battaglie-immaginarie

Battaglie Immaginarie, anzi, reali

Poiché si partiva dalla necessità di descrivere uno scontro militare, e l'articolo introduttivo parlava di guerra in modo molto generico, passiamo finalmente a vedere alcuni esempi di battaglie, iniziando con un classico: Canne.

La battaglia di Canne216 avanti Cristo. Una classica battaglia dell'antichità nel suo schieramento iniziale (fanterie al centro e cavalleria ai lati), Canne mostra l'esempio più classico di accerchiamento e distruzione di un esercito nemico. Gli eserciti erano grandi, più di 80.000 i romani e circa 50.000 i cartaginesi (con mercenari e alleati). Il condottiero cartaginese Annibale (raffigurato a sinistra) seppe far buon uso della sua forza composta di mercenari di varia provenienza e della superba cavalleria numidica.I romani, abituati a risolvere le cose con l'urto della propria fanteria, inizialmente guadagnarono terreno senza rendersi conto che erano stati "invitati" a convergere verso il centro proprio dalla disposizione delle truppe voluta dal condottiero cartaginese. Mentre la fanteria migliore del nemico stringeva i romani ai fianchi, la cavalleria romana veniva messa in rotta (era un'arma secondaria per le legioni, e questi erano i risultati); quindi i cavalieri di Annibale dopo essersi liberati dei loro opponenti diretti ebbero facile gioco nell'aggirare lo schieramento delle legioni e chiudere ogni via di fuga alle spalle. Per avere degli schemi con la disposizione delle truppe e capire meglio quello che sto scrivendo si può guardare, per esempio, la wikipedia. Beninteso, se i romani fossero riusciti a sfondare subito il centro del nemico le cose avrebbero potuto anche finire diversamente... ma così come andò vennero massacrati.

Zama

La "rivincita" di Roma (con il generale Scipione) contro Annibale e i cartaginesi venne molti anni dopo Canne, nel 202 a.C a Zama (in Africa). La situazione era cambiata per molti aspetti: la cavalleria dei numidi era adesso alleata dei romani, perciò il condottiero cartaginese si trovava nel pericolo di subire lo stesso tipo di accerchiamento che si era verificato a Canne. Aveva però un importante nucleo di veterani, e gli elefanti da guerra (che daranno senz'altro qualche ispirazione agli amanti del fantasy). La disposizione iniziale non fu molto diversa da quella di Canne, con Annibale che collocò i suoi veterani in fondo al proprio schieramento e gli elefanti di fronte. I romani avevano imparato a spaventare gli elefanti col suono delle trombe, o a incanalarli in "corridoi" fra i manipoli, pertanto riuscirono a limitare i danni. La cavalleria romana e numida inseguì e mise in rotta la cavalleria di Annibale, mentre le prime linee delle fanterie cartaginesi vennero sconfitte dai legionari. I veterani di Annibale erano stati disposti leggermente distanti e come abbiamo visto erano dietro al resto dell'esercito. Questo per far sì che la rovina delle prime linee, prevista da Annibale, non li coinvolgesse, e per farli arrivare freschi al momento decisivo dello scontro con la fanteria romana. Se Annibale fosse riuscito a mandare rapidamente i romani in rotta avrebbe ancora potuto vincere, ma lo stratagemma non funzionò. La cavalleria romana (e numida alleata dei romani) ritornò dall'inseguimento dei cavalieri avversari che erano stati messi in fuga, e colpì alle spalle i veterani del grande condottiero, causando la loro disfatta. Praticamente, ammesso che non ci siano falle nei racconti degli storici, Annibale subì una battaglia di Canne al contrario. Coi mezzi che aveva era un esito prevedibile, ma aveva fatto il possibile per evitarla.

Tours (Poitiers), anno 732.

Una battaglia la cui importanza è discussa. Secondo alcuni storici se i cristiani fossero stati sconfitti oggi parleremmo tutti arabo, altri pensano che gli invasori non avessero comunque la forza di imporsi stabilmente e fossero solo dei razziatori in grande stile. Comunque sia, dopo la caduta della Spagna nelle mani degli arabi, le incursioni in terra di Francia erano frequenti e compiute da eserciti in piena regola, e precedenti tentativi di

fermarli non avevano avuto esito definitivo. Carlo Martello (il soprannome gli fu dato dopo la battaglia, quella raffigurata sopra è la sua tomba) riunì una forza di circa 30.000 guerrieri per affrontarli, gli arabi guidati da Al Ghafiqi sembra che fossero molti di più, e pare che commettessero l'errore di non informarsi bene sull'esercito dei franchi che si stava radunando. Carlo, che di cavalleria ne aveva poca o niente, si riparò i fianchi disponendo le truppe in quadrato e posizionandosi in un passaggio relativamente stretto fra le foreste; fece in modo che la cavalleria nemica trovasse un pendio da salire se voleva attaccarlo, e si posizionò proprio a cavallo della strada per Tours, la città che gli invasori volevano prendere. In pratica, il condottiero franco scelse superbamente il terreno dello scontro; inoltre rifiutò di farsi indurre a lasciare questo vantaggio, nonostante gli arabi applicassero la loro tattica di brevi attacchi e finte ritirate. Va dato credito di questa calma anche ai soldati franchi, tutti veterani molto ben preparati; gli inesperti erano stati lasciati a incarichi secondari. Alla fine, come Carlo deve certamente aver sperato, gli attaccanti si spazientirono (non potevano del resto rimanere lì fino all'inverno) e accettarono battaglia alle condizioni da lui decise.

La cavalleria araba riuscì a irrompere nel quadrato dei franchi, ma non a distruggerlo, e alla fine gli attaccanti vennero sconfitti con molte perdite, compreso il comandante. Un resoconto arabo della battaglia vuole che lo scontro durasse due giorni, e che gli arabi infine si scompaginassero alla notizia che un'incursione dei franchi stava per impadronirsi del loro accampamento: gli arabi si scompaginarono in ritirata perché non volevano abbandonare il ricco bottino che l'accampamento custodiva. Salvo questo dettaglio, i tratti salienti dello scontro sono ricostruiti in maniera simile.

Negli anni seguirono altri attacchi arabi, perciò si discute tra gli storici sulla reale importanza di questo scontro: ha salvato l'occidente o è stato un episodio come tanti? Per me è stato un momento molto importante. Dopo Tours Carlo Martello stabilì la sua dominanza sulla Gallia ponendo i presupposti per bloccare definitivamente la penetrazione musulmana e creare l'impero carolingio. Va anche detto che se l'esercito di Carlo fosse stato sconfitto, i cristiani non ne avevano un altro.

Hastings (o Senlac Hill), anno 1066

Questo scontro segnò la conquista dell'Inghilterra da parte dei normanni provenienti dalla Francia, ultimo atto delle invasioni che forgiarono un paese che diventò titolare, in seguito, del più vasto impero mai esistito.

Il re anglosassone Harold aveva appena dovuto fronteggiare un'incursione norvegese, vincendo una battaglia nel nord dell'Inghilterra, ma non si attardò a raccogliere truppe più numerose e marciò verso il sud del paese con i soldati che aveva, per incontrare Guglielmo il Conquistatore e i normanni sbarcati con lui.

Pare che l'invasore avesse ritardato l'attacco per via di una grande flotta inglese che aspettava i normanni al varco: Guglielmo non voleva rischiare una battaglia navale e l'attesa lo favorì perché Harold non poté pagare il mantenimento di questa flotta abbastanza a lungo, e quando la ritirò lo sbarco fu inevitabile. Comunque sia, il re anglosassone si dispose su una collina per negare il vantaggio della cavalleria normanna (assai temibile, e dotata della staffa): la sua forza era tutta a piedi, e tra essa si distinguevano gli Huscarl, una specie di fedelissima guardia personale.

I normanni quindi si trovarono a fronteggiare una muraglia di scudi e di soldati armati d'ascia, e avvantaggiati dal terreno più elevato. Però avevano il vantaggio di disporre, oltre alla fanteria, grandi numeri di arcieri e una valida cavalleria. Forse avevano il vantaggio numerico (ma anche in questo caso le cifre sono incerte).

L'attacco venne preceduto dalle scariche degli arcieri, che però vennero rese inutili dalla barriera di scudi. Quando la fanteria normanna caricò fu quindi repinta con forti perdite. Stessa sconfitta per la cavalleria: le cose sembravano mettersi male per Guglielmo il Conquistatore, quando gli inglesi decisero di scendere dalla collina e di cercare di mettere in rotta gli invasori. Si esposero così alle cariche di cavalleria normanna e fu il loro turno di essere massacrati. Tornati dietro il muro di scudi, gli inglesi ormai indeboliti vennero attaccati con una nuova tecnica: gli arcieri di Guglielmo cominciarono a tirare le loro frecce con ampie parabole, per oltrepassare la barriera degli scudi; le perdite per i difensori cominciarono a salire e uno dei dardi colpì re Harold, che rimase ferito gravemente. I successivi attacchi normanni ruppero finalmente la barriera della fanteria, il re già ferito venne ucciso, e nonostante il contingente degli Huscarl si battesse fino a notte con valore, Guglielmo vinse la battaglia e presto ottenne la sottomissione dei feudatari inglesi. Ancora una volta, la scarsa disciplina dei soldati, o quanto meno la difficoltà di dar loro ordini, sembra essere stata un fattore determinante del risultato. Non è da escludere che Harold avrebbe potuto vincere, se i suoi uomini non fossero scesi dalla collina.

ManzicertaAnno 1071. Scontro importantissimo fra cristiani (bizantini) e musulmani (turchi), la battaglia di Manzicerta determinò la perdita dell'asia minore per Costantinopoli e questo fu un colpo da cui l'impero romano d'oriente non poté riprendersi. L'evento fu inoltre tra le cause scatenanti delle crociate.

Protagonisti da una parte il dinamismo dei turchi, popolo che stava prendendo piede in asia minore, e l'impero bizantino, a quei tempi ancora una grande potenza, ma con i suoi problemi di stabilità. L'imperatore Romano IV mosse guerra ai turchi perché provocato dalle loro scorrerie, e radunò un esercito piuttosto composito, comprendente purtroppo anche truppe di non provata fedeltà, come mercenari turchi e armeni, e volle con sé un avversario politico come Andronico Ducas, comandante della retroguardia. Romano non organizzò una buona ricognizione e non capì che il sultano Alp Arslan era già vicino mentre i bizantini si dirigevano su Manzicerta, nel centro dell'Anatolia. Un reparto distaccato che avrebbe dovuto coprirlo si ritirò o fu annientato (le fonti non sono chiare) e Romano dovette affrontare lo scontro senza la grande superiorità numerica con cui era partito (inizialmente pare avesse fino a 70.000 uomini, contro circa la metà). Peggio ancora, l'arco composito dei turchi, assieme alle tattiche di "colpisci e fuggi," classiche dei popoli che venivano dalle steppe, si dimostrarono terribilmente efficace contro le strette formazioni bizantine quando le due armate vennero a contatto. Le ali dell'esercito bizantino si trovarono in difficoltà, il centro si incuneò in mezzo ai turchi senza riuscire a sconfiggerli, e nessuna delle due parti riuscì ad ottenere un successo decisivo.

Romano (abbandonato da parte delle truppe, tra cui i turchi e armeni menzionati prima) comprese di essere in difficoltà. Il giorno successivo cercò di ritirarsi ma Ducas abbandonò il suo compito di coprire le spalle fuggendo con le sue truppe e lasciando i bizantini nello scompiglio. Ducas in effetti se ne andò alla capitale per organizzare il colpo di stato contro Romano, che restò sul campo sotto il rinnovato assalto turco, e fu sconfitto e fatto prigioniero. Contrariamente a quanto alcuni hanno scritto le perdite non furono terribili per i bizantini, ma i disordini politici e lo scoraggiamento per la sconfitta inattesa fecero sì che le numerose fortezze (che avrebbero dovuto rendere impossibile a un popolo nomade come i turchi una rapida conquista dell'Anatolia) vennero conquistate senza grosse difficoltà; ci fu perfino un condottiero normanno che cercò di crearsi un impero personale negli anni seguenti, usando a proprio beneficio i soldati che avrebbe dovuto guidare al servizio dell'imperatore.

Romano venne graziato da Alp Arslan, che lo liberò e in verità accettò un trattato che non sottraeva grandissimi territori ai bizantini; ma presto l'imperatore venne accecato e costretto all'esilio dai rivali, e il sultano considerò nulli i patti che aveva stretto con lui.

Tra le considerazioni che si possono fare sulla debolezza dei bizantini, il fatto che i latifondisti avevano distrutto il sistema di cittadini-soldati su cui si erano appoggiati per avere soldati fedeli e mantenerli: Romano dovette affidarsi troppo ai mercenari come conseguenza di questa trasformazione sociale.

Oltre alle problematiche riguardanti l'infedeltà dei comandanti e le sue conseguenze, potenzialmente una buona ispirazione per una storia di intrigo e tradimento, questa battaglia mostra quanta debolezza possa nascondersi sotto una facciata di potenza.

Falkirk

Una battaglia delle guerre di indipendenza scozzesi: anno 1298. Re Edoardo, accompagnato da una flotta che doveva garantirgli i rifornimenti, marciava per sottomettere la Scozia, e lo fronteggiavano gli scozzesi guidati da William Wallace (condottiero immortalato nel film Braveheart, che però non è affatto valido dal punto di vista della ricostruzione storica). Gli inglesi avevano un buon contingente di cavalleria pesante, una schiera di arcieri gallesi e fanti armati di lancia: in totale 15.000 uomini circa, per l'epoca e il luogo era un grosso esercito. Gli scozzesi disponevano di circa 6.000 uomini in tutto: modesta cavalleria, qualche arciere, e circa 5.000 fanti dotati di lunghe lance pensate per respingere la cavalleria pesante. Ho trovato (come al solito) stime diverse, questi numeri vengono dalla Wikipedia.

Wallace (vedi ritratto qui a sinistra) confidava che Edoardo si sarebbe ritirato per via delle pessime condizioni dei rifornimenti (la flotta che doveva appoggiarlo era stata fermata dal maltempo); la speranza era di infliggere perdite agli inglesi sulla via del ritorno. Wallace si avvicinò agli inglesi, e scelse una posizione protetta da un guado e da terreno paludoso. Quando gli inglesi avvistarono l'esercito scozzese, i nobili a cavallo, che erano in testa, si comportarono con la consueta arroganza indisciplinata, lanciandosi alla carica immediatamente e senza ordine di farlo: ma furono prima costretti a rettificare la loro traiettoria per aggirare la palude (quindi arrivarono sul nemico proveniendo dai lati e non di fronte) e poi vennero respinti sanguinosamente dalla fanteria scozzese, organizzata in formazioni chiuse. Re Edoardo richiamò all'ordine i suoi nobili e mandò avanti gli arcieri. Gli scozzesi a questo punto rimasero con la sola fanteria: i propri arcieri erano stati rapidamente eliminati dalla carica, i nobili (forse per gelosia nei confronti di Wallace, forse per tradimento premeditato) si erano ritirati privandolo della modesta forza di cavalleria che aveva. Dal momento che i cavalieri e i fanti inglesi imponevano ai quadrati scozzesi di restare in posizione difensiva, pena la distruzione con un immediato assalto, gli arcieri gallesi poterono far piovere una pioggia di frecce sulla fittissima fanteria scozzese impossibilitata a rispondere. Quando le formazioni difensive scozzesi furono indebolite, il re diede l'ordine dell'attacco finale e travolse la resistenza scozzese. Wallace si salvò (con una parte dei suoi soldati) approfittando della via di fuga attraverso una foresta vicina, il suo prestigio era però molto diminuito e non condusse mai più in campo un grosso esercito. La battaglia si segnalò per il gran numero di morti, e lo stesso re Edoardo fondamentalmente dovette interrompere le operazioni e ritornare alla base.

Questo scontro è interessante per le tattiche e le contromisure usate dai contendenti, per l'episodio che mostra la frequente indisciplina dei cavalieri in combattimento, e per un tradimento nel corso dello scontro da parte della cavalleria scozzese (se non fu tradimento, fu codardia).

Crecy

Battaglia della Guerra dei Cento Anni tra Francia e Inghilterra, Crecy si svolse nel 1346 e fu uno di quegli scontri che mostrarono il declino della

cavalleria in maniera più evidente, sebbene le armi da fuoco (che pure forse vi fecero comparsa) non avessero un ruolo rilevante. Gli inglesi di Edoardo III erano in inferiorità numerica ma molto meglio organizzati, e disponevano dei famosi arcieri gallesi oltre a cavalleria e fanteria. Per l'occasione la cavalleria combatté a piedi mettendosi a difesa degli arcieri e della postazione scelta, che come vedremo era molto valida, e rinunciando a cercare lo scontro coi nobili francesi.I francesi, che venivano incontro agli inglesi con un'armata assai numerosa che comprendeva numerosa cavalleria, mercenari genovesi armati di balestra e altra fanteria, arrivarono a contatto dopo una marcia faticosa; Filippo VI, il re francese, avrebbe dovuto rimandare ogni decisione al giorno dopo, ma fu costretto dai focosi e indisciplinati nobili a procedere immediatamente. Pertanto non venne preso in considerazione il fatto che gli inglesi si fossero disposti in maniera da occupare una posizione elevata e costringere il nemico a caricare in un corridoio relativamente stretto, costeggiato da ostacoli. Forse era meglio dar battaglia in un altro momento e in un altro luogo.La prima mossa comunque fu di ordinare l'attacco ai balestrieri genovesi, che però chiesero un rinvio per la stanchezza e perché le corde delle balestre erano bagnate a causa di un temporale. La risposta fu praticamente una serie di insulti, quindi i mercenari, offesi, si decisero ad attaccare. Erano privi dei pavesi, i grandi scudi che arcieri e balestrieri usavano per mettersi al riparo mentre ricaricavano, poiché si trovavano più indietro assieme al reparto di rifornimenti dell'esercito. Mentre le balestre avrebbero potuto fare dei danni contro i cavalieri inglesi in altre circostanze, fu quindi fatto un uso sconsiderato di questi mercenari mandandoli avanti da soli, del tutto allo scoperto e con le armi bagnate e parzialmente inefficaci. Gli arcieri gallesi non avevano questo problema perché avevano tolto le corde dalle loro armi più semplici, perciò tempestarono di frecce i genovesi e li mandarono rapidamente in rotta con perdite sanguinose.

Lo spettacolo della rotta dei mercenari disgustò i nobili francesi, sicuri di poter fare di meglio. Caricarono mentre i genovesi si stavano ancora ritirando, addirittura ci furono scontri fra truppe dello stesso schieramento: i cavalieri perciò furono già parzialmente disorganizzati da questo avvenimento. Le frecce gallesi fecero il resto, anche perché se i cavalieri erano difesi da un'armatura, i cavalli non lo erano. Tra cumuli di morti sempre più ingombranti la cavalleria francese continuò le cariche e subì un massacro, venendo comunque respinta anche quando riusciva ad arrivare a contatto del nemico. A sera i fanti e gli arcieri inglesi radunarono i caduti e i feriti, dando il colpo di grazia ai feriti troppo gravi e prendendo prigionieri quelli che si potevano riscattare.

In cambio degli enormi costi per l'armatura e il destriero di un cavaliere, i francesi non potevano vantare poi dei gran risultati! A Crecy si vide un classico esempio di sagacia tattica contro dissennatezza e orgoglio: la sconfitta francese fu ben meritata.

In conclusione, chi vuol descrivere una battaglia non deve pensare che si tratti di una faccenda estremamente complicata. Spesso, gli eventi che hanno portato alla vittoria o alla sconfitta sono estremamente banali o stupidi. Però va tenuto conto del fatto che tutto sembra facile il giorno dopo, ricostruendo gli eventi su una cartina geografica; muovere e comandare truppe sul campo, oltre che riuscire a farsi un'idea di quello che sta succedendo, son faccende molto più difficili di quello che si potrebbe pensare. Allo stesso modo il soldato che combatte ha le sue motivazioni, la sua rabbia, la sua paura, il suo l'orgoglio. Le perfette formazioni di certi eserciti sono quindi molto più fragili di quanto si creda.