Partiamo da una banalità: due anni di pandemia hanno imposto un diverso modo di fare scuola. Hanno richiesto nuovi strumenti, hanno imposto la lontananza, hanno interrotto (per periodi più o meno lunghi) la prassi della lezione in classe. Nel 2020 si parlava di DAD, didattica a distanza, nel 2021 si è virato sulla DDI, didattica digitale integrata. Anche se l’acronimo DDI è nuovo e in Italia pochissimi facevano qualcosa di simile prima che ce ne fosse la necessità, l’idea di fondo non è così innovativa. Nella letteratura specialistica il sistema di DDI ricorda in alcuni tratti un altro sistema didattico, chiamato di blended learning o BL.
In poche parole, il blended learning è un modo di insegnare che unisce online e offline, in presenza e a distanza, che nelle università americane veniva abbozzato già nel 2002. Ma tenere una lezione in presenza, registrarla e mandarla agli studenti non è BL. Un’insegnante propone BL quando sfrutta due canali diversi per arricchire la propria spiegazione e aiutare i propri studenti a capire meglio. Per questo, fare BL in modo efficace non è banale: bisogna capire limiti e potenzialità dell’online e dell’offline (o della distanza e della presenza) e integrarle insieme.
Gli strumenti utili per fare BL vengono da lontano perché sono il frutto del miglioramento di prodotti usati in passato. I lucidi che venivano proiettati un tempo sono diventati delle slide di PowerPoint e, nei casi più fortunati, si sono ancora evoluti in oggetti html. Ma oltre a questi ci sono video, pdf, lezioni interattive, documenti condivisi: tutti insieme prendono il nome di learning object.
L’ultima evoluzione di questi oggetti è rappresentata dai mobile object, che hanno queste caratteristiche:
1. sono materiali pensati per essere fruiti solo tramite smartphone e tablet;
2. le caratteristiche estetiche non sono importanti;
3. l’unico aspetto che conta è la loro usabilità in qualunque luogo o momento;
4. devono essere flessibili, per adeguarsi ai diversi dispositivi;
5. non devono comportare uno spreco di batteria o di dati per navigare;
6. devono poter essere condivisibili con altri utenti;
7. devono alternare momenti di svago con momenti più seri.
Per progettare dei mobile object efficaci bisogna tenere conto di un dato. Secondo una ricerca, il 51% dei momenti dedicati all’apprendimento avvengono a casa o nel luogo dedicato a studio/lavoro e solo l’1% sui mezzi di trasporto, mentre il resto si divide in vari luoghi (di culto, di svago, centri commerciali, all’aperto ecc). Questo significa che i momenti di trasferimento non sono considerati efficaci per studiare o ripassare, anche se molti studenti studiano in autobus prima della verifica.
Per evitare che l’apprendimento risulti passivo, può essere efficace introdurre delle e-tivity, cioè delle attività interattive individuali o di gruppo, che portino alla costruzione attiva di conoscenza. Rientrano in questa definizione il problem solving, l’ideazione di questionari, compiti di realtà e così via. Meglio ancora se vengono messe in un contesto sfidante, cioè se l’insegnante mette l’attività sul piano del gioco e sfida gli studenti a risolverlo in modo originale. Questa pratica è utile soprattutto nelle parti a distanza, dove l’attenzione è sempre minore e si disperde più facilmente.
Per quanto riguarda la valutazione di ciò che gli studenti apprendono in blended learning, si può fare un mix di valutazione formativa e sommativa. La valutazione formativa, cioè quella che avviene nel corso della spiegazione, può essere ottenuta attraverso l’assegnazione di lavori da svolgere. Questi lavori possono essere informatici e dunque avere una auto-correzione integrata. La valutazione sommativa, cioè quella al termine della spiegazione, invece, parte dall’analisi di tutti i lavori svolti e la allarga grazie a domande più generiche sull’argomento.
Tutti questi aspetti sono presentati e discussi in un volume uscito nel 2021 per Mondadori Università. Gli autori sono Ligorio, Cacciamani, Cesareni e si intitola Didattica blended. All’interno viene descritta la modalità di insegnamento in BL, vengono dati suggerimenti didattici, raccontate esperienze dirette in classe e approfondito il tema della valutazione.
La differenza tra DDI e BL è che il blended learning nasce con un’ideale costruttivista, cioè vuole coinvolgere gli studenti nella produzione attiva della conoscenza. La DDI, invece, rischia di essere un modo diverso di svolgere le lezioni alla vecchia maniera. In comune hanno la necessità di svolgere lezioni in parte in presenza e in parte a distanza e di sfruttare le tecnologie informatiche per condividere materiali.
Cosa bisogna ricordare? Il blended learning è un modo di fare didattica di stampo costruttivista, che mira a coinvolgere gli studenti attraverso attività pratiche da svolgere in presenza e a distanza.