Recensione di Deodato Tapete

Dalla rivista “IL SANTO-Rivista Francescana di Storia, Dottrina, Arte: Recensioni e Segnalazioni” Quadrimestrale LII, 2012, fasc. 1-2, p.281

"Un altro importante tassello nella recente stagione di mirabili interventi promossi dalla Veneranda Arca di Sant'Antonio, volti alla preservazione del patrimonio artistico della basilica del Santo, si è aggiunto non molti anni fa con il restauro dell'«architettura scultorea» della Cappella dell'Arca, di cui il volume di Lucio Pertoldi restituisce una precisa e puntuale testimonianza, forte della partecipazione dell'autore stesso alle attività di cantiere, nonchè della ricca e ampia documentazione fotografica realizzata per l'occasione da Giuseppe Rampazzo, prima durante e dopo l'esecuzione dei lavori.

L'intervento di restauro conservativo, protrattosi dall'aprile 2008 al giugno 2009, viene presentato all'interno delle diverse sezioni del libro in tutte le sue sfaccettature e fasi, dalle ricerche bibliografiche e di archivio, alla ricostruzione storica e storico-artistica delle vicende realizzative e conservative, per concentrarsi poi sulla descrizione dell'intervento di restauro e di valorizzazione e fruizione, che, ancor prima che per i risultati conseguiti, stupisce positivamente per la rigorosa impostazione metodologica con cui sono state condotte, e poi spiegate nel volume, le operazioni di consolidamento, integrazione, pulitura dell'apparato lapideo e di installazione del nuovo sistema di illuminazione. Una metodologia di intervento che Pertoldi riesce molto bene a comunicare anche al lettore meno esperto e non uso alle necessità e ai moderni orientamenti del restauro conservativo, che, grazie a questa trattazione semplice ma non per questo meno scientificamente e tecnicamente valida e corretta, non rimangono materia oscura, piena di tecnicismi incomprensibili, bensì diventano oggetto di una lettura scorrevole ed efficacemente esplicativa.

Il richiamo costante agli aspetti materici del patrimonio scultoreo e decorativo della cappella, all'approfondimento dei processi di degrado delle superfici e a una scelta consapevole dei materiali e delle tecniche di restauro, che permea trasversalmente il volume, denuncia evidentemente il profilo e la formazione dell'autore, che alle competenze del restauratore abbina conoscenze teoriche e pratiche di Scienza della Conservazione. In tal senso il libro di Pertoldi, oltre a essere una pagina documentale straordinaria della più recente storia conservativa dell'Arca di Sant'Antonio, ha le potenzialità per diventare un testo di studio per i giovani studenti dei corsi in Scienze e Tecnologie per la Conservazione dei Beni Culturali, che si approcciano per la prima volta al restauro conservativo di superfici scultoree in pietra, bronzo e argento, nonche per professionisti ed esperti di illuminotecnica che, dal capitolo specifico inserito a chiusura del volume, possono derivare un esempio riuscito di progettazione e installazione di un impianto di illuminazione a fini espositivi e per un uso quotidiano e prolungato.

Tale valore aggiunto si deve per altro alla multidisciplinarità che ha caratterizzato tutto il cantiere di restauro, nel libro rappresentata dai contributi di Lorenzo Lazzarini, Elisabetta Molteni, Elena Pedrotti e Giovanna Pellizzari, che per le rispettive competenze arricchiscono il volume con inserimenti di particolare rilievo: uno su tutti il capitolo dedicato al riconoscimento, mappatura e schedatura classificativa dei diversi litotipi impiegati nella fabbrica della Cappella dell'Arca. Come ben sottolinea lo stesso Pertoldi, l'indagine sui litotipi è al contempo momento propedeutico al restauro e strumento cognitivo delle valenze simboliche ed economiche che stanno dietro alla costituzione materica di un monumento, queste ultime riflesso delle epoche che hanno contribuito alla costruzione, manutenzione ed eventuale trasformazione del manufatto.

Le tavole a colori riportanti le mappature dei materiali lapidei per i diversi prospetti dell'altare e delle superfici interne della cappella rappresentano un compendio, spazialmente riferito e immediatamente percepibile all'interno del monumento, della profusione e della varietà dei litotipi, sui quali tuttavia predomina il Marmo di Carrara, cui viene dedicato specifico approfondimento da parte dell'autore, con un ricco repertorio fotografico descrittivo delle varietà note del marmo apuano. A ben guardare, le mappature superano la dimensione di strumenti di studio e diventano curiosamente impensato mezzo ispettivo anche per il visitatore curioso e di buon occhio che, ad esempio, nella finta volta della terza campata (riportante il rilievo del giovane resuscitato che attesta l'innocenza dei genitori del Santo) trova spiegazione alla variazione cromatica e alle cesure fra le lastre di marmo della parte destra nell'innesto di una lastra di forma irregolare in Pavonazzetto Toscano. Non meno utili risultano poi le schede classificative dei diversi litotipi, ottimamente organizzate secondo una struttura che, alle informazioni petrografiche e di inquadramento storico-artistico e geografico di provenienza, affianca annotazioni specifiche sull'uso che di ciascuna pietra o marmo è stato fatto all'interno della Cappella dell'Arca.

La dimensione olistica del restauro del 2008-2009 è inoltre ben testimoniata dall'adeguato spazio che viene dedicato al restauro delle sculture in bronzo e dei candelabri in argento, nel quadro di una trattazione che evidentemente non può non dare priorità all'apparato marmoreo, quantitativamente predominante nella cappella. L'esploso del grande candelabro d'argento del Balbi aiuta a comprendere la qualità e la complessità delle tecniche di assemblaggio di manufatti, talvolta apprezzati più per le loro proprietà squisitamente estetiche e per la preziosità dei materiali che per la perizia tecnico-artistica di realizzazione.

Tra le pagine del libro si rintracciano innumerevoli curiosità e particolari poco noti della cappella dell'Arca del Santo. Lungi dal togliere al lettore la possibilità di scoprire da solo questo patrimonio di conoscenza, chi scrive non può trattenersi dal riportare la propria piacevole sorpresa nell'apprendere che, similmente alle «braghe» pittoriche apposte da Daniele da Volterra agli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina in Vaticano in pieno Cinquecento, uno o più anonimi «braghettoni», in epoca imprecisata, hanno ricoperto le nudità dei bambini e putti dei rilievi dei miracoli del Santo, inserendo panneggi marmorei, oggi documento, sia pure di superfetazione, di una fase conservativa rispondente a esigenze e gusti diversi da quelli originari e dalla sensibilità odierna.

Testimonianza degli impatti che la destinazione d'uso del monumento ad ambiente devozionale ha storicamente avuto sulla conservazione dei rilievi marmorei è l'abitudine (evidentemente negativa da un punto di vista conservativo) dei frequentatori del passato ad asportare piccoli pezzi dalle parti prominenti delle sculture quale ricordo dell'esperienza all'Arca del Santo, da cui poi sono inevitabilmente conseguiti interventi storici di integrazione scultorea, che nel restauro del 2008-

2009 hanno necessariamente richiesto una revisione e un appropriato intervento di consolidamento. In tal senso è interessante notare l'attenzione che l'autore presta a spiegare le patinature e le variazioni cromatiche caratterizzanti le superfici dei rilievi prima del restauro, ravvisando in esse anche il contributo deteriorativo del grasso lasciato dal passaggio delle mani dei fedeli, parte di quella secolare gestualità che traduce l'impulso umano a instaurare un contatto con la dimensione divina, e in questo caso con la figura di sant'Antonio.

Nella sfera dei rapporti che si instaurano fra il complesso del Santo e la vita che gli ruota attorno entra quindi a far parte la stessa attività di restauro. Si pensi che in occasione dell'intervento del 2008-2009 si è reso necessario il temporaneo trasferimento del corpo del Santo nella cappella di San Felice, con una partecipazione della comunità , che ha trovato, come attestano le fotografie riportate nel volume, non minore coinvolgimento nella cittadinanza al momento della riapertura della cappella al termine dei restauri, nel dicembre 2009, quando eÁ stato definitivamente restituito alla Basilica, a Padova e alla comunità dei fedeli di tutto il mondo, un capolavoro straordinario di arte e fede".

DEODATO TAPETE