ebook?

Avevo cercato di prevedere come potevano cambiare il panorama editoriale, la fruizione dei testi, le possibilità di pubblicare. Dopo, ho letto spesso sui giornali e online riflessioni simili alle mie, e ho seguito come si evolveva questo nuovo mondo. Avevo azzeccato qualcosa? Per molti aspetti è presto per dirlo

I due post più significativi che ho scritto in merito sono qua sotto. Ma, iniziando dalle conclusioni, posso dire che rispetto a un annetto fa sono cambiate molte cose. Innanzitutto lo scetticismo è scomparso, almeno di facciata. Gli ebook sono il furore del momento, escono nuovi modelli di lettori continuamente, e strumenti che non sarebbero proprio adatti al cento per cento (iPad) vengono venduti anche come lettori di ebook. Amazon è sbarcata in Italia e improvvisamente sono partiti alla controffensiva gli Italiani che sembrava sonnecchiassero, proponendo lettori dedicati e cataloghi di libri digitali.

Però lo scetticismo lo vedo permanere nell'insistenza a imporre il DRM e nei prezzi che spesso restano alti. Su questo ho gettato (nel secondo articolo) la croce addosso ad Amazon, ma di questo comportamento che reputo odioso sono responsabili ora tutti i grossi venditori.

Ho comprato un lettore con scarso supporto per i DRM; sinceramente non ho controllato se c'è qualche aggiornamento software con cui potrei muovermi in maniera più versatile, ma la mia scelta rivela che avrei dovuto essere più pessimista.

Sulla trasformazione del mondo editoriale: è ancora presto per dire. Però un certo modo di vedere le cose potrebbe traballare. Aver pubblicato un libro in Italia sembra una patente di "intellettualità" a cui tante persone tengono parecchio, più che al fatto stesso (che è quello che motiva me) di poter comunicare qualcosa agli altri o avere il piacere di raccontare una bella (si spera) storia. In questo gioco gli editori si pongono come le vestali che concedono o non concedono, indiscutibili garanti di tale certificazione, salvo poi magari fare le più bieche scelte di cassetta e i favoritismi all'amico di turno. Nessuna scappatoia. La pubblicazione sul web o a pagamento non dava il medesimo lustro, anzi era sinonimo di stupidità.

Con il digitale questo equilibrio potrebbe spezzarsi, ma attenzione non necessariamente in positivo, perché più che il lavoro dello scrittore c'è il rischio che domani conti il chiasso che si riesce a fare attorno alla sua persona. Mi si dirà che è già così, ma credo che ci sia ampio spazio per peggiorare.

Questo il mio post del febbraio 2009. Si può trovare qui.

Bazzicando per i siti dove si parla di lettori di ebook, spero sempre di trovare qualche novità piacevole. Invece no, i prezzi restano alti, qualche funzionalità si aggiunge, ma questi arnesi rimangono costosi, scomodi per molti aspetti, dotati di poche funzionalità. Alcune cose che possono fare non le fanno qui in Italia (comprare e scaricare libri direttamente). Altre limitazioni sono dovute al desiderio di monopolio dei fabbricanti (come Amazon e i formati di ebook proprietari per il suo lettore Kindle: Amazon mi stava sullo stomaco già prima, ora ho semplicemente un motivo di più).

Con l'esplosione dei notebook e di dispositivi sempre più piccoli per la connettività, ci sarà chi comincerà a chiedersi se i lettori facciano troppo poco e chi pretenderà che siano invece limitati ma perfetti nel fare quello che devono fare; chi si ritroverà disilluso dai troppi formati incompatibili e dalla lentezza delle operazioni.I cataloghi delle librerie che offrono gli ebook recano sconti che sono nulla, in confronto con l'abbattimento di costi che comporta evitare di produrre e distribuire fisicamente il libro: caspita, pare che non ci vogliano credere nemmeno i distributori (che sono quelli che intascano la maggior parte del costo di un libro, e forse il motivo è proprio questo, non possono credere che un giorno potrebbero essere costretti a rinunciarvi). Insomma il libro di carta costa meno e hai meno paura di rovinarlo (e nessuna paura che te lo rubino, praticamente). Il lettore di ebook ha ancora degli standard incerti, funziona così così, costa parecchio e ti dà due belle preoccupazioni, quella di romperlo o fartelo rubare e quella che diventi rapidamente obsoleto.Insomma senza inoltrarmi in tecnicismi penso che sia ancora prematuro sborsare cifre pesanti (mai sotto i 200 euro) per un lettore di ebook.Tuttavia anche se questi apparecchi segnano il passo da molto tempo (e c'è chi li definisce già un clamoroso flop, ed è la rivista Computer World, insomma mica pizza e fichi...) penso che debba arrivare prima o poi la loro ora. Non sono certo in grado di prevederne i tempi io, ma avverrà che raggiungano (prima all'estero che da noi) una massa critica e diventino comuni e diffusi, insomma ce ne vorrà ancora ma probabilmente si verificherà una rivoluzione nel mondo dell'editoria. In attesa dei lettori di ebook, questo rivolgimento ha avuto qualche anticipo da un altro mondo, quello del print-on-demand, considerato da noi l'ultima spiaggia degli incapaci (a torto o a ragione), ma da cui effettivamente esce qualche libro degno di essere letto, e anche dei veri successi (questo però all'estero, non qui da noi).Un altro terremoto, venuto dalla rete, ormai scuote già la libreria intesa come luogo fisico: ed era ora. Per adesso la libreria è ancora il venditore dominante, ma è un ruolo messo in discussione (mi sono preso la briga di fare la domanda su Anobii, il risultato è questo, ovviamente presso un campione di persone informatizzate, ma probabilmente buona parte dei lettori lo sono). La libreria, anche se enorme, non può offrire tutta la scelta, e quello che è esposto al pubblico (ovvero quello che alla fine verrà comprato) è soggetto a mille manipolazioni dove la mano del più forte ovviamente guadagna le posizioni più favorevoli e il libro della casa minore è spinto negli angoli bui e nascosti. Piano piano i lettori si sono accorti che una carta di credito ricaricabile è alla portata di tutti, e comprare online è comodo e facile. Anche in un paese disastrato come il nostro, i libri acquistati online di solito arrivano a destinazione. Tramite la rete è anche molto più facile sapere cosa c'è di nuovo e di interessante in giro. Insomma, farsi imporre dal libraio cosa comprare non è più una necessità, è un atto di masochismo cui non siamo più costretti.

C'è qualcuno che si rode dalla voglia di vedere editor e altri personaggi influenti delle case editrici ridotti alle pezze, girare per le strade con la tazzina per chiedere la carità. Io ho sempre pensato che, nella mia carriera (?) di aspirante autore, il passaggio per la casa editrice fosse obbligatorio. Se non si riesce a piacere a chi seleziona per professione, ha poco senso pubblicare.

Mettere un PDF in un sito internet l'ho sempre visto come buttare il frutto del mio lavoro. Nell'indistinto, indifferente, enorme contenitore della rete, dove tutto dev'essere gratis e poiché è gratis non vale più una cicca, dove difficilmente puoi trovare interesse o riconoscimenti ma intanto il tuo lavoro si brucia. Eppure forse questo cambierà.

Pubblicare per mezzo della "vanity press" lo credo in linea di massima una scorciatoia da vanagloriosi che non sanno accettare il verdetto degli esperti: ovvero che non meritano di essere pubblicati.

Vero però che gli "esperti" spesso sbagliano, o non valutano neanche la marea di manoscritti che gli arrivano. Si ha una manciata di secondi per essere valutati, forse meno. Vero che le Case Editrici fanno in nome del profitto delle scelte esecrabili, pubblicando per la massa del largo consumo del vero letame (e se qui posso sembrare altezzoso nei confronti del pubblico di bocca buona, così sia, ma almeno nei settori che seguo maggiormente ritengo di avere l'esperienza per fare qualche valutazione, e non disprezzo uno perché è giovane o non se ne intende: anche io ho amato a diciassette o diciotto anni delle opere di ben scarsa qualità, prima di sapermi fare un quadro della situazione).

Insomma, se mi fa un po' senso l'idea che il lettore sia un giorno esposto a un'immensa offerta indistinta, una libertà senza qualità in cui chiunque, senza mediazioni di alcun genere, dovrà proporre il suo lavoro per un acquisto (elettronico) diretto, è anche vero che il passaggio dalle mani degli "esperti" mi sembra tutt'altro che una griglia di selezione ineccepibile.Quando tutti saranno ad un click dal pubblico, quando tutti i libri saranno elettronici, senza più il vincolo della distribuzione e dell'esposizione in libreria, come sarà? Gli editor professionisti saranno ancora consultati? Per un certo aspetto mi auguro di sì, perché una revisione professionale mi sembra ancora importante allo scopo di portare al pubblico un prodotto leggibile. Ma forse vedremo, e stiamo già vedendo, delle cose inquietanti.Romanzi scritti sul cellulare, romanzi pubblicati tramite Facebook. Sembra che sia diventato più importante presentarsi in un modo originale e bizzarro che produrre un lavoro di qualità. E sembra che il pubblico decreti successi senza alcun riguardo per aspetti fondamentali come la sintassi, lo stile e la coerenza.E' la democrazia. Sì? Come sarà, gongoleremo per la morte del collo di bottiglia rappresentato dalle grandi case? godremo di capolavori che in passato qualche editor accidioso ci avrebbe negato? o invece annegheremo in un mare di robaccia rimpiangendo i bei tempi andati?Per gli esordienti ci saranno vantaggi o svantaggi? L'apparente posizionamento a pari livello di tutti i libri (tutti accessibili tramite la rete) sarebbe un reale vantaggio? Senza pubblicità, segnalazioni di voci autorevoli ecc... e in mezzo a un'offerta vastissima (vedi la marea di libri - scritti generalmente malissimo - che potete già oggi scaricare o comprare su lulu.com) il povero esordiente come farebbe a guadagnare più di due o tre lettori capitati per caso? La sua posizione di invisibilità (nel confronto con i nomi famosi o pubblicizzati) cambierebbe di qualcosa?

Cosa dovrà fare uno scrittore? Se non si sforzerà di inseguire ancor più disperatamente di oggi le mode, sarà possibile avere un pubblico? Dovrà inventare qualche novità a tutti i costi, come aver scritto un romanzo stando seduto sul cesso?

Tutti gli autori si ridurranno a spammer e rompiscatole, cercando di guadagnarsi un pubblico tramite il cosiddetto marketing virale? Con il copyright come si metterà? Tramite il peer-to-peer è un po' laborioso scaricare un MP3 o un film dalla rete, ma per un testo è questione di attimi... quando tutti avranno un valido lettore di ebook in casa l'acquisto potrebbe diventare un evento più unico che raro. Si dovrà rinunciare a chiedere un pagamento per il proprio lavoro? C'è chi ipotizza che se ci fosse un sistema affidabile, il guadagno per lo scrittore potrebbe arrivare tramite le donazioni. Da una parte potrebbe anche piacermi se funzionasse: renderebbe più difficili (forse...) i fenomeni montati ad arte, meno redditizi i battage pubblicitari che creano i libri da milioni di copie vendute, spesso senza merito. Ma funzionerà? Ci saranno dunque milioni di libri gratuiti che aspetteranno le gentili offerte di chi si sente un "mecenate elettronico?" In tempo di crisi, (e di generale impoverimento della popolazione, al di là del fenomeno transitorio della crisi) quante ne vedremo di queste offerte?

Cosa faranno le grandi case per sopravvivere? Collegheranno altri contenuti (multimediali?) ai libri per renderli più accattivanti e avere in catalogo un prodotto che non può essere emulato da chiunque?

Forti della loro visibilità, avranno certamente ancora un ruolo di bussola per dare consigli per gli acquisti. Questa visibilità però sarà ben poca cosa riguardo all'avere la quasi assoluta padronanza del mercato del libro di carta. O no?

Può darsi che diventeranno importanti i recensori o i siti che aggregheranno recensioni e pareri individuali per creare delle indicazioni mirate. Sarebbe un passo avanti, visto che adesso probabilmente la copertina è l'elemento che guida all'acquisto di una gran parte dei libri. Sarà anche una lotta all'ultimo sangue per conquistare la visibilità come fornitori di opinioni qualificate?

Insomma, siamo in un mondo in trasformazione. Si trasformasse mai in qualcosa di meglio, fatemi sapere...

Successivo post (dell'ottobre 2009)

Ho già scritto qui (era un link al pezzo che c'è qui sopra...) cosa ne penso dei lettori di ebook e dell'annunciata rivoluzione digitale che potrebbe portare il libro cartaceo a crollare da mezzo dominante della lettura a preferenza retrograda di uno zoccolo duro. L'argomento merita qualche aggiornamento.

A conferma che il processo di digitalizzazione della lettura non impiegherà poco tempo è venuto un articolo sui giornali di pochi giorni fa riguardo agli studenti che restituivano i lettori Kindle avuti in prova da Amazon, affermando che non è possibile usare il lettore di ebook come mezzo per studiare.

Posso ben crederci. Spesso i testi elettronici non hanno il numero di pagina e anche quando ce l'hanno il livello di zoom che stai usando può far sì che non sia sott'occhio. Il lettore ha le sue comodità: ti porta sempre all'ultima pagina che hai letto (e ti permette di mettere dei bookmark) ma la sensazione fisica del libro, che puoi guardare valutando "ad occhio" a che punto sei, che puoi sfogliare soffermandoti su qualche parola per vedere se hai trovato il riferimento che vai cercando, è ancora ben lontana dal mondo simulato dei lettori. I libri di studio si sfogliano velocemente avanti e indietro, non sono romanzi che si leggono dal principio alla fine.

Questo non vuol dire che consideri i lettori un fallimento, tutt'altro. Ci tengo a precisare che dopo averne comprato uno non l'ho chiuso in un cassetto. Sia pure in maniera non frenetica, lo uso e lo trovo piacevole, ma non è privo di difetti. Comunque, sembra che la tecnologia ci consegnerà a breve delle novità PAZZESCHE. Sarà vero? Aspettiamo e vedremo.

Quanto alle possibilità che la digitalizzazione aprirebbe all'editoria, sono sempre più convinto che siano almeno in parte positive. Questo perché, dopo essermi fatto un'idea di come le case editrici scelgono quello che pubblicheranno, ritengo che più possibilità ci sono di arrivare ai lettori, meglio è. Saltando i nodi della distribuzione alle librerie e del conquistarsi lo spazio fisico negli scaffali, la digitalizzazione è assolutamente uno sviluppo positivo e, diciamo, "democratico." Resta la minaccia di essere travolti da libri di pessima qualità che non hanno avuto il minimo controllo editoriale, che metta quantomeno la forma a posto, ma visto come questo lavoro viene svolto male (anche da case famose) non lo vedo più come quel grande problema.

Una tendenza di oggi, in cui lo scrittore deve "crearsi un'immagine" e diventare veicolo promozionale di quello che ha scritto, potrebbe essere accentuata con la digitalizzazione.

Non ne sono contento, sebbene ritenga che sia sacrosanto che uno scrittore vada a tenere presentazioni del suo libro, ecc... (vedi il mio vecchio post).

Ma trovo molto peggio la prospettiva che il mercato venga travolto dalla diffusione di testi pirata.

Ok, detto questo, facciamo dei distinguo.

Distinguo n.1 L'imperialismo editoriale che alcuni distributori stanno cercando di mettere in piedi è anche peggio. Mi riferisco alle chicche come Kindle, di cui ho già accennato con antipatia nel post linkato all'inizio di questo articolo. Il ragionamento di Amazon è odioso. Vendo il mio lettore, creo il mio formato proprietario, ti vendo i libri con un semplice click e ti faccio un piccolo sconto. E guadagno un'enormità in più rispetto alla versione cartacea, mettendomi in tasca la maggior parte del risparmio che ottengo dandoti un libro digitale e non cartaceo. Lo considero scorretto e sconveniente per il cliente come vendere i film da scaricare con il DRM e altre scocciature simili. Credo però che questi sistemi non bloccheranno la pirateria, sia perché quelli che li escogitano sono troppo avidi, sia perché storicamente si è trovata sempre la contromossa che permette di aggirare le difese di un certo tipo.

Distinguo n.2 Quando un libro non è più in vendita sul mercato non vedo cosa dovrebbe fare uno che vuole leggerlo, se non cercare una versione digitale, quando sia disponibile.

Quello che rischia di succedere intorno all'editoria potrebbe essere non diverso da ciò che è successo alla musica.Praticamente la vendita dei dischi rende poco o niente e bisogna inventarsi qualcosa di diverso (megaconcerti, ad esempio) per realizzare dei guadagni. C'è chi applaudiva alla diffusione degli MP3 come un mezzo che dava possibilità ai giovani artisti e a quelli che cercavano di emergere, ma io ho letto più di una volta le lamentele proprio di quelli che cercavano di farsi un nome, che si trovavano a non avere nemmeno quel modesto guadagno che la vendita di poche migliaia di CD poteva dar loro. Il grosso artista spinto dalla casa musicale può galleggiare su altre fonti di guadagno meglio di quello piccolo (anche se ovviamente la perdita di reddito ai discografici brucia parecchio). Comunque la prova del nove, sia pure in forma del tutto opinabile, potrebbe essere questa: facciamoci la domanda: dopo anni che la musica si diffonde praticamente gratis per mezzo del peer to peer, l'offerta che trovi in giro è migliorata? So bene che per chi segue una piccola nicchia ben precisa e se ne frega del resto la domanda non ha senso. Ma per i tanti come me che non hanno (più) tempo né voglia di sofisticare sui gusti musicali, la risposta è evidente. Non siamo tornati a vera musica di veri artisti, quella che ormai da trent'anni non c'è quasi più. Siamo ancora e più che mai travolti dalle costruzioni a tavolino delle case discografiche.Il peer to peer non ha guidato nessuna rivoluzione, e se ha fatto danni per la grande casa discografica probabilmente ha reso una vera impresa per gli autori minori il procurarsi da vivere con la musica (se parliamo degli stranieri: gli italiani tranne una manciata di nomi non ce l'hanno mai fatta).Trasferendo il discorso all'editoria (che già non gode di ottima salute), e immaginando che i formati digitali diventino facilmente oggetto di diffusione peer to peer, il mio timore è che gli effetti siano di completa distruzione del mercato.Paradossalmente, visto che pochi in Italia vivono scrivendo, il danno potrebbe essere relativo; all'estero molto più serio. Per i successi del largo consumo non mi metto a piangere: se la prossima fatica della Rowling (o anche di Licia Troisi, perché no) guadagnasse un decimo di quello che guadagna di solito, sarebbe meglio. Certi fenomeni a volte ridicoli verrebbero ricondotti a dimensioni normali (nel senso che girandoci attorno meno quattrini, converrebbe meno pomparli con il marketing e la creazione di miti di cartapesta). Ma non ritengo giusto che uno scrittore minore o un esordiente non ci guadagni nemmeno quei cento o mille euro (ho scritto mille? mi sa che sono ottimista).Come andranno le cose? I piccoli editori spazzati completamente via? I grandi ridimensionati, e però ancora lì?Chi lo sa. Sarebbe una buona cosa? Penso di no.

Ma in un mercato di libri digitalizzati, senza più librerie e senza più distribuzione fisica, cosa sarebbe un piccolo editore? Solo uno che, con più o meno autorevolezza mette "la propria faccia" a sostegno di un autore.

Quale differenza tra un autore che pubblica con un editore del genere e uno scrittore che disperde il suo lavoro nell'enorme nulla di mercati stile lulu.com?

Ultimissima considerazione: certe preoccupazioni magari sono solo inutili. Succederà quello che deve succedere, insomma, e qualche bel libro lo troveremo sempre.

Non è mica detto che ci debba essere un'industria che vende libri per raccogliere introiti. C'è stato un passato in cui le arti erano sostenute da pochi ricchi mecenati che sovvenzionavano generosamente gli artisti.

Vedo già nel mondo anglosassone tanti che, per il fatto di produrre materiale del genere più svariato (un sistema di GDR pubblicato su un sito internet, informazioni su questo o quell'argomento, un bel blog eccetera) provano a farsi ricompensare con un bel bottone "Donate" e un conto Paypal che riceve le offerte di chi vuole premiarli con qualche soldino.

Noi italiani siamo un po' pidocchiosi su queste cose, ma chi lo sa, questi sistemi potrebbero un bel giorno affermarsi anche da noi. Così gli autori pur non potendo imporre il pagamento dei loro libri potrebbero ricevere il contributo di tanti piccoli donatori, mecenati da qualche euro alla volta.

Ma ovviamente questo è il ragionamento di uno che, pur aspirando a pubblicare, si guadagna da vivere in un altro modo.