Magliabechiana Cod. XXV, 24

Tartini, Giuseppe M., ed. Rerum Italicarum Scriptores. Vol. II, Ricordi di Firenze dell'anno MCCCCLIX di autore anonimo esistenti oggi nella Libreria Magliabechiana. Florence: Typographia Allegrini, Pisoni et Sociorum, 1770, col. 739-741.

Ricordo del Ballo in Mercato nuovo.

Non di luo' solitario parleremo,

Ma nel più bello sito di Firenze,

Di una nobil gente noi diremo.

Vidi a' trenta del mese dar licenze

Di ogni adornamento femminile

Poter portare con gran diligenze,

I Cittadin con animo virile

Chiamati a onorare i forestieri

Per dar piacere al Giovane gentile,

Ed a uomin gentili, e Cavalieri,

Pure in Firenze nel più degno luogo,

Dove la gent' usa più volentieri,

Lo quale chiamat' è Mercato Nuovo,

Fecion danzare il fior de' giovanetti

Con bellissime donne a dir mi muovo.

Come già dissi, fatti bei palchetti,

Dove seder con ricchi vestimenti,

E steccati d' intorno ben corretti,

Sicchè vedergli in gli occhi sì contenti,

Ragguardando negli angelici visi,

Danzando quì al suon di più stormenti.

Come tra loro a riguardar mi misi,

Tu non aresti detto esser persone,

Anzi parean mille Paradisi.

Le belle donne degne di corone

Ne' lor costumi angelichi, e vezzosi,

Quanto natura più bellezza pone.

Negli atti loro soave, e amorosi,

Che piglierian d'amor ciascuna mente,

Con loro isguardi tanto valorosi.

Gran quantità della fiorita gente,

Di giovanezza donne, e di donzelle,

Di fini panni adorne, e riccamente,

Broccati d'oro, e d'ariento, e di pelle,

Con ricamati afigurati attorno,

Co' visi angelicati mostran quelle,

Che fan di mezza notte un chiaro giorno;

Tanta piacevolezza è in lor parlare,

Che fanno innamorar chi è d'intorno.

Giovani con costor sono a danzare

Con diverse divise di bellezza

Tre volte i vestimenti fan mutare.

Ed ogni volta di maggior richezza,

Li vestimenti in arte lavorati,

E atti, e costumi d'ogni gentilezza.

Quivi eran mille visi innamorati,

Presi da Venere, e sì da Cupido,

E ne' lacci d'Amor stretti, e legati.

Chiamati son dall'amoroso grido,

E incatenati son senza guardarsi,

Ciascun dicendo: Amore in te m'annido.

Chi crede nel' Amor più riposarsi,

Quello è quel, che combatte notte, e giorno

Riposo, e senno a lui si fanno iscarsi.

A dir di cotal festa quì ritorno,

Chi di lor danza, e chi stormenti tiene,

E chi guatando gente fa soggiorno.

E chi per rinfrescar la gente viene,

E reca vino lì molto sovrano,

Chi ricche coppe di confetti piene.

Chi mesce vin vermiglio, e chi tribbiano,

Chi semina traggèa intra la gente;

Chi va mescendo via di mano in mano.

Garzon per servidori allegramente

Porgevan vino, e chi confezioni

A uomini, e a donne lietamente.

Io non sparei dir tante ragioni

Di diletti, e piacer, quanti quì n'era;

Qui eran genti d'ogni condizioni.

E ciaschedun dicea, che tal maniera

Di festa, e d'allegrezza tanto onesta

Più veduta non fu, ne udita si era.

Poscia la sera fornita la festa,

Di tanta nobiltà, d'atti, e parlare,

Di ciò lodare la gente non resta.

Di questa parte mi convien lasciare,

Benchè mi sia di ciò gran pena al core,

Lasciar d'Amore, come il posso fare.

Pensando, che giammai da questo Amore

Potè nessuno uom trovar difesa,

Ma chi più il fugge, più cade in errore.

Perchiò s'io ho bene questa parte intesa,

Per lei si governa il bene e il male,

E egli sempre tien la rete tesa.

E in due modi questo Amor si vale,

Leale è l'uno, e l'altro è traditore,

D'animo è l'uno e l'altro è naturale.

Lasciar mi convien or questo Signore,

Che accieca gli occhi alluminati presto,

Perchè incontro a lui non han valore.

Dugento passi partirò da questo

Per ritrovarmi a fare un altro giuoco,

Che l'animo nel cuor m'ha quasi desto.

Eletti Cittadini ancora un poco

Per passar tempo con diletto, e spasso

Fecero apparare un altro loco

Presso al Palazzo giù nel luogo basso,

Dov'è la mastra piazza della Terra,

Fecion ferrar d'intorno ciascun passo,

Per veder d'animali alcuna guerra;

E in quel chiuso misero animali

Di più condizion, se il dir non erra.

Last Update: August 30, 2000