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8 cose da fare per essere felici (secondo la scienza)

L'esercizio fisico, il volontariato, passare del tempo all'aperto e soprattutto stare con persone felici: la formula della felicità secondo la scienza è facile.

PSICOLOGIA E FOTOGRAFIA

ALLA RICERCA DELLA FELICITA'

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Le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita, da esse, sovente, traiamo gli stimoli che muovono le nostre giornate. Seppure ogni singola emozione sia importante e permetta a chi la sperimenta di sentirsi vivo, l'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, in una parola è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità . Quest'ultima è data da un senso di appagamento generale e la sua intensità varia a seconda del numero e della forza delle emozioni positive che un individuo sperimenta.

Questo stato di benessere, soprattutto nella sua forma più intensa - la gioia - non solo viene esperito dall'individuo, ma si accompagna da un punto di vista fisiologico, ad una attivazione generalizzata dell'organismo.

Molte ricerche mettono in luce come essere felici abbia notevoli ripercussioni positive sul comportamento, sui processi cognitivi, nonché sul benessere generale della persona. Ma chi sono le persone felici? Gli studi che hanno cercato di rispondere a questa domanda evidenziano come la felicità non dipenda tanto da variabili anagrafiche come l'età o il sesso, né in misura rilevante dalla bellezza, ricchezza, salute o cultura. Al contrario sembra che le caratteristiche maggiormente associate alla felicità siano quelle relative alla personalità quali ad esempio estroversione, fiducia in se stessi, sensazione di controllo sulla propria persona e il proprio futuro.

Le emozioni: IL COLORE DELL'ESISTENZA

Le emozioni sono componenti fondamentali della nostra vita, danno colore e sapore all'esistenza, anche se, in una civiltà come quella occidentale impostata sul primato della ragione, spesso sono considerate con sospetto e timore. Del resto non potrebbe essere altrimenti: infatti se la ragione promette all'uomo il dominio su se stesso e le cose, le emozioni spesso producono turbamento e conflitto, non sono mai totalmente controllabili e a volte ci trascinano a dire o fare cose di cui, una volta cessato l'impeto emotivo, ci si pente. Eppure, sono le emozioni che ci fanno gustare la vita ed è proprio dalle emozioni, piccole o grandi che siano, che l'individuo spera di ricavare nuovi stimoli che muovano le sue giornate. Del resto come si potrebbe dire di vivere appieno se non si sperimentassero mai la gioia, il tremito dello smarrimento o della paura, l'impeto della passione, l'abbandono alla nostalgia, il peso e la disperazione provocate dalla sofferenza?

Tuttavia, seppur ogni singola emozione sia importante e permetta a chi la sperimenta di sentirsi vivo, l'uomo è soprattutto alla ricerca di quelle sensazioni ed emozioni che lo facciano star bene e lo appaghino, in una parola è alla ricerca di quello stato emotivo di benessere chiamato felicità .

FELICITA': alcune definizioni

Il tema della felicità appassiona da sempre l'umanità: scrittori, poeti, filosofi, persone comuni, ognuno si trova a pensare, descrivere, cercare questo stato di grazia. Per tentare di definire questa condizione alcuni studiosi hanno posto l'accento sulla componente emozionale , come il sentirsi di buon umore, altri sottolineano l'aspetto cognitivo e riflessivo , come il considerarsi soddisfatti della propria vita. La felicità a volte viene descritta come contentezza, soddisfazione, tranquillità, appagamento a volte come gioia, piacere, divertimento.

  • Secondo Argyle (1987), il maggiore studioso di questa emozione, la felicità è rappresentata da un senso generale di appagamento complessivo che può essere scomposto in termini di appagamento in aree specifiche quali ad esempio il matrimonio, il lavoro, il tempo libero, i rapporti sociali, l'autorealizzazione e la salute.
  • La felicità è anche legata al numero e all'intensità delle emozioni positive che la persona sperimenta e, in ultimo, come evento o processo emotivo improvviso e piuttosto intenso è meglio designata come gioia . In questo caso è definibile come l'emozione che segue il soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un desiderio e in essa, accanto all'esperienza del piacere, compaiono una certa dose di sorpresa e di attivazione (D'Urso e Trentin , 1992).

Cosa succede quando siamo felici?

Tutti noi, in misura più o meno accentuata, proviamo emozioni, in un certo senso le agiamo a livello di comportamenti più o meno visibili e consapevoli, le condividiamo con gli altri parlando o scrivendo di esse, alcuni riescono perfino ad immortalarle nelle opere d'arte.

Ma cosa succede dentro e fuori di noi quando siamo felici?

  • Alcuni autori (Maslow , 1968; Privette , 1983) riportano che le sensazioni esperite con più frequenza dalle persone che si trovano in una condizione di felicità o di gioia sono quelle di sentire con maggiore intensità le sensazioni corporee positive e con minore intensità la fatica fisica, di sperimentare uno stato di attenzione focalizzata e concentrata, di sentirsi maggiormente consapevoli delle proprie capacità.
  • Spesso le persone felici si sentono più libere e spontanee , riferiscono una sensazione di benessere in relazione a se stesse e alle persone vicine e infine descrivono il mondo circostante in termini più significativi e colorati.
  • Inoltre le persone che provano emozioni positive, quali ad esempio gioia e felicità, a livello fisiologico presentano un'attivazione generale dell'organismo che si manifesta con un'accelerazione della frequenza cardiaca, un aumento del tono muscolare e della conduttanza cutanea e infine una certa irregolarità della respirazione.
  • In ultimo chi è felice sorride spesso . In effetti il sorriso, sovente accompagnato da uno sguardo luminoso e aperto, è la manifestazione comportamentale più rappresentativa, inconfondibile e universalmente riconosciuta della felicità e della gioia.

La felicità? Secondo numerosi studi Se si dispone di pochi amici intimi, una grande e amorevole famiglia, o di forti legami con la comunità, si è più felici.

Nicéphore Niepce è considerato l'inventore della fotografia e scattò a Le Gras (Francia), nel 1826, la prima fotografia della storia. L’immagine, oggi custodita presso l'Università del Texas ad Austin, ritrae il cortile della sua casa, visto dalla finestra della sua stanza. Niepce costruì la macchina con due cassette di legno dotate di un diaframma a iride, per il quale fu necessario un tempo di esposizione molto lungo, di ben otto ore! Egli ottenne l'immagine cospargendo di bitume di giudea e olio di lavanda una lastra di peltro per eliografia, ma la documentazione che allora fornì alla Royal Society fu talmente scarsa che la sua presentazione non venne accolta ufficialmente agli atti. Il prototipo pionieristico della moderna macchina fotografica si trova attualmente al Museo Denon, in Francia.

Ma perché l’attività della fotografia prosegue ad esercitare sull’uomo un fascino così potente, ancora oggi più che mai diffusa con l'avvento dei digitale e della possibilità di scattare fotografie anche con il telefono cellulare o con altri mezzi messi a disposizione dalla tecnologia?

Riflettendo sulla natura, i bisogni e i desideri dell’essere umano si possono trovare alcune risposte all'interrogativo iniziando nel riconoscere, insito nell’animo umano, un bisogno di trascendenza, di spiritualità e di divino. Se nell’uomo hanno sempre albergato un “tormento” ed “un’angoscia” legati alla constatazione dell’ineluttabile transitorietà della vita terrena, egli ha anche da sempre esternato il bisogno di collegarsi con una dimensione spirituale, con l’Assoluto e di testimoniare il proprio breve passaggio sulla terra (basti pensare ai graffiti disegnati dagli uomini primitivi nelle grotte dell’era paleolitica raffiguranti tematiche spirituali come ad es. adorazione degli astri solari oltre che di vita quotidiana, come ad es. scene di caccia e pesca.).

Nel campo delle arti in genere, ed a pieno titolo anche nell’arte fotografica si riscontra, quindi, il manifestarsi del bisogno dell’uomo di collegarsi con l’Assoluto e di lasciare un segno del propria esistenza, quasi come se attraverso il ricordo che ne avranno i posteri, potesse rimanere traccia della propria vita.

Con il fotografare, quindi, l'uomo tenta di emergere dalla transitorietà della condizione umana e produrre qualcosa di più grande, di spirituale ed imperituro: il fotografo, immortalando l’attimo, lo trascende e lo riveste di una qualità spirituale ed eterna, superando i limiti della sua mortalità fisica e lasciando un segno del suo passaggio e della sua permanenza sulla terra.

Essendo l’uomo un animale sociale, si può rintracciare in lui anche il bisogno psicologico di esternare, comunicare e condividere con i suoi simili contenuti che afferiscono sia alla sfera del mondo oggettivo (ad es. eventi, fatti di cronaca, accadimenti) sia del proprio mondo soggettivo (ad es. sensazioni, emozioni, sentimenti). In quest’ottica, l’arte della fotografia è un linguaggio che permette di comunicare e relazionarsi con gli altri.

La fotografia, vista come sguardo sul mondo attraverso un obiettivo, consente di esprimere emozioni e sensazioni, pensieri ed idee. L’arte della fotografia consente di far viaggiare il fotografo e il fruitore della fotografia nel tempo e nello spazio: fotografie del passato, ricordi, fotografie di luoghi lontani geograficamente o difficilmente raggiungibili.

L’arte della fotografia è caratterizzata anche da una dimensione e da un forte potere catartico: sia che la si produca sia che la si osservi. Permette al fotografo e al fruitore della fotografia di elaborare e controllare le emozioni interne. Come tutte le arti il fotografare può avere, quindi, l’importante funzione di essere un modulatore della vita psichica umana.

Persone particolarmente sensibili e che hanno difficoltà a esprimere gli stati d’animo, attraverso le fotografie, possono esternare contenuti interiori altrimenti difficilmente esternabili. Fotografare la natura può essere una metafora che riflette gli stati d’animo, ritrarre determinati soggetti o animali può simbolizzare caratteristiche interne con cui ci si identifica (il leone: il coraggio; un barbone: la solitudine ecc.). La fotografia permette di contattare il proprio mondo interno, prenderne coscienza e può generare un effetto liberatorio e di catarsi energetica.

La fotografia parla anche della sua epoca ed ha dunque una innegabile componente storica. Nell’epoca odierna, ad esempio, l’uomo tende ad attribuire importanza alla dimensione dell’edonismo personale, alla ricerca del piacere, del narcisismo, dell’affermazione, dell'ostentazione e glorificazione di sé. Tutto questo è perseguito anche attraverso il fotografare e pubblicare foto di sé stessi e della propria vita. D'altronde, la società multimediale dà la possibilità alla persona di collegarsi, essere in contatto e condividere le proprie fotografie con chiunque, anche a distanze elevate e culture e formazioni personali assai diverse.

Tuttavia, gli studi psicologici sulla qualità dei “rapporti” virtuali portano alla luce sempre più quanto questi siano superficiali e non-autentici e come spesso si falsifichino identità, informazioni personali, sentimenti e emozioni, con una tendenza sempre più diffusa a rielaborare le fotografie fino a renderle "altro" rispetto alla fonte originale.

L’uomo moderno prova a soddisfare i propri bisogni sociali, di autostima, narcisismo e piacere attraverso i rapporti virtuali, ma spesso il risultato è che il nutrimento psicologico che ne deriva è insoddisfacente e lascia dentro di sé un senso di solitudine.

In quest’ottica si può leggere e interpretare dal punto di vista psicologico l’intensa e a volte eccessiva e voyeuristica diffusione di foto personali e della propria vita su Internet o comunque tramite la multimedialità.

L’uomo moderno, ricco di numerosi “contatti” interpersonali, talvolta anche in dimensione globale ma povero di “rapporti” autenticamente profondi, sani e significativi mette in atto un “disperato" tentativo di essere visto, considerato e di essere in rapporto con qualcuno attraverso la diffusione delle proprie fotografie. Può accadere, così, di perdere il senso del limite fra ciò che in passato era considerata la sfera del personale e quella che dovrebbe essere la sfera pubblica condivisibile. I limiti ed i valori del passato vanno modificandosi e il cosa fotografare e il cosa rendere pubblico sono temi di un dibattito sociale vivacemente aperto.

L’atto del fotografare e il prodotto fotografico connotato possiedono quindi caratteristiche “spirituali” e caratteristiche psicologiche umane atemporali e universali, ma anche motivazioni e caratteristiche storicamente determinate e veicolate dall’epoca e dalla società nelle quali si vive.

A cura di Monica Barassi,

Psicologia in Movimento

Bibliografia

- Jung C. G., L’uomo e i suoi simboli, TEA, Milano, 2004.

- Bresson H. C., H, L’immaginario dal vero, Abscondita, Milano, 2005.

- Riggi C., L’esuberanza dell’ombra. Riflessioni su fotografia e psicanalisi, Edizioni Le nuvole, Cosenza, 2008.


l padre della psicologia positiva Martin Selingman ha teorizzato che mentre il 60 per cento della felicità è determinata dai nostri geni e dall'ambiente, il restante 40 per cento dipende da noi. La formula ha sedotto anche un altro psicologo famoso,Philip Zimbardo, che l'ha ripresa nel suo libro The time paradox. Ed entrambi concordano che se tornare a nascere e ottenere nuovi geni è impossibile, si può invece lavorare su quel 40%.

Come? La scienza suggerisce almeno 8 strade.

1. Trascorrete (almeno) 20 minuti al giorno all'aperto

Secondo una serie di studi pubblicati nel 2010 dal Journal of Environmental Psychology, non solo aiuta a mantenere uno stato d'animo migliore ma addirittura migliorerebbe la memoria. A fare bene sono soprattutto la luce del sole, anche in un giorno nuvoloso, e l'aria fresca.

2. Impegnatevi ad essere felici

Ben due studi pubblicati dal Journal of Positive Psychology hanno confermato che quando le persone cercano attivamente di essere felici, migliorano il loro stato d'animo, sentendosi alla fine più felici di chi non lo fa. In uno dei due studi i partecipanti hanno ascoltato una gamma di brani musicali allegri nel corso di due settimane: coloro ai quali era stato chiesto di concentrarsi sulla loro felicità, hanno registrato un miglioramento dello stato d'animo rispetto a coloro ai quali era stato chiesto solo di concentrarsi sulla musica.

3. Scoprite i vostri punti di forza e impegnatevi a usarli

Il libro The Happiness Advantage di Shawn Achor, psicologo ad Harvard, riporta un esperimento su 577 volontari, invitati a scegliere uno dei loro punti di forza e a usarlo in un nuova modo ogni giorno per una settimana. Col risultato che alla fine si sentivano molto più felici e meno depressi rispetto al gruppo di controllo. Non è tutto: i vantaggi di questo modus vivendi duravano anche dopo la fine dell'esperimento: il loro livello di felicità è rimasto tale per un mese intero.

4. Fate esercizio regolarmente

L'esercizio fisico in generale rilascia endorfine nel cervello, che migliorano il tono dell'umore. Se l'allenamento è regolare, il moto positivo dell'animo si estende anche ai giorni in cui non ci si allena. Lo conferma una ricerca dell'Università di Bristol secondo cui "Nei giorni di allenamento, l'umore delle persone migliora significativamente dopo l'esercizio e rimane lo stesso nelle successive giornate di riposo. Con l'eccezione del senso di calma che si perde poco dopo".

5. Date un significato alla vita

I ricercatori della Tohoku University in Giappone hanno realizzato uno studio di sette anni su oltre 43.000 adulti di età tra 40 e i 79 anni chiedendo loro se avevano ikigai (un termine giapponese che sta per "senso della vita"), e poi hanno monitorato il loro stato di salute. Il 95 per cento degli intervistati che riferivano di avere dato un significato alla propria vita erano vivi sette anni dopo l'indagine iniziale contro circa l'83 per cento di coloro che non avevano segnalato alcun buon motivo per vivere. La mancanza di ikigai, secondo i ricercatori, sarebbe in particolare associata con la morte a causa di malattie cardiovascolari.

6. Passate del tempo con le persone felici... o con i loro amici

Secondo uno studio pubblicato in Statistics in Medicine e condotto presso la Harvard University e la University of California, la felicità è contagiosa. I ricercatori hanno scoperto che quando una persona diventa felice, un amico che le vive vicino ha una probabilità del 25 per cento in più di diventarlo anche lui. Il coniuge della persona felice ha un 8 per cento maggiore probabilità di felicità, e i vicini di casa hanno una probabilità del 34 per cento. Ma c'è di più: i ricercatori hanno condotto una revisione di altri studi precedenti, scoprendo che certe relazioni sono maggiormente interessate da felicità, in ossequio a una teoria chiamata la "teoria del contagio sociale" o dei "tre gradi di influenza": quando una persona è felice, l'effetto può diffondersi per tre gradi, fino agli amici degli amici.

7. Coltivate relazioni sociali forti

Se si dispone di pochi amici intimi, una grande e amorevole famiglia, o di forti legami con la comunità, si è più felici. Tra i numerosi studi che lo confermano, ce n'è uno dello psicologo Shawn Achor compiuto tra 1.600 studenti di Harvard che ha dimostrato che il sostegno sociale è motivo di felicità e conta più di fattori come il reddito familiare, i punteggi universitari, l'età, il sesso o l'etnia di appartenenza.

8. Occupatevi degli altri

Le persone che passano del tempo ogni mese ad aiutare gli altri (sia che si tratti di animali, di altre persone o dell'ambiente) sono più felici. Una ricerca della dottoressa Suzanne Richards dell'Università di Exeter Medical School, nel Regno Unito, ha esaminato 40 studi degli ultimi 20 anni sul legame tra volontariato e salute, rilevando che il volontariato è associato con meno casi di depressione, maggiore benessere e una riduzione del 22 per cento del rischio di morte.

14 Luglio 2014 | Eugenio Spagnuolo

A cura della Dott.ssa E. Maino