Don Tonino Bello

Pace, servizio e comunione

Ricorrono in questo anno i trent’anni dalla morte di Don Tonino Bello (20 aprile 1993), Vescovo di Molfetta (BA), dichiarato venerabile da papa Francesco il 25 novembre 2021 e per il quale oggi è avviato il processo per la beatificazione.

Don Tonino (così ha continuato ad essere chiamato anche una volta Vescovo) fu sempre animato da da una costante attenzione verso gli ultimi: promosse la costituzione di gruppi Caritas in tutte le parrocchie della diocesi, fondò una comunità per la cura delle tossicodipendenze, lasciò sempre aperti gli uffici dell'episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che chiedevano di passarvi la notte. Sua la definizione di "Chiesa del grembiule" per indicare la necessità di farsi umili e contemporaneamente agire sulle cause dell'emarginazione.

Molti di noi conoscono Don Tonino Bello attraverso i suoi tanti scritti percorsi da una prosa affascinante e coinvolgente, capace di portare la fede dentro il cuore del lettore. “Maria, Donna dei nostri giorni”, “Servi inutili a tempo pieno”, “Da mezzogiorno alle tre”, sono solo alcuni dei tanti titoli ancora oggi pubblicati con successo e che invitiamo il lettore a leggere.

Nel 1985 venne indicato dalla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana  nel ruolo di guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace: in questa veste si segnalò per varie iniziative radicali tanto da attirarsi anche l'accusa di istigazione alla diserzione. 

Benché già operato di tumore allo stomaco, il 7 dicembre 1992 partì insieme a circa cinquecento volontari da Ancona verso la costa dalmata dalla quale iniziò una marcia a piedi che lo avrebbe condotto dentro la città di Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo a causa della guerra civile.

Rimane ancora oggi significativa la partenza dal porto di Ancona, lo stesso porto da cui salpò San Francesco nel 1219 per andare a frapporsi tra crociati e saraceni in Terra Santa.

Entrando nelle zone assediate i cinquecento uomini e donne di pace vennero accolti dalle popolazioni vittime della guerra e sperimentarono, seduti tutti alla stessa mensa, quella che Don Tonino chiamò la “convivialità delle differenze” frase che divenne sinonimo di pace e che si propagò fino al cuore delle nostre comunità. Vale oggi ricordare questo episodio, che risale ad ormai trent’anni fa, perché allora i capi religiosi e politici che accolsero Don Tonino e i suoi folli cinquecento chiesero “le armi dove sono? Dove sono le bombe? Va bene la pace, ma il realismo è la guerra!”. Ancora oggi queste domande risuonano nel cuore dell’Europa e Don Tonino ci è testimone che “l’unica scelta è la non violenza, la fedeltà radicale al Vangelo”; soltanto privando la guerra dei suoi mezzi, che sono le bombe, i carri armati, i droni, la carne e il sangue dei soldati, la guerra al fine potrà essere fermata.

Don Tonino, nella Sarajevo assediata, così chiudeva il suo discorso: “Queste forme di utopia dobbiamo promuoverle, altrimenti le nostre comunità che cosa sono? Sono le notaie dello status quo, non le sentinelle profetiche che annunciano tempi nuovi”. Parole profetiche che sono ancora per noi oggi attuali ed impegnative.