La scorsa settimana, nella nostra scuola è venuto Filippo Biolè a parlarci della sua famiglia durante il periodo fascista. 

I suoi nonni avevano cinque figli, il più grande si chiamava Bruno. All’epoca aveva 27 anni ed era già un bravo medico. Bruno partì volontario nell’esercito fascista come sottotenente medico ma, appena si accorsero che era ebreo, fu subito espulso.

Nel 1942 anche Genova si trovava sotto i pesanti bombardamenti e così la famiglia De Benedetti decise di raggiungere Levanto ed andare a stare dalla sorella della mamma. In questa città erano ben voluti e così vennero informati dal Capitano della Capitaneria di Porto che erano cercati dai tedeschi poiché erano l’unica famiglia ebrea a vivere lì.

Increduli perché non pensavano si potesse arrivare a tanto in Italia, decisero di dividersi e scappare.

Padre, madre e le due figlie minori vennero ospitati a San Salvatore Monferrato in una locanda, Aldo venne  ospitato in un convento a San Remo, Bianca e Bruno restarono a Genova, lei a casa di un’amica, mentre lui si rifugiò all’ospedale San Martino.

La situazione non era per niente sicura però e allora  il capofamiglia Gino organizzò una vera e propria fuga in Svizzera sulla macchina di due contrabbandieri, ma la macchina è troppo piena e Bruno decise di non partire, ma disse che li avrebbe raggiunti il giorno dopo.

Da quel momento, però, nessuno lo vide più.

Nei loro ricordi quel viaggio fu davvero molto pesante, pieno di paure , oltretutto i contrabbandieri li fecero scendere nel bosco in un tortuoso cammino su per la montagna.

Solo in un secondo momento seppero di essere stati portati in un punto pericoloso spesso pattugliato dai tedeschi coi loro cani.

Per fortuna non furono visti e riuscirono ad entrare in Svizzera e piano piano  tutti loro riuscirono a sistemarsi e trovare lavoro.

Il 25 aprile 1945 dopo aver sentito la notizia della liberazione cercarono in tutti i modi di rientrare in Italia e ci riuscirono nel mese di maggio.

Ma il loro pensiero andava a Bruno che era stato deportato, preso e mandato ad Auschwitz il 6 agosto. Morì a Dachau Kaufering il 31 dicembre del 1944.

Ho trovato questa storia molto emozionante: mi ha fatto riflettere su quanto era dura la vita in quegli anni e di quanto siamo fortunati a non esserci stati. 

Mattia