«A cosa serve studiare delle lingue morte come latino e greco?». Questa domanda se la pone ogni studente di terza media che debba scegliere la scuola superiore a cui iscriversi. È un modo un po’ contorto di chiedersi «perché dovrei iscrivermi al liceo classico?». Una bella risposta l’ha data una professoressa del liceo classico e scientifico di Cuneo in questo video.
Ma a partire da questo spunto possiamo allargare il discorso: che cos’è oggi il liceo classico?
Tra tutti i tipi di scuola superiore, quello che sembra più cristallizzato nel tempo è proprio il più antico. Venne, infatti, istituito nel 1859 nel Regno di Sardegna e poi in tutta Italia come tipo di scuola che non offrissse una formazione tecnico-professionale, ma privilegiasse lo studio delle materie letterarie, con una netta prevalenza di italiano e latino. Con la riforma del 1923 pianificata da Giovanni Gentile, il classico divenne la scuola dell’élite, cioè la scuola che avrebbe dovuto formare la futura classe dirigente del paese. Per fare il parlamentare era utile (se non obbligatorio) essere laureati in giurisprudenza e per iscriversi a una facoltà di giurisprudenza era obbligatorio (questo sì) avere un diploma di liceo classico.
Fino al 1940 il liceo-ginnasio (questo era il suo nome), durava 8 anni perché non esistevano ancora le scuole medie: 5 anni di ginnasio e 3 di liceo. Ma in quell’anno la riforma di Giuseppe Bottai istituì la scuola media unica, per cui il ginnasio si accorciò a 2 anni. Ciò nonostante, fino al 2014 gli iscritti al liceo classico hanno continuato a fare IV e V ginnasio mentre i loro coetanei facevano I e II superiore. E poi I, II e III liceo, mentre altrove si faceva III, IV e V superiore. La riforma Gelmini ha appiattito questa diversità abolendo il termine «ginnasio», che rimane nelle insegne scolastiche come nostalgico ricordo.
L’ingresso di uno dei licei classici più prestigiosi di Torino.
Nel 1969 ci furono due importanti cambiamenti: venne abolito l’esame per passare dal ginnasio al liceo (come raccontato da questo cinegiornale) e venne liberalizzata l’iscrizione all’università, per cui il liceo classico non fu più l’unica porta d’accesso per iscriversi a certe facoltà.
Nel 2010 la riforma di Mariastella Gelmini (di cui abbiamo parlato nello scorso numero) ha riordinato l’assetto dei licei, riducendoli a 6 tipi: uno di questi è il liceo classico. La riforma ha modificato relativamente poco: abolite le sperimentazioni nate negli ultimi anni (come PNI e Brocca), unito le ore di storia e geografia al primo biennio e mantenuto l’insegnamento dell’inglese per 5 anni.
Se le iscrizioni degli ultimi anni premiano di gran lunga i licei (57,8% degli iscritti), al liceo classico si iscrive solo il 6,5% degli studenti. Meno che al liceo linguistico (8,4%), meno che alle scienze umane (9,7%) e molto meno che al liceo scientifico (26,9%). Le regioni in cui la percentuale di iscritti al classico rimane sopra al 10 sono Sicilia, Calabria e Lazio, mentre l’interesse minore è registrato in Emilia-Romagna (3,6%), Friuli Venezia Giulia e Veneto (4%).
I numeri in calo possono essere giustificati dalla diffidenza naturale verso lingue come il greco e il latino: sono considerate difficili e inutili, a differenza dell’informatica che sembra più moderna e utile.
Se andiamo a vedere le indicazioni nazionali, vediamo che gli studenti hanno 2 ore di scienze naturali per tutto il quinquennio. È lo stesso monte ore che troviamo nei licei scienze umane e linguistico. A fare la differenza, però, è la determinazione degli studenti: nonostante le scienze non siano le materie forti di questo liceo, gli studenti sono stimolati a dare il massimo anche in chimica, biologia e scienze della Terra. Quindi gli insegnanti cercano di fare un programma più approfondito che in altri licei. Rimane comunque il problema di fondo: con sole 2 ore a settimana, il programma che si può svolgere è molto più limitato rispetto a un liceo scientifico.
Cosa bisogna ricordare? Il liceo classico non è più una scuola d’élite e paga la diffidenza degli studenti, per cui le iscrizioni sono in calo.