È di questi giorni l’invio ai Dirigenti delle Istituzioni scolastiche della Regione Friuli Venezia Giulia di una circolare (Nota 1) avente per oggetto: “Episodi di pregiudizio antisemita – raccolta narrazioni per ricerca”.
La circolare fa propria una “ricognizione” condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (Nota 2)“per individuare episodi realmente avvenuti di pregiudizi antisemiti” che abbiano “coinvolto bambini o giovani” In una nota a piè di pagina l’Università milanese indica come riferimento per il termine “antisemita” la definizione operativa non giuridicamente vincolante proposta nel 2015/2016 di IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance).
Ora, la definizione di “antisemitismo”, come proposta da IHRA, include il negazionismo (individui e gruppi fascisti o di estrema destra hanno sempre negato lo sterminio sistematico degli ebrei) ed una lista dei comportamenti, dei luoghi comuni e degli stereotipi più diffusi che hanno caratterizzato l’antisemitismo come fenomeno tipicamente e storicamente europeo.
Una casistica alla quale appartiene il seguente capoverso: “Le manifestazioni (di antisemitismo. N.d.a) possono avere come obiettivo lo Stato di Israele perché concepito come una collettività ebraica.” Ma con la legge “Israele Stato-Nazione degli Ebrei” varata nel luglio del 2018 (posteriore alla dichiarazione IHRA del 2015/16) Israele definisce sé stesso come collettività esclusivamente ebraica.
Ciò vanifica la successiva precauzione dell’IHRA contenuta nelle stesso capoverso: “tuttavia le critiche verso Israele simili a quelle rivolte a qualsiasi altro paese non possono essere considerate antisemite” considerando che nel prosieguo la stessa dichiarazione definisce “antisemite” le critiche politiche che leggono nelle azioni di Israele possibili comportamenti simili a quelli usati dai nazisti. Critiche peraltro comunemente adoperate verso ogni Paese che manifesta atteggiamenti riconducibili al nazismo.
Una casistica che sembra fatta apposta per poter accusare di antisemitismo la stessa analisi della creazione di Israele, quale risultato del processo coloniale britannico e della pulizia etnica delle popolazioni native, i palestinesi, che ne è derivata. Negando in tal modo volutamente una pagina di storia che, spesso per mano di storici ebrei, verifica inoppugnabilmente quanto accaduto in Palestina dal 1917 in poi e sino al giorno d’oggi.
Una formulazione secondo la quale gli stessi Hannah Arendt, Albert Einstein e dozzine di intellettuali ebrei (vedi lettera al New York Times del 1948) potrebbero essere accusati di “antisemitismo”, come oggi in molti casi ciò avviene.
Una definizione dell’”antisemitismo” riferita solo agli “ebrei” che esclude gli altri popoli semiti, quali i palestinesi, arrivando al paradosso di discriminare una categoria umana rispetto ad un’altra.
Una casistica all’interno della quale sembra maturare la sostituzione del termine “antisemita” con “antisionista” che, come facilmente comprensibile, è cosa del tutto diversa.
Lascio al lettore derivare, anche dalla lettura dei documenti in nota, tutte le implicazioni restrittive e censorie contenute nell’iniziativa in oggetto (quanti autori verrebbero messi “all’indice”!) e della ricaduta sulle scuole del Friuli Venezia Giulia, o in altre Regioni se ripresa.
Ed è una realtà che, sebbene pubblicizzata e promossa come “non legalmente vincolante”, la definizione dell’IHRA viene sempre più spesso ripresa e utilizzata da enti pubblici e privati come se fosse legge, promuovendo, come ricaduta, la limitazione della libertà di parola e di riunione.
Ultima osservazione.
In due passaggi della circolare si sottolinea: a) che l’utilizzo degli episodi di antisemitismo eventualmente riscontrati siano resi “in forma rigorosamente anonima”; b) che “riferimenti e circostanze rimarranno sempre anonimi”.
Fatta salvo la norma della discrezione, cautela normale specialmente nell’ambiente scolastico e nell’educazione in generale, inopportuno appare l’uso dei termini “anonima” e “anonimi”.
“Discrezione” sarebbe risultato termine più adatto alle circostanze ed alla destinazione d’uso.
“Anonimo” è una parola odiosa, rimasta impressa in chi scrive soprattutto perché nella città natale, Trieste, l’anonimato è stata la forma più diffusa delle delazioni che indicavano ai nazisti e ai fascisti i nomi e gli indirizzi di ebrei da catturare e inviare alla Risiera del rione di San Sabba. La Risiera, Monumento nazionale dal 1965, fu il solo campo di concentramento e sterminio in Italia dove furono assassinati e bruciati nei forni crematori migliaia di sloveni, croati, partigiani, ogni antifascista catturato e da dove gli ebrei venivano inviati nei lager nazisti.
Che l’estensore della circolare abbia utilizzato il termine in senso strettamente tecnico, o che si tratti di una svista, risulta insufficiente ad assolvere l’iniziativa dell’Università Cattolica (e coloro la riprendono) da questa e dalle altre contraddizioni riscontrate.
Contraddizioni che fanno apparire gli scopi dell’indagine, o “ricognizione”, dell’Università Cattolica e di chi se ne avvale, come opposti a quelli dichiarati.
Giorgio Stern
Trieste