Perché i leader israeliani invocano la "Seconda Nakba"

di Joseph Massad *


Uno dei fattori chiave per la sopravvivenza e l'irreversibilità delle colonie di coloni europei bianchi in tutto il mondo è stata la demografia. Se i coloni bianchi non sono in grado di eliminare la maggior parte della popolazione nativa, il loro destino, non importa quanto duri il loro dominio, è alla fine segnato.


Questo è essenzialmente il motivo per cui i coloni bianchi di Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda, continuano a detenere il potere, e perché i coloni bianchi di Algeria, Tunisia, Libia, Marocco, Kenya, Congo, Angola, Mozambico, Rhodesia, Namibia e Sud Africa lo hanno perso.


I coloni bianchi dell'America Latina non sono stati in grado di uccidere la maggior parte delle popolazioni indigene, il che ha portato alla mescolanza razziale e alla riduzione dei bianchi a minoranze, sebbene le razze bianche e miste continuino ad esercitare il potere anche in quei paesi dell'America Latina che hanno una leggera, o quasi, maggioranza delle popolazioni indigene, come Bolivia, Perù, Guatemala o Ecuador.


Israele è interessante tra le colonie di coloni bianchi perchè era riuscita a costruire una maggioranza demografica di coloni per poi perderla. Israele era riuscita a trasformare i coloni ebrei in una maggioranza attraverso la pulizia etnica nel 1948, assicurandosi un futuro coloniale permanente. Tuttavia, l'invasione e l'occupazione della parte restante della terra palestinese nel 1967, ha portato quasi un milione di palestinesi sotto il suo dominio, così i coloni ebrei sono diventati una minoranza ebraica negli ultimi due decenni.


È in questo contesto di governo della minoranza ebraica che le leggi razziste che Israele ha istituito dal 1948 come maggioranza coloniale dominante si è rivelata insufficiente. Il nuovo status di minoranza ebraica ha reso necessaria l'emanazione della legge sullo Stato-Nazione del 2018, che ha garantito la supremazia ebraica nella colonia di insediamento indipendentemente dal numero degli ebrei.


Quando gli ebrei persero la loro maggioranza demografica, seguirono grandi lotte intestine tra i coloni ebrei sul modo migliore per mantenere la supremazia ebraica alla luce del loro numero in declino.E sono emerse due correnti principali impegnati entrambi a garantire la supremazia ebraica: la prima è un'ala fondamentalista religiosa e apertamente razzista fascista rappresentata da gran parte dell'attuale governo israeliano, mentre la seconda è un'ala religioso-razzista con un volto laico che ama presentarsi come una forma di liberalismo tollerante rappresentata dall'opposizione.


Entrambe le parti sostengono la supremazia ebraica e la negazione della parità di diritti ai palestinesi, ed entrambe piene di incubi ed hanno escogitato piani su come sbarazzarsi dei palestinesi. Tuttavia, la pulizia etnica – storicamente compiuta dall'ala religiosa razzista che si spaccia per laica – è ora anche un importante punto di discussione dei fondamentalisti religiosi quasi-fascisti che sono saliti al potere negli ultimi due decenni.


Vale la pena ricordare a questo proposito che l'intento delle riforme giudiziarie che l'ala fondamentalista oggi al governo e i suoi sostenitori chiedono è quello di aumentare la loro capacità di espellere e opprimere i palestinesi. Gli oppositori di queste riforme, che appartengono alla parte suprematista ebraica ma che si spaccia per laica e liberale,  tuttavia, non sono preoccupati per i palestinesi, ma temono che le riforme si intrometterebbero nei diritti degli ebrei israeliani "laici".


L'ultimo censimento israeliano mostra che gli ebrei sono poco più di sette milioni di persone. I palestinesi all'interno di Israele sono poco più di due milioni, con altri tre milioni che vivono in Cisgiordania e Gerusalemme Est, e più di due milioni nella Gaza assediata da Israele. Mentre questi numeri mostrano una leggera ma crescente maggioranza palestinese, il calcolo del numero di ebrei in Israele si basa su considerazioni di ebraicità su cui non tutti i sionisti sono d'accordo.


Questo è il motivo per cui il capo dell'Organizzazione Sionista d'America (ZOA), Morton Klein, ha recentemente chiesto ad Israele di abbandonare il suo metodo di stabilire l'ebraicità, come incapsulato nella sua Legge del Ritorno, specialmente per quanto riguarda gli immigrati dall'ex Unione Sovietica. La dichiarazione della ZOA insiste sul fatto che la Legge del Ritorno, dopo essere stata emendata nel 1970, sta portando alla "de-giudaizzazione" di Israele.


L'organizzazione sionista americana afferma che "la maggioranza ebraica dello stato ebraico si è ridotta ad un tasso dell'uno per cento ogni tre anni" in modo tale che "negli ultimi 30 anni, la maggioranza ebraica dello stato ebraico si è ridotta del 10 per cento e ora si attesta solo al 73,6 per cento, quando prima era all'84 per cento". Questi numeri, naturalmente, escludono i palestinesi di Gerusalemme Est, Cisgiordania e Gaza e includono mezzo milione di immigrati ebrei sovietici che la legge religiosa ebraica Halacha, la legge israeliana del ritorno pre-1970, e la ZOA considerano "ebrei". Ciò significa che la popolazione ebraica di Israele secondo le stime della ZOA è di 6,6 milioni di ebrei.


Il fatto che i coloni ebrei siano diventati di nuovo una minoranza nella Palestina storica porta alla ragionevole aspettativa che il colonialismo di insediamento ebraico non abbia più il futuro sicuro e che potrebbe essere eliminato.


Nel caso dell'Algeria, la fine del colonialismo di insediamento è stata realizzata quando ha ottenuto l'indipendenza. I liberatori algerini garantirono alla minoranza francese (circa un milione di persone, ovvero un nono della popolazione) l'uguaglianza e tolsero tutti i loro privilegi, un destino peggiore della morte per quanto riguardava i coloni. Rifiutando l'uguaglianza, i coloni partirono immediatamente per la loro madrepatria.


Nel caso della Rhodesia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti si affrettarono nella seconda metà degli anni 1970 a soccorrere i coloni bianchi di minoranza e salvaguardare i loro privilegi per timore che il loro destino fosse lo stesso dei coloni dell'Angola e del Mozambico se non dell'Algeria.


A differenza delle due vicine colonie di coloni portoghesi i cui rivoluzionari chiedevano assoluta indipendenza e uguaglianza, i rivoluzionari anticoloniali dello Zimbabwe erano sempre stati aperti al compromesso. Alleati con la piccola classe terriera africana e la piccola borghesia, si appellarono costantemente alla madrepatria dei coloni, la Gran Bretagna, per aiutarli a conquistare l'indipendenza e una qualche forma di uguaglianza per gli indigeni africani.


Per ottenere l'indipendenza politica, Robert Mugabe e altri leader dello Zimbabwe accettarono volentieri un compromesso che manteneva i privilegi economici coloniali dei coloni bianchi dopo l'indipendenza.


L'esempio rhodesiano divenne il modello per la fine dell'apartheid in Sud Africa nel 1994, quando l'African National Congress accettò un accordo simile dagli Stati Uniti e dagli europei per porre fine all'apartheid.


A differenza della Rhodesia e del Sudafrica, queste non erano soluzioni che le potenze imperiali storicamente offrivano ai palestinesi, poiché rimaneva la convinzione imperiale generale che la colonia israeliana manterrà la sua maggioranza demografica.


La realtà demografica, tuttavia, è cambiata considerevolmente dal 1990, tanto che anche le organizzazioni liberali per i diritti umani hanno iniziato a chiamare Israele uno stato di "apartheid" negli ultimi anni. Nel frattempo, alcuni sionisti liberali impegnati cominciarono a chiedere, o, almeno, ad aspettarsi, una "soluzione" a uno stato unico che salvaguardasse i privilegi coloniali ebraici.


Per i sionisti liberali, una "soluzione" a uno stato unico alla Sudafrica o alla Rhodesia (dal 1980 al 2000) è attraente in quanto preserverebbe la supremazia economica ebraica in modo permanente mentre rinuncerebbe solo parzialmente alla supremazia politica ebraica - replicando lo status dei coloni bianchi sudafricani ma non quello dei coloni bianchi algerini.


I suprematisti ebrei di entrambe le parti, i dichiaratamente fondamentalisti e gli pseudo-laici, tuttavia, sono terrorizzati dalle prospettive di uguaglianza anche nominale in un unico stato. Anche se garantirebbe i loro privilegi economici coloniali, molti chiedono di commettere una "Seconda Nakba" per evitare un tale destino.


Il fatto che questi appelli pubblici si siano moltiplicati e siano riecheggiati da figure politiche mainstream attesta la sensazione loro dell'avvicinamento della fine imminente della colonia-insediamento.


Questa situazione ha comprensibilmente suonato campanelli d'allarme, non solo tra i coloni ebrei ma anche tra i loro sostenitori, nelle colonie di coloni bianchi sopravvissute in tutto il mondo. Negli ultimi anni, i leader israeliani hanno espresso molta preoccupazione sul fatto che Israele potrebbe non raggiungere il suo 100° o addirittura il suo 80° anniversario.


Le minacce di un'altra Nakba sono misure disperate di una colonia di coloni che sa che il suo destino è ormai segnato, anche se ci vorranno diversi anni prima del collasso finale. Il compito che i palestinesi devono affrontare ora è quello di prepararsi per un futuro post-israeliano. Sarà un futuro che garantirà l'uguaglianza a tutti, alla Algeria, o uno che manterrà i privilegi economici coloniali, alla Sudafrica?


Se la questione è lasciata alla borghesia palestinese, che ha guidato la soluzione dei due Stati e la resa di Oslo, possiamo essere sicuri che verrà imposta una variante dell'opzione sudafricana. I ricchi palestinesi fin dall'inizio dell'occupazione britannica che sponsorizzò il colonialismo sionista nel novembre-dicembre 1917 hanno sempre favorito la collaborazione con il potere coloniale come una sorta di arbitro neutrale.


Fin dai primi anni 1970, la maggior parte dei ricchi palestinesi il cui sostegno all'Organizzazione per la Liberazione della Palestina era condizionato alla moderazione delle sue richieste di liberazione anti-coloniale, e che sono diventati gli intermediari tra la leadership dell'OLP e i ricchi regimi arabi del Golfo, hanno anche insistito sul fatto che gli Stati Uniti fossero l'arbitro tra i palestinesi e i loro colonizzatori.


Come la minoranza di ricchi rhodesiani neri che hanno sostenuto gli inglesi come arbitro tra loro e i coloni britannici bianchi, l'élite palestinese fino ad oggi continua a prendere in considerazione solo soluzioni imposte dall'imperialismo statunitense ed europeo. Il fatto che tali "soluzioni" abbiano portato i palestinesi dal 1917 dove sono oggi non ha influenzato le posizioni della classe imprenditoriale palestinese avvantaggiata dalla collaborazione con l'imperialismo e con Israele.


Oggi, la domanda che i palestinesi devono affrontare non è se Israele finirà, ma piuttosto, cosa lo sostituirà? La ferma resistenza palestinese in tutte le sue forme e rami permetterà alla borghesia palestinese di accettare una soluzione imperialista e coloniale in nome del popolo palestinese, o la resistenza imporrà un fatto compiuto antimperialista e anticoloniale insistendo sull'indipendenza e l'uguaglianza e sulla rimozione di tutti i privilegi, politici ed economici, ai coloni?


La fine di Israele si avvicina, ma dato lo stridente impegno imperialista a preservare i privilegi coloniali ebraici e la sottomissione della borghesia palestinese a soluzioni imperiali, il futuro dei palestinesi è tutt'altro che certo.


* Professore di politica araba moderna e storia intellettuale alla Columbia University di New York


https://www.middleeasteye.net/opinion/why-israels-leaders-call-for-second-nakba


traduzione di Saleh Zaghloul