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Letter to the Friends of al-Khalil community of

Deir Mar Musa

“L’Angelo Gabriele, allorché il gelsomino lo conduce a portare la Buona Novella al mio paese in lutto in questo tempo nel quale tutti i suoi figli han bisogno d’un vero rinascere”

Carissimi Amici, preziosi fratelli e sorelle, sia pace a tutti voi dal Signore della Pace.

La tradizionale lettera alla quale siete abituati non vi è più giunta da tre anni per ragioni ogni volta diverse, sostituita, secondo le situazioni, da vari articoli e appelli. Tuttavia ci è parso quest’anno opportuno e perfino doveroso di pronunciare una parola di speranza nella tenebra di questa notte, di accendere una candela piuttosto di maledire il buio. Proprio in queste situazioni difficili per le quali passa la nostra amata Siria, terra del primo alfabeto, terra del pluralismo culturale, religioso ed etnico, vogliamo suonare le campane di tutte le speranze. Nonostante scorra tanto sangue sul suolo patrio, sangue dei suoi figli e figlie e lacrime delle sue madri, intendiamo gridare per mettere in fuga la morte e restituire la vita.

Per questo ciascuno di noi scriverà una parola, una frase o una meditazione, sperando che le nostri espressioni trovino la loro via fino ai vostri cuori. Vogliamo invitarvi a pregare con noi, ciascuno come desidera secondo la sua religione e tradizione, perché presto Iddio ci faccia grazia e salvi tutta la Siria e tutti i siriani. Ecco dunque dei pensieri monastici che alcuni di noi hanno scritto per esprimere la nostra speranza comune in un futuro foriero di bene per il nostro paese. Poi passeremo in rivista le nostre svariate notizie.

Meditazioni natalizie

***“E’ apparsa la grazia di Dio, sorgente di salvezza per tutti!” (Lettera a Tito 2,11)

Quest’anno meditiamo nell’incarnazione del Salvatore, mentre i nostri cuori soffrono per ciò che il nostro popolo deve sopportare. Cerchiamo allora di capire ciò che ha sopportato il Figlio di Dio fin dal primo momento nel quale è apparso sulla nostra terra.

Ho trovato questa espressione poetica da un inno della notte di Natale della liturgia siriaca: “Come una nave carica di ricchezza ha portato Maria Vergine il piccolo del leone, colui del quale aveva profetizzato Giacobbe. Quando sul cammino di Betlemme la Vergine dice a Giuseppe: ‘E’ giunto il tempo della nascita dell’Agnello’. Giuseppe, il giusto, pregò con un profondo gemito: ‘Oh Dio che creasti i Cieli e le profondità della Terra, il mare e tutto quanto contiene, sii benevolo con la tua serva nel giorno del tuo Natale, ché infatti non ha né letto né materasso, né un tetto che la protegga. Sia benedetto colui che lasciata l’arca celeste ha optato per una mangiatoia in una grotta –Alleluia- per vivificarci colla sua umiliazione’’

Questo Natale è diverso nel vero senso della parola: un Natale triste e desolato perché il nostro amato paese soffre e le ferite sanguinano. Mancano a questo Natale i sorrisi dei bimbi e le risate degli adulti. Non eravamo abituati a un Natale così. Tuttavia, da un altro punto di vista, il Natale è sempre Natale! Lo sperimentiamo per l’efficacia di quell’amore nascosto che ci offre il Bimbo della grotta, lo semina nei nostri cuori intenerendoli e rendendoli sensibili, allorché pensiamo di donare ai nostri vicini rifugiati e senza tetto un aiuto, e di offrire ai bambini del quartiere una consolazione, e ai nostri amici la partecipazione affettiva e la compassione, dimenticando noi stessi ed aprendoci ai bisogni altrui, dei nostri vicini. E’ così che conserviamo l’essenza del Natale e il suo significato profondo, oltrepassando i nostri limiti e sperando che Dio, nel tempo della nascita del Figlio, voglia donarci un periodo di pace e colmo di speranza, quella che solo Lui può dare a causa del Suo amore per noi.

Ci scusiamo con te, Maria, perché non potremo venire a farti gli auguri per la nascita di tuo figlio, perché siamo occupati a seppellire i nostri, il sorriso del Natale!

***Non è facile scrivere di amore e speranza mentre il nostro paese affonda nelle lacrime e il lutto del baratro della tragedia. Non è facile, come dice il salmo 137, di cantare gli inni del Signore nella terra dell’esilio. Tuttavia è nella debolezza che si rafforza la speranza! Speriamo di risorgere tutti assieme. Risorgeremo da sotto le macerie della distruzione. La pace riempirà il nostro paese e i nostri cuori. Ci riconcilieremo e perdoneremo gli uni gli altri. Può darsi che la Verità venga magari ad abitare in mezzo a noi. Questa speranza sembra impossibile. Sembra che sia in opposizione totale con il senso degli eventi. Come potrà trasformarsi in realtà? Duemila anni fa la resurrezione di Gesù era per tutti inimmaginabile, e non solo perché inconcepibile ma perché interamente nuova, straniera alla logica umana e alle possibilità note al mondo. E se ciò che era impossibile, inconcepibile e inimmaginabile si è realizzato, allora come non si potrà realizzare ciò che è ragionevole nonostante le difficoltà? Ciò che milioni di persone desiderano, anche se è difficile da raggiungere, come non potrà realizzarsi? Non costituirà forse una gioia allorché avverrà questo stupendo evento nella nostra vita ed esistenza? Allora, crediamo, orsù, che sarà possibile; speriamolo ed avverrà! Lavoriamo affinché si verifichi ed ecco succede! Rivolgiamo una supplica a Dio l’eccelso con cuori contriti e sinceri: che rafforzi le persone di buona volontà perché facciano questa impossibile pace, poiché Iddio è infatti onnipotente!

Certo parliamo qui d’una speranza difficile, ma mi fa piacere qui di parteciparvi, carissimi, di ciò che mi aiuta nel conservare la speranza nel mio essere fuori e lontano dal mio amato paese. Oltre il sentimento profondo dell’appoggio e della solidarietà di tanti, mi è stato possibile toccare con mano la capacità di varie persone di sperimentare l’autentico perdono che nasce dal cuore. Cosa significa il perdono in un tempo come quello che stiamo vivendo? Il perdono è unicamente misericordia da Dio l’eccelso e noi siamo chiamati ad imitarlo sentendolo nei confronti delle nostre proprie manchevolezze come di quelle degli altri; e con ciò otteniamo l’energia che ci spinge avanti nonostante le ferite che gli altri ci infliggono o che noi provochiamo loro. Così è possibile rispondere col Si a Dio che si dona a noi, lo possiamo ospitare. E’ piuttosto lui ad ospitarci, a elevarci, a renderci capaci, in questo come in ogni altro tempo, ad incarnare il suo amore per tutte le persone. Non si tratta di un sogno ma bensì d’una realtà che alcuni hanno vissuto. Preghiamo quindi in occasione del Natale che si diffonda il desiderio del perdono in tantissimi cuori nel nostro paese.

***Quest’anno è un vero Natale perché aspettiamo Gesù! Solo Gesù viene con la pace. Come far festa senza Babbo Natale? Si sia tutti Papà Natale per i profughi, i poveri …. E quanto sono numerosi in questi giorni!

***Come parteciparvi della mia speranza, carissimi amici, mentre la guerra civile si svolge in Siria mi fa rivivere con tutta me stessa la realtà della guerra civile che ho vissuto in Libano per tredici anni? La mia speranza è riposta in colui che viene … la mia speranza è un seme di senape caduta in terra ma non è ancora morta per diventare un albero sul quale possano fare il nido gli uccelli del cielo. La mia speranza è pazienza, visione e impegno nella nostra vocazione in questo tempo difficile attraverso lo studio, la preghiera e la solidarietà con tutti i sofferenti e con voi, miei cari.

***Il mio primo desiderio nello scrivere questa lettera è quello di esprimere a ciascuno di voi la mia profonda riconoscenza, specialmente riguardo al mio ultimo mese di presenza in Siria quando le sofferenze intorno a noi diventavano sempre più insopportabili. Ho sentito l’efficacia della vostra preghiera di soccorso e di appoggio alla nostra vocazione e del popolo siriano che portate nel cuore. Pensare, essere certi, che migliaia di persone come voi nel mondo svolgano quest’opera di influenza positiva sulla coscienza dell’umanità, costituisce per me uno dei principali motivi di speranza. Spero proprio che l’amore, assieme all’apertura all’altro, vinca su violenza e timore. E ciò è già avvenuto in tanti casi e luoghi.

LA VITA DELLA COMUNITA’

Dopo la partenza di Padre Paolo dalla Siria per i noti motivi politici, che avevano reso praticamente impossibile la sua presenza nel monastero, la comunità monastica è entrata in una nuova e importante fase nella quale deve affrontare da un lato delle gravi difficoltà e sfide, e dall’altro ha dimostrato una nuova capacità di solidarietà e unità, e questo costituisce per ciascuno di noi un segno di fiducia e di maturità. Abbiamo continuato la nostra vita e proseguito nei nostri progetti con serenità, e ciò fino al 5 di Agosto 2012.

Allorché abbiamo subito una dolorosa aggressione. Una banda di predoni attaccarono il monastero rubando tutto il gregge delle capre (più di cento capi), il trattore, molto altro materiale di lavoro e una importante quantità di foraggio. Non era la prima volta. Già avevamo subito un importante furto nella grande sala in fondo alla valle del monastero. Viviamo in questo tempo l’angoscia che questi atti di aggressione possano ripetersi. Sono state attaccati il monastero de Al-Hayek, l’Eremitaggio, lo stazzo con i locali dei pastori. Furono rubate infine attrezzature e cavi elettrici nella valle del monastero per un valore superiore a seimila euro.

Questi eventi hanno costituito un punto di cambiamento decisivo riguardo alla nostra vita monastica e dei nostri progetti. Quasi tutte le attività lavorativa si è interrotta con l’arrestarsi della realizzazione dei diversi progetti. Ci siamo trovati costretti con dolore a separarci dai nostri impiegati e operai che avevano collaborato con noi per tanti anni e non avevano altra forma di sostentamento. Ancor più grave è il fatto vista l’enorme difficoltà a trovare lavoro nella situazione attuale della nostra amata Siria.

La maggioranza dei membri della comunità erano assieme al monastero durante l’estate scorsa. Certo, Fratel Jens continuava la sua presenza a Sulaymaniya nel Kurdistan iracheno per proseguire la fondazione di una nostra comunità nel convento di Maria Vergine.

L’assenza dei visitatori ha offerto l’occasione di concentraci sulla nostra vita spirituale sotto i due aspetti personale e comunitario. Abbiamo infatti passato assieme più tempo come comunità e cercato di vivere con più profondità la dimensione contemplativa. Certo la nostra gioia sarà molto più grande quando il monastero sarà nuovamente pieno degli ospiti del Misericordioso, pellegrini e visitatori da ogniddove.

La Comunità -dopo il discernimento, la preghiera e la riflessione in comune- ha riconosciuto l’opportunità dell’invio di alcuni suoi membri a Cori in Italia per il proseguimento degli studi, profittando della situazione attuale per completare la formazione spirituale e teologica per il bene della Chiesa e del futuro della comunità. E’ dunque partito Padre Jihad, Suor Deema e la novizia Suor Carol.

Qualche giorno prima, nella vigilia della festa di San Mosè l’Abissino, il 27.08.2012, la comunità monastica aveva accolto in noviziato Fratel Nabil Hawil proveniente dalla Chiesa “assira” di Hasake nel Nord-Est siriano, e ciò dopo un anno di esperimento nel monastero. Fu fonte di commozione di amarezza. La consolazione proveniva dalla presenza e la partecipazione della famiglia di Nabil, di diversi amici vicini a noi e di famiglie della parrocchia di Nebek … sentimmo proprio una carezza del Signore con l’indicazione della necessità di rimanere fedelmente e spiritualmente in questo luogo. L’amarezza veniva dall’assenza del Padre Paolo, fondatore e guida spirituale della comunità.

Dopo meno di un mese, il 07.09.2012, la comunità ha celebrato l’ingresso in noviziato di Sebastien. E’ di nazionalità francese ed è stato con noi per un anno di esperimento particolarmente importante per lui dopo aver ricevuto il sacramento del battesimo nella chiesa del monastero la notte della festa di Sant’Elia (“il Vivente”) il 19.07.2011. Questo evento ci ha confermati nella nostra speranza e fiducia nel futuro. Fratel Sebastien è poi dovuto partire per raggiungere Fratel Jens e coadiuvarlo nella fondazione di Sulaymaniya nel Kurdistan iracheno.

Padre Giovanni (Abuna Yuhanna) - questo il nuovo nome del nostro Fratel Jens - è stato ordinato sacerdote, il 23.11.2012, dal Vescovo caldeo di Kerkuk Mons Sako in vista del servizio della comunità nel monastero di Maria Vergine nel cuore della città vecchia di Sulaymaniya. Padre Jens-Yuhanna aveva terminato i suoi studi teologici nelle facoltà pontificie romane nel 2009. Così il Signore ci ha fatto dono di un altro novello sacerdote, il quarto nella comunità; a Lui lode e grazie con tutto il cuore.

La novizia Suor Friederike si è dovuta recare in Germania per assistere la sua mamma per un periodo di tre mesi. Gli altri membri della comunità presenti nel monastero sono: Suor Houda, che è stata scelta per guidare il monastero, il Fratel Boutros, diacono della comunità, il Fratel Yause e il novizio George che fa la spola tra il monastero e la famiglia a Damasco dove si occupa dei malati e degli anziani di casa.

Il Padre Jack prosegue la sua missione di servizio al monastero di Mar Eliyan e nella parrocchia di Qaryatayn. Si divide tra i nostri due monasteri siriani per assicurare una presenza sacerdotale in comunità. Non si può dimenticare di menzionare il nostro “ospite permanente” Yousef Bali del quale abbiamo festeggiato il cinquantesimo compleanno nell’ottobre scorso e che consideriamo un segno di benedizione.

Così pure non dimentichiamo i numerosi amici impegnati e solidali con noi attraverso le loro frequenti visite e i loro numerosi servizi sia a Damasco che in altri luoghi evitandoci così di viaggiare in questo momento così pericoloso.

Ringraziamo il Signore ogni giorno per la grazia della perseveranza nella nostra vocazione anche per merito delle preghiere di tutti coloro che ci sono legati spiritualmente. Ed in occasione di queste dolci feste natalizie ci piace di mandarvi un biglietto di grato affetto colmo di preghiera per tutti coloro che hanno concorso alla realizzazione dei nostri diversi progetti che tutti insieme concorrono a far stare in piedi la baracca in questo momento nel quale si diffondono malattia, dispersione e povertà a causa della guerra dolorosa la quale non risparmia nessuno. Il vostro aiuto materiale ci ha consentito, tra l’altro, di completare la costruzione di otto appartamenti nel quartiere della parrocchia a Nebek. Già abbiamo dato un tetto a cinque famiglie numerose sfollate dalla distrutta cittadina di Qseyr. I rimanenti tre appartamenti sono andati a tre nuove famiglie della nostra parrocchia locale. Abbiamo in programma la costruzione di altri quattro appartamenti ma non possiamo procedere per mancanza di fondi.

Nel monastero stiamo costruendo un vasto locale sopra la biblioteca che sarà utilizzato come refettorio e soggiorno al posto della ormai cadente tenda beduina che si trovava sulla terrazza del monastero. L’abbiamo potuta rimuovere per aggiustarla profittando della penuria di visitatori. Vogliamo così prepararci a ricevere i nostri ospiti dopo la bufera e speriamo molto presto. Questa “Tenda di Abramo” rimane simbolo dell’ospitalità che costituisce uno dei pilastri della nostra vocazione al dialogo.

Mettiamo la nostra amata patria, la Siria, davanti al presepe, teatro della visita del Re della Pace (cfr. Isaia 9,5) e tra le sue mani poniamo pure tutte le vittime delle distruzioni, gli sfollati e i malati. Accompagniamo con la preghiera, i sentimenti e il pensiero tutti coloro che son costretti a vivere in delle tende con questo terribile freddo. E non dimentichiamo in ogni nostra preghiera tutte le vittime di questa guerra tremenda. Ti presentiamo, Gesù, tutti costoro fiduciosi e speranzosi perché ti conosciamo come colui che guariva i malati, fasciava le ferite dei sofferenti e consolava gli afflitti. Tu sei l’avvocato degli oppressi e colui che incoraggia tutti gli operatori di pace.

Notizie di Deir Mar Eliyan e della Parrocchia di Qaryatayn

Paradossalmente cresce il numero dei visitatori del Monastero di San Giuliano (Mar Eliyan) con l’aumento del numero degli sfollati verso la nostra città di Qaryatayn, offrendo loro una oasi di riposo e serenità. La tomba del Santo offre infatti a tutti i loro cuori consolazione, pazienza e speranza rinnovata.

Una famiglia sfollata da Homs vive nel monastero da più di un anno ormai assieme a George da Aleppo e la sorella di P. Jack. Alcuni membri della comunità vengono a Qaryatayn a turno, oltre ad alcuni giovani della parrocchia che lavorano al monastero. Perseveriamo con pazienza nel lavoro agricolo nel quale esprimiamo quest’anno la nostra solidarietà con le immense difficoltà del paese anche dal punto di vista dei raccolti. Accanto all’agricoltura, abbiamo dato importanza quest’anno alla copertura degli scavi archeologici nel monastero nel quadro del restauro del sito e del suo allestimento sia al fine di proteggerlo dalle attività di vandalismo e di furti di opere d’arte che si sono diffuse nel paese in questo tempo. Abbiamo potuto ultimare buona parte del progetto e speriamo di poterlo portare a termine, anche perché i lavori archeologici eseguiti tre anni fa hanno portato alla luce un più vasto settore archeologico.

Nonostante la tristezza che viviamo, abbiamo realizzato durante l’estate scorsa due campeggi per bambini e giovani nel monastero. Si sono sentite le grida di allegria dei nostri ragazzi che hanno espresso la loro gioia di vivere e testimoniato della nostra speranza comune. Ringraziamo Iddio che ci ha consentito di proseguire le nostre attività della parrocchia nonostante che la regione di Qaryatayn non sia al riparo dalla tragedia degli eventi in corso.

Tra le difficoltà di questo periodo vi sono le aggressioni e le occupazioni di terra di proprietà ecclesiastica da parte di alcuni paesani. Tuttavia il buon carattere naturale della nostra gente e le relazioni di buon vicinato tra il monastero e la popolazione musulmana circostante hanno consentito di trovare delle soluzioni.

Questo ci ha comunque convinti della necessità di circondare i sei ettari e mezzo della terra del monastero con una clausura in rete metallica e alberi. Non sarà però facile trovare i fondi necessari a questa operazione necessaria a conservare questa oasi spirituale e ambientale per il bene della popolazione locale tutta. Nel complesso, grazie a Dio, la situazione locale ancora consente di proseguire le nostre attività pastorali e umanitarie. Vogliamo offrire una testimonianza vitale in quanto piccolo resto, nella perseveranza e la speranza!

Cosa aspettarci dal 2013?

Mentre la nostra patria si trova nel bel mezzo della tragedia, ci impegniamo nella preghiera e nel fare tutto il possibile per soccorrere i bisognosi e restare accanto agli sfollati spiritualmente e materialmente, sperando in un’alba prossima che ci consenta di riprendere in pieno il nostro ruolo e la nostra vocazione contemplativa, di ospitalità e di dialogo coi musulmani secondo il nostro carisma proprio, perseguendo una pace più profonda, duratura e universale, nella vera riconciliazione.

Sul piano del lavoro manuale, speriamo di poter restaurare la cucina di Deir Mar Musa perché sia più adatta all’ospitalità. Anche altre parti del monastero antico richiedono restauri e migliorie. In questo momento siamo costretti a dare la priorità a quelle opere che mettono le costruzioni del monastero al riparo dai predoni …

Pregate, ve lo chiediamo insistentemente, perché possiamo continuare ad essere presenti nel monastero e perché possiamo vivere fedelmente la nostra vocazione verso Dio e il prossimo. Pregate per favore per il nostro popolo e per la pace nel nostro paese. Non vi chiediamo di aiutarci quest’anno, ma di aiutarci ad aiutare i tanti poveri, bisognosi e sfollati che si rivolgono a noi a causa della guerra. L’elemosina della povera vedova lodata da Gesù sarà benedizione per tutti gli amici generosi! Sapete che il monastero aiuta in modo continuativo per quanto possibile un certo numero di famiglie nel bisogno tanto cristiani che musulmani.

Certo, preghiamo per voi cari amici ovunque voi siate e vi facciamo gli auguri più cordiali e sinceri per le feste e vi annunciamo: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e sulla terra pace per gli umani ch’egli ama”.

La comunità al-Khalil

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Per i vostri aiuti e doni vi preghiamo di usare uno dei due seguenti conti bancari dei Padri Gesuiti Italiani, MAGIS: (Nota Bene: chiarite sempre nella causale la destinazione per Deir Mar Musa ed eventualmente specificate aggiungendo Deir Mar Eliyan-Qaryatayn)

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Deir Maryam el-Adhra, Sulaymanya, Regione del Kurdistan, Iraq

Lettera agli amici della Comunità di al-Khalil

23 Novembre 2012

Cari amici,

speriamo che questa lettera vi troverà tutti nella gioia e nella pace in famiglia, nelle vostre occupazioni, la pace del Signore !

Siamo un po' in anticipo sul nostro tradizionale messaggio di Natale e vi scriviamo in occasione dell'ordinazione sacerdotale di Frate Jens a Sulaymanya.

Troverete dunque in questa lettera le nostre prime impressioni su questa nuova fondazione monastica, seguite da un testo di Jens, ormai «Abuna Yohanna». Siamo ovviamente in contatto e in unione di preghiera coi fratelli e le sorelle di Mar Musa e Mar Elian in Siria: restano saldi nella vocazione e fedeli alle relazioni stabilitesi lungo gli anni, nonostante la tragedia in corso. Presto vi scriveranno dalla Siria.

Fondazione di Deir Maryam el-Adhra a Sulaymanya

Come sapete, Monsignor Louis Sako, vescovo di Kirkuk dei Caldei, personalmente impegnato nel dialogo islamo-cristiano, ci ha invitato a fondare una comunità nella sua eparchia (diocesi orientale). Questo costituisce per noi un segno importante di comprensione e interesse per la nostra vocazione da parte delle Chiese orientali, e qui in modo particolare da parte della «Chiesa dell'Oriente» (altro nome della Chiesa Chaldea) la quale, non essendo mai stata una Chiesa di stato, è erede d'una ricchissima esperienza storica d'interazione coll'Islam e di apertura verso l'Est, dall'Iran alla Cina.

Sulaymanya è una città curda musulmana, dove vive una comunità cristiana composta (per semplificare un poco!) da due elementi: i Cristiani le cui origini risalgono in epoca più o meno lontana alle contrade di montagna del Nord (che parlano il caldeo pur sapendo anche il curdo e un po' d'arabo) e quelli che sono fuggiti negli ultimi anni da Baghdad, da Mosul e da altre città del Sud (e parlano l'arabo come prima lingua). Ci sono delle famiglie locali dove si parla il curdo a casa, e probabilmente i giovani parleranno sempre più questa lingua, sull'onda dell'integrazione sociale, del sistema scolastico et della dinamica nazionale di questa regione. Questo è il nostro orizzonte linguistico, un orizzonte originale poiché la Chiesa cattolica non ha celebrato o cantato finora il mistero di Cristo in questa lingua. Al contempo rimaniamo radicati nell'arabo, lingua della nostra relazione intima coll'Islam. Celebreremo anche una messa di rito caldeo in inglese per i numeri stranieri che risiedono in città.

Abuna Yohanna ha eletto domicilio nella chiesa della Vergine Maria (Maryam el-Adhra) nel Febbraio del 2012, e fratel Sebastien lo ha raggiunto in Ottobre. Questa chiesa, situata nel quartiere storico di Sabunkaran («i fabbricanti di sapone») costituisce, con gli edifici annessi, un luogo bello e calmo dove si percepisce una radice (costruzione del 1862, in una città di appena più di due secoli). Speriamo di poterne fare un luogo aperto e vivo, un «nodo di relazioni» come diceva Charles de Foucauld a proposito dell'Assekrem; un luogo che acquisterà progressivamente la sua identità attraverso la presenza orante, dove ogni persona sarà accolta, non da noi in verità ma da Colui che ci ha accolti qui nella Sua casa.

Noi che scriviamo questa lettera -Jens, Sebastien e Paolo- siamo adesso in una fase di installazione. Scopriamo la parrocchia e l'eparchia, i preti e i vescovi della zona, la liturgia, la città, la bella regione, la municipalità, gli sceikh musulmani, e quotidianamente i negozianti, i vicini... Jens era diventato diacono in Settembre, e poi prete il 23 di Novembre, in une cerimonia veramente bella, serena e gioiosa. Padre Paolo ci a raggiunto per quest'occasione e sarà d'ora in poi membro di questa comunità, continuando tuttavia a partire spesso per i suoi viaggi. Sebastien, entrato in noviziato in Settembre, studia per una parte del suo tempo nella facoltà di teologia di Babel, ormai spostatasi ad Erbil, capitale della regione del Kurdistan iracheno.

È naturalmente troppo presto per definire l'identità di questo monastero... Diventerà ciò che le Spirito ispirerà di farne ai vicini, agli abitanti, ai monaci e alle monache, ai visitatori, ai musulmani che vengono qui a volte per pregare di fronte alla piccola icona di Maria (speriamo di completare in futuro questo luogo di devozione, forse con un mosaico). La nostra collocazione, in città e non nel deserto, svilupperà un altro tipo di vita contemplativa. Certo, alcune idee già ci vengano in mente: attività culturali e caritative potranno innestarsi sul tronco della vita di preghiera che ritma la nostra giornata. La regione, verde e montagnosa, sarebbe perfetta per organizzare delle camminate, sistemare un eremitaggio (in uno stazzo di pastori?) e anche per una casa di ritiri spirituali...

La chiesa è in discrete condizioni, ma gli altri edifici richiedono subito lavori per poter accogliere delle sorelle monache, degli ospiti e offrire anche dei servizi decenti alle guardie “peshmerga” che il governo regionale staziona davanti ai luoghi di culto. Coll'aiuto d'un ingegnere iracheno, abbiamo pianificato l'allestimento di tre camere, quattro bagni (di cui uno per portatori di handicap), un ufficio, una cucina con zona pranzo e una biblioteca/aula polifunzionale. Il costo totale di questi lavori, tenendo conto della partecipazione dei monaci e di volontari locali o stranieri, è stimato a 45 000 dollari.

La regione del Kurdistan (Ministero degli Affari religiosi) dovrebbe finanziarne una parte, e ci rivolgiamo alla vostra solidale generosità per l'altra.

Durante l'ordinazione di Jens/Abuna Yohanna, era commuovente vedere questo patchwork di cristiani di tutto l'Iraq alzarsi e cantare ad una sola voce i loro antichi canti caldei, esprimendo così una comunione di speranza che è al tempo stesso speranza di Chiesa, di armonia sociale e di convivenza inter-religiosa. Hanno sottolineato che era la prima ordinazione celebrata in Sulaymanya ... si gustava un buon sapore di futuro che vorremmo condividere con voi in occasione della festa di Natale ormai prossima!

Omelia di Abuna Yohanna (Jens) in occasione della sua ordinazione sacerdotale

Tante persone hanno contribuito a questo momento del mio percorso spirituale che condivido con voi adesso e vorrei ringraziarle tutte.

Scelgo mio padre e mia madre come rappresentanti di tutti. Erano non credenti e sentivano sfiducia nei confronti della Chiesa. Tuttavia mi hanno mostrato, coll'esempio della loro vita, la considerazione e il rispetto dovuti a ogni uomo e donna. Attraverso tutta la loro vita hanno testimoniato che ogni persona bisognosa merita il nostro aiuto e che questo aiuto può essere offerto in un modo che rispetti la dignità dell'altro.

I miei genitori mi hanno insegnato a non usare il pronome «loro» per dire un'esclusione dal «noi», ma al contrario a vedere sempre in questo «loro» un'opportunità e un incoraggiamento per l'integrazione del vicino, dello straniero. Benché i miei genitori fossero impegnati in politica, non hanno mai permesso alle appartenenze partitiche di dominare le relazioni colle persone attorno a loro.

Vorrei anche ringraziarli per la testimonianza d'una vita di fedeltà matrimoniale e di pazienza, nutrite da un amore profondo l'uno per l'altro.

La terza testimonianza che i miei genitori mi hanno offerto attraverso la loro vita fu la loro apertura sul mondo: non era evidente, dopo le brutalità alle quali hanno assistito durante la seconda guerra mondiale. Si trattava in realtà d'una decisione cosciente, quella di non lasciarsi paralizzare da questa memoria ferita ma al contrario di partecipare attivamente alla costruzione d'un mondo nuovo.

Questa testimonianza così importante dei miei genitori nella mia vita pone una domanda: son forse fuggito, diventando monaco e adesso prete, dalla grande responsabilità di educare dei figli affinché diventino membri responsabili della società? C'era un tempo in cui, da giovane, pensavo di fondare una famiglia. Questo progetto fallì, e in parte a causa dei miei propri peccati. Questo ci mostra che i buoni esempi non bastano: bisogna poi impararne qualcosa e metterlo in pratica.

Negli anni di gioventù, provavo sempre una chiamata verso un altra dimensione della vita. Questo mi a messo in contatto col mondo spirituale e progressivamente mi ha preparato a sentire la voce di Dio e a interessarmi alla religione, alle religioni. La prima chiara esperienza di questo genere fu la chiamata a andarmene verso l'Oriente. E la seconda fu quando Dio mi rivelò che gli appartenevo.

Con una tale rivelazione era assai facile scegliere la vita consacrata. Ho quindi vissuto degli anni felici in monastero, impegnandomi nella comunità e i suoi progetti, senza riflettere veramente sul mio proprio ruolo in essa. Ma non potei scappare a lungo da questa questione del ruolo e qui, coll'aiuto di Monsignor Louis Sako e quella della comunità pastorale di Kirkuk e Sulaymaniya, ho potuto finalmente affrontare la questione e assumere il ruolo.

Intellettualmente, e ancora di più nei loro sentimenti intimi, monaci e monache possono immaginare che coi loro voti rinunciano alla fecondità. Ma oggi, Padre Stefan (anziano vicario episcopale di qui) mi ha iniziato a un grande mistero allorché mi ha condotto dall'altare, dove si celebra il sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo, al fonte battesimale come luogo simbolico del mio futuro apostolato. In effetti il battesimo offre vita nuova e il prete che lo celebra diviene in qualche modo parente del battezzato.

Eppure mi chiedo se, con tutti i miei peccati, ho ancora il diritto di partecipare in questa fecondità apostolica. È propriamente questa la domanda di Isaiah, al momento di offrirsi come messaggero e profeta. Ed è questa la domanda che mi ha preoccupato oggi. Ma quando raggiungiamo il fondo di questa crisi, è allora che il Signore interviene. Egli prende su di sé ciò che non riusciamo ad assumere. Agendo così, egli non cancella la nostra partecipazione e al contrario promuove la nostra collaborazione alla costruzione di un mondo nuovo, nella prospettiva del Regno dei Cieli.

Il Signore vuol vedere il suo Regno realizzato pienamente nella vita che ha creato, in compagnia con tutte le persone a chi egli a donato un'anima. Per questo ha mandato il suo Figlio il quale ha donato lo Spirito Santo perché lavori dappertutto e affinché coloro che sono fuori dal gregge visibile di Gesù Cristo possano anch'essi imparare a fare la volontà del Padre. È in questo modo che fu possibile la comprensione e l'accettazione della volontà di Dio da parte della Vergine Maria.

Mi trovo qui in Kurdistan seguendo ancora questa chiamata che mi ha fatto uscire dalla Svizzera vent'anni fa. Stavolta la voce e più complessa e procede certo dal mio discernimento ma anche da quello della mia comunità e da quello della chiesa locale di Kirkuk e Sulaymaniya. Sarebbe auspicabile che la voce di Dio fosse più chiara? Non ci è diventato evidente che Egli si compiace di agire attraverso le persone, affinché possano avanzare con libertà sulle le Sue vie...

Amen

Donations

Se volete aiutare a nostra nuova fondatione a Sulaymaniya vi preghiamo di utilizzare il MAGIS o il conto della comunità di Sulaymaniya presso la Northbank sul nome di Padre Jens Petzold

MAGIS vi pregiamo di indicare chiaramente: "Deir Mar Musa Sulaymaniya"

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Amman - Jordan

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Bando VIII Concorso a tema di "Quaderni Costituzionali"

Noi e loro. Libertà di espressione e dignità “degli altri”

La libertà di espressione è uno degli assi portanti del sistema dei diritti civili e politici e quindi “pietra angolare” del costituzionalismo liberaldemocratico. Perciò i suoi limiti costituiscono da sempre uno degli oggetti centrali del diritto costituzionale: su questo tema sono fioriti, in Italia e all’estero, numerosissimi studi ormai classici.

Tuttavia, negli ultimi tempi, questioni nuove si sono affiancate, e talvolta intrecciate, con quelle più consolidate. Non si tratta più soltanto di distinguere la libertà di manifestare le proprie idee da un “principio di azione”, come nell’istigazione, né di regolare l’uso dei mezzi di espressione, né ancora di limitare i contenuti dell’espressione vietando quelli che possono costituire un’offesa all’onore degli individui. Oggi si affaccia una nuova tipologia di limitazioni alla libertà di esprimere le proprie idee, limitazioni che non trovano la loro giustificazione né nell’interesse generale alla sicurezza pubblica, né nella tutela dei diritti fondamentali degli individui, bensì nella protezione del sentimento di particolari gruppi sociali. Ne sono un esempio tipico le leggi che colpiscono il “negazionismo” o le manifestazioni di omofobia, quelle che tutelano con sanzioni penali il sentimento religioso, la dignità etnica o l’identità culturale di gruppi minoritari o di interi popoli.

Il concorso a tema di Quaderni costituzionali vuole sollecitare i partecipanti a sviluppare le loro riflessioni con specifica attenzione a questi fenomeni. Si vorrebbe che venissero considerati i diversi aspetti che più interessano il diritto costituzionale: la rilevanza costituzionale degli interessi che si contrappongono alla libertà di espressione; i punti di equilibrio che devono essere perseguiti nel bilanciamento tra quegli interessi e questa libertà; l’eventuale peso che esercitano le circostanze di tempo, luogo e modo in questo specifico bilanciamento; il rapporto che può esistere tra la “verità” (anche scientifica) delle affermazioni incriminate e la compressione per legge della manifestazione del pensiero; la possibilità che le leggi vietino espressioni del pensiero per proteggere la particolare sensibilità di alcuni gruppi etnici o religiosi (come è sollecitato da alcuni per evitare, per es., le reazioni del mondo islamico a vignette o filmati satirici); la compatibilità di comportamenti o clausole contrattuali, a cui i gli editori o i provider possono ricorrere per evitare le reazioni non solo giuridiche di coloro che si sentono offesi, con la Drittwirkung dei diritti costituzionali. L’elenco non vuole essere esaustivo, ma solo tentare di meglio specificare l’ambito tematico del concorso.

Il saggio, che deve essere scritto in conformità alle regole generali della Rivista indicate nelle Informazioni per i collaboratori, non deve superare le 80.000 battute, spazi e note incluse; deve essere consegnato alla Redazione della Rivista entro il 30 aprile 2013, mandando il file via mail a Diletta Tega (diletta.tega@mulino.it). La valutazione degli elaborati inviati sarà svolta, in forma anonima, da parte di una Commissione giudicatrice, alla quale partecipano solo alcuni dei componenti della Direzione della Rivista, che non conoscono, né hanno rapporti con i proponenti.

Al vincitore del concorso, oltre alla pubblicazione del saggio nella Rivista, sarà consegnato un premio consistente nell’attivazione dell’abbonamento gratuito alla Rivista per una anno e un premio in volumi editi da “il Mulino” pari al valore di 500 euro. Oltre al vincitore, potranno essere pubblicati anche altri saggi ritenuti meritevoli dalla Commissione giudicatrice.