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Guerre Immaginarie

Una mini guida per chi vuol descrivere una battaglia fantasy (o anche non fantasy?)

Ho letto qualche articolo, in rete, sull'argomento militare collegato allo scrivere. Ovvero cosa bisogna fare (e cosa è meglio evitare) per includere in maniera sensata una scena di battaglia in un libro o in un racconto. Quando il discorso va sul fantasy, si levano le invettive feroci, di chi dall'alto della sua esperienza lancia strali sugli aspiranti scrittori che non capiscono un accidente; queste polemiche hanno raggiunto dei toni esagerati, ma spesso però gli errori ci sono veramente. Paradossalmente, proprio dal momento che ho letto parecchio in merito, ho sempre evitato di entrare in un argomento che mi avrebbe costretto a scrivere fin troppo. Peraltro, credo che per chi vuole documentarsi sul serio non manchino le possibilità, anche gratuite (la rete insegna un sacco di belle cose...). Perciò, decidendo alla fine di parlarne, scelgo di dilungarmi il meno possibile e di andare subito al sodo, sperando di creare una guida relativamente breve, che metta in grado di descrivere una battaglia con qualche realismo.

Che Guerra vuoi?

Innanzitutto, smettiamola con la storia che chi vuole descrivere una battaglia deve conoscere vita morte e miracoli sul medioevo. Il fantasy non ha limiti e vi troviamo molte ambientazioni diverse: ad esempio lo steampunk con il suo stile un po' ottocentesco, che comunque presenta ulteriori bizzarrie tecnologiche specialmente interessanti dal punto di vista militare, o l'antichità, più o meno realistica, e così via. Credo che vada ricordata una semplice regola: un esercito, le sue armi, e la maniera in cui esso combatte sono espressione della società che lo ha creato e mandato in campo. Evoluzioni tecnologiche e sociali possono portare a sistemi diversi di combattere. La stessa tecnologia militare, d'altra parte, può influire sulla società. Comunque, poiché la guerra antica e medievale vanno per la maggiore tra gli appassionati di fantasy, parlerò soprattutto di quelle epoche.

Senza fare qui complicati discorsi sulle armi (ma non è che potete permettervi di non saperne proprio niente, vero?) bisogna tener conto che gli equipaggiamenti con il tempo sono cambiati anche in epoche in cui, a prima vista, si potrebbe pensare che "è successo niente". Le prime armi di bronzo dell'antichità sono state superate dalle armi di acciaio e anche queste sono pian piano migliorate durante il medioevo. Per esempio, i romani antichi sapevano approfittare del fatto che i celti combattevano con spade che si piegavano dopo l'urto: bisognava perder tempo a raddrizzarle (facendo leva con un piede). I germani che distrussero l'impero non avevano queste difficoltà con i romani, anche perché usavano spesso spade romane ottenute con il commercio o la razzia (le spade romane sono state trovate anche in Scandinavia). I cavalli, utilissimi animali da guerra fin da epoche remote, non avevano le grandi dimensioni di oggi, e fino a epoca medievale la cavalleria aveva minore impatto sulle battaglie perché non si conosceva l'uso della staffa per stabilizzare il cavaliere sulla sella. Questo spiega l'esistenza di armi bizzarre come i carri falcati, usati da antichi egiziani, popoli mesopotamici, celti ecc... qualcuno li ricorderà anche dalle letture dell'Iliade.

Dei cavalli va tenuto in mente un particolare: magari avrete letto di qualche "cavallo da guerra" (tra reminiscenze di giochi di ruolo) pensando che potesse fare chissà che cosa, ma in ogni caso l'animale non va direttamente addosso agli uomini, perciò la cavalleria può sempre esser tenuta a bada da fanteria dotata di picche o armi abbastanza lunghe, purché i fanti siano disciplinati e sappiano mantenere una formazione stretta. D'altra parte l'arciere a cavallo (prototipo del guerriero delle steppe, del "barbaro" persiano o mediorientale e così via) con la sua mobilità e capacità di colpire a distanza è sempre stato una gran preoccupazione per i suoi avversari (a piedi e a cavallo) anche se meglio armati e corazzati. Spada e lancia sono sempre state le armi predilette della fanteria, ma non mancano delle barbariche eccezioni, come le asce da guerra. Gli scudi sono ancora molto in uso nell'alto medioevo, vengono abbandonati a poco a poco: le formazioni di svizzeri e lanzichenecchi verso la fine del medioevo erano composte per lo più di picchieri, e senza scudo. Apro una brevissima parentesi: non va trascurato il fatto che l'assenza di una risorsa può influenzare moltissimo il modo di far la guerra di un popolo. Fin troppo ovvio il riferimento ai grandi imperi precolombiani, che furono messi in disperata inferiorità (oltre che dalle malattie portate dai bianchi) dall'assenza di cavalli (o animali equivalenti) e dalla scarsità di metalli.

Catapulte e varie armi da assedio erano ordigni più specializzati, la capacità di costruirli e farne uso è stato un discrimine tra popoli civilizzati e barbari. Meno diffusa in antichità la balestra, che ha acquistato più importanza nel medioevo. L'arco è rimasto un'arma fenomenale fin quasi ai tempi moderni, inaspettatamente potente quando ben costruito (un moschetto o una balestra non gli sono molto superiori) ma essere un buon arciere è uno stile di vita, mentre un qualsiasi idiota può imparare in qualche giorno (con un istruttore che gli urla nelle orecchie) i pur complessi movimenti necessari per caricare un archibugio e sparare.

Battaglia.

La battaglia è faccenda di formazioni fitte e serrate (serratissima la falange macedone, molto meno la legione romana), se parliamo di popoli "ordinati" e civilizzati, di movimenti meno disciplinati se parliamo dei "barbari". Tra i popoli barbari però ce ne sono stati molti che sapevano porre astuzia nel loro apparente disordine: ad esempio, la classica tattica dell'arciere a cavallo che provoca, si fa inseguire e colpisce da lontano, sfiancando i suoi avversari senza dar loro il piacere di venire a contatto delle loro micidiali formazioni (ad esempio i mongoli, ma anche gli arabi contro i crociati). Altri barbari meno furbi si facevano macellare andando all'assalto urlando contro eserciti più disciplinati: ad esempio gli scozzesi che andavano all'arma bianca ancora ai tempi delle armi da fuoco, o i celti che addirittura si legavano insieme per gruppi familiari (come a dire: ce la si fa insieme o si crepa insieme).

Qualcuno ha scritto che le battaglie dell'antichità erano delle risse dove tutto si risolveva a spintoni senza nemmeno lo spazio per muovere le armi. Ma sono balle, ci sono numerose descrizioni che smentiscono una simile teoria: del resto certi storici sono come le veline, mostrano un po' di tutto per farsi notare. Però è vero che la battaglia doveva essere pianificata praticamente il giorno prima. C'era poca possibilità di controllo e comunicazione (trombe, bandiere, messaggeri, fuochi accesi come segnale predefinito...). Qualche movimento (improvvisare un aggiramento, cercare di approfittare di un punto debole, andare a tappare una falla apertasi nelle proprie linee) poteva essere improvvisato in battaglia, ma il comandante in questi frangenti spesso aveva a disposizione solo la riserva che si era tenuto accanto (se era stato così saggio da predisporne una) o la sua scorta personale, o chi riusciva a raccattare sul momento.

Veramente da sconsigliare, nelle vostre descrizioni di battaglie immaginarie, le manovre troppo complicate, i movimenti sincronizzati di truppe che provengono da direzioni diverse e così via. Ancora oggi nell'arte militare vale il principio che solo le cose semplici (o relativamente semplici) funzionano. Uno dei principi base è la concentrazione delle forze, che fino a epoche moderne ha portato i conflitti a risolversi prevalentemente in grossi scontri, concentrati in pochi chilometri di terreno. Alcuni grandi generali (Napoleone ad esempio) erano molto bravi a muovere le loro forze in corpi separati e raggrupparle all'ultimo momento (a Waterloo però Napoleone non riuscì a farlo, e fu sconfitto). Nei movimenti che precedevano lo scontro decisivo era desiderabile infatti tener separate le forze del nemico (se possibile) e unire rapidamente le proprie (se necessità precedenti avevano costratto a tenerle separate), cercando di non cadere in tranelli e trappole, e di schermarsi dalla ricognizione avversaria (di solito effettuata dalla cavalleria leggera). Questo concetto cambia in qualche modo nella guerra moderna dove gli eserciti si dispongono su enormi fronti. Ad esempio, la prima guerra mondiale vedeva gli italiani e gli austriaci in trincee che correvano dalle alpi del Veneto e del Trentino fino al mare Adriatico di fronte a Trieste, e il fronte occidentale della Germania correva dal confine svizzero al Mare del Nord. Ma quando uno dei contendenti passava all'offensiva, ammassava sempre molte truppe nel punto decisivo, cercando di tenere nascoste le proprie intenzioni.

Per tornare al medioevo e all'antichità anticipiamo come la mancanza di disciplina delle truppe e il fatto che i soldati spesso agivano di testa propria (o si lasciavano provocare) siano stati causa di molti episodi catastrofici. Vedremo più avanti degli esempi.

La fuga era il momento fatale. Quando un esercito perdeva la coesione e si sgretolava in una fuga disordinata iniziava la strage in cui la maggior parte delle vittime trovava la prigionia o la morte. Anche le migliori truppe potevano essere incapaci di condurre una ritirata ben coordinata; inoltre la cavalleria trovava uno dei suoi maggiori usi proprio nel distruggere il nemico in rotta. La prigionia era una faccenda molto dura e spesso una morte differita solo di poco, salvo il caso in cui il prigioniero era un nobile che poteva pagare un buon riscatto (molto comune nel medioevo, meno nell'antichità).

La battaglia (dell'assedio parleremo dopo) era una faccenda rischiosa. Sia nell'antichità che (ancor più) nel medioevo poteva esserci molta riluttanza a giocarsi tutto in uno scontro decisivo. Del resto il costo di tenere un esercito in campo era tale da imporre comunque di farlo, a volte. Oppure una delle parti in causa aveva maggior necessità (o desiderio arrogante) di arrivare allo scontro decisivo. La battaglia spesso era una faccenda che avveniva di comune accordo: se entrambi gli eserciti volevano lo scontro, si trovavano e si schieravano (di solito in una bella pianura, ma anche qui c'erano molte astuzie da mettere in atto), e se la giocavano; ma un esercito poteva quasi sempre fuggire, tenersi a distanza o fare manovre dilatorie. Comunque spesso alla fine il riottoso poteva essere costretto a chiudersi in una fortezza e lì veniva assediato, o era forzato in una posizione svantaggiosa (ad esempio allontanato dalle fonti di cibo e acqua) e costretto a cercare la soluzione dello scontro.

Assedio.

La guerra spesso si risolveva con più assedi che battaglie. Questo è ancor più vero nel medioevo che nell'antichità, dove la grande battaglia campale era piuttosto in voga. Le fortificazioni sono aumentate a dismisura e diventate più imponenti fin dai tempi del tardo Impero Romano (e se vogliamo guardare altrove, anche in Cina vi si faceva ricorso massiccio). La città cinta di mura o il castello erano i mezzi di difesa per salvarsi da un nemico percepito come più forte, oppure (nel caso del castello medievale) strumenti di controllo, in quanto residenza imprendibile di truppe che potevano uscire ad attaccare i dintorni a proprio piacimento.

Una forza assediata può andare incontro a molti problemi, come le scorte in diminuzione, la possibile presenza di civili a cui provvedere, la prospettiva di essere forzati alla capitolazione senza aver potuto battersi veramente (non sempre la sortita dal forte assediato può essere praticabile su larga scala). D'altra parte l'assediante ha i suoi dilemmi. Se sta invadendo una regione, deve tener conto di fortezze e castelli da cui il nemico potrebbe assalirlo, tagliargli i rifornimenti o la ritirata. Nel caso in cui abbia molte forze può lasciarne una parte a condurre un assedio, ma questo lo indebolisce e lo costringe comunque a disperdere le truppe. L'assediante è costretto a rimanere nello stesso posto aumentando le difficoltà di foraggiarsi con ciò che offrono i dintorni e la probabilità che possano insorgere epidemie (ovviamente le malattie giocano anche contro il difensore). L'arrivo di una forza di soccorso o le difficoltà logistiche potrebbero rendere tutto inutile, costringendo a levare l'assedio. D'altra parte se l'assedio riesce si elimina una certa quantità di nemici, e magari si saccheggia una città o comunque un luogo che può offrire ricchezze.

Non voglio dilungarmi sulle armi e sulle tattiche d'assedio, tuttavia è evidente l'ostacolo terribile, prima dell'avvento dell'artiglieria moderna, offerto dalle mura nemiche: mura che quindi dovevano essere indebolite con ogni mezzo (catapulte, arieti, trabucchi) o superate con sistemi quali le torri mobili, scale appoggiate ai parapetti e così via. Scavare gallerie (mine) per penetrare nelle fortezze o indebolire la struttura delle mura era pratica comune. L'assediato reagiva con la contromina, ovvero la galleria che intercettava lo scavo dell'attaccante. Lavori di mina e contromina erano la norma, fin dall'antichità e fino ai tempi moderni, anche se poco ricordati dai racconti e nel cinema. C'è tuttavia una scena del recente film Alatriste che offre un bell'esempio delle piacevolezze che ci si scambiava nel sottosuolo. Chiaramente un esercito di barbari era sfavorito in questo tipo di guerra: non aveva a disposizione mezzi molto avanzati, e magari nemmeno il tempo per condurre un lungo assedio. Va osservato, infine, che spesso stratagemmi (passare da fogne, acquedotti, ecc...) e tradimenti hanno portato a termine assedi che le armi non riuscivano a concludere.

La Battaglia navale

La guerra navale richiederebbe tutta un'altra trattazione. Per rimanere sul semplice, e sul vago, limitiamoci a dire che nell'antichità le navi da guerra mediterranee erano tinozze che potevano essere sollevate e tirate in secco facilmente, e che non potevano allontanarsi dalla riva sia perché non erano fatte per il mare grosso, sia perché non erano fatte per portare scorte cospicue. Questo vale per il mediterraneo e per navi come la trireme greca. Dal nome si intenderà facilmente che aveva "tre ordini di remi" ma questo non significa che avesse tre ponti distinti, bensì tre banchi sfalsati su cui i rematori erano sistemati. Poiché è assai difficile spiegarlo bene a parole, rimando volentieri alla illustrazione di un articolo riguardo a una ricostruzione moderna della trireme. Oltre ai remi poteva usare un albero smontabile per sfruttare la vela. Questa nave da guerra si rivelò, specializzata com'era, superiore alle tozze navi che usavano fenici e altri orientali; venne potenziata più tardi dai romani come quinquireme. La trireme aveva un pericoloso sperone a filo d'acqua, e poteva essere manovrata agilmente da un equipaggio esperto per virare in poco spazio e accelerare rapidamente. Queste le manovre che venivano compiute per speronare l'avversario, o sfiorarlo sulla fiancata e tagliarne via i remi. I romani aggiunsero alle proprie navi i famosi corvi, ponti mobili che agganciavano la nave nemica permettendo l'abbordaggio. In epoca medievale i bizantini (fino a che riuscirono ad avere una flotta) furono dominatori grazie a ordigni che lanciavano liquido incendiario, il famoso fuoco greco.

Nel gelido nord, le navi avevano maggiore larghezza ed erano più efficienti in mare aperto, viste le condizioni climatiche molto più avverse. Le navi con cui i vivhinghi compirono le loro famose esplorazioni e incursioni usavano remi e vele, ed erano assai robuste.

In epoca medievale vennero in uso le galee, navi a remi e a vela nello stesso tempo (potevano avere più di un albero) ma senza rostro per speronare. Le invasioni oltremare di grande portata si facevano di solito quando la superiorità navale era assicurata. Molto spesso una delle parti disponeva di una valida flotta e l'altra no, per il semplice fatto che una flotta permanente coi relativi equipaggi addestrati era (ed è) molto costosa e non tutti gli stati ne avevano una, e al momento del pericolo non si poteva rimediare all'incuria in pochi mesi. Tuttavia alcune grosse battaglie navali, con mischie tremende, si sono verificate in epoca antica e anche medievale, ma non entrerò nel dettaglio qui.

Guerra: questione di organizzazione.

I grandi imperi antichi (romano, cinese) si sono trovati in difficoltà quando di fronte a popoli che non potevano conquistare perché privi di centri nevralgici, città da conquistare, e molto più a proprio agio quando lottavano contro altri stati organizzati. Questo perché i movimenti degli eserciti erano facilitati dalle strade altrui, dai raccolti che potevano razziare (alleggerendo la logistica), e perché uno stato si arrende quando perde la capitale o le principali città, ma un popolo che non ha città non si arrende. I regni ellenistici sono caduti nelle mani dei romani come pere cotte (Cartagine, va detto, un po' meno). Gli iberici, i galli, i britanni solo dopo molte difficoltà. I germani e i popoli della Scozia (pitti) non sono caduti mai, e i nomadi dei deserti e delle steppe oltre il Danubio sono rimasti fuori dal raggio d'azione delle legioni, liberi però di invadere e tentare le loro razzie a piacimento.

Già da quanto sopra si può intuire come la logistica sia sempre stata un aspetto delicato della guerra antica e medievale: le malattie assieme alla fame mietevano più vittime delle armi (magari in una storia fantasy dalle tonalità eroiche e solenni questo non è bene farlo vedere). Questo era vero ancora nel periodo napoleonico e nella guerra civile americana, che per certi aspetti è stata un conflitto già molto moderno. Solo con il settecento, direi, si diffuse l'idea che le truppe dovessero essere rifornite da un apparato logistico in grado di coprirne le necessità (senza quindi saccheggi sul posto, che comunque potevano avvenire lo stesso); ma successivamente Napoleone per essere più veloce nei suoi spostamenti tornò a obbligare gli uomini a cavarsela come potevano.

Ma la dipendenza dalla logistica può essere trascurata da un popolo barbarico? In un certo senso, i barbari potevano esserne meno dipendenti se contavano di viaggiare in gruppi relativamente limitati e compiere delle razzie; ma se costretti a una guerra in grande stile avevano gli stessi problemi dei popoli civilizzati e poche capacità per farvi fronte. Gli ungari hanno saccheggiato l'Europa dell'alto medioevo selvaggiamente, ma alla fine sono stati "intercettati" e sconfitti mentra tornavano a casa stracarichi di bottino, al termine di una di queste incursioni. I vichinghi hanno terrorizzato tutte le coste e i territori bagnati dai fiumi, ma alla fine quando hanno messo radici (in Francia, in Inghilterra, in Italia) hanno perso la loro mobilità: hanno dovuto sottomettersi a un re o impadronirsi a loro volta di un regno. Nel momento in cui un popolo smette di essere un'accozzaglia di razziatori il terribile peso della logistica arriva a pesare sulle sue spalle, insomma. Le invasioni dei germani contro Roma generalmente non erano scorrerie agili di un gruppetto di predoni, ma movimenti di interi popoli con carri, bestiame e bagagli al seguito. I celti attaccati da Cesare non erano comunque esenti dai problemi organizzativi, pur essendo "barbari." Per affrontare i romani dovevano concentrare un'enorme armata: questo vuol sempre dire non poter vivere soltanto di quello che si può trovare sul terreno mentre ci si muove. Quindi le varie tribù dovevano organizzarsi in precedenza, aspettare il momento del raccolto, accumulare tutto il cibo possibile, recarsi rapidamente a un luogo di raduno con tutte le vettovaglie che potevano portare e da lì l'armata riunita doveva scegliere dove andare, e farlo alla svelta. Ogni ritardo pesava sul "conto alla rovescia" verso la fine dei viveri, e in ogni caso d'inverno bisognava limitare le operazioni. Quando Vercingetorige fu assediato ad Alesia (con i suoi soldati che morivano di fame e i civili addirittura buttati fuori a morire, perché in città non vi era cibo ma i romani non se ne volevano prendere carico) l'armata di soccorso ebbe quindi solo una modesta finestra di tempo per poter attaccare Cesare e salvare il capo carismatico dei galli.

Notare che le necessità di approvvigionamento portarono Cesare, nello stesso conflitto, a perdere un grosso contingente: per passare l'inverno, aveva distribuito i suoi soldati tra le tribù amiche proprio perché sarebbe stato troppo gravoso per chiunque trovarsi a ospitare l'esercito romano tutto assieme. Una di queste tribù aggredì le coorti romane che "ospitava" e le distrusse mentre cercavano di ritirarsi.

Quanto ai servizi sanitari essi sono stati organizzati molto tardi (molto dopo il medioevo), per quanto gli antichi romani avessero già qualcosa che somigliava a medici e "ospedali" per le legioni. Il colpo di grazia era una necessità nei confronti del ferito incurabile, e per quanto ne so è rimasto praticato fino alla seconda guerra mondiale. Ma la vera strage di soldati era compiuta dalle malattie, che generalmente uccidevano più soldati delle armi nemiche. Questa realtà è poco fascinosa e poco fantasy, ma va saputa.

Va comunque detto che, prima dell'avvento delle armi da fuoco e delle enormi necessità organizzative che esse imponevano, il cibo e il foraggio per gli animali erano le principali necessità di un esercito, pertanto purché si riuscisse a provvedere ad esse era possibile anche perdere per anni il contatto con la madrepatria e restare comunque operativi (vedi l'incredibile spedizione di Alessandro Magno alla conquista dell'oriente, ma anche le imprese dei conquistadores).

Eserciti di grandi dimensioni nell'antichità potevano superare i centomila uomini, ma è difficile fidarsi delle fonti disponibili. Non si ritengono vere le cifre iperboliche (milioni!) riferite agli invasori di Serse contro la Grecia, per esempio. Nel medioevo, data la catastrofica disorganizzazione degli stati, le armate erano di solito molto più piccole. La loro composizione inoltre era piuttosto peculiare al periodo. Il medioevo è stato un periodo di violenza anarchica (ovviamente non sempre e non in ogni posto) e una lunga rielaborazione verso forme che hanno consentito, lentamente, l'emergere di nuove entità che lentamente hanno preso la forma degli stati moderni. Di fatto, la struttura della società medievale è influenzata dai costumi dei barbari conquistatori: fatta di obblighi personali dei vari vassalli verso il re, dei nobili minori verso i vassalli più importanti, e infine del volgo verso la nobiltà. A questo faceva da collante, in qualche modo, la chiesa.

Gli eserciti medievali erano composti quindi di un certo numero di cavalieri (non sempre combattevano a cavallo) pesantemente equipaggiati, che solitamente si presentavano con il proprio seguito personale di scudieri, assistenti e così via, ed eventualmente con la propria scorta di nobili subordinati. Il sistema medievale di dare terra a un cavaliere per avere in cambio servizio militare ha generalmente portato (in Europa, ma anche in Giappone) a risultati poco soddisfacenti, con il cavaliere che cercava di limitare il servizio dovuto, e di aumentare i diritti sulla terra (e renderli ereditari se non lo fossero stati fin dall'inizio), oppure di farsi sostituire da mercenari poco equipaggiati; se poi il feudo era suddiviso tra diversi figli, poteva verificarsi che nessuno di loro avesse più abbastanza risorse per comprare armi e cavalli. Un re che volesse intraprendere campagne militari di ampio respiro doveva esser pronto a mettere a disposizione (se non anche a regalare) costosi equipaggiamenti, e a sostituirli a proprie spese quando fossero persi o distrutti durante le operazioni.

Talvolta un cavaliere poteva non essere nobile e dipendere dal proprio signore per armi, cavalli e mantenimento. In queste variegate relazioni di obblighi personali trovavano spazio a vario titolo i soldati professionisti e i mercenari (che a volte raggiungevano organizzazione e massa tali da diventare pericolosi eserciti privati, diretti da condottieri che erano allo stesso tempo comandanti e "impresari" della guerra). La fanteria e gli arcieri spesso provenivano da questi professionisti. Ma c'era anche la leva feudale, la massa di paesani armati alla meglio che erano tenuti a combattere per il proprio signore, magari con compenso minimo o inesistente, ma spesso per un periodo limitato oppure solo nel proprio territorio. Queste soldataglie spesso erano inutili e comunque la loro natura rendeva difficile usarle in guerre offensive; in tal caso comunque era implicito che il loro mantenimento doveva essere garantito dal re o dal loro signore. Le città fiorenti avevano le proprie milizie cittadine, truppe impiegate spesso a scopo difensivo e per mantenere l'ordine interno, ma che potevano anche finire nell'esercito di un sovrano, a meno che la città non fosse un comune o una signoria liberi da impegni verso i re.

Questo il variegato panorama degli eserciti medievali. Se volete ricalcare nella vostra ambientazione lo stile di quegli eserciti, sappiate che sono stati l'espressione di un certo tipo di società. Forse ne avete immaginata una che non si adatta bene a questo stile? Pensateci bene.

Col tempo, il miglioramento delle fanterie e la comparsa di armi (balestre, archibugi) che permettevano a qualsiasi "villano" di far strage dei nobili comportò un declino della cavalleria. L'introduzione delle armi da fuoco ha portato inizialmente solo un gran baccano e poche conseguenze pratiche (non tali da disturbare veramente un'ambientazione fantasy in stile medievale), ma con il miglioramento delle tecnologie e (da non trascurare!) l'emergere di stati centralizzati capaci di pagare gli enormi costi connessi, la polvere da sparo ha cambiato il volto della guerra. Innanzitutto i castelli e le mura cittadine divennero obsoleti, troppo deboli per i cannoni: fu necessario costruire fortificazioni di nuovo tipo, più massicce, basse e studiate per avere ampio campo di tiro (nell'illustrazione, la fortezza di Palmanova in Italia: per capire il principio non guardate le case, ma le figure stellate nel verde circostante); la fanteria iniziò ad adottare armi da fuoco individuali (per molto tempo mischiate ad armi bianche in formazioni composite, con svizzeri e spagnoli a fare da esempio in questo campo). Non più regina del campo di battaglia, la cavalleria ha seguito diversi modelli, a volte rinunciando alle armi da fuoco per mantenere il potenziale d'urto, a volte adattando le proprie tattiche alla polvere da sparo. Ad ogni modo le armi da fuoco rivoluzionarono la guerra imponendo la necessità di formazioni ben ordinate, capaci di obbedire a ordini dettagliati, comandate da ufficiali che non erano più eroici cavalieri dediti allo scontro individuale ma attenti organizzatori. Nel Giappone dei samurai i goffi movimenti sincronizzati dei moschettieri sembravano così ridicoli e sgraziati che le armi da fuoco non vennero mai amate. Ne fece uso un signore della guerra per conquistare il predominio, ma poi il paese vi rinunciò e si chiuse in un prolungato, volontario isolamento.

Le armi da fuoco hanno dato il via a un nuovo tipo di soldato: il volteggiatore. Più autonomo delle masse di moschettieri inquadrati in formazione, si muoveva in piccoli gruppi o da solo, cercando di disturbare le formazioni nemiche con il proprio fuoco, o prendendo opportunisticamente di mira gli ufficiali. Il volteggiatore lo vedo un po' come l'antenato del soldato moderno, che combatte senza formazioni e approfitta di tutta la copertura offerta dal terreno. Quando le armi da fuoco non erano ancora molto sviluppate i grossi corpi di truppe con divise colorate erano ancora i padroni del campo, indispensabili per organizzare un attacco e mandare il nemico in rotta. Con le guerre tra inglesi e boeri alla fine dell'800 e con la prima guerra mondiale le divise diventano grigioverde o color kaki, le grandi bandiere e i tamburini scompaiono, e padroni del campo di battaglia diventano fucili, mitragliatrici e artiglierie. Per tenere i collegamenti, fanno la propria comparsa il telefono da campo e la radio.

Adattamenti fantasy: creature e magia

Chi crea mondi immaginari deve stare attento a calcolare tutte le conseguenze di quello che introduce nella propria ambientazione. Se nella vostra storia fanno capolino in numero sufficiente maghi dal grande potere, capaci di evocare sfere di fuoco o spiriti elementari della terra (mezzi adatti a distruggere le mura di un castello), probabilmente di fortificazioni ne esisteranno poche. La difesa sarà affidata presumibilmente alla magia, così come l'attacco. Conseguenze simili potrebbe avere la comparsa di creature gigantesche che possano essere dirette intenzionalmente contro le mura. Se invece volete introdurre in gran numero cavalcature in grado di volare, l'intero concetto di fortezza viene stravolto: anziché a un castello con le mura dovrete pensare a una grande cupola (ammesso che l'ambientazione preveda che vi sia la capacità di costruirla), o a una costruzione che non offra alcun appiglio a chi viene dall'aria. Torrioni irti di pali appuntiti sporgenti in tutte le direzioni ed edifici simili a porcospini? Fortificazioni esclusivamente sotterranee? Grandi bastioni di "contraerea" affollati di arcieri? Vedete voi. Certamente non avrà senso immaginare che i castelli siano quelli che conosciamo, perché non sarebbero difendibili.

Punto di vista e visibilità

Il protagonista può avere un'idea precisa di come la battaglia si svolge oppure no, a seconda di quanto sia vicino a dove si prendono le decisioni e della visuale che gli è offerta dalla sua posizione. Stendhal, ne La Certosa di Parma, racconta di un giovane che partecipa alla battaglia di Waterloo senza praticamente capire cosa stia succedendo. Probabilmente un autore fantasy vorrà raccontare qualcosa di più epico, e mostrerà esattamente quello che sta succedendo, come se tutto fosse chiaro al suo protagonista, usandolo anzi come "telecamera" per offrire la scena al lettore. Ma a parte queste necessità letterarie, dal punto di vista tattico il sollevarsi della polvere, la foschia mattutina, il fuoco di incendi o la nebbia, o anche altri ostacoli visivi creati dalla magia (visto che parliamo di ambientazioni fantastiche) possono avere un ruolo importante in uno scontro armato.

Ci fermiamo qua. Il secondo articolo di questa serie parla di alcuni scontri militari (veri) avvenuti in Europa e zone limitrofe nell'antichità e nel medioevo.