Suicidio

"Che male c'è nel mettere fine alla propria vita quando di­venta priva di interesse?" chiese l'avvocato.

"La morte non è alcun rimedio, e nemmeno lo sfuggire ai ma­li della vita" disse il Maestro. "Questi mali ti seguiranno o­vunque tu vada. Il tuo karma non ti darà tregua finché non a­vrai pagato il debito fino all'ultimo centesimo. Suicidandoti aggiungi un altro crimine nefando a un debito karmico già pe­sante. Non è così facile'come sembra liberarsi dal karma".

"E' una situazione molto sgradevole" disse l'avvocato molto pensieroso. "Avevo l'impressione che fosse abbastanza facile sfuggire alla tragedia della vita. Ma voi, signore, non ci per mettete nemmeno di morire. D'accordo; volenti o nolenti conti­nueremo a vivere".

"Pochissimi sanno morire. Solo chi sa vivere sa anche mori­re" soggiunse il Maestro. "Noi non stiamo vivendo. Siamo semplicemente alla deriva trascinati dalla marea, piangendo, strillando, lamentandoci, spazzati via costantemente dai venti del de­siderio e delle passioni e sospinti dalle forti correnti dei piaceri sensuali verso il vortice della miseria e del dolore".

"E' proprio vero" commentò l'avvocato.

"Non sappiamo nemmeno qual'è lo scopo della vita e la spre­chiamo in mere frivolezze" continuò il Maestro. "Se mentre siamo in questo mondo non riguadagniamo la nostra vera identità, sprechiamo la nostra vita. L'uomo non è stato fatto per essere una bestia, un animale con due gambe, anche se sovente agisce così. Egli è una creatura meravigliosa, l'immagine di Dio, con poteri immensi che egli dissipa. Dentro di lui c'è una miniera d'oro, ma egli vaga qua e là come un bisognoso, mendicando l'elemosina di porta in porta. Il lavoro della sua vita è 'trova­re' se stesso, 'conoscere' il creatore e tornare alla sua casa originaria. Egli invece spreca questa rara occasione, ottenuta solo dopo aver passato milioni di vite in specie differenti".

Da "La chiamata del Grande Maestro" di Darjai Lal Kapur (vita di Sawan Singh)