice Edizioni, 2019) e Infodemia e pandemia di Marco Ferrazzoli e Giovanni Maga (Zanichelli, 2021). I commenti al film e le riflessioni presenti nei libri hanno un tratto in comune.
INIZIO SPOILER DEL FILM, CHE PUOI SALTARE
Don’t look up è una commedia fantascientifica che ha per protagonisti un professore universitario (Di Caprio) e una sua dottoranda (Lawrence), che scoprono l’esistenza di una cometa. L’entusiasmo iniziale si tramuta subito in ansia perché secondo i loro calcoli quel corpo celeste si schianterà sulla Terra entro 6 mesi.
I due si mobilitano per avvisare le autorità e vengono subito convocati alla Casa Bianca. La presidentessa in carica (Meryl Streep) è un personaggio stralunato: è disinteressata ai problemi delle persone, decisa nel rimandare o nascondere i problemi, in balia delle lobby che l’hanno sostenuta alle elezioni e accompagnata da un figlio idiota che ha scelto come capo di gabinetto. Viste le premesse, è ovvio che la presidentessa non ascoltI i due scienziati e li liquidI prendendosi gioco della loro ansia ingiustificata.
Di Caprio e Lawrence non si danno per vinti e riescono a coinvolgere i media. Vengono invitati a una trasmissione televisiva del mattino, dove vengono date notizie in modo così leggero da sfociare nel ridicolo. Il messaggio di allarme lanciato dai due scienziati non viene capito in alcun modo, ma la conduttrice (Kate Blanchett) si invaghisce del professore e ne fa un ospite fisso della trasmissione, mentre estromette del tutto la dottoranda.
Per far sentire la loro voce, i due protagonisti organizzano o partecipano a eventi pubblici in cui lo slogan principale è Look up!, cioè “Guarda in alto!” verso la cometa. La presidentessa, per contro, articola la sua campagna elettorale intorno allo slogan Don’t look up! e inveisce contro i catastrofisti che vogliono limitare la libertà dei cittadini americani. Lo scontro sembra totale, ma uno scandalo sessuale ribalta le carte in tavola. Per risalire nei sondaggi, la presidentessa cambia completamente idea e si intesta la battaglia per fermare la cometa.
Viene così organizzata una missione spaziale per deviare la traiettoria della cometa prima che entri nell’atmosfera terrestre. A decollo avvenuto, uno dei lobbysti più influenti intima alla presidentessa di annullare la missione. E così avviene. Il motivo: vuole far arrivare la cometa sulla Terra per sfruttare i minerali preziosi che contiene.
Viene organizzata una seconda missione, che dovrebbe dividere la cometa in frammenti più piccoli, da raccogliere una volta giunti al suolo. Il lancio è però fallimentare e diversi droni predisposti per la missione esplodono in fase di decollo. La missione fallisce e la cometa si schianta al suolo con una potenza tale da distruggere tutta l’umanità. Si salvano solo la presidentessa e un gruppo di lobbysti, che poco prima dello schianto si erano imbarcati su una navicella intergalattica che li fa viaggiare nello spazio in capsule criogeniche per 22740 anni.
Dopo questo lungo periodo il gruppo torna sano e salvo sulla Terra, dove trova un mondo primordiale abitato da animali simili a dinosauri. Ma la loro esistenza dura poco perché diventano le prede dei primi dinosauri che incontrano.
FINE SPOILER DEL FILM
Il film è grottesco perché mostra una dinamica assurda, ma allo stesso tempo plausibile. Tra gli aspetti più plausibili ci sono:
L’incapacità del professore (Di Caprio) di essere persuasivo nella sua presentazione alla Casa Bianca. Sciorina numeri e tecnicismi incomprensibili per dei politici superficiali come quelli che ha di fronte;
L’esagerata schiettezza della dottoranda (Lawrence), che in TV strilla “Lo volete capire che moriremo tutti!” e diventa così lo zimbello dei social network e di chiunque la incontri;
Il diverso trattamento che subiscono l’uomo e la donna di scienza: lui è considerato serio, rassicurante, sexy, mentre lei è isterica, esagerata, bruttina;
La scarsa considerazione che ha la scienza seria rispetto agli interessi economici, che fanno annullare una missione sicura per una improbabile ma più redditizia;
E poi anche l’egoismo di pochi super ricchi, che compromettono il futuro dell’umanità perché sanno che si potranno salvare grazie a una navicella spaziale riservata a poche persone fortunate, e il voltagabbana dei politici, che per interesse personale si rimangiano la parola e perorano cause opposte. Tutto questo evoca tante scene viste durante l’amministrazione Trump, ma anche le lotte contro i cambiamenti climatici o le manifestazioni contro i vaccini in giro per il mondo.
Molti di questi aspetti vengono trattati anche nel libro Il giornalismo scientifico. Il libro di Pitrelli analizza il ruolo del giornalismo scientifico oggi e dà dei consigli per chi vuole cominciare questo lavoro. Viene messo in risalto il lavoro di mediazione tra la fonte della notizia (cioè chi conduce la ricerca) e il pubblico di non esperti che la riceve. Questo ruolo viene spesso considerato superfluo, per cui una redazione rinuncia al giornalista scientifico e si rivolge direttamente all’esperto in materia (un virologo, un’epidemiologa, un fisico dell’atmosfera, una biologa marina ecc). È la cosiddetta disintermediazione, che spesso viene mal gestita perché a un ricercatore o ricercatrice vengono fatte domande che afferiscono ad ambiti diversi da quelli in cui è competente. E, di conseguenza, si perde il valore aggiunto dell’esperto in materia e si rischia di far passare concetti scientifici sbagliati.
Su questo fa esempi molto concreti Infodemia e pandemia. Nel libro viene ripercorso un anno di dichiarazioni di virologi, epidemiologi e medici sui temi legati alla pandemia di COVID-19. Il quadro che ne emerge è desolante perché i media generalisti (soprattutto i canali televisivi più visti e i quotidiani più venduti) hanno selezionato un ristretto numero di esperti (per esempio, Bassetti, Burioni, Capua, Crisanti, Galli, Lopalco, Ricciardi, Viola, Zangrillo) e li hanno intervistati tutti i giorni su temi molto diversi. Questa sovraesposizione ha abbassato il livello dei loro interventi e ha generato confusione nel pubblico ogni volta che c’è stata una diversità di opinioni tra due di loro. Inoltre ha portato scienziati e scienziate su un terreno impervio:
A metà febbraio del 2021 Walter Ricciardi è stato invece bacchettato severamente dal Corriere della sera […] in un ritratto caustico, dove viene definito «sempre molto rumoroso, ingombrante, molto incauto, molto tutto» e accusato di scarsa attendibilità. […] La critica giornalistica può essere anche dura ma dovrebbe concentrarsi sugli aspetti scientifici e istituzionali: questo sarcasmo evidenzia come gli scienziati, una volta entrati nell’agone mediatico, siano soggetti a tutte le regole che lo governano, incluso il dileggio.
Queste occasioni hanno messo in luce l’importanza del giornalista scientifico all’interno di una redazione. O quanto meno il contributo di un professionista che si occupa solo di comunicazione della scienza e che quindi sa come trovare il giusto equilibrio tra rigore scientifico ed efficacia narrativa.
Se ne parla anche in Scrivere di scienza:
La comunicazione di un contenuto scientifico ha due dimensioni: il rigore e l’efficacia. Ipotizzando che ci siano un rigore ideale (R*) e un’efficacia ideale (E*) per comunicare un determinato contenuto, quando effettivamente lo si comunica entra in gioco la realtà. Qualunque autore fa delle scelte, ha qualche limite, commette errori, non è in sintonia ottimale con il pubblico. In definitiva riesce […] a mettere in campo il rigore (R) e l’efficacia (E) che gli sono possibili. E tra il possibile e l’ideale c’è uno scarto. Pietro Greco, nell’articolo What Type of Science Communication Best Suits Emerging Countries?, pubblicato sul Journal of Science Communication il 21 settembre 2005, formula un principio di indeterminazione e ci dice che il prodotto dei due scarti è sempre positivo:
(R* - R)(E* - E) ≥ h > 0
Questo principio condensa alcuni fatti. Il primo è che non è possibile comunicare avendo il rigore e l’efficacia ideali: nessuno dei due scarti può essere zero, altrimenti la disuguaglianza diventa falsa. Il secondo è che per avere uno dei due scarti molto piccolo, l’altro deve essere grande: chi è molto rigoroso accetta di essere poco efficace. O viceversa. Rigore ed efficacia sono due leve da manovrare, ma non sono indipendenti. Se si solleva l’una, l’altra è costretta a scendere. Ovvero: se aumenta il rigore, diminuisce l’efficacia. Bisogna dunque ricercare costantemente il giusto obiettivo per il contesto comunicativo in cui ci stiamo muovendo.
Gli spunti di riflessione che emergono dal film e da questi libri, quindi, non mancano. Ma il confronto tra queste opere fa emergere i loro difetti:
è stata messa molta, forse troppa, enfasi sul film e su quanto ritragga in modo fedele la società contemporanea. Rimane una commedia volutamente esagerata e non va commesso l’errore di cercare nella realtà più somiglianze del dovuto;
il libro di Pitrelli enfatizza a tal punto il ruolo del giornalista scientifico che rischia di mitizzarlo e di attribuirgli un peso specifico superiore a quello che effettivamente può avere;
il libro di Ferrazzoli e Maga unisce due temi collegati, ma rischia di dare troppo poco peso a entrambi. È ovviamente complicato fare l’analisi di un fenomeno (l’infodemia) mentre lo stiamo vivendo, ma il tema è stato meno approfondito rispetto ai temi di virologia ed epidemiologia e quindi sarebbe stato interessante avere un’analisi ancora più spinta;
il libro di Gouthier offre decine di citazioni da opere diverse e questo è tanto arricchente quanto dispersivo. Interessante, invece, la proposta di esercizi lungo il testo per allenarsi a svolgere una comunicazione (della scienza, ma non solo) rigorosa ed efficace.
Come puoi cominciare la prossima lezione? A pagina 109 del suo libro, Gouthier propone un esercizio: fai scrivere le istruzioni per salire una scala. Un’attività motoria così semplice può essere spiegata con stili narrativi e/o rigore tecnico molto diversi.