Santi Primi Martiri della Chiesa di Como

Frutti dello Spirito

Breve storia della Chiesa di Como

Santi Primi Martiri della Chiesa di Como:

Fedele, Carpoforo, Esanzio, Cassio, Severino, Secondo e Licinio

“Vi esorto, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio: è questo il vostro culto spirituale”. (Rm 12,1-2.9-18)

Carpoforo, Esanzio, Cassio, Severino, Secondo, Licinio e Fedele, soldati cristiani in fuga da Milano durante la persecuzione dell'imperatore Massimiano (303 - 305), furono raggiunti dagli inseguitori alle porte di Como, in località "Selvetta". Solo Fedele sfuggì temporaneamente alla cattura.

Non potendo essere distolti dall'amore a Cristo, da nessuna minaccia, subirono con fortezza il martirio. Sono i primi martiri della Chiesa di Como. Le loro spoglie, devotamente raccolte, vennero collocate dal vescovo San Felice, presso la vicina chiesa denominata di San Carpoforo, che fu anche la prima Cattedrale di Como.

Oggi le reliquie di San Carpoforo sono venerate nella chiesa di santa Brigida in Camerlata, accanto a quelle di san Felice, primo vescovo.

San Fedele

Fedele, soldato romano alla corte imperiale di Milano venne scoperto cristiano ed imprigionato con altri soldati. Riuscendo a fuggire con i suoi commilitoni, fra i quali Carpoforo, Cassio ed Esanzio, prese la strada di Como. Il gruppo, inseguito da un drappello di soldati romani, fu raggiunto nell’attuale località di Camerlata, dove Carpoforo con i compagni venne catturato e subì il martirio per la fede. Il primo vescovo di Como, Felice, su un tempio dedicato a Mercurio, fece costruire una prima ‘memoria’ cristiana, sulle cui strutture sorse un edificio altomedioevale ultimato in forme romaniche nel sec. Xll. (L’attuale basilica di san Carpoforo). Nella Basilica furono trasferiti i corpi di alcuni Santi ‘…tra i quali Carpoforo, che erano collocati in una località poco discosta chiamata S.Martino alla Selvetta’ (Rovelli, Storia di Como, vol. l pag.81).

Fedele, invece continuò la fuga fino a Samolaco, dove, raggiunto, subì il martirio per la fede tra i 303 e il 305 d.C. Sul luogo, seguendo la documentata tradizione del culto, i cristiani costruirono un tempietto che ancora oggi è noto col nome di S.Fedelino. Ivi le spoglie del glorioso martire riposarono fino al 964, anno in cui il Vescovo di Como Gualdone (o Ubaldo) le rilevò e portò solennemente in città, nella chiesa paleocristiana di S.Eufemia, che da allora assunse il nome di S.Fedele. l cronisti descrivono l’avvenimento come una festa, anzi come un tripudio di tutti i comensi (Rovelli, o.c. pag.132). Interrate prima nel mezzo del presbiterio, il 4 giugno 1365, per opera di Stefano Gatti, 66° Vescovo di Como (1362-1369) le ossa di S.Fedele trovarono collocazione stabile in quella preziosa arca marmorea, arricchita da una fascia in belle tessere di vetro dorato recanti ritratti di papi e di santi, che vediamo oggi sotto l’altare maggiore. Questo episodio è documentato per esteso nella scritta latina in caratteri gotici scolpita sull’arca medesima.

Trascrizione del verbale di traslazione a caratteri gotici latini inciso sull’arca.

Anno Domini MCCCLXV – intrante mense junli – die quarto – translatum fuit corpus – beatissimi atletae martiris Fidelis – celebriter a medio chori huius ecclesiae praesentis ad hanc marmoream arcam – in ipsaque reverenter reconditum – praesente Reverendo Patre domino Stephano – Dei gratia Episcopo Cumano – ac etiam ibidem assistentibus praesentialier – toto ciero omnique populo devote cumanis

Nell’anno 1365, all’inizio del mese di giugno, il giorno 4, il corpo del beatissimo Fedele, martire e atleta di Dio, con grande partecipazione fu trasportato dal centro del coro fino a questa arca marmorea e in essa fu religiosamente riposto, alla presenza del Reverendo Padre Stefano, Vescovo di Como, assistito anche da tutto il clero e da tutto il devoto popolo comense.

Numerose ricognizioni delle ossa di S.Fedele furono compiute in seguito, dai Vescovi di Como fino all’ultima del 1964, in occasione delle solenni celebrazioni del millenario della traslazione. In quell’anno le ossa del martire furono ricomposte nell’urna di bronzo dorata opera di pregevole fattura della ditta Silva di Como dell’anno 1906, collocata entro l’arca marmorea, nella quale si trovano inseriti, con il verbale di ricognizione del millenario i documenti delle precedenti ricognizioni.

Oltre che da numerose comunità parrocchiali della diocesi e di quelle confinanti, san Fedele è onorato come patrono della città di Palazzolo sull’Oglio in provincia di Brescia.

La Chiesa di Como ricorda la memoria di di San Carpoforo e compagni martiri il 7 di Agosto e la memoria di San Fedele il 29 ottobre.

Ingresso del Cardinale Oscar Cantoni in Como

Piazza San Rocco, Como, 31 agosto 2022

Riflessione sul luogo dell’uccisione di don Roberto Malgesini

Un cordiale benvenuto a tutti voi, presenti sul luogo del martirio del nostro don Roberto. Da qui inizia il mio cammino verso la Cattedrale, dove incontrerò per la prima volta da cardinale il popolo di Dio nella celebrazione eucaristica, dopo aver salutato le autorità civili e militari nella basilica di Sant’Abbondio. Non molto lontano da qui, sulla strada verso il monte Baradello, si può incontrare un’altra croce, quella che segna il luogo del martirio dei primi nostri martiri, verso il 303/305, sei soldati romani della Legione Tebea, Carpoforo, Esanzio, Cassio, Severino, Secondo, Licinio a cui si deve aggiungere poi Fedele, condannati a morte per non aver voluto sacrificare agli dei romani. Essi sono considerati protomartiri della Chiesa di Como. La croce, a ricordo del loro martirio, è stata posta sul luogo del loro Martirio in una celebrazione serale con i giovani, il 20 marzo 1989, prima Via crucis dei giovani, nella quale anch’io ero presente. Qui a San Rocco, invece, la mattina del 15 settembre 2020, accorso immediatamente, trovai immerso in una pozza di sangue il corpo esangue di don Roberto, ucciso da un uomo che egli aveva fraternamente accolto e accudito con tenerezza e grande cuore. Il rosso porpora, di cui sono stato rivestito con la mia creazione a cardinale, mi ricorda che l’esigenza d’amore e di fedeltà a Cristo Gesù comporta anche per me la possibilità di donarmi fino alla effusione del sangue, quello che don Roberto ha copiosamente versato in questo luogo e che oggi ricordiamo.

Il Concilio Vaticano II, nella LG 42, ci ricorda altresì che se a qualcuno è richiesto il Martirio di sangue, tutti i cristiani devono essere pronti al dono della loro vita per amore di Cristo. È per questo che ho desiderato che a questo momento di memoria fossero presenti in modo speciale i nostri seminaristi, persone che si preparano a vivere per Cristo e per la Chiesa in una larghezza di cuore che può raggiungere il dono totale della loro esistenza. Cari amici: seguire Gesù può comportare il sacrificio totale di sé. Lontani quindi da una mentalità carrieristica, dal desiderio di primeggiare, con il solo desiderio di seguire Cristo nella Chiesa, nella consapevolezza che il Martirio è una dimensione che caratterizza tutta la storia della Chiesa, quindi anche la nostra epoca. Prova ne è, solo per fare un esempio, l’attuale Chiesa del Nicaragua, dove, proprio in questi giorni, vescovi, sacerdoti e laici sono bersaglio di una dura repressione perché invocano libertà di culto e di opinione. Sono idealmente presenti qui anche i nostri giovani che si impegnano nella vita cristiana, amici volontari a servizio dei poveri e dei senza dimora, perché anch’essi traggano dall’esempio di don Roberto, lo scopo fondamentale della vita cristiana, che è amare come Cristo ha amato, lui il primo martire, mediante un amore oblativo, che giunge a donare la vita per amore.

Preghiamo

Signore Gesù, primo martire, insegnaci a passare per la porta stretta dell’amore, ossia del dono continuato di noi stessi. Fa che la figura di don Roberto, con il suo sacrificio offerto pe amore, in una donazione semplice e quotidiana, non sia solo ammirata, ma anche generosamente imitata da noi stessi, che cerchiamo di dare senso alla nostra vita, vissuta in fedeltà alla legge di Cristo, riassunta nel dono di noi stessi. Tu che vivi e regni glorioso nei secoli dei secoli.

+ Oscar Card. Cantoni