Nello scorso numero abbiamo parlato di Alex H. Johnstone. Professore di Science Education all’Università di Glasgow, Johnstone è uno dei capisaldi della didattica della chimica. È colui che ha definito i tre livelli su cui opera la chimica:
· macroscopico, ovvero il mondo che osserviamo e con cui abbiamo a che fare;
· submicroscopico, ovvero il livello atomico;
· simbolico, ovvero la traduzione in linguaggio matematico dei fenomeni che accadono.
Questa conclusione è però il frutto di un lungo lavoro iniziato alla fine degli anni Cinquanta, quando faceva il professore di chimica a scuola. Insegnante atipico, è più concentrato a far capire l’importanza della chimica nella vita quotidiana che a travasare le proprie conoscenze negli studenti. Il suo approccio all’insegnamento piace agli insegnanti che lo adottano e agli studenti che lo ricevono, ma rimane un problema latente: gli studenti considerano alcuni argomenti di chimica incomprensibili. In particolare il concetto di mole, la termodinamica, le ossidoriduzioni e alcune parti di chimica organica.
Nonostante le attività di laboratorio proposte, i risultati non migliorano perché sono tutti argomenti astratti. Johnstone cerca di capire che cosa blocchi questa comprensione. Grazie a una serie di questionari trova un tratto comune: il sovraccarico di informazioni ricevute. Deduce quindi che:
1. La chimica è una materia astratta fin dalle prime fasi di studio;
2. Le idee astratte richiedono uno sforzo di comprensione maggiore da parte degli studenti;
3. Per capire davvero un’idea astratta gli studenti devono padroneggiare più idee contemporaneamente;
4. La mente umana ha dei limiti nel numero di informazioni che riesce a gestire contemporaneamente.
Attraverso una serie di prove vede che ciascuno studente ha un numero medio di informazioni che riesce a gestire contemporaneamente. Finché si sta sotto o in linea con quel numero, i risultati sono ottimi; ma non appena viene superata la soglia, il livello di performance crolla vertiginosamente. È come un argine mentale: se il carico cognitivo è eccessivo, le barriere crollano e i risultati sono pessimi.
Johnstone capisce che l’apprendimento dipende dalla pressione fatta sulla “memoria di lavoro” o “memoria a breve termine”, quella parte di cervello in cui vengono immagazzinate le informazioni prima di essere interiorizzate e diventare “memoria a lungo temine”. A partire dai lavori dei colleghi Atkinson e Shiffrin nel 1996 propone il suo schema di acquisizione delle informazioni.
Fonte: Norman Reid, “De Gruyter”
Il perception filter è l’insieme delle conoscenze, dei pregiudizi, degli interessi e degli stimoli che condizionano l’acquisizione di nuove conoscenze. Superato questo filtro, l’informazione passa nella memoria a breve termine e poi in quella a lungo termine. Quest’ultima contribuisce a rafforzare il filtro per le nuove informazioni in arrivo, ma ha scambi continui anche con la memoria a breve termine. È infatti la memoria a breve termine che integra le informazioni e ci permette di risolvere i problemi, rispondere alle domande che ci vengono fatte, interpretare le situazioni che ci troviamo di fronte.
Una volta capito questo processo, Johnstone elabora i suoi comandamenti dell’apprendimento:
Ciò che si apprende dipende da ciò che già si conosce e si capisce.
Il modo in cui si apprende è regolato da come si è riusciti ad apprendere con successo nel passato.
Per essere significativo, l’apprendimento deve connettersi alle conoscenze e alle abilità preesistenti, arricchendole e ampliandole.
La quantità di materiale che può essere elaborata nell’unità di tempo è limitata.
Per sentirsi a proprio agio lo studente ha bisogno di rassicurazione e di feedback, per cui non deve sentirsi costantemente giudicato.
L’insegnante deve prendere atto dei differenti stili di apprendimento e delle diverse motivazioni.
Gli studenti devono consolidare il proprio apprendimento interrogandosi su ciò che avviene nelle loro menti.
Bisogna dare spazio al problem solving per mettere alla prova e rafforzare i nessi concettuali.
Bisogna esercitare la creatività, sostenere le proprie ragioni, mettersi alla prova e fare ipotesi.
Bisogna dare occasioni per insegnare e spiegare.
L’articolo in cui ha esposto queste sue tesi è apparso nel 1996 sulla rivista Chemical Education Today sotto al titolo Chemistry Teaching: Science or Alchemy?. Per approfondire questo argomento si può leggere il bel articolo di Norman Reid apparso due anni dopo la morte di Johnstone (avvenuta nel 2017).
Cosa bisogna ricordare? Johnstone ha capito in che modo avviene l’apprendimento e ha indicato 10 punti su cui agire per aumentare la capacità di apprendimento di uno studente.